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Ipotesi sulla non esistenza fisica di Gesù Cristo


Calcata - Foto di Gustavo Piccinini

In seguito ad un virulento scambio di pareri intercorso  un po' di tempo fa con alcuni "credenti"  ho sentito l’esigenza di riportare qui un argomento scottante, che già in passato fu per me motivo di discussione, si tratta della “Favola di Cristo”,  ovvero la  ricerca storica sulla non esistenza fisica di Gesù di Nazareth. 
Esiste un libro così intitolato scritto alcuni anni fa dall’amico  Luigi Cascioli (vedi link sottostante)  e  -dopo averlo letto- compresi come fosse importante ripristinare una verità storica su  fatti alquanto nebulosi, che vengono in realtà confermati dalla sola voce ecclesiastica dei papi e del vaticano. La storia si sa é solo convenzione ma quando una religione come quella cattolica pretende di essere detentrice di una verità salvifica incontrovertibile occorre una certa cautela ed un’analisi approfondita sulle origini di questo messaggio…
Personalmente sono  cresciuto  in seno ad uno spirito agnostico, la mia origine essendo ebraica, ma convertitosi mio nonno al cristianesimo (per ovvi motivi) durante il ventennio, il risultato fu quello  di cancellare di fatto all’interno della mia famiglia ogni credenza religiosa. Formalmente cristiano e persino ex allievo dei Salesiani pian piano  portai avanti la mia ricerca sino a considerare la superiore validità di filosofie alquanto atee, come ad esempio il Buddhismo, l’Advaita Vedanta od il Taoismo. Infine smisi di interessarmi di qualsiasi religione abbracciando consapevolmente la via sincretica della Spiritualità Laica, di cui mi son fatto anche portatore.
Ciò avvenne in seguito alla diretta esperienza della veridicità e realtà del Sé interiore che supera, pur integrandolo, qualsiasi concetto di Dio o di separazione fra gli esseri.  Comunque per amore di “verità” speculativa e storica non ho mai tralasciato di occuparmi di “santi” (nell’accezione laica del termine) anticamente vissuti  come Gesù, Lao Tze, Buddha, o personalmente conosciuti  come Swami  Muktananda, Karmapa,  Nisargadatta Maharaj e numerosi altri…
Non ho mai voluto cancellare l’uomo, per me la capacità dell’uomo di manifestare il “divino”  e la saggezza é motivo di grande “orgoglio” per la comune appartenenza alla specie umana. Per questa ragione ho sempre cercato -o forse desiderato- l’esistenza di santi del calibro di Gesù, Maometto e Buddha… 
E qui ritorno al libro di Luigi Cascioli  in cui si nega l’esistenza fisica di Gesù… o per lo meno la inquadra in un contesto ed in una manifestazione diversa da quella propugnata dal vaticano e dalle varie chiese cristiane.
Beh, non voglio però negare libertà di espressione e ricerca. 
Pertanto qui di seguito riporto alcuni  elementi di ricerca sull’esistenza o meno di Gesù Cristo.
“La favole di Giovanni di Gamala, ovvero la favola di Cristo”, di Luigi Cascioli (che ha citato in giudizio Don Enrico Righi per abuso di credulità popolare e sostituzione di persona).
“Gesù lava più bianco. Ovvero come la Chiesa inventò il marketing”, di Bruno Ballardini
“Babbo Natale, Gesù adulto. In cosa crede chi crede”, di Maurizio Ferraris

e poi naturalmente i Vangeli stessi... 

Paolo D’Arpini

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Per leggere il libro "La Favola di Cristo" di Luigi Cascioli:
http://www.antiguatau.it/doc-scarico/La%20Favola%20di%20Cristo,%20Luigi%20Cascioli.pdf



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Nota aggiunta: 



Foto


Commento di  Pier Tulip: "Per quanto riguarda la dichiarazione sulla non esistenza di Gesù fatta dal papa  Paolo III ho potuto trovare la fonte in un autore dell'ottocento Maurice Lachâtre in Histoire des papes. Sarebbe contenuta in una lettera dell'ambasciatore Diego Hurtado de Mendoza a Carlo V. L'ho riportata in appendice del mio libro perché non trovo nessuna discrepanza in quanto avrebbe dichiarato Paolo III con il risultato della mia ricerca. Mi sembra impossibile quindi che possa essere considerata falsa."

