Tre pensieri metafisici



IL FATTO E' CHE....
"In ultima analisi, noi contiamo qualcosa solo in virtù dell'essenza che incarniamo, e se non la realizziamo la vita è sprecata. Un individuo vale solo per quanto sa imprimere nelle proprie vicende l'impronta dell'eterno"
- James Hillmann, psicologo, da "Il codice dell'anima"

PERCHE'...
"L'Assoluto considera i singoli solamente in funzione universale, cioè in funzione di ciò che li trascende; non curandosi di loro per ogni altro aspetto, ossia per quanto riguarda la semplice identità umana ed effimera presenza terrena, transeunte e contingente apparizione nella corrente delle forme".
- Julius Evola, filosofo, da "Commento al Tao Te Ching"

PERCIO'....
"Non fatevi tesori sulla terra, dove i ladri sconficcano e rubano, e dove la ruggine e la tignola corrompono e consumano. Fatevi piuttosto dei tesori in cielo; perché dove è il tuo tesoro, lì sarà il tuo cuore"
- Matteo Levi, evangelista, dal Capitolo 6.

(Simon Smeraldo)

La trappola del "buon" ego.. più pericoloso di quello "cattivo"!



Se pensi sia più “Spirituale” diventare vegano, comprare cibi bio, praticare yoga e meditare, ma poi ti ritrovi a giudicare coloro che non fanno tutte queste cose, sei caduto in una trappola dell’Ego.

Se pensi sia più “Spirituale” andare in bici o con i mezzi pubblici a lavoro, ma poi ti trovi a giudicare coloro che vanno in macchina, sei caduto in una trappola dell’Ego.


Se pensi sia più “Spirituale” smettere di guardare la TV perché annulla il cervello, ma poi ti trovi a giudicare coloro che ancora la guardano, sei caduto in una trappola dell’Ego.

Se pensi sia più “Spirituale” evitare di leggere quotidiani e riviste di gossip, ma poi ti trovi a giudicare coloro che li leggono, sei caduto in una trappola dell’Ego.

Se pensi sia più “Spirituale” ascoltare musica classica o i suoni della natura, ma poi ti trovi a giudicare chi ascolta la musica commerciale, sei caduto in una trappola dell’Ego.

Bisogna sempre stare attenti al sentimento della “superiorità”. Esso è infatti l’indizio più importante che abbiamo per capire che stiamo incorrendo in una trappola dell’ego. 


L’ego si nasconde abilmente in pensieri nobili come quello di iniziare una dieta vegetariana o usare la bicicletta per poi trasformarsi in senso di superiorità nei confronti di coloro che non seguono lo stesso percorso “spirituale”.

Mooji

(Uqbar Love)

Dichiarazione di Pace e Marcia della Pace Perugia Assisi del 9 ottobre 2016



Consapevoli delle violenze in corso e delle minacce che incombono ci impegniamo a far venire meno ogni causa di guerra durante la nostra vita e ad essere attivamente costruttori di pace promuovendo il rispetto di ogni essere umano nella sua dignità e nei suoi diritti, eliminando ogni tipo di ingiustizia.

Considerato che la pace è un diritto umano fondamentale della persona e dei popoli, pre-condizione necessaria per l’esercizio di tutti gli altri diritti, ci impegniamo affinché questo diritto venga effettivamente riconosciuto, applicato e tutelato a tutti i livelli, dalle nostre città all’Onu.

Considerato che viviamo in un mondo di risorse naturali limitate, con una popolazione quadruplicata sin dall’inizio della prima guerra mondiale, abbiamo preso coscienza di essere tutti interdipendenti e decidiamo di gestire con saggezza ed equità queste risorse cosi come il prodotto del lavoro umano a beneficio di tutti e ciascuno, traducendo nei fatti la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Rifiutiamo la concorrenza tra esseri umani e tra Paesi e scegliamo la via della cooperazione tra tutti, della globalizzazione della solidarietà e dell’aiuto reciproco in ogni campo.

Rinunciamo alla violenza come mezzo per risolvere i conflitti tra individui e popolazioni.

Ci consideriamo responsabili gli uni degli altri e cercheremo di proteggere chi è vittima o minacciato di abuso o di violenza dovunque questo accada.   

Per scrivere una nuova pagina della storia, invitiamo tutti a firmare questa Dichiarazione di pace e a impegnarsi con noi a ri-unire la famiglia umana.


* * *

Firma anche tu la Dichiarazione di Pace! E organizza con noi una grande marcia delle donne e degli uomini per la pace da Perugia ad Assisi, il 9 ottobre 2016.

Invia la tua adesione a : Tavola della Pace (Table de la paix), via della viola 1 (06122) Perugia
Tel. + 39 075 573 68 90 - Mobile. + 335 65 90 356 - fax + 39 075 573 93 37

Taoismo e naufragio dell'io


Alla fine la natura di ognuno, per quanto spigolosa, riluttante, inquieta, fallata, esiziale che sia, rimane sempre una furia indomabile che continua a scalciare imbizzarrita nonostante i più robusti recinti. Che continua a sbraitare anche quando sembra domata, nel languore del proprio amaro silenzio. 

Rimane un focolare eternamente vivo, nonostante la cenere e il forte vento del nord, sempre pronto a divorare ciò che vanamente tenta di contenerlo. Che siano le briglie dell'amore, la sconfinata libertà delle immense praterie, o qualsiasi ottimo proposito di ciò che i filosofi definiscono come coscienza, la natura di ognuno resta fondamentalmente intaccabile, narcisisticamente esistente, ferocemente onnipresente, fatalmente invadente come un istinto primordiale di sopravvivenza. 

In nuce restiamo anche noi come quelle api che sembrano altruiste quando si sacrificano per difendere la propria comunità, laddove in realtà sono solo geneticamente determinate per assicurarsi la fitness della propria specie. 

Avevano ragione i taoisti: anche senza fare nulla, la natura alla fine emerge dirompente come un'onda fatale di un mare in tempesta che porta inesorabilmente al naufragio.

Stefano Andreoli




Commento di  Riccardo Celani: "Per dirla senza fronzoli "l'io non è padrone in casa propria". Per quanto alte e robuste siano le mure, ci sarà sempre un falla dalla quale la parte di noi che più temiamo riuscirà ad aprire una breccia."

Il troppo stroppia - La devianza genetica americana



Perché gli americani sono obesi e incapaci di limitare le spese? E perché sono infelici? È colpa della storia. E di un gene. Un libro al centro delle polemiche. Colloquio con Peter Whybrow di Andrea Visconti.

