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Il passato ritorna? - "La corte dei miracoli, ieri ed oggi..."


LA COUR DES MIRACLES (la Corte Dei Miracoli) – Dei centomila abitanti della Parigi medievale, almeno trentamila erano indigenti – La spianata sulla quale è stato eretto il museo Pompidou, agli inizi del XIII secolo era storicamente conosciuta come “La Cour des Miracles”, un quartiere misero, rifugio di gente in fuga dal mondo, una borgata “esclusiva e riservata” considerata un luogo “maledetto” dove terminavano delinquenti, assassini, ladri, prostitute e protettori. Qui si rifugiavano il pugnalatore notturno e il tagliagole in pericolo, gli accattoni e i malviventi capeggiati dal Gran Chef de Bande. Tutti rientravano alla sera tranquilli e impuniti alla “””Corte dei Miracoli””, un ricovero sicuro dopo aver vissuto l’intera giornata nell’illegalità e in attesa di prendere l’indomani le stesse tristi e illecite attività. Del resto l’appellativo “Corte dei Miracoli” deriva dal fatto che spesso i mendicanti fingevano delle menomazioni che poi scomparivano come per miracolo, una volta che questi rientravano nelle loro abitazioni, nel loro riprovevole quartiere colmo di cialtroni, di poveri, di ignoranti, di ferocia, miseria, fango e freddo. Un dedalo di stradine strette e angusti vicoli bui e tenebrosi che si intersecavano in questa zona quasi a formare un groviglio inestricabile che rendeva difficoltoso l’accesso ai soldati e a chiunque volesse avventurarsi senza essere del “popolo”. Nelle disagevoli e sporche viuzze accadeva ogni tipo di trasgressione e gli assassini erano il vero tribunale di giustizia. Ogni categoria di poveri residenti nella “Corte” aveva i suoi segni distintivi, una propria gestualità, i suoi riti e cerimonie.  Nel “ghetto” era uso parlare un gergo di malaffare, quello stesso “jargon” misterioso e affascinante che divenne in seguito famoso nei pittoreschi racconti della “Corte dei Miracoli”, ne è un esempio le ballate “argotiques”, comprensibili solo agli iniziati, in cui vive il famoso “Argot” ovvero la lingua usata dalla mala per non farsi intendere dagli sbirri del re.  Nella borgata non mancavano i poveri diavoli come gli straccioni, i dannati, le persone denutrite e alcolizzate, i malati nel corpo e nella mente di ogni tipo, dai pazzi ai lebbrosi e tanti vecchi e bastardi dediti all’accattonaggio e a mendicare. Nel quartiere ferveva una vita convulsa con venditori ambulanti, acrobati, cantastorie, musici e incantatori di serpenti che vivevano in un ambiente totalmente privo di case decenti con strade piene di escrementi umani e spazzatura di vario genere. Era preferibile non parlare e più in generale non entrare nell’occhio dello sguardo collettivo, perché era forte il rischio di poter essere accusato di stregoneria, più per gli atteggiamenti che per reali credenze religiose. La situazione alimentare era disastrosa; di cani, gatti ed anche topi non vi era traccia perché finivano tutti in pentola a causa della gran fame. Le condizioni igieniche erano indescrivibili, le fognature inesistenti e tutto ciò era il miglior viatico per l’espansione di epidemie contagiose cui segni si potevano vedere sulla gran parte della popolazione. Un quartiere fetido e fangoso, un ambiente tanto sporco da sembrare una cloaca a cielo aperto. Senza via di sfogo.
La “Corte dei Miracoli” ha sempre suscitato un fascino particolare tra i romanzieri. Ricordiamo Victor Hugo, tra le sue maggiori opere troviamo “Notre-Dame de Paris”, un bellissimo romanzo storico, dove il punto di forza è la descrizione dei vicoli della “Corte dei Miracoli” con i suoi vagabondi, pazzi, derelitti, teatro di una pittoresca festa dei buffoni con l’intento di eleggere il “Papa dei Folli”.
(Franco Stobbart)
Ieri: Corte dei miracoli

Dei centomila abitanti della Parigi medievale, almeno trentamila erano indigenti – La spianata sulla quale è stato eretto il museo Pompidou, agli inizi del XIII secolo era storicamente conosciuta come “La Cour des Miracles”, un quartiere misero, rifugio di gente in fuga dal mondo, una borgata “esclusiva e riservata” considerata un luogo “maledetto” dove terminavano delinquenti, assassini, ladri, prostitute e protettori. 