Il risveglio è una fioritura, che avviene da sé, al momento opportuno...




Il Risveglio  non può essere indotto negli altri con le parole, avviene spontaneamente alla presenza di un'anima realizzata, per simpatia innata,  ed  in essa si riconosce se stessi, l’Essere come veramente è, completo, puro, reale, perfetto, senza paure e senza desideri.

Ma non si possono reprimere paure e desideri con un atto di volontà, la scomparsa di paure e desideri  avviene naturalmente, quando scoprendo e amando il nostro vero Sé, non abbiamo più paura di nulla e non abbiamo più desideri.

Così possiamo seguire le due vie, i due sistemi indicati dai santi: "ama il prossimo tuo"  e  "conosci te stesso".

Ovvio che gli altri fanno parte di noi, capendo noi stessi e conoscendoci, conosciamo e capiamo gli altri, e conoscendo gli altri capiamo meglio noi stessi, nei momenti bui e in quelli luminosi, e possiamo rifletterci e far “riflettere” gli altri in noi.

Prestando attenzione al Sé, che  è in  tutti,  possiamo tranquillamente dimenticare il nostro ego, che ci porta sempre e comunque a contrapporci, a differenziarci, a metterci in opposizione con ciò che noi, ciecamente, vediamo diverso, ma che fa parte dello stesso uno. A volte  l’ego viene smascherato  ed allora esce dal cuore una sonora risata: "ti ho scoperto!".  Anche se lui spesso è ancora lì a prendersi, immotivatamente e dannosamente, di nuovo, il suo spazio.

Si dice che quando arriviamo a conoscerci e accettarci completamente, le nostre azioni sono consone alle circostanze ma non hanno finalità particolari, non abbiamo bisogno di combattere alcuno, possiamo amare indefinitamente e senza condizioni il resto del mondo.

L’evoluzione procederebbe così e può procedere così non tanto o non solo per tentativi ed errori, ma tramite quello pseudopodo evolutivo, che tira l’intero corpo cellulare in avanti……..

La complementarietà porta all’equilibrio, alla visione chiara dei due aspetti, allo spirito e alla materia, al buio e alla luce, al moto e all’inerzia, nella comprensione che siamo tutti uniti, e “dolore e piacere sono le creste e gli avvallamenti nell’oceano della beatitudine. In profondità c’è la pienezza assoluta”  (Nisargadatta Maharaj)

Caterina Regazzi 


Il passato ritorna? - "La corte dei miracoli, ieri ed oggi..."