L' America è un esperimento genetico che ha portato a una selezione della specie. È un 'affermazione azzardata che avrebbe un sapore razzista se fosse avanzata da membri del Ku Klux Klan, o da seguaci di un gruppo neonazista. A sostenerlo invece è Peter Whybrow, un 64enne tranquillo neurobiologo britannico trapiantato negli Stati Uniti da trent'anni, con una solida carriera universitaria alle spalle. Secondo lo studioso esiste il "gene dell'immigrazione" dal quale deriva un maggiore individualismo, il senso dell'avventura, la propensione al rischio e la ricerca del nuovo. Nel suo libro "American Mania", uscito negli Stati Uniti poco fa, e che ha suscitato polemiche e clamore, Whybrow non si limita a osservare lo spirito migratorio degli americani, ma spiega che la confluenza di due elementi - una popolazione in perenne movimento e le nuove tecnologie che esasperano l'individualismo - distruggerebbe il senso di comunità e porterebbe a un insaziabile bisogno di consumare. Il risultato è un'ansia e un'insoddisfazione che stanno raggiungendo, negli Usa, livelli maniacali.


"L'espresso" ha incontrato lo studioso a Los Angeles, all'Istituto di neuroscienza e comportamento umano presso la University of California. Whybrow è un uomo affabile e sorridente che ancora non ha perso il suo inconfondibile accento britannico. Eppure quando parla degli Stati Uniti dice "noi americani"


Professor Whybrow, che cos'ha di unico il carattere del popolo americano?
«Siamo il risultato di una selezione della specie. Solo il due per cento della popolazione della Terra emigra. Il rimanente 98 per cento vive e muore a non più di 80 chilometri da dove è nato. In America, invece la maggior parte delle persone vivono molto lontano rispetto alla loro città di origine. Non parlo solo dei nuovi immigrati, ma degli stessi americani che si trasferiscono da una città all'altra. Per questo motivo la nostra energia è differente da quella nel resto del mondo e così pure il nostro ottimismo e la nostra creatività. Siamo un esperimento culturale ma anche genetico».


Cioè esiste iI gene della migrazione?
Stiamo cominciando a scoprirlo. Se osserviamo le migrazioni antiche scopriamo che nei popoli che sono migrati più lontano i recettori della dopamina erano differenti. Questi recettori (che in termini neurologici chiamiamo alleli) hanno a che fare col senso del rischio e col desiderio di novità. Ma la cosa straordinaria è che questo stesso gene è presente anche in persone che soffrono del cosiddetto Add, cioè del disturbo dell'attenzione dovuto all'iperattività.


Un disturbo che ha effetti negativi sulla capacità di concentrazione...
"Soffrire di Add quando si è in classe e si dovrebbe seguire la lezione di storia o matematica è un problema. Ma quando si è in fase migratoria e ci si trova davanti a una montagna senza sapere cosa ci sia dall'altra parte, diventa un vantaggio perché entra in gioco la curiosità, il bisogno di novità e scatta un meccanismo di sopravvivenza. Non è un caso che la Add sia più comune negli Stati Uniti che altrove.


C'è un collegamento fra iperàttivismo, accelerazione della vita e mobilità?
Le nuove tecnologie hanno stravolto il modo in cui viviamo e non ci siamo abituati. La nostra esistenza è diventata molto più faticosa. Stiamo passando dalla fase in cui la tecnologia ci rende euforici perché ci permette di muoverci con leggerezza e il tempo sembra non avere più importanza alla fase in cui lo sgretolamento della comunità ci sta facendo sprofondare nel maniacale.

Sembra un messaggio allarmista: anziché essere l'uomo che controlla la tecnologia è la tecnologia che controlla l'uomo.
«lo vedo un enorme rischio quando la tecnologia si fonde con questo carattere genetico degli americani: stiamo perdendo i freni sociali essenziali che consentono a una comunità di funzionare. Per spiegarmi devo tornare ad Adam Smith che nel 1776 scrisse  "La ricchezza delle nazioni", un testo fondamentale di economia, benché Smith non fosse un economista. Era professore di filosofia a Glasgow, impegnato a spiegare i compottamenti degli esseri umani nel '700. Aveva identificato l'esistenza di un equilibrio spontaneo fra individuo e società, con un meccanismo di autocorrezione, soprattutto in presenza di mercati ristretti. Secondo lui era l'esistenza di piccole comunità, caratterizzate da legami sociali molto stretti, a creare i freni che ponevano limiti all'iniziativa individuale».


Smith non prevedeva la globalizzazione...
«Il suo modello di equilibrio spontaneo non funziona nei mercati attuali. Grosse catene di vendita diventano dominanti in piccole comunità che un tempo erano compatte. È quello che sta avvenendo con WalMart, il gigante della distribuzione che tiene lontano il sindacato, paga i dipendenti meno del minimo salariale e in questo modo espande il suo mercato costringendo i piccoli negozi a chiudere. I privilegi che Wal-Mart nega ai suoi dipendenti non sarebbero utili solo agli individui, ma avrebbero anche una funzione sociale. In America tuttavia chi reinveste nella società non viene ricompensato. E questo dimostra che la direzione che abbiamo preso come nazione è sbagliata. Siamo il paese più ricco al mondo eppure il numero di persone ansiose e depresse è raddoppiato negli ultimi vent'anni. Nel 2004 abbiamo speso complessivamente 36 miliardi di dollari in prodotti o servizi per rilassarci. Inoltre il 70 per cento della popolazione maschile è sovrappeso».
 

Cosa c'entra l'obesità con Adam Smith, i freni sociali e lo spirito migratorio degli americani?
«Anche nel mangiare abbiamo perduto i freni. Non sappiamo più determinare quando siamo sazi: lavoriamo tantissimo, siamo concentrati su quello che dobbiamo fare e mangiamo automaticamente e in fretta. Da McDonald's il pasto medio è consumato in 11 minuti. E questa frenesia si manifesta in tutto. Il gene della curiosità e dell'avventura, mescolato con l'individualismo sfrenato della tecnologia e senza più freni sociali, scatena una dinamica di consumo senza limiti che nel periodo iniziale dà una sensazione di euforia. Vogliamo guadagnare sempre di più, vogliamo una casa sempre più grande e oggetti sempre più numerosi e costosi. Ma l'eccesso porta alla sensazione opposta: la distrofia. È un'alterazione dell'umore che si manifesta con sensazioni di agitazione o vero e proprio malessere. L'accelerazione disorganizzata si trasforma in "comportamento maniacale belligerante". Superata la fase dell'euforia siamo giunti a una nuova forma di deprimente esistenza frenetica".


C'è una via d'uscita?
Come neuroscienziato mi limiro a suonare il campanello d'allarme non solo in America ma anche in Europa dove ci sono i presupposti perché si creino le stesse dinamiche degli Usa».


Fonte: Espresso del 4 agosto 2005

Messaggio subliminale: "Il cambiamento succede con la fantasia...."



L’uomo in questo ultimo secolo è divenuto il peso più grande per il pianeta  Terra, siamo troppi  ed inquiniamo tremendamente e rubiamo spazio al selvatico. Tutto ciò  è innegabilmente vero, non posso però proporre soluzioni finali e sperare nell’armageddon, come molti illusi fanno, per risolvere il problema  del mantenimento di una civiltà umana degna di questo nome.    

Nell’ecologia profonda si indica sempre  la condizione presente come base di partenza per il successivo cambiamento o riparazione….  considero però che questa società non potrà durare a lungo ed è bene che vi siano delle “nicchie” di sopravvivenza, dalle quali ripartire con nuovi paradigmi di civiltà in cui mantenere un equilibrio fra uomo-natura-animali (dice una poesia: o si salvano o si perdono insieme).   

