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Masaru Emoto, Luc Montagnier... e la forza del pensiero


L'insegnamento di Masaru Emoto sui (formidabili) poteri dell'acqua ...

Quella che gli antichi e oggi gli studiosi di fenomeni paranormali definiscono “energia del pensiero” o “ forma pensiero” , fino all’altro giorno paragonata a pure fantasie dalla scienza ufficiale, oggi si rivelano in parte reali dove molti scienziati cominciano a porvi attenzione. I primi a muoversi in questa nuova frontiera furono circa trent’anni fa ricercatori dell’accademia delle scienze di Stoccolma, poi scienziati russi, a seguire il famoso scienziato giapponese Masuru Emoto, il quale diffondendo nelle acque di alcuni laghi svizzeri musiche classiche e poi congelando subito l’acqua vicino all’idrofono, ha dimostrato con immagini al microscopio che l’acqua interessata dalle vibrazioni sonore interagisce formando addirittura cristalli complessi e armoniosi. 

Negli esperimenti di Masaru Emoto a secondo della frequenza elettromagnetica (hertz) immessa nelle acque attraverso altoparlanti acquatici e poi queste porzioni di acqua congelate, al microscopio appaiono figure geometriche perfette.  

Arriviamo infine al premio Nobel Luc Montagnier che con vari esperimenti ha dimostrato che l’acqua ha una sorta di memoria e che reagisce agli impulsi elettromagnetici esterni, i quali possono essere emanati anche dalla mente umana. Quindi che le intuizioni dei saggi del passato oggi vengono in parte confermate e in alcuni casi ampliate non deve più meravigliarci. All’inizio del 1900 se agli accademici di allora chiedevamo lumi circa quanto scritto sui sacri testi Veda sull’energia invisibile che pervade e penetra ogni cosa, compresi i nostri corpi e la Terra, conosciuta come Prana, ci avrebbero risposto che avevamo le allucinazioni. 

Ma oggi si sa che il 95% del peso dell’universo è composto dall’invisibile materia ed energia oscura e solo il 5% è nel visibile, unica realtà che possiamo conoscere e studiare. La materia oscura, guarda caso, è quel qualcosa che ci pervade e ci penetra, un po’ come dicevano i saggi maestri Veda migliaia di anni fa. Se poi decidessimo di entrare nel periodo buio della “santa inquisizione”, avendo il coraggio di affermare che non è il Sole a girare intorno alla Terra, ma viceversa, sicuramente finiremmo al rogo come fu per Giordano Bruno. Oggi per fortuna la scienza non è più condizionata da superstizioni, tabù e diktat religiosi, per cui l’atteggiamento verso l’incomprensibile trova, finalmente, spazi di studio più ampi. 

Filippo Mariani - A.K. Informa

Masaru Emoto e la memoria dell'acqua — Planet Yoga

Questo teatro, che è la vita...



"La verità è immutabile, quel che muta è solo apparenza.... Ma se così non fosse come potrebbe l'Uno gioire della sua "illusione"?..." (P.D'A.)
Dietro le quinte
Prego signori entrate in questo “deposito”, osservate con occhio curioso e giocoso il retroscena della rappresentazione che andremo a presentare.
Passione, inganno, amore, odio, grandi tragedie, consapevolezza delle contraddizioni, timore del futuro, vizi umani, disperazione, solitudine degli eroi, affetti e valori costituiti e sovvertiti, sconvolgimento della natura, dove il più saggio è il folle, l'assurdità della vita umana percepita senza schermi.
La lucida consapevolezza che l'esistenza è "una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla"; si rinuncia spesso a esplicitare il senso della vicenda, consci che un mondo vasto e oscuro come quello contemporaneo lo si può riflettere ma non circoscrivere.
Storie e racconti, scenografie di ricordi passati si stagliano sulle pareti, mentre inciampiamo tra oggetti e abiti sparsi qua e la dall’attore di turno.
Che gran confusione ordinata.
I tappeti son li, pronti per spiccare il volo come l’araba fenice: la finzione non può continuare, tornare in noi stessi, la soluzione mantenere la promessa: l’ultimo desiderio liberare il Genio dalla sua Lampada e lasciarlo partire per scoprire le bellezze del mondo.
No, Tempo, tu non ti vanterai che io muti!
L'Aura
Adulti e Bambini al Teatro: la Rassegna Teatrale 2019/2020 al ...

Così parlò Nisargadatta... - Libertà e amore


Giocare all'aperto: scoprirsi e scoprire in libertà

La libertà da tutti i desideri di durare è l'eternità. Ogni attaccamento implica la paura, perché tutto è transitorio. E la paura rende schiavi. La libertà dall'attaccamento non viene con la pratica; s'instaura naturalmente quando si conosce il proprio essere. Quando vedi il dolore e la sofferenza, sii con essi. ... e metti a nudo le sue radici; aiutare a capire è il vero aiuto. Ovviamente, nutri l'affamato e vesti l'ignudo nel frattempo, se puoi.