LA COUR DES MIRACLES (la Corte Dei Miracoli) – Dei centomila abitanti della Parigi medievale, almeno trentamila erano indigenti – La spianata sulla quale è stato eretto il museo Pompidou, agli inizi del XIII secolo era storicamente conosciuta come “La Cour des Miracles”, un quartiere misero, rifugio di gente in fuga dal mondo, una borgata “esclusiva e riservata” considerata un luogo “maledetto” dove terminavano delinquenti, assassini, ladri, prostitute e protettori. Qui si rifugiavano il pugnalatore notturno e il tagliagole in pericolo, gli accattoni e i malviventi capeggiati dal Gran Chef de Bande. Tutti rientravano alla sera tranquilli e impuniti alla “””Corte dei Miracoli””, un ricovero sicuro dopo aver vissuto l’intera giornata nell’illegalità e in attesa di prendere l’indomani le stesse tristi e illecite attività. Del resto l’appellativo “Corte dei Miracoli” deriva dal fatto che spesso i mendicanti fingevano delle menomazioni che poi scomparivano come per miracolo, una volta che questi rientravano nelle loro abitazioni, nel loro riprovevole quartiere colmo di cialtroni, di poveri, di ignoranti, di ferocia, miseria, fango e freddo. Un dedalo di stradine strette e angusti vicoli bui e tenebrosi che si intersecavano in questa zona quasi a formare un groviglio inestricabile che rendeva difficoltoso l’accesso ai soldati e a chiunque volesse avventurarsi senza essere del “popolo”. Nelle disagevoli e sporche viuzze accadeva ogni tipo di trasgressione e gli assassini erano il vero tribunale di giustizia. Ogni categoria di poveri residenti nella “Corte” aveva i suoi segni distintivi, una propria gestualità, i suoi riti e cerimonie.  Nel “ghetto” era uso parlare un gergo di malaffare, quello stesso “jargon” misterioso e affascinante che divenne in seguito famoso nei pittoreschi racconti della “Corte dei Miracoli”, ne è un esempio le ballate “argotiques”, comprensibili solo agli iniziati, in cui vive il famoso “Argot” ovvero la lingua usata dalla mala per non farsi intendere dagli sbirri del re.  Nella borgata non mancavano i poveri diavoli come gli straccioni, i dannati, le persone denutrite e alcolizzate, i malati nel corpo e nella mente di ogni tipo, dai pazzi ai lebbrosi e tanti vecchi e bastardi dediti all’accattonaggio e a mendicare. Nel quartiere ferveva una vita convulsa con venditori ambulanti, acrobati, cantastorie, musici e incantatori di serpenti che vivevano in un ambiente totalmente privo di case decenti con strade piene di escrementi umani e spazzatura di vario genere. Era preferibile non parlare e più in generale non entrare nell’occhio dello sguardo collettivo, perché era forte il rischio di poter essere accusato di stregoneria, più per gli atteggiamenti che per reali credenze religiose. La situazione alimentare era disastrosa; di cani, gatti ed anche topi non vi era traccia perché finivano tutti in pentola a causa della gran fame. Le condizioni igieniche erano indescrivibili, le fognature inesistenti e tutto ciò era il miglior viatico per l’espansione di epidemie contagiose cui segni si potevano vedere sulla gran parte della popolazione. Un quartiere fetido e fangoso, un ambiente tanto sporco da sembrare una cloaca a cielo aperto. Senza via di sfogo.
La “Corte dei Miracoli” ha sempre suscitato un fascino particolare tra i romanzieri. Ricordiamo Victor Hugo, tra le sue maggiori opere troviamo “Notre-Dame de Paris”, un bellissimo romanzo storico, dove il punto di forza è la descrizione dei vicoli della “Corte dei Miracoli” con i suoi vagabondi, pazzi, derelitti, teatro di una pittoresca festa dei buffoni con l’intento di eleggere il “Papa dei Folli”.
(Franco Stobbart)
Ieri: Corte dei miracoli

Dei centomila abitanti della Parigi medievale, almeno trentamila erano indigenti – La spianata sulla quale è stato eretto il museo Pompidou, agli inizi del XIII secolo era storicamente conosciuta come “La Cour des Miracles”, un quartiere misero, rifugio di gente in fuga dal mondo, una borgata “esclusiva e riservata” considerata un luogo “maledetto” dove terminavano delinquenti, assassini, ladri, prostitute e protettori. 

Qui si rifugiavano il pugnalatore notturno e il tagliagole in pericolo, gli accattoni e i malviventi capeggiati dal Gran Chef de Bande. Tutti rientravano alla sera tranquilli e impuniti alla “Corte dei Miracoli”, un ricovero sicuro dopo aver vissuto l’intera giornata nell’illegalità e in attesa di prendere l’indomani le stesse tristi e illecite attività. Del resto l’appellativo “Corte dei Miracoli” deriva dal fatto che spesso i mendicanti fingevano delle menomazioni che poi scomparivano come per miracolo, una volta che questi rientravano nelle loro abitazioni, nel loro riprovevole quartiere colmo di cialtroni, di poveri, di ignoranti, di ferocia, miseria, fango e freddo. 

Un dedalo di stradine strette e angusti vicoli bui e tenebrosi che si intersecavano in questa zona quasi a formare un groviglio inestricabile che rendeva difficoltoso l’accesso ai soldati e a chiunque volesse avventurarsi senza essere del “popolo”. Nelle disagevoli e sporche viuzze accadeva ogni tipo di trasgressione e gli assassini erano il vero tribunale di giustizia. Ogni categoria di poveri residenti nella “Corte” aveva i suoi segni distintivi, una propria gestualità, i suoi riti e cerimonie. Nel “ghetto” era uso parlare un gergo di malaffare, quello stesso “jargon” misterioso e affascinante che divenne in seguito famoso nei pittoreschi racconti della “Corte dei Miracoli”, ne è un esempio le ballate “argotiques”, comprensibili solo agli iniziati, in cui vive il famoso “Argot” ovvero la lingua usata dalla mala per non farsi intendere dagli sbirri del re. 