Anche se non è attualmente il mio compito specifico quello “di salvare il mondo” (”sed ab initium”)  sento che è giusto evocare questa necessità.  Siamo sul filo del rasoio e solo la vita potrà indicarci la direzione, al momento opportuno. L’idealismo non serve a nulla!  Non vorrei esprimermi come il  papa di una nuova religione,  non ho  assunto delle regole e dei comandamenti,  le mie lettere son solo proiezioni di pensiero, aggiustamenti mentali per individuare nuove vie di uscita. Infatti a che servono i “principi” nella vita quotidiana, nella sopravvivenza quotidiana del giorno per giorno, salvando il salvabile senza rinunciare alla propria natura?….

L’umanità  è subissata da annotazioni, riciclaggi, informative di ogni genere e tendenze da riempimento del vuoto (come fossimo circondati da tanti animali da compagnia)…  Ed io  son costretto ad una cernita “censurante”, anche se non amo usare questa parola…. talmente tante sono le informazioni fasulle che ricevo nel continuo bisbiglio telematico.  In effetti il problema di internet è proprio l’eccesso informativo che diventa futilità, per questo mi piace l’idea della lettera non lettera, dell’esserci e non esserci, di  trasmetterti  pensieri e sentimenti in cui non vi sono aspetti analizzati e “assunti”.

L’altro ieri, ad esempio, parlavo del culto degli antenati in Cina e dello scollamento sociale e familiare e stamattina al bar ho velocemente seguito una trasmissione televisiva che diceva esattamente le stesse cose….

Vorrei ora raccontarvi una storiella,  cerco di essere breve.  Una volta in una società futuribile in cui tutto era informatizzato e meccanico, un funzionario che si era stufato del solito tran tran  inutile e del vuoto migliorismo ottimizzatore di una società quadrata, chiese di essere trasferito  dal suo livello relativamente alto di attività ad un livello più basso, quello dei lavori manuali. Così fu mandato come operaio addetto alla manutenzione delle strade e lì iniziò per lui una nuova vita, un contatto diretto con le cose che prima non conosceva. La fatica era tanta e non c’erano soddisfazioni o riconoscimenti e spesso i suoi colleghi di lavoro erano  persone che non vedevano più in là del loro naso. Egli notò che c’era un grande spreco di mezzi dovuto al fatto che non ci si prendeva dovuta cura degli attrezzi che spesso venivano lasciati sporchi a fine lavoro o sotto la pioggia. Nella guardiola dove lui dormiva c’era anche lì un computer, ovviamente era tutta informatizzato, come dicevamo prima, ed egli notò che c’era una voce fra le varie nello schema preformato in cui  inviava il riporto giornaliero alla centrale  che diceva “suggerimenti”, ovviamente era una voce quasi inutile in quanto nessuno leggeva i suggerimenti di un manovale, ma lui cominciò  scrivere i suoi appunti sullo spreco di mezzi dovuto all’incuria, e siccome ormai era tutto gestito da un computer centrale e gli amministratori ed i politici si basavano su quanto indicato in esso per governare al meglio il mondo (una sorta di ”Gallup” proiettivo delle informazioni), quando il computer centrale iniziò a dare indicazioni sulla necessità di prendere dovuto cura degli attrezzi pena la perdita di risorse preziose….. iniziò un processo a catena in cui quello che saggiamente di volta in volta veniva consigliato dal nostro uomo qualunque, passando dal computer centrale,  veniva recepito dal governo mondiale e  le “sagge ragioni” sulla gestione delle risorse divennero pian piano elementi di un congegno per il cambiamento della  società….           
E’ solo una favola? Chissà…..?

Paolo D’Arpini



La distrazione su internet - Comunicare... è possibile?


Ecco, in effetti debbo anticipare che sono un internet-handicappato, a malapena so inviare e ricevere email, per me è più che sufficiente.  Il mio amico Roberto Caivano mi disse un giorno  “tu non vuoi usare internet perché fa parte del tuo personaggio…” 
No, non ho alcun personaggio  al quale condiscendere, faccio quello che posso fare se mi viene…. In verità percepisco il pericolo della dipendenza da computer, usando questo mezzo per scrivere e comunicare si tende a chiudersi in una specie di bozzolo, un nodo mentale in cui entra solo ciò che è virtuale (quello che ti ritrovi davanti sullo schermo). 
Certo di tanto in tanto subentra qualcosa che ti richiama alla realtà fisica, un prurito, una commissione da svolgere, il caminetto  da rinfocolare d’inverno e le zanzare da scacciare in estate,  “le distrazioni” non mancano e mi chiedo, facendo un paragone con il passato, se anche scrivendo a penna mi sentissi così assorto da tralasciare -a volte- la realtà fisica. Sì, era così, anche scrivendo a penna, forse ancora più forte era l’assorbimento, perché non si poteva correre il rischio di perdere la frase,  “quella”  frase  (che gira e rigira è sempre la stessa) che è  “la quintessenza della comunicazione, lo sbrodolamento dell’esprimersi, l’orpello dell’allocuzione”….. Quando ti esce una frase così come puoi fermarti a comunicarla  ad un solo utente, sia pur esso un amico del cuore. Non si può mandar sprecato un simile capolavoro!
Il desiderio d’irradiare  “quel pensiero” non è una mia invenzione, ci hanno provato già  molti prima di me: poeti, guitti, romanzieri e affabulatori.  Va da sé che mi venisse voglia, anche quand’ero giovanissimo e studente (e a malapena ci azzeccavo -come ora- in grammatica)  di scrivere più copie dello stesso pensiero  da spedire a varie persone a mo’ di lettera amichevole. Bastava cambiare qua e là una parola, un  nome,  ed il gioco era fatto. Potevo stare soddisfatto che quel messaggio avrebbe raggiunto e “toccato” più persone (soprattutto donne, giacché non va bene sprecare l’arte poetica per una sola). Ed ora cosa vedo? 
Questo stesso metodo da me adottato in gioventù, che perlomeno mi permetteva di esercitarmi in calligrafia,  è esattamente il modo comunicativo di internet. Le email solitamente non son altro che un continuo riciclaggio di parole riassemblate e rispedite a tanta gente (in circolo). Alcuni sono destinatari ufficiali (A), tal altri condivisori ufficiosi (CC) ed i più, la gran massa,  fruitori innocenti della protervia espressiva,  sono gli innominati a cui si rimanda il messaggio di traverso, la  ”exibition… velata” (CCN).
“Mi vergogno (ma lo accetto) lo faccio di solito tutti giorni e forse più volte al giorno, padre mi perdoni questo peccato..?”. “Tranquillo figliolo (tanto lo abbiamo fatto tutti) ripeti tre Pater Noster, 3 Ave Maria e 3 Gloria Patri e sarai perdonato!”.
Ma allora anche nella penitenza, tesa all’affrancamento, c’è ripetitività?
Infatti un’altra cosa che ho appreso  in questi anni telematici è che la gente legge su internet ma non legge,  ovvero ha sentore di un qualcosa  ma non sa né dove né come né quando… si svolge.
Quindi,  prima di tutto, occorre sviluppare l’attenzione e la concentrazione se si vuole poi essere in grado di poter ritrasmettere.

