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Le religioni monolatriche ed i “professionisti” dell’aldilà...

 


Il discorso religioso si presenta come il più difficile da affrontare, dati i due significati completamente diversi che alla religione vengono attribuiti. Il primo è la convinzione profonda dell’esistenza di una legge superiore, mirabilmente coerente e che regola tutto l’universo. A tale legge nessuno può sottrarsi per effetto dell’ingegno umano. Esso quindi, per quella limitata possibilità di scelta che appare essergli concessa, altro non può che sforzarsi di pensare e agire conformemente a quella legge, per quanto i maggiori maestri possano apprenderne, osservando la natura che li circonda e di cui loro stessi fanno parte (conosci te stesso).

E’ chiaro però che non sia della religione così intesa che vi sia “tutto da rifare”, bensì di ciò che, in secoli e secoli di azione costante e pervicace sono riusciti a farne i professionisti dell’aldilà.

L’uomo ha paura della morte. Ne ha paura perché non può avere nozioni che di morte altrui, e perché i cadaveri assumono aspetto e odore repellente. Non si sa quale genio maligno abbia intuito che la paura della morte potesse rappresentare il più colossale affare della storia. Bastava “annunziare” che la morte era un fatto provvisorio e che sarebbe seguita dalla vita eterna. Precisando però che tale vita eterna sarebbe stata di godimenti ineffabili o di sofferenze atroci a seconda della soddisfazione dei “ministri di Dio”. Per i detti ministri fu un’autentica pacchia. E vi fu gente che abboccò fino all’eroismo, e molta di più che, in nome della bontà e dell’amore, commise le più efferate violenze e le più ignobili frodi.

Prendiamo il cristianesimo, o meglio i cristianesimi, sia perché siamo stati tutti doverosamente e anagraficamente cristianizzati prima ancora di sapere di esistere, sia perché, come Italiani, abbiamo scontato più severamente la colpa di aver permesso ad una genia di Ebrei dissidenti di spacciarsi addirittura per continuatrice della romanità e di fregiarsi delle sue glorie. La trovata si dimostrò così felice che prolificò gran copia di imitatori.

Non erano trascorsi due secoli dal supplizio subito (forse) sul Golgotha da alcuni ribelli Zeloti, uno dei quali noto come Joshua il Nazoreo, che si sviluppò in tutto l’impero una serie di culti incentrati su quel mitico profeta, ma diversamente forgiati dai rispettivi preti. L’imperatore Costantino commise a quel punto il fatale errore di pensare che l’estendersi di quelle superstizioni potesse divenire un elemento unificante dell’impero, ormai in grave crisi, purché – beninteso – la piantassero di litigare e accopparsi tra loro. Convocò allora (lui, pagano) i più significanti esponenti della molteplice setta, affinché trovassero in qualche modo un accordo mono-cristiano, in cambio del favore della corte imperiale.

Preghiamo il lettore di considerare questi fatti certi:

1) Che il vicario di Dio in terra, successore del Pietro nominato pretesamente dal Cristo (tu es Petrus, et super hanc petram…) a Nicea, dove tutte le controversie “teologiche” avrebbero dovuto essere risolte e dettati i dogmi definitivi della promettente religione, non ci mise piede. Si limitò a mandarci due umili diaconi, come osservatori, e nessuno degli accaniti litiganti chiese il suo parere.

2) Che le tesi rappresentate dai vari gruppi di vescovi (auto-nominatisi) erano talmente lontane tra loro da doversi seriamente dubitare che si trattasse di varietà di una stessa “fede”. La più accanita delle controversie, capeggiate da tale Ario e da tale Attanasio, vertevano su punti talmente incompatibili che, a parte il nome di Joshua, non si vede proprio che avessero in comune. Per tacere delle concezioni di Giustino, di Atenagora, di Teofilo, di Origene, di Tertulliano, ognuna delle quali, nel cinquecento, avrebbe assicurato un rogo pubblico in piazza. La controversia Ario-Attanasio, risoltasi a Nicea per scelta dell’imperatore a favore del secondo, si protrasse però per oltre cinquant’anni (conc. di Costantinopoli, 381) con alterne vicende. Insomma, per 50 anni almeno, i cristiani – fortunati destinatari della rivelazione operata da Dio stesso, non seppero neppure se il crocefisso del Golgotha fosse o meno figlio di Dio, o se il medesimo fosse o meno trino, o perché avesse atteso tanti secoli a rivelarsi a quattro gatti di pastori nomadi, lasciando nella totale ignoranza tutti i suoi “figli”, la quasi totalità dei quali sentì per la prima volta menzionare la morte-resurrezione del crocefisso da alcuni individui prepotenti col colletto bianco, armati fino ai denti, QUINDICI SECOLI più tardi.

3) Che, da allora ad oggi, il vicario di Dio sedente in Vaticano si è dato gran da fare a integrare con nuove “verità” quelle rozzamente rivelate dall’ antiquato Autore. Attendiamo un pontefice in zucchetto bianco, che, alla presenza di milioni di bigotti plaudenti, proclami che non si tratti di trinità, ma di quatrinità, facendone parte anche la "madre di Dio" (!).
Anzi, per quanto attiene particolarmente ai cattolici e alla quantità di atti di culto dedicati a costei, i sacramenti saranno amministrati in nome della Madre, del Padre, Del Figlio e dello Spirito Santo (in funzione di chierichetto).