Nella borgata non mancavano i poveri diavoli come gli straccioni, i dannati, le persone denutrite e alcolizzate, i malati nel corpo e nella mente di ogni tipo, dai pazzi ai lebbrosi e tanti vecchi e bastardi dediti all’accattonaggio e a mendicare. 

Nel quartiere ferveva una vita convulsa con venditori ambulanti, acrobati, cantastorie, musici e incantatori di serpenti che vivevano in un ambiente totalmente privo di case decenti con strade piene di escrementi umani e spazzatura di vario genere. Era preferibile non parlare e più in generale non entrare nell’occhio dello sguardo collettivo, perché era forte il rischio di poter essere accusato di stregoneria, più per gli atteggiamenti che per reali credenze religiose. La situazione alimentare era disastrosa; di cani, gatti ed anche topi non vi era traccia perché finivano tutti in pentola a causa della gran fame. 

Le condizioni igieniche erano indescrivibili, le fognature inesistenti e tutto ciò era il miglior viatico per l’espansione di epidemie contagiose cui segni si potevano vedere sulla gran parte della popolazione. Un quartiere fetido e fangoso, un ambiente tanto sporco da sembrare una cloaca a cielo aperto. Senza via di sfogo.
La “Corte dei Miracoli” ha sempre suscitato un fascino particolare tra i romanzieri. Ricordiamo Victor Hugo, tra le sue maggiori opere troviamo “Notre-Dame de Paris”, un bellissimo romanzo storico, dove il punto di forza è la descrizione dei vicoli della “Corte dei Miracoli” con i suoi vagabondi, pazzi, derelitti, teatro di una pittoresca festa dei buffoni con l’intento di eleggere il “Papa dei Folli”.
Franco Stobbart


Oggi - Corte dei miracoli

Evoluzione della specie attraverso le due forme di intelligenza quella analogica e quella logica


Cingoli - Caterina Regazzi e Paolo D'Arpini


Parità di coscienza nella differenza di genere

Scrive Caterina Regazzi: Mi chiedo in base a quello che dice Paolo e non solo, come mai se le donne all’epoca del matriarcato sceglievano i maschi in base alle qualità positive di questi, come la solidarietà, la cura verso la prole (?), la disponibilità (in che senso?), il senso di appartenenza alla comunità, e io ci metterei la capacità di proteggere la comunità e la capacità di procacciare il cibo (o anche questo era appannaggio delle donne visto che all’epoca saranno stati vegetariani o per meglio dire, frugivori?) allora come mai poi c’è stata questo cambiamento di rotta verso il patriarcato?

Forse la scelta dei maschi non era stata così attenta? la scelta del compagno forse é ancora oggi appannaggio della donna, quando c’è a disposizione una popolazione maschile entro cui scegliere, e così l’accudimento della prole durante l’infanzia, tranne casi isolati… siamo ancora noi responsabili dello sviluppo emotivo dei giovani uomini e delle giovani donne, ma essendo isolate l’una dalle altre non abbiamo più quella che Sabine chiama “la forza dello sciame” e siamo noi e solo noi che possiamo riscoprire il valore di questa comunità femminile, non dobbiamo aspettare che siano gli uomini a concedercela, no?

Caterina Regazzi

………..

Risposta:

La domanda di Caterina è molto significativa… e merita un’accurata risposta. Ma allo stesso tempo non può essere una risposta esaustiva e definitiva perchè nel rispondere su questo tema si mettono in gioco energie che sono ancora in movimento.

L’evoluzione mentale della nostra specie, come diceva lo stesso Ramana Maharshi, non ha mai fine.. Attenzione si parla di “mente” non di ” pura consapevolezza”. La mente individuale ed anche quella collettiva sono costantemente in un processo di conoscenza -in divenire-, quindi il percorso è illimitato e perfettibile, mentre la “pura consapevolezza” (il Sè) è al di là dello spazio tempo e non può essere misurata in alcun modo. In Cina viene definita Tao, in India la chiamano Atman, noi spiritualisti laici la conosciamo come lo Spirito Universale o Forza Vitale.