Paolo D'Arpini

Oltre il visibile - Prima e dopo l'esistere, io sono?


Risultati immagini per l'anima oltre il visibile
Parlando  con Paolo  spesso viene  fuori un argomento: se della coscienza DI UNA PERSONA, alla sua morte, rimane qualcosa.
Sono cresciuta in una famiglia in parte religiosa, in parte atea: mia nonna era la bigotta (in senso buono), che mi parlava del peccato e mi sgridava se portavo i pantaloncini troppo corti e guardavo i ragazzini o se mi toccavo lì…. mia madre che non era né particolarmente credente né praticante, diciamo che era una “credente di comodo”, cioè quando ne sentiva il bisogno, si rivolgeva a Dio per un aiutino o per un sollievo, mio padre è sempre stato ateo e non voleva neanche sentir parlare di Dio, anima o cose simili. A volte l’ateismo è un’ideologia, una fede peggiore delle fedi in qualche religione, ora lo capisco.
Caratterialmente assomiglio a mio padre e da lui ho assorbito questa visione, un po’ mitigata dal resto del contesto; sono stata anche a scuola dalle suore per tanti anni ma con quel che raccontavano loro ci sarebbe stato da diventare atei anche non volendolo: peccato, peccato e ancora peccato! 

Ma la mia religiosità anche da ragazzina ancora incanalata nella chiesa, aveva un anelito di libertà: ogni tanto entravo senza nessuna ragione apparente, in chiesa, specialmente a Treia e lì cercavo me stessa. Difficile trovarsi però quando si ha un carattere come il mio, debole, insicuro, che per amarsi deve sentire l’amore da parte dell’altro e quando questo amore altrui è carente si fa di tutto per attirarlo, pena una scarsa considerazione di sé, una auto-svalutazione. Ma questo meccanismo da origine ad un circolo vizioso: addirittura durante una seduta di psicoterapia, 30 anni dopo, la mia terapeuta mi disse: “lei non ama chi la ama, perché secondo il suo intimo, se qualcuno la ama quel qualcuno non ha valore”.

Poi ho incontrato Paolo che il primo giorno anzi nella prima ora mi disse: “ognuno è perfetto già così com’è, sei già perfetta come sei, basta solo scoprirlo (come sei)”. E così da allora mi auto-osservo, quando non sono distratta ed in altre faccende affaccendata (e quindi spesso), imparo a non giudicarmi, imparo a togliere gli orpelli che mi sono portata dietro per una vita, cercando di piacere a me stessa ed agli altri. Perché, pensavo, “se gli altri non ti amano, non ti cercano, ti rifiutano, ti abbandonano vuol dire che c’è qualcosa in te che non va”, senza considerare che sono già questi pensieri, pur se inconsci, che ti portano ad avere un atteggiamento anche falso che invece di attrarre, respinge, fa “repulsione”. Allora, gratto, levo, raschio, tolgo, elimino… il corpo resta, quello si, ma di non concreto, togliendo togliendo… cosa resta? 

Ricordo di aver provato anche paura all’inizio. Pensavo (la mente che sempre ci da un “aiutino” in negativo): “Se tolgo tolgo, alla fine cosa resta? Non è che resterò VUOTA? Non è che non avrò più una personalità un carattere delle idee delle passioni dei gusti…. e come mi passerò il tempo se non avrò più da pre-occuparmi di questo e di quello? e cosa racconterò agli altri di ME? (Sempre questa preoccupazione di non piacere…). 


Risultati immagini per l'anima oltre il visibile

Ed infatti è vero, magari non ho più tante cose da dire da fare agli altri o con gli altri ed ho (di nuovo) anche nuovamente sofferto per una sorta di abbandono, di allontanamento da parte di alcune persone per le quali forse non avevo più l’appeal di prima quando mi prestavo a “piacere” senza pensare se quel che di me piaceva ero la vera ME.

Comunque a forza di togliere non è vero che non resti nulla….. scopro ancora una persona, un essere, capace di sentire, di percepire più vividamente colori, odori, sentimenti, sensazioni, gioie e dolori lasciando arrivare il tutto e lasciandolo andare, così come è arrivato, senza attaccarmici per sentirmi meno vuota, più ricca. Non sento il bisogno di nessuna ricchezza, potrei essere quella santa che girava nuda...  che emozione! 

Oppure quell’anima che abita un corpo che le è stato dato o che lei si è scelto, che a volte prova piacere, a volte stanchezza, a volte dolore e a volte queste sensazioni durano a lungo a volte solo un istante e chi lo sa quanto a lungo ancora le potrò provare. 

Ma l’anima esiste? O è quella cosa che sempre Paolo nomina (e che a me a volte fa arrabbiare perché non riesco a capire, ma cosa c’è da capire?) ovvero  la PURA CONSAPEVOLEZZA!… che non è la stessa cosa dei PENSIERI.  Ma  se i pensieri sono energia e se la materia è energia e se nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, allora anche quell’energia che è nei nostri pensieri, che è nella nostra coscienza, neanche lei si distrugge, ma si trasforma. 

E quando moriamo? dove va a finire questa energia che è la coscienza, i pensieri? Il corpo si decompone o viene bruciato (e sviluppa energia), i pensieri dove vanno a finire? C’è un contenitore anche per questa energia? C’è una trasmissione da coscienza a coscienza, forse anche da mente a mente? La specie umana ma non solo a cosa deve la sua evoluzione se non a questa trasmissione, che sarà pure in parte “culturale”, conoscenza acquisita e tramandata grazie all’uso della scrittura e dei mezzi di comunicazione, ma cos’è che spinge l’uomo a fare questo se non l’anelito a scoprire cosa c’è OLTRE IL VISIBILE?

Caterina Regazzi

Calcata - Quel tempo delle chiavi appese fuori casa...

Quel tempo delle chiavi appese fuori casa.. non è poi così lontano per me… e l’ho vissuto per davvero nei primi anni in cui andai ad abitare a Calcata... ed anche negli ultimi. Infatti all’inizio della mia permanenza nel borgo era normale che i paesani lasciassero le chiavi sulla toppa, per facilitare le entrate e le uscite. Così pure nell’ultimo periodo in cui abitavo in una casarsa sulla rupe che non aveva nemmeno la serratura interna trovavo normale di poter entrare ed uscire come se l’ingresso di casa fosse una porta interna. Ed interna lo era, per me, fra la natura e la casa c’era poca differenza (chiedete a Caterina e ve lo confermerà). P.D’A.