Qui si rifugiavano il pugnalatore notturno e il tagliagole in pericolo, gli accattoni e i malviventi capeggiati dal Gran Chef de Bande. Tutti rientravano alla sera tranquilli e impuniti alla “Corte dei Miracoli”, un ricovero sicuro dopo aver vissuto l’intera giornata nell’illegalità e in attesa di prendere l’indomani le stesse tristi e illecite attività. Del resto l’appellativo “Corte dei Miracoli” deriva dal fatto che spesso i mendicanti fingevano delle menomazioni che poi scomparivano come per miracolo, una volta che questi rientravano nelle loro abitazioni, nel loro riprovevole quartiere colmo di cialtroni, di poveri, di ignoranti, di ferocia, miseria, fango e freddo. 

Un dedalo di stradine strette e angusti vicoli bui e tenebrosi che si intersecavano in questa zona quasi a formare un groviglio inestricabile che rendeva difficoltoso l’accesso ai soldati e a chiunque volesse avventurarsi senza essere del “popolo”. Nelle disagevoli e sporche viuzze accadeva ogni tipo di trasgressione e gli assassini erano il vero tribunale di giustizia. Ogni categoria di poveri residenti nella “Corte” aveva i suoi segni distintivi, una propria gestualità, i suoi riti e cerimonie. Nel “ghetto” era uso parlare un gergo di malaffare, quello stesso “jargon” misterioso e affascinante che divenne in seguito famoso nei pittoreschi racconti della “Corte dei Miracoli”, ne è un esempio le ballate “argotiques”, comprensibili solo agli iniziati, in cui vive il famoso “Argot” ovvero la lingua usata dalla mala per non farsi intendere dagli sbirri del re. 

Nella borgata non mancavano i poveri diavoli come gli straccioni, i dannati, le persone denutrite e alcolizzate, i malati nel corpo e nella mente di ogni tipo, dai pazzi ai lebbrosi e tanti vecchi e bastardi dediti all’accattonaggio e a mendicare. 

Nel quartiere ferveva una vita convulsa con venditori ambulanti, acrobati, cantastorie, musici e incantatori di serpenti che vivevano in un ambiente totalmente privo di case decenti con strade piene di escrementi umani e spazzatura di vario genere. Era preferibile non parlare e più in generale non entrare nell’occhio dello sguardo collettivo, perché era forte il rischio di poter essere accusato di stregoneria, più per gli atteggiamenti che per reali credenze religiose. La situazione alimentare era disastrosa; di cani, gatti ed anche topi non vi era traccia perché finivano tutti in pentola a causa della gran fame. 

Le condizioni igieniche erano indescrivibili, le fognature inesistenti e tutto ciò era il miglior viatico per l’espansione di epidemie contagiose cui segni si potevano vedere sulla gran parte della popolazione. Un quartiere fetido e fangoso, un ambiente tanto sporco da sembrare una cloaca a cielo aperto. Senza via di sfogo.
La “Corte dei Miracoli” ha sempre suscitato un fascino particolare tra i romanzieri. Ricordiamo Victor Hugo, tra le sue maggiori opere troviamo “Notre-Dame de Paris”, un bellissimo romanzo storico, dove il punto di forza è la descrizione dei vicoli della “Corte dei Miracoli” con i suoi vagabondi, pazzi, derelitti, teatro di una pittoresca festa dei buffoni con l’intento di eleggere il “Papa dei Folli”.
Franco Stobbart


Oggi - Corte dei miracoli

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