Tornando alla mente, diciamo che ad un certo punto della nostra storia il processo di maturazione intellettiva aveva consentito alla donna di assumere l’autoconsapevolezza psicofisica e quindi di prendere coscienza dell’io, uno stadio che tutti gli zoologi conoscono bene quando analizzano i comportamenti degli animali, per vedere se essi sono in grado di riconoscersi allo specchio, ad esempio, o in altre forme.

Ovviamente non si tratta dell’autoconsapevolezza del Sé (nel senso superiore) ma della coscienza di rappresentare uno specifico nome forma, ovvero la mente ed il corpo… insomma si tratta dell’ego.

Ma l’ego è una pietra miliare importante per lo sviluppo della coscienza. In ogni caso la crescita intellettuale deve partire dall’ego. Quindi allorchè questo stadio venne raggiunto da un’ipotetica “prima donna” (quella Eva che gli scienziati definiscono la madre di tutte le madri, sulla base del messaggio DNA mitocondriale contenuto nel midollo spinale femminile), sorse il problema di come elevare nell’uomo (s’intende il maschio) lo stato di autocoscienza e giudizio.

Per far ciò era possibile la sola via genetica, quella della trasmissione di certe caratteristiche ritenute evolute. Però nelle società matriarcali antiche l’uomo non poteva esercitare (perchè non in grado) ruoli di responsabilità sociale, o poteva farlo molto limitatamente, per cui si rese necessario nel gioco dell’evoluzione della specie che l’uomo assumesse su di sè la conduzione della società umana. Da qui la nascita del patriarcato, con il bene ed il male che ne consegue. Il bene è la ragione portata alle sue vette, il pensiero astratto, la filosofia, etc. il male è la dominanza e lo sfruttamento “utilitaristico” non solo delle donne ma anche delle altre specie e delle risorse naturali.

Oggi siamo arrivati al punto in cui l’uomo (il maschio) ha compiuto i passi necessari per pareggiare il suo livello di autocoscienza ed intelligenza a quello della donna. Pertanto non è più necessario il mantenimento del patriarcato, che è stato comunque utile nel piano di sviluppo globale della specie umana -come lo fu il matriarcato precedentememente.

Ora il maschile ed il femminile possono camminare fianco a fianco utilizzando entrambe le capacità mentali all’unisono. La capacità analogica (femminile) e quella logica (maschile). L’integrazione di queste due forme d’intelligenza consentirà -come anche afferma lo psicologo Michele Trimarchi- alla specie umana di compiere il successivo passo evolitivo.. verso una più matura “coscienza spirituale” (laica).

Se non si autodistrugge prima…


Paolo D'Arpini

La logica naturale del Mu di Masanobu Fukuoka

"Ogni cosa nel mondo naturale straripa di vita" (Masanobu Fukuoka)



Leggiamo qualcosa tratto da La rivoluzione di Dio, della natura e dell'uomo di Masanobu Fukuoka, il creatore dell'agricoltura naturale:
 
"La sola ottica da cui possiamo far luce sulla vera mente è quella del Mu (il nulla).

Qual è l'ottica del Mu? È quella della gente prima di diventare consapevole di sé. È l'ottica che precede l'origine di una mente come quella di Cartesio quando disse: «Penso, dunque sono».
Solo coloro che si trovano in una posizione precedente al «penso, dunque sono» possono cogliere e chiarire la vera natura della vera mente. In altre parole, solo la mente dimentica di sé può conoscere la mente.


L'«io» a cui Cartesio si riferiva, non è nulla più dell'ego. [...]
Quando l'uomo primitivo mangiò la prima volta il frutto dell'albero della conoscenza e arrivò a possedere la conoscenza discriminante, la specie umana perse la sua mente originale e cadde nello stato della pecora smarrita. [...]


Se ci dedichiamo con tutto il cuore alla vita, la morte scompare e se conosciamo il vero aspetto del mondo, allora il mondo dopo la morte svanisce. Se guardiamo con gli occhi di Dio (senza mente), non c'è né vita né morte, né questo mondo né un aldilà. Tutto quello che c'è è la vita di questo mondo. [...]


Quando ritorniamo a un io senza ego e guardiamo con semplicità e ci abbandoniamo fra le braccia della natura spensierata, allora improvvisamente il pieno aspetto di Dio si schiuderà ai nostri occhi. Dio, la natura e l'uomo sono un corpo solo. Se ci svegliamo all'io senza sé, l'idea dell'io e dell'altro scompare [...].