Carissima Caterina e Paolo, bellissima la storiella della Gallina D’Arpini (http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2014/06/storia-della-signorina-gallina-darpini.html) ma c’è chi vuol vivere così, col sole in fronte…………….
Voglio vivere così – col sole in fronte – e felice canto – beatamente… (https://www.youtube.com/watch?v=5YMTPXTfUNQ)
Una canzone forse dimenticata, scritta da un Autore sconosciuto, probabilmente Argentino o Napoletano, lanciata da Ferruccio Tagliavini 1913/1995, un Emiliano con la voce tenorile di successo mondiale, che ci accompagnò negli anni in cui potevamo lasciare le chiavi di casa appese alla porta o la vettura in moto, quando ci si fermava davanti al Bar per un caffè senza antifurti e senza il pericolo che ti fosse portata via da ladri, da Vigilantes o dai Gerarchi di allora buoni a nulla e mantenuti per legge, che il nostro grande e indimenticabile Totò De Curtis, definiva come un unica famiglia. Oltre ai Politici, anche Generali, Colonnelli e teste di legno in rappresentanza delle varie armi, arrestati per eccessiva onestà in difesa del Paese.
Una volta li impiccavano, oggi invece li promuovono con incarichi superiori, dando vita a rivendicazioni e al male che avanza e impera.
In seguito, per nostra grande fortuna arrivò la “Democrazia”, la salvezza, come la manna caduta dal Cielo, ma che dico, molto di più, una ciambella di salvataggio sorretta da migliaia di impoltroniti aggiuntivi, che il capo Oste dal pensiero profondo definisce come un attraente fiasco colmo di acqua colorata, dopo aver provato per diversi anni il vino rancido che per farlo apparire di qualità convincente, basta scrivere sull’etichetta dorata in caratteri markati: “Democrazia”, Democrazia di guerra, Democrazia Comunista, Democrazia Cristiana, Democrazia Repubblicana, Liberale, Socialista, Divina, ecc., diffondendo l’ideale di una giustizia uguale per tutti, governata dal Popolo Sovrano, con l’occhio di Dio sempre attento e vigile sui mascalzoni in difesa degli afflitti, mentre nella realtà più evidente, ingrassa le Cosche e le Toghe riunite in Partiti sempre più numerosi e spezzettati ai danni del Paese.
Democrazia, gialla verde azzurra rossa o bianca come la purezza dello spirito, con infinite ideologie stravolgenti da mercato degli affari personali o di Gruppo, che per alcuni rappresenta una medicina per ingrassare, e per altri l’occasione della vita, mettendo da parte la coscienza e presentarla come un nettare per l’incanto, in sostanza una essenza indemoniata per rimbecillire l’umanità, che si sviluppò a livello mondiale con la pretesa di dare più gusto ai piatti nel menù del Banditismo Politico, della grave corruzione, della speculazione di massa, dello schiavismo, delle Filosofie Spirituali per arricchirsi, e delle continue guerre per imporsi universalmente come gli Angeli del Creato.
Un uomo saggio il cui nome si è perso nel tempo, forse Talete di Mileto, che attribuiva la nascita della filosofia nel senso più ampio dell’immaginazione umana alle antiche civiltà Asiatiche, Mesopotamiche ed Egiziane, vissute parecchi millenni prima della nascita del Messia, che per ultimo sugli insegnamenti di civiltà sane precedenti, scaturisce nell’irrefrenabile divagazione del pensiero nel produrre divinità inesistenti sotto forma di Religioni, dove già agli albori della meditazione sostenevano che è meglio un Diavolo onesto piuttosto che una Divinità inventata per scopi di interesse.
Con il passare del tempo abbiamo avuto modo di accertare queste parole presentate su un piatto d’argento, sino a impersonare Dio, Santi e Miracoli attraverso varie Religioni di comodo e di interessi, con scopi ben diversi dalla realtà, dall’amore e dalla Fratellanza.
Un mondo manipolato da scaltri vermi dalle sembianze umane con mille piedi e mille braccia da allungare secondo le circostanze, che per ragioni di gloria e di arrivismi di interessi momentanei sfidano la pace nel Pianeta, costituendo la Società denominata: “I Mercenari delle parole e della Morte” dove da una parte il Potere criminale impunito uccide e dall’altra i becchini raccolgono creando considerevoli introiti per l’Organizzazione indemoniata.
Voglio vivere così non è soltanto una canzone, ma rappresenta anche un portale per la ricerca di un lavoro all’estero, per non morire di illusioni e di speranze per i giovani in un Paese senza possibilità di ripresa.
Anthony Ceresa

Simbolismo de "La bella e la bestia" - Recensione



"La bella e la bestia". La fiaba di Perrault è troppo nota per riassumerla qui. Basti dire però che il suo simbolismo è ricco di significati.
Pur non essendo il principale il primo è quello della "trasgressione vegetale" (quando il padre di Bella, ospite nel maniero misterioso, coglie una rosa dal giardino senza permesso, suscitando le ire della Bestia). Esso riprende il motivo mitologico alla base dello "strappo" dell'uomo dalla condizione paradisiaca originale: naturalmente il primo che viene alla mente è quello di Adamo ed Eva, che cogliendo il frutto "proibito" dell'Eden ne vennero cacciati. 

Ma il tema è presente anche nel mito greco di Persefone, la vergine (e questo è importante, perché connota l'innocenza originaria) che cogliendo un narciso aprì una voragine da cui Ades,il dio degli inferi, uscì per rapirla e farla sua sposa, dopodichè ella fu consegnata a vivere negli inferi. Ma anche in quello sumerico di Gilgamesh, che, avendo trovato la pianta dell'immortalità, se la vede mangiare da un serpente, dovendo rimanere così mortale. In tutti questi miti c'è una "soglia" che non è permesso all'uomo varcare, pena la morte (dello spirito,simbolicamente). Tutto ciò simbolico della "discesa" dello spirito umano nel mondo manifesto e del suo tentativo di riguadagnare una posizione perduta, ma non nel modo dovuto.

Ma il tema di gran lunga più importante è quello che vede la figura femminile nel ruolo di "iniziatrice", ricalcando,ancora una volta, l'importanza della donna in veste di "potenza" dell'anima, della vista "oltre la vista":poichè ella non si ferma alle apparenze,e pur non sapendolo,intuisce che dietro quell'aspetto mostruoso c'è un bellissimo principe, occultato dallo spesso strato dell'inconsapevolezza: dunque lei, che rappresenta la coscienza umana pienamente risvegliata e "potenziata" dall'amore (cioè dalla massima posizione di armonia con il cosmo) impegna tutta se stessa per far ritornare l'uomo bruto, stordito dall' '"incantesimo" malvagio o ipnosi della materialità, alla sua condizione originale di nobiltà e bellezza. 

C'è da dire che spesso nell'antichità, e presso alcuni popoli -come i celti- la donna era deputata a "sgrossare" le rozzezze maschili e a fare di un "nano" deforme un guerriero dello spirito.