L'amore dice: "Sono tutto". La saggezza dice: "Non sono niente" . Tra l'uno e l'altra la mia vita scorre. Quale che sia la situazione, se è accettata è piacevole; se no, è dolorosa. Non importa che cosa la rende accettabile: la causa può essere fisica, psicologica o di altra natura; ciò che conta e l'accettazione. 


Inversamente, la sofferenza deriva dalla non-accettazione. Il dolore è fisico; la sofferenza è mentale. Al di là della mente non c'è sofferenza. Il dolore è solo un segnale che il corpo è in pericolo e che ha bisogno di attenzione. Allo stesso modo la sofferenza ci ammonisce che la struttura delle memorie e delle abitudini che chiamiamo "persona" è minacciata da una perdita o da un cambiamento. 

Il dolore è essenziale per la sopravvivenza del corpo, ma nessuno obbliga a soffrire. La sofferenza è dovuta solo all'attaccamento e alla resistenza, mostra la nostra incapacità di andare avanti, di fluire con la vita... L'essenza della santità è l'accettazione totale del momento presente, l'armonia con le cose così come avvengono. Un santo non desidera che le cose siano diverse da quello che sono; egli sa che, considerando tutte le cose, esse sono inevitabili. Egli è amichevole con l'inevitabile e perciò non soffre. Può conoscere il dolore, ma esso non lo frantuma. Se può, fa quello che è necessario per ritrovare l'equilibrio perduto... oppure lascia fare alla vita. 

"Io sono" è esso stesso Dio. La ricerca è Dio. Cercando scopri che non sei né il corpo né la mente, ma l'amore del Sé in te e del Sé in tutto. Le due cose sono un tutto unico. La coscienza in te e la coscienza in me, appaiono distinte, ma sono un'unica cosa, cercano l'unità e questo è amore.

Nisargadatta Maharaj


FRIEDERICH ENGELS: IL MATERIALISMO DIALETTICO E LA DIALETTICA DELLA NATURA



Ideologia Tedesca – Karl Marx – Friedrich Engels (1846) | per ...

Sulla figura di Engels (1820-1895), come su quella di Marx,  sono stati scritti fiumi di inchiostro. Quindi cercheremo di limitarci ad accennare per sommi capi all’attitudine dell’amico e compagno di Marx, non solo all’azione politica nella prospettiva dell’instaurazione di una società socialista, ma anche ad inquadrare le questioni politiche e la storia umana nel più ampio alveo della storia naturale. Il suo tentativo è stato quello di fornire al movimento operaio una propria filosofia della storia e della natura (definita “Materialismo Dialettico”). Sono noti infatti gli interessi di Engels per le questioni dello sviluppo delle scienze naturali, oltre che per le questioni economico-politiche.

In un precedente  numero dedicato a Marx abbiamo sottolineato il contributo decisivo di Engels sia per quanto riguarda lo studio degli economisti classici britannici, sia per la celebre inchiesta condotta sulla “Condizione della classe operaia in Inghilterra” il paese più sviluppato dell’epoca. Engels potè usufruire di un punto di vista privilegiato in quanto lavorò negli anni ’40 come amministratore nella fabbrica di Manchester di proprietà del padre, dove conobbe anche la compagna della sua vita, la semplice operaia irlandese Mary Burns.

Dopo la stesura del famoso “Manifesto del Partito Comunista” a Bruxelles insieme a Marx (1848), e dopo il fallimento della rivoluzione del 1848, e le difficoltà riscontrate dalla Prima Internazionale (1864-1876) anche a causa dei contrasti interni tra comunisti ed anarchici, anche Engels si dedicò al lavoro teorico, senza però trascurare di intervenire nel dibattito interno alla Seconda Internazionale (nata nel 1889) ed alla Socialdemocrazia tedesca in cui prendevano sempre più piede istanze revisioniste e di compromesso politico. Decisivo è stato il suo apporto per la stesura finale e la pubblicazione della seconda e della terza parte del “Capitale” nel 1885 e nel 1994, dopo la morte di Marx.

In questa sede ci preme sottolineare l’apporto dato da Engels allo sviluppo della filosofia della scienza (uno dei suoi primari interessi) con due opere: “Anti-Dhuring” del 1878 in cui attacca le posizioni del filosofo Dhuring (1835-1921), sostenitore del fatto che pensiero e realtà sono antitetici e che entrambi derivano da una misteriosa realtà “più profonda”, e “Dialettica della Natura”, scritto tra il 1873 ed il 1883, ma tenuto per decenni in un cassetto dal socialista revisionista Bernstein e pubblicato un prima volta solo nel 1925 dopo un parere favorevole espresso dal grande Einstein cui lo scritto era stato sottoposto.