Quando il valore delle cose svanì e capii che la gente non ha conoscenza e che le cose non hanno nome, capii per la prima volta che questo mondo è paradiso. Vidi che ogni cosa nel mondo naturale straripava di vita, cantando con piacere e ballando per la gioia. [...]


Quando e come è nata la conoscenza umana?
La conoscenza umana comincia dal momento in cui un bambino vede la luna che galleggia nel cielo e dice «la luna». Quando il bambino [...] diventa consapevole della luna, discrimina fra un soggetto che è «io» e un oggetto che è la luna e arriva a conoscere la cosa chiamata luna che sta in opposizione a sé.


La conoscenza umana non è altro che sapere discriminante, un sapere relativo che discrimina fra sé e l'altro" (pp. 74-78; 91).

La pratica meditativa è la prova provata della realtà precedente al penso, dunque sono, di quello spazio vuoto che ne è la premessa. Ma soprattutto è il ritornare a quella mente dell'origine precedente a qualsiasi dualismo, a qualsiasi frattura cioè tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, alla separazione tra partenza e meta, tra vita e morte, tra esistenza e l'oltre. È il finalmente cadere liberatorio in quel presente in cui tutto ciò che è separativo, distinzione rispetto all'attimo presente e supremo brucia all'istante.


È quella consapevolezza muta, è quell'essere-con, quella così perfetta immersione del soggetto nell'oggetto, che non c'è nessun soggetto e alcun oggetto. È quella realtà precedente a qualsiasi verbalizzazione dell'esperienza, che non sarebbe altro che discriminare, fratturare la realtà stessa, originaria. Ogni descrizione di quel picco realizzativo sarebbe ricadere nel mentale, nel concettuale, nel discorso del sapere: triste lontananza dall'immersione anonima nel flusso senza perché.

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Non c'è bisogno di afferrare la mente (Niu-tou)

Non c'è bisogno di afferrare la mente
né di costringerla a calmarsi:
allora ci sarà la quiete!
Essere senza mente
è essere vuoto di oggetti.
Il vuoto di oggetti è la natura vergine,
la natura vergine è la Grande Via!
La natura dell'assoluto
è la spontaneità!
Non c'è alcun luogo
che non sia la Via!
Quando il vostro palmo è rivolto verso il cielo
nessuno vi domanda dove è andato!
Nessun veicolo
è ciò che chiamo il veicolo supremo!
Il fuoco devasta le montagne,
il vento piega gli alberi,
le valanghe seppelliscono gli animali selvaggi,
le piene annegano i rettili.
Con una tale mente si può uccidere.
Ma se sussiste la minima esitazione,
se c'è concetto di vita e di morte,
c'è una mente in funzione
e uccidere una formica in queste condizioni è un crimine.
L'ape succhia il nettare dai fiori,
gli uccelli si nutrono di castagne,
il bufalo di fave,
il cavallo di praterie.
Senza l'idea del possesso
una montagna vi appartiene,
ma senza questa libertà una foglia vi lega!
Il cielo circonda la terra,
lo Yang si unisce allo Yin,
la pioggia scorre nelle grondaie,
le sorgenti si riversano nei ruscelli.
Quando le passioni generano la diversità
anche l'unione con la vostra donna vi contamina.
Se vi attaccate all'esistenza di una mente,
questa persisterà anche nel samadhi.
Se vi liberate della mente,
persino nella riflessione siete liberi!
Il vento non ha mente.
Il maestro lascia apparire i suoi pensieri.
Se al momento della morte
trattenete i vostri lamenti,
date spazio all'ego.
Se comprendete queste cose,
movimento e immobilità sono in accordo con la Via.
Non c'è ostacolo né ostruzione!
Eliminate dunque le vostre opinioni,
invece di discutere su quelle degli altri!



Scuola di Filosofia Orientale

Sacerdoti e sacerdotesse uniti per salvare la religione cristiana dell'amore universale



A metà ottobre del 2013 ho partecipato al Festival della Laicità, che si teneva a Pescara, e lì ho conosciuto una donna molto semplice ed intelligente, pastore valdese. Tra l'altro la chiesa valdese aveva sponsorizzato il convegno attraverso la cessione dell'8 x mille agli organizzatori. 