E' un tema, quello dell'iniziazione da parte femminile, che vediamo presente anche nell'Odissea, grande epopea simbolica del vero "ritorno" a casa, all'autentica patria interiore, alla consapevolezza di sé, o meglio della riaquisizione della propria identità superiore, il "ricordo" di sé: l'anamnesi di cui parlava Pitagora. Nel poema omerico vediamo Odisseo che viene preparato gradualmente al ripossesso di sé da tre donne, che simboleggiano naturalmente la coscienza corporea (Circe) quella animica o psichica (Calipso) e quella spirituale (Nausicaa). Gli amori di Odisseo con ognuna di queste tre donne infatti vanno dal piano unicamente sessuale-corporeo (Circe) a quello sentimentale-emotivo (Calipso) a quello spirituale (Nausicaa) e infatti con quest'ultima non avviene un contatto carnale, ma c'è uno scambio altissimo a livello sottile. 


Al suo ritorno in patria, dopo essere stato così preparato dal lavoro su di sé, c'è ancora un'altra donna: Penelope, la moglie che lo aspettava da anni, ed era sempre stata là, presente in lui ma latente. La finale ricongiunzione con la polarità opposta, il ritorno all'androginia originale. Il serpente che si mode la coda.

Simon Smeraldo

Amma Anasuya Devi di Jillellamudi, la mia madre spirituale - Qui racconto il mio primo incontro con lei



Due notti  fa ho sognato Amma, la mia madre spirituale, che parlava in italiano con me e mi comunicava qualche messaggio importante. Lei veramente non l'ha mai parlato e nemmeno l'inglese, comunicava soltanto con il cuore. Malgrado queste cose non succedano per caso non collegai il sogno con la data del 12 giugno, che era il giorno in cui Amma Anasuya Devi ha lasciato il corpo. Accadde il 12 giugno del 1985 a Jillellamudi, il villaggio in cui era vissuta gran parte della sua vita. Quell'anno fino a pochi giorni prima della sua dipartita ero anch'io lì con lei. Ci fu una grande celebrazione, quasi in anticipo/premonizione del suo Maha Samadhi, che durò un intero mese, con continui canti ininterrotti, recite sacre, bandhara ed altri importanti eventi. Quelli furono momenti veramente pieni di Grazia. Ricordo che mi trovavo a galleggiare senza nemmeno avere più la cognizione del giorno o della notte.. Forse sognavo, non so... Tutte le sere con Upahar, James, Terry, Susan ed altri compagni cantavamo per ore, alcuni suonavano l'harmonium o la chitarra, io i tamburelli od i cembali. Certe notti stavamo a cantare senza accorgercene per ore.... Poi improvvisamente tutto finì. Mi resi conto che qualcosa stava per succedere ma non ebbi il coraggio di assistere all'atto finale. Mi congedai da Amma e tornai in Italia. Dopo pochi giorni ricevetti un telegramma di James, un inglese residente stabilmente a Jillellamudi, in cui mi diceva che.... (…). Beh, voglio ricordare Amma da “viva”, anzi voglio ricordarla come non l'ho mai "conosciuta"...

Il mio viaggio verso Jillellamudi


“Preoccuparsi è un insulto alla vita” afferma Carla Lonzi e potrebbe essere anche il motto a Jillelamudi, alla presenza della Madre Anasuya. 

Qui le necessità son viste per quello che sono, semplici pulsioni, segnali di un fluire in un tutto unito, in cui ogni cosa legata all’altra indissolubilmente è sempre soddisfatta. “Dal Tutto sorge il Tutto, se dal Tutto togli il Tutto, solo il Tutto rimane” questa la Dichiarazione dei Rishi. Si sta in un nido di protezione e benevolenza come essere accuditi dalla propria madre. E’ talmente semplice, non ci si angustia minimamente per alcunché, non appaiono desideri di sorta, non c’è nulla da voler cambiare, da ottenere (oltre ciò che è).

Tutto ha un senso inequivocabile ed allo stesso tempo non si percepisce alcuna finalità. Semplicemente il vivere, forse potrei dire ‘sopravvivere malgrado se stessi’. Succede spontaneamente. Ma come mai si sente così compiutamente qui a Jillellamudi? Perché non ovunque noi siamo? Con questo interrogativo in mente ho continuato a fare la spola fra il ‘qui ed ora’ e ‘il qui ed ora’.

Ed eccomi… Nel sud dell’India, dove la piattezza è assoluta, nella terra dei Telgu, dove la cosa più alta sono i bordi dei canali e l’orizzonte non ha contrasti, un villaggio rurale di fango secco, si chiama Jillellamudi. Prende il nome da un fiore asciutto ed alto, il cui fusto raggiunge i due metri, che assomiglia al tasso barbasso ma il colore dei fiori è viola o blu come la malva. In questo villaggetto di capanne e poche case di mattoni crudi c’è la “Casa di tutti” una struttura relativamente grande, dalla cui terrazza si può spaziare con lo sguardo a perdita d’occhio, senza vedere altro che campi e campi e qualche rado albero in mezzo alle risaie. Qui risiedeva il corpo mortale e qui è sepolta Anasuya Devi, amma, la madre di tutti. Ma per capire come accadde che finii in quella specie di ‘cul de sac’ o ‘sacred abode’, in quel rifugio totale dell’anima, debbo ripartire da Ikaria, dalla caduta della saccenza, e da lì seguire il percorso dei sufi sino al Deccan Plateau.

Scrive Omar Kayam, santo poeta persiano: “Non vietatemi di bere vino, di godere le donne, perché Dio è compassione. Non ditemi che sto peccando, lasciatemi peccare a volontà. Porre fine alle proprie azioni per paura della punizione è da miscredenti, significa dubitare della Sua compassione”.

Leslie, una giovane donna inglese che avevo conosciuta in India, per un caso del destino abitava a Roma vicino alla basilica di Santa Maria Maggiore. Dopo il mio ritorno in Italia ed abbandonata Verona (la città in cui avevo vissuto il mio fermento culturale durante gli anni appassionanti della giovinezza) me la ritrovai come vicina allorché ritornai a Roma, città in cui ero nato. Avvenne quando andai ad abitare in una vecchia casa nei pressi di Piazza Vittorio. Tra la mansarda di Leslie e lo “Sri Gurudev Mandir”, come allora chiamavo il luogo in cui vivevo, c’era meno di un chilometro, per chi conosce la grandezza di Roma comprenderà che eravamo praticamente a due passi. Entrambi eravamo stati benedetti da Muktananda, il Guru, praticavamo la stessa via, lei viveva semplicemente facendo traduzioni ed io sbarcavo il lunario prestando piccoli servizi e facendo le pulizie in casa di amici e conoscenti.