Engels ritiene che il pensiero sia un riflesso della realtà esterna e che pensiero e realtà debbano essere in sintonia, fatto possibile perché sono fatti della stessa natura materiale (affermazione che ricorda l’affermazione dell’antico filosofo Empedocle a proposito della conoscenza sensibile: vedi N. 5). “Il pensiero deve incontrarsi con l’essere” (cioè con la realtà obiettiva) scriverà nella sua ultima opera del 1886: “Feuerbach, punto d’arrivo della Filosofia Tedesca”.

La realtà esterna, cioè la “natura”, è in continua trasformazione ed ha una sua “storia”. Parallelamente anche la conoscenza scientifica si evolve, per cui – contrariamente a quanto affermato da Kant – le categorie fisiche (come spazio, tempo, causa) non restano “fisse”, ma si evolvono sulla base dell’esperienza e delle nuove scoperte. Engels – come Mach, di cui parleremo in un prossimo numero – rivendica la necessità di sottolineare il carattere “storico” delle categorie scientifiche e delle varie teorie. Ritiene la realtà “infinita” e quindi difficile da abbracciare nella sua totalità, ma ha fede nei progressi della scienza, che ci avvicina sempre più ad una visione completa del mondo attraverso nuove scoperte e l’evoluzione delle teorie (posizione che gli ha attirato accuse di “positivismo”). Respinge qualsiasi posizione agnostica, come quella espressa dallo scienziato contemporaneo Emil du Bois-Raymond, che ritiene che la natura ci riservi enigmi inconoscibili (atteggiamento comune anche a moderni fisici quantistici). Afferma la necessità per lo scienziato di essere sostenuto da una robusta filosofia della scienza che lo salvi dal pericolo di adottare banali pseudo-filosofie di moda. Critica, ad esempio, il ricorso ad un esasperato meccanicismo, soprattutto nel campo biologico, lodando la visione evoluzionista di Darwin.

La visione evoluzionistica della natura (e della stessa scienza che ne deriva, a causa delle nuove evidenze sperimentali) è definita dal nostro autore “dialettica”. Engels ritiene di poterne enunciare le regole, derivate direttamente dal filosofo idealista Hegel, di cui Marx ed Engels si ritenevano continuatori, salvo il dichiarato “rovesciamento” tra pensiero, idee e realtà:
-le variazioni di quantità si trasformano in variazioni di qualità,
-la natura si manifesta come principi opposti che si compenetrano;
-la negazione di un principio è soggetta ad una negazione della negazione da cui nasce un principio nuovo.

E’ questa la parte più discussa e discutibile del pensiero del grande esponente della cultura e della politica europea, le cui tesi (come del resto quelle di Marx) andrebbero sempre affrontate con spirito laico, anche da chi ne condivida le idee politiche. Lo stesso Ludovico Geymonat, grande sostenitore di Engels, avanza qualche perplessità per i pericoli di nascita di un nuovo dogmatismo, pericoli che si sono ad esempio manifestati anche nella parte più arretrata e dogmatica della cultura sovietica. Chi scrive ritiene che la visione “dialettica” di Engels – che ricorda la visione dialettica di molti antichi filosofi della natura, come Anassimandro, Eraclito, o Empedocle - trovi riscontri se applicata concretamente ad aspetti della natura ed alle scienze naturali (oltre che alle scienze umane e politiche) senza l’applicazione di regole un po' artificiose derivate da Hegel. Basti ricordare l’evoluzionismo darwiniano e l’interpretazione fisico-filosofica data da grandi scienziati come Boltzmann al Secondo Principio della Termodinamia attraverso la definizione del parametro “Entropia” che cresce irreversibilmente e continuamente nell’Universo che è in continua trasformazione (di questo ci interesseremo in prossimi numeri). Bisogna evitare i pericoli di dogmatismo idealistico derivati da Hegel (se pure “rovesciato”; ma non sempre il “rovesciamento” riesce).

Per concludere ricordiamo una delle più ispirate opere di Engels, scritta nel 1884, poco prima della morte: “L’Origine della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato”, in cui il filosofo tedesco, partendo dagli studi dell’etnologo statunitense Lewis Henry Morgan (1818-1881) sulle società primitive, ci parla: della nascita della società patriarcale “gentilizia” che pone termine alla società matriarcale ad al ruolo privilegiato della donna; della nascita “storica” della proprietà privata, della famiglia e dello Stato; del ruolo sempre repressivo dello Stato, espressione sempre degli interessi delle classi dominanti e la cui estinzione (auspicata dagli anarchici) sarà ; possibile solo quando cesseranno i conflitti di classe in una società più giusta ed armoniosa.