Solo un paio di giorni fa, mentre bevevo il mio cappuccino bollente nel solito baretto di Treia, ho letto un articolo di mezza pagina che parlava di una sacerdotessa cristiana anglicana "che ha tutte le intenzioni di scalare i vertici ecclesiastici fino a diventare vescovo". 

Beh, magari la forma arrivistica non è la migliore però mi sembra giusto che le donne potessero accedere al sacerdozio, anche nella religione cattolica, fino a ricoprire i più alti gradi pastorali, quelli vescovili. Non vorrei che le donne diventassero cardinali o papa non perché ritengo che non siano degne  ma soltanto perché (come già affermato in più occasioni) sarebbe opportuno che queste cariche "da principi e sovrani" scomparissero nella chiesa, fermandosi all'investitura vescovile che pur sempre rientra nel servizio ordinario per i fedeli.   Le donne, senza alcuna proibizione di Gesù in tal senso, sono  state  escluse dal sacerdozio e nel medio evo addirittura erano indicate "prive di anima, incantatrici, messaggere demoniache e streghe". 


Eppure la donna non è solo l'altra metà del cielo è invero la rappresentazione vivente  della Madre Universale, ovvero di Dio. E Dio stesso ha creato i sessi ed il piacere sessuale come forma di incentivo alla procreazione e  come forma di "gioia di vita". 

Inoltre se facciamo un’analisi accurata sui processi emozionali e fisiologici scopriamo che in verità non c’è una reale scissione fra i sentimenti cosiddetti “puri” e lo “sconvolgimento” ormonale fisico. L’estasi è una forma di orgasmo e l’amore nelle sue varie forme ha sempre una componente fisica, con rilascio di endorfine nel corpo.

Persino nello yoga viene descritto il processo di risalita dell’energia “femminile” Shakti/Kundalini, lungo il canale spinale, come una sorta di viaggio verso il ricongiungimento con l’aspetto “maschile” Shiva… ed è da questa unione che sorge la piena consapevolezza di Sé (della presenza di Dio al nostro interno).

Anche nell’esperienza empirica della vita quotidiana scopriamo che il maschile e il femminile, che sono aspetti funzionali alla manifestazione duale della vita, tendono continuamente verso la congiunzione. Forse esteriormente possono anche non apparire in forma propriamente maschile o femminile  ma sicuramente assumono una forma “attiva e passiva”, o Yin e Yang se preferiamo una terminologia taoista.

Quindi bisogna partire dal presupposto che l’energia sessuale non è antagonista all’espressione religiosa, ed all'amore universale, anzi ne è la componente cinetica.

Ma nella religione cattolica la parola “amore” viene spesso ancora  utilizzata in modo contorto ed alienante, ad esempio  la gerontocrazia vaticana ha abusato della santissima parola amore della quale non conoscono il significato, compreso forse meglio duemila anni fa da un Cristo che certamente non avrebbe permesso quella pedofilia ed il favoreggiamento di essa perpetrata  per mero sfruttamento sessuale di bambine e bambini da preti e prelati frustrati e senza 

scrupoli.....





Allora appare evidente che la prima cosa da fare per salvare la "religione cattolica", sarebbe quella di consentire il matrimonio ai preti, seguito immediatamente dall’apertura al sacerdozio femminile e successivo abbandono del meccanismo di potere politico ed economico vaticano. 

Paolo D'Arpini

In veste di Anti-papa

I templari davano fastidio ai "grandi usurai" e per questo furono eliminati?




Alcune voci fuori dal coro sussurrano che la distruzione dei Templari fu causata dalla concorrenza usuraia ebrea che vedeva di malocchio la preminenza alla quale era giunto questo ordine, non a loro connesso, anzi antagonista. 
I "banchieri" ebrei  già dal XII secolo  cominciarono a insinuarsi sino a lentamente prendere il sopravvento in varie nazioni d'Europa, a partire dall'Inghilterra -piegata dai debiti per il pagamento del riscatto di Riccardo Cuor di Leone e per altre ragioni- e che più tardi divenne la prima nazione a delegare ad una "banca privata" l'emissione monetaria (da lì chiamata "moneta/debito" in quanto nasceva come debito che poi veniva ripagato tramite le tassazioni statali). L'eliminazione dei Templari era perciò indispensabile per la propagazione del potere usuraio e trovò in Filippo il Bello un - forse inconsapevole- ma compiacente esecutore e nel papa Clemente V (colui che spostò la sede papale ad Avignone) un ignavo complice. 