La mia giornata era molto stretta, un perfetto orologio di disciplina e pratica spirituale, sveglia al mattino prima dell’alba, meditazione, canti, letture edificanti, passeggiate a piedi nei giardini di Roma, accudimento ed istruzione di altri cercatori di passaggio, sopravvivenza personale con 500 lire al giorno (eravamo nel 1974). In quella casa di Via Emanuele Filiberto 29 passarono e vissero con me parecchi “santi”, ricercatori e discepoli di maestri famosi, ed anch’io mi sentivo praticamente un santo, con poco o nulla sulla pelle del vecchio Max D’Arpini, artista concettuale e poeta trasgressivo. Ora praticavo l’astinenza sessuale (il contrario di quello che facevo a Verona dove ero famoso per la promiscuità), ero diventato vegetariano stretto (quando prima le feste orgiastiche a base di carne e vino erano uno dei miei passatempi), vivevo praticamente in assoluta povertà monastica, senza elettricità, né acqua corrente in casa (lavavo i miei panni al lavatoio condominiale), scevro da ogni vizio, confort o frivolezza, ero “buono e compassionevole”. Soprattutto ero fiero della mia capacità di controllare i sensi, nessuna donna era più riuscita a coinvolgermi, qualsiasi fosse il suo fascino e bellezza, persino nel sogno avevo raggiunto la capacità di impedire ogni eiaculazione notturna, ero un perfetto Bramachari. In questa ottica Leslie era per me come una sorellina alla quale dimostrare qualche affetto, nulla di più, anche se ero consapevole, con il passare del tempo e frequentandola sempre più spesso, che lei dimostrava una spiccata simpatia e debolezza nei mie confronti, consideravo però la cosa con distacco e con un sorriso sulle labbra… (mica tutti potevano raggiungere il mio livello di autocontrollo...).

Leslie mi parlava spesso di una santa che aveva conosciuta nel sud dell’India, una certa Anasuya (che vuol dire aldilà della gelosia), viveva in un remoto villaggio dell’Andra Pradesh, a Jillelamudi, era sposata e madre e forse anche nonna, una manifestazione dell’amore universale, “Amma” (mamma). Leslie mi mostrava di tanto in tanto dei giornaletti stampati crudamente che riceveva da quella che era chiamata la “Casa di Tutti”. Io li guardavo con un po’ di sufficienza e li leggiucchiavo senza molto interesse, di tanto in tanto mi soffermavo su qualche immagine della santa Madre, un bel viso tondo, pulito ed onesto, un po’ sorridente ed ammiccante, come la Monna Lisa. Passò ancora del tempo e tutto sembrava indicare per me una strada di rinuncia, santità ed apprendimento, ero preso dai miei doveri verso i compagni poco illuminati, fornivo un esempio di disciplina spirituale ed ero circondato da gente che mi rispettava e mi vedeva -forse- come un possibile futuro maestro. 

Accettavo il bello ed il cattivo tempo sapendo che la Grazia del Guru era con me. Non mi ero più mosso da un paio d’anni, ma di tanto in tanto partecipavo a qualche convention importante (come ad esempio il primo festival dello Yoga che si tenne a Milano organizzato da Carlo Patrian e da Giorgio Furlan), ero il rappresentante più qualificato del Siddha Yoga in Italia, od almeno così ritenevo.

Leslie ad un certo punto mi parlò della sua intenzione di tornare in India per visitare Amma a Jillellamudi, intendeva viaggiare via terra seguendo l’antica rotta carovaniera, mi chiese quietamente se volessi accompagnarla. 

Meditai sulla cosa a lungo, in fondo per me che ero rimasto orfano di madre quando ero un bambino di 10 anni, l’idea di un incontro con la Madre Universale era attraente, ricordavo inoltre qualcosa che Amma aveva detto di se stessa, su uno di quei giornaletti: “Chi sei tu? – “io sono la madre” – “la madre di chi?” – “di tutti” – “ma come ti percepisci?” – “io sono me stessa, quell’io che è diventato ogni io, madre non significa solo questa che siede sul letto a Jillelamudi. Madre significa quella che non ha inizio né fine, che è l’inizio e la fine, quella che è divenuto ogni cosa e che è l’incomprensibile, l’illimitata ed irresistibile base”. Decisi infine di partire con Leslie, cominciai a raggranellare il denaro per il viaggio e per l’eventuale permanenza che non sapevo quanto sarebbe durata. Le cose stranamente andavano bene, non so come riuscii a mettere assieme mille o duemila dollari, accettando anche commesse per eventuali oggetti che avrei riportato dall’India (sitar, mrdanga, cembali, incensi ed altro materiale sacro). La prospettiva del viaggio mi rinvigoriva e mi rendeva più attivo, ovviamente non trascuravo la mia disciplina autoimposta ed i miei ‘doveri’ anch’essi autoimposti.

Il tragitto iniziale prevedeva l’imbarco da Ancona sino in Grecia, permanenza in un’isola vicino alla Turchia, per meditare e prepararsi al lungo viaggio… L’isola in questione si chiama Ikaria, fuori dalle rotte turistiche e richiedeva due traghetti per arrivarci, è l’isola mitologica sulla quale precipitò Icaro, dopo la sua malaugurata ascesa al cielo. Era la fine di settembre, il posto paradisiaco, l’accoglienza ricevuta invitante ed ospitale, mare limpido, terme calde e curative, aspri paesaggi, buon formaggio di capra e verdure fresche. Vivevo con Leslie in un appartamento che ci era stato offerto da amici incontrati sull’isola, letti separati ovviamente, ma stavamo sempre assieme andavamo in giro per monasteri e montagne, oziavamo al sole caldo e piacevole, la stagione era propizia. Una notte, dopo circa due settimane di questa vita beata, feci un sogno tremendo, mi sentivo avvampare dal desiderio sessuale, tutto era un inferno di desiderio irrefrenabile, mi svegliai di soprassalto, com’ero abituato a fare per controllare i miei sogni, ma la sensazione non mi abbandonava, andai a mettermi sotto la doccia sperando che l’acqua fredda calmasse i bollenti spiriti, mi sentii un po’ rinfrancato ma allo stesso tempo ancora più “pronto”. 

Pregavo Dio ed i santi di aiutarmi a controllare me stesso, tornai nella stanza, era ancora notte fonda, Leslie era nel suo letto, senza emettere suoni, tutto era silenzio ma non nella mia mente, impossibile resistere, ad un certo punto mi sentii letteralmente sollevato e mi vidi avvicinarmi al letto di Leslie, mi infilai dentro, lei mi chiese “cosa fai?” ed io “ho freddo”, mi fece spazio e mi abbracciò, facemmo l’amore senza sosta, con foga, con passione e violenza e tenerezza, anche dopo averlo fatto una, due, tre volte il desiderio non scemava. Insomma una debacle, totale….(dal mio punto di vista).

Andò così anche nei giorni successivi, quando camminavamo in montagna le saltavo addosso, cercavo una grotta e facevo l’amore con lei in piedi od in qualsiasi altro modo. Inutile dire che la mia autostima, come santo, era scesa a livelli inaccettabili, mi vedevo, novello Icaro, precipitato nell’abisso dei sensi. Solo molto più tardi scoprii che l’esperienza mi era necessaria per perdere la mia arroganza del raggiungimento che mi avrebbe impedito di accettare e sentirmi accettato dalla Madre. 