Vincenzo Brandi

  1. L. Geymonat, “Storia del Pensiero Fil. e Sc.”, op. cit. in bibl.
  2. F. Engels, “Dialettica della Natura”, edizioni Einaudi e GAMADI, op. cit. in bibl.
  3. F. Engels, “Anti-Dhuring”, op. cit. in bibl.
  4. Comitato Scientifico GAMADI, “Materialismo Dialettico e Conoscenza della Natura”, op. cit. in Bibl.
  5. F. Engels, “L’Origine della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato”, op. cit. in bibl.
  6. Marx K. – F. Engels, “Opere scelte”, op. cit. in bibl.
  7. Marx K. – F. Engels, “La Concezione materialista della Storia”, op. cit. in bibl.
Friedrich Engels, Manchester nel 1845 | Storiaestorie

Il carattere di una persona è il suo destino

Ethos Anthropoi Daimon - Il carattere di un uomo è il suo destino

Sicuramente il carattere di una persona è in grado di determinare il suo destino. Non v’è decisione, dalla dichiarazione di guerra alla scelta del pasto giornaliero, che non passi attraverso il carattere personale. Gandhi diceva Sii il rinnovamento che vorresti nel mondo, ma cambiare il carattere delle persone, rinnovare se stessi, è la cosa più difficile dell’universo perché richiede una costante e forte volontà di mettere in discussione i propri punti di vista, le proprie convinzioni.

Le nostre sicurezze, le ostinazioni sui nostri principi, la mancanza di umiltà, la volontà di doversi giustificare ad ogni costo ad ogni critica, ad ogni divergenza di vedute, sono il nostro peggior nemico. Anche la persona più importante con un carattere ostico e permaloso è destinata ad essere evitata, esclusa, o al limite sopportata. E a causa di un cattivo carattere spesso succede che per un’inezia si rovini un’amicizia, un affetto, una buona relazione, un amore.

Quando nel dialogo occorre esercitare la massima attenzione per non urtare le opinioni dell’altro significa che bisogna lavorare ancora su se stessi per liberarsi dalla prigionia dei propri limiti. Vi sono persone a cui è possibile rivolgere solo parole di apprezzamento: qualunque appunto o critica anche bonaria viene interpretata come un’offesa fino a far vacillare o a volte cancellare un affetto che magari dura da anni  disconoscendo il 99% che di buono e di positivo c’è stato in passato tra le parti. Ma coloro che occorre trattare con i “guanti bianchi” si accontentano della maschera dell’interlocutore e non sapranno ciò che realmente gli altri pensano di loro.

La nostra vera natura non è quella che si manifesta nelle circostanze di un contesto favorevole in cui c’è armonia di relazione e condivisione di idee: è nella prova, nella provocazione, nell’insulto, nell’offesa, nella critica ingiusta, nella mancanza di rispetto, magari nella derisione, nel tradimento della fiducia, nella privazione di un bene o di un diritto che si manifesta il nostro vero carattere. Ed è meglio non fare il bene se non si è disposti a sopportare l’ingratitudine.

La reale consistenza di un muro si può verificare solo nel momento in cui si cerca di abbatterlo. In ognuno di noi si nasconde un santo o un criminale, ma è la provocazione che fa emergere l’una o l’altra nostra vera natura, quello che realmente siamo.

Avere un bel carattere, disponibile al dialogo, capace di mettere in discussione la propria visione delle cose, le proprie certezze, essere aperti al dialogo e all’innovazione questo è il bene più prezioso di una persona per chi ha la fortuna di vivergli accanto; ma una persona permalosa, litigiosa, inflessibile è sicuramente motivo di tensione e discordia.

Credo che la vita ci dia ogni giorno la possibilità di migliorare  noi stessi e questo è possibile solo se, attraverso un giusto e salutare esame di introspezione, siamo disposti a mettere in discussione le nostre chiusure, i nostri personalismi.

Ognuno di noi è un universo diverso da ogni altro, più o meno in armonia con se stesso e con il contesto naturale; ma il metro di verifica è se il nostro modo di essere torna  o no a beneficio di se stessi e della comunità. Quindi la domanda da porsi è: se tutti avessero il mio carattere il mondo sarebbe migliore o peggiore? Credo che in noi vegetariani/vegan/universalisti alberga una coscienza più vasta, un’etica più profonda, un senso di giustizia più ampio del comune sentire, per questo abbiamo l’obbligo morale di essere di esempio, in ogni circostanza.

Franco Libero Manco