Paolo D'Arpini 


Commento di Franco Stobbart: "... può anche darsi che chi ideò e complottò contro i Cavalieri del Tempio siano stati certi "banchieri". E' risaputo che in quell'epoca certi Clan di potere imperavano in Europa.Non rifiuto quanto hai riportato ma scelgo un'altra motivazione. I Templari furono coinvolti in un processo inquisitoriale per eresia a seguito delle confessioni di un ex cavaliere templare (espulso dall’Ordine), tale Esquieu de Floyran ex priore templare di Montfaucon, che a partire dal 1305 cominciò a mettere in giro presunte rivelazioni su infiltrazioni ereticali nell’Ordine.In realtà dietro il processo c’era la volontà del re francese di sbarazzarsi dell’ingombrante presenza dell’Ordine e impadronirsi delle sue ricchezze. L’opposizione del Gran Maestro Jacques di Molay a un prestito di quattrocentomila fiorini d’oro al re di Francia e il dissidio tra papa Bonifacio VIII e re Filippo IV di Francia fu la causa per mettere in moto la macchina dell’accanimento verso l’Ordine. Il pontefice per evitare che i rapporti tra regno di Francia e Santa Sede non peggiorassero, non assolse l’Ordine ma lo sciolse in modo ch’esso non fosse condannato. Ma oramai il destino dell’Ordine era comunque segnato."


Mia rispostina: "Sarà certo come tu dici, ma le voci "maligne" messe in giro da Esquieu dovevano avere per forza "degli altoparlanti" che le facessero circolare... Si chiede "cui prodest"? e vengono fuori i menzionati "banchieri" che già erano abbastanza intrallazzati sia con i poteri ecclesiastici che con quelli secolari ed in stretta concorrenza con i Templari"



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Alcune notizie storiche:

I Templari furono un Ordine religioso-militare, ebbe origine da un gruppo di Cavalieri che da Ugo di Payens furono impiegati a rendere più sicuro il viaggio dei pellegrini di Terrasanta; verso il 1119 presero sede a Gerusalemme in una parte del Palazzo reale, chiamato “Templum Salomonis” da qui il nome di Templari. I loro ordinamenti furono approvati dal Concilio di Troyes nel 1129. 

Valorosi e talvolta temerari, ma disciplinati rispetto al loro Gran Maestro e ai loro Capi, i Templari compirono in Terrasanta imprese di guerra, famose, contro i musulmani. 

A poco a poco aumentarono la loro potenza e il loro prestigio, grazie ai privilegi di natura fiscale e beni di proprietà e lasciti vari. Ottimi amministratori delle loro ricchezze che dovevano garantire l’efficienza dell’Ordine, furono grandi nel campo dell’architettura, della medicina, dell’agricoltura, nell’attività bancaria tanto che potevano assicurare il trasferimento delle somme a loro affidate in deposito ovunque. 

Abili anche a custodire ed amministrare i tesori reali e principeschi. La loro eliminazione fu voluta dal re di Francia Filippo il Bello con la complicità passiva del Papa Clemente V, Bertrand de Ghot. Furono accusati di eresia e di immoralità, imprigionati e torturati atrocemente. Giudicati dal potere laico non religioso, il Papa soppresse l’Ordine “per via amministrativa”, nel 1312 al Concilio di Vienne, “con amarezza e senza prove”, incalzato dal re e dopo che il Vescovo di Sens aveva fatto bruciare 54 Templari. 

L’ultimo Gran Maestro dell’Ordine fu Jacques de Molay, arrestato nel 1307 con altri 139 cavalieri, dopo un lungo processo e una lunga prigionia fu arso vivo il 18 marzo 1314 in una piccola isola della Senna vicino al Palazzo Reale a Parigi con altri Cavalieri. Al momento del martirio il Gran Maestro volle essere rivolto verso Notre Dame e gridò: “L’Ordine è puro e santo, le accuse assurde, le confessioni menzognere”. Davanti ad una folla attonita si consuma tra le fiamme la leggenda del Tempio.


Franco Stobbart