Allora, però, sentivo di dover espiare e ritrovare la mia purezza, parlai con Leslie di questo, lei piangeva e mi guardava implorante, le dissi che non potevo più viaggiare con lei, che ritornasse indietro se non voleva affrontare il viaggio da sola o che prendesse un aereo, io avrei proseguito sulla strada dell’espiazione da solo e sarei comunque andato da Anasuya, forse a farmi perdonare i miei peccati od a cercare di capire come tutto ciò fosse potuto accadere. Leslie, sperava che cambiassi idea e mi accompagnò sino alla costa turca, ad Efeso, su un piccolo aliscafo che faceva servizio in quel breve tratto di mare che separa l’Europa dall’Asia. Durante il tragitto non parlammo mai, appena sbarcati la salutai senza quasi guardarla in faccia e mi allontanai subito sul primo bus che mi capitò di incontrare. Ma questa non è l’occasione per continuare a parlare di questo periglioso viaggio, di tutte le esperienze vissute e le sensazioni percepite, sarebbe interessante farlo magari in un’altra storia.

Alla fine giunsi davanti alla Madre, che altro dire o fare? Ero stato accolto ed io stesso accoglievo.

Paolo D'Arpini




L'esperienza della meditazione Chan, secondo Aliberth …

Alberto Mengoni durante un pranzo con amici

Ai primi di luglio del 2015 appresi che l'amico e fratello spirituale Alberto Mengoni, conosciuto anche come Aliberth, aveva lasciato il corpo (vedi http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2015/07/alberto-mengoni-ha-lasciato-il-corpo-ma.html).  Secondo  Aliberth  non è importante sapere chi egli fosse stato, né  cosa  ha fatto, ma soltanto la sua esperienza spirituale… 

Il motivo è che quando un individuo ha realmente capito ‘chi-è’, nel vero senso della parola, allora non c’è più bisogno che si distingua dagli altri, o che racconti i fatti della sua ‘individualità’.

L'insegnante Aliberth  volle  assumere di proposito questo nome, perché quando è ripetuto in continuità, come un 'mantra' ha il significato fonico-onomatopeico di 'Libertà". Libertà, non nel senso di avere la libertà di fare il proprio comodo nel mondo, ma ‘Libertà’, o Liberazione dal mondo (moksha), dai suoi tentacoli e attrazioni coinvolgenti, dal suo dualismo di bene e male, e infine dalla sua illusoria interpretazione di una presunta ‘realtà’. 

Egli quindi fu  un ricercatore della Verità autentica, che è passato attraverso quasi tutte le conoscenze religiose del Divino... Da piccolo è stato per una decina d’anni in collegi cattolici poi, dopo alcuni anni di indolenza e abulìa spirituale per colpa di sostanziali e spesso drammatiche esperienze nel suo periodo giovanile, ha cominciato a frequentare gruppi spirituali alternativi come gli 'Hare-Krishna' e i ‘Bambini-di-Dio’, e ad interessarsi di macrobiotica e vegetarismo. 

Pian piano, tutti questi avvenimenti ed approcci, lo portarono ad avvicinarsi a dottrine più profonde, viste dall’ottica delle ‘domande e risposte esistenziali' e, quindi, fu poi fortemente interessato all’insegnamento dell’'Advaita-Vedanta' Induista, sotto la guida del Maestro Italiano RAFAEL dell'Ashram-Vidyà, che egli frequentò  per almeno otto anni. Quasi contemporaneamente, egli sentì la necessità di avvicinarsi al Buddhismo. 

Nel 1984, dopo aver conosciuto Cristina, che sarebbe divenuta la sua compagna di vita e di Dharma e che purtroppo dopo 11 anni di totale sintonia lasciò lui e questo mondo a causa di un male incurabile, studiò insieme a lei il Buddismo sotto la guida di due grandi Lama Tibetani, Gheshe Sonam Cianchub dell’Istituto Samantabhadra di Roma e Gheshe Champa Ghiatzo, del Monastero Tibetano di Pomaia. Partecipando in maniera interessata ai loro insegnamenti, e frequentando ben due volte a settimana il Centro di Roma per almeno 12 anni, ottenne una buona preparazione nello studio della ‘vacuità’. Studio che poi gli fu estremamente utile quando nella sua mente esplose la scintilla della ‘comprensione-diretta’... Contemporaneamente, sotto vari maestri ed insegnanti di meditazione (come Corrado Pensa, Ajahan Thanavaro, Coleman, Bachelor ed altri) egli ebbe anche numerose esperienze di Meditazione 'Vipassana', e di Meditazione Zen, assistendo ad insegnamenti e pratiche di vari maestri Zen Italiani e stranieri.

Ma, la svolta effettiva, al suo interno è avvenuta grazie a particolari situazioni occorse nella sua vita e nella sua mente. Dopo aver sperimentato di persona, addirittura in due circostanze, l’esperienza di ‘sensazione-della-morte’ ed esser stato presente alla morte-reale della sua compagna (con la sua esemplare manifestazione di serenità e pazienza, frutto solo e senz'altro di una vera comprensione del messaggio salvifico del Buddha), egli ottenne alfine la ‘comprensione’ della vera essenza di ‘ciò che ognuno in realtà è. Poiché, come disse il Buddha, se una persona segue il Dharma 'con tutto il cuore e con vera sincerità', essa sicuramente 'vedrà la Verità e raggiungerà la Mèta', (altrimenti, non avrebbe senso darsi così tanto da fare nella spiritualità, rinunciando alla vita mondana e distaccandosi dalle varie occasioni di gratificazione e benessere materiale di questo mondo). 

Così infine, nel 1994, dopo aver avuto un’esperienza mistica su una montagna della Sabina mentre leggeva insieme a Cristina il ‘Sutra di Hui-Neng’, un testo sacro sulla ‘Illuminazione-Improvvisa’ del Chan Cinese, anche stimolato da Cristina, egli decise di fondare un piccolo Gruppo di Autocoscienza col nome di CENTRO NIRVANA. Questo centro finché Aliberth è stato presente, ha cercato,  di aiutare i pochi arditi che hanno avuto il coraggio (e la fortuna) di avvicinarsi all’insegnamento del Chan, a 'trovare il Vero ed Unico Maestro (ovvero, il Buddha)' al nostro interno. E per fare questo, egli si avvalse di tutte le possibili nozioni non-dualistiche delle varie dottrine Buddiste, Induiste, Taoiste e quando è il caso, anche Cristiane.

In particolare  l'insegnamento Chan si rifà principalmente al Buddismo Mahayana ed alla Scuola Madhyamika di Nagarjuna e dei Patriarchi del Chan Cinese, applicando la Meditazione Chan come forma di profonda auto-conoscenza (nel vero significato del termine, e non come ‘nozione-spicciola’) e assorbimento delle verità interiori acquisite con gli insegnamenti sulla 'Natura della Mente', tramandata dai Sutra e dalla visione di 'Silenziosa Comprensione' di Bodhidharma, e di 'Illuminazione Improvvisa' di Hui-Neng e di tutti i suoi seguaci.


Queste notizie biografiche e le informazioni specifiche sull'insegnamento di Aliberth le  ho riprese dal sito del Centro Nirvana prima che questo interrompesse le pubblicazioni.


(P.D'A.)



Altri articoli di e da Alberto Mengoni (Aliberth)

http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=alberto+mengoni