Davanti alla prova evidente che la sostanza dei vari cristianesimi non sia stata che un cumulo di stolte superstizioni, sovente in contraddizione tra loro, alimentata ad arte da alcuni fervidi ingegni, della stazza di un Saulo da Tarso, che riuscirono a fondarci sopra un potere immenso e quanto mai proficuo, ci si trova inevitabilmente a chiedersi come essi abbiano potuto infestare per quasi venti secoli buona parte del mondo, coinvolgendo anche personaggi di tutto rispetto sia sul piano morale che su quello intellettuale, insigni artisti e poeti, grandi demiurghi e condottieri, nature generose ed altruiste ovunque rispettate ed onorate.

A nostro avviso, tutto dipende da un fenomeno psicologico che ha sempre inficiato la cosiddetta libertà di pensiero. E’ l’abitudine mentale. L’attitudine cioè della nostra specie a credere in qualcosa semplicemente a forza di sentirla ripetere da tutti, travolgendo ogni barriera critica. E il cristianesimo fu il non plus ultra di una siffatta tecnica, applicata al neonato fin dal taglio del cordone ombelicale, subito sostituito da altro e più robusto cordone , destinato a restare fino alle esequie. In Italia, riuscì persino ad assicurarsi la tolleranza e la complicità dello Stato fascista, che pur possedeva ben chiari contenuti, non precisamente evangelici.

Ma al cristianesimo e ai suoi amministratori non va attribuito solo lo stato di incapacità proprio dell’uomo moderno occidentale. Va chiesto ragione degli orribili delitti commessi sin dalle sue prime affermazione. Di essi, naturalmente , i “buoni parroci” non fanno menzione ai fedeli, ma sono disponibili ricostruzioni storiografiche assai serie e meticolose.

Indichiamo al lettore quella che è certamente la più vasta e completa: si tratta dei dieci volumi della storia criminale del Cristianesimo (Kriminalgeschichte des Christientums), di Karlheiz Deschmer) pubblicata in Germania nel 1989, e in traduzione italiana dalle edizioni Ariele nel 2000. Le vittime della ferocia clericale, ogni qual volta le è occorso di disporre in qualche modo di una giustizia penale o di una forza militare, sono state milioni, donne e bambini compresi, e nessun fiore fu deposto sulle loro fosse, nessuna intercessione operò la Madonna in loro favore.

Oggi nello stato in cui i vari cristiani, avviati al sincretismo dal vergognoso calabrache del Consiglio Vaticano Secondo, sempre allo scopo di accumulare ricchezze e potere, hanno ridotto la Terra ricevuta in dono, non c’è più spazio a dubbi. La religione dell’amore, dell’umiltà, della povertà, la religione che si è appropriato Francesco D’Assisi e ha arso vivo Giordano Bruno, possiede oggi ricchezze smisurate, di cui non si ha neppure piena contezza, e tutto ciò che fa per gli umili e gli sventurati è di sollecitare oboli in cambio di Paradiso. E quelli continuano a seguire salmodiando processioni tutte colorate lunghe chilometri, spalleggiando gravosi e venerati pupazzi, per essere perdonati dei loro peccati dai monopolisti dell’al di là.

Non si scappa: se si vuol salvare l’Uomo e la Terra, dev’essere anatema contro la Chiesa che non è né santa né romana. L’aberrazione cristiana, piagnucolosa e feroce a un tempo dev’essere cancellata da tutte le coscienze. Ma basta farsi due passi per una qualsiasi città, borgo o villaggio, per sentirsi “tremar le vene e i polsi”! Basta toccare l’argomento, anche con rispettabilissime persone, e magari cari amici, per sentirsi assalire dallo sgomento. Basta poi contemplare le meraviglie d’arte di cui l’Italia è ridondante, tutte o quasi marchiate di cristianesimo, per dubitare che lo scopo sia oggettivamente raggiungibile.

Occorre una decisione eroica.

Rutilio Sermonti

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L'ultima "Festa dei Precursori" tenuta a Calcata (la Festa poi si trasferì a Treia)

 


Dal 1° al 10 maggio 2009 si svolgeva a Calcata l'ultima edizione della  Festa dei Precursori.  In questo evento si ricordava l'apertura ufficiale   del Circolo VV.TT., avvenuta nel 1984, e si prefigurava il prossimo trasferimento dell'associazione a Treia, nelle Marche. 


Il Circolo, in realtà, esisteva già ben prima del 1984, ma "in fieri", ovvero in forma "segreta", da quando cioè mi ero trasferito a Calcata, proprio in Via di Porta Segreta, verso la metà degli anni '70. 


Diciamo che allora il Circolo esisteva in forma di esperimento informale, avviato assieme ad un gruppetto di amici alternativi "che volevano cambiare il mondo". 

Ma per una confacenza "burocratica" voglio però far partire l'imbottigliatura del vino calcatese alla primavera del 1984, corrispondente all'apertura del Circolo Vegetariano VV.TT., quello fu l'anno del Topo di Legno, foriero di emozioni e speranze. 

Faccio questa premessa per introdurre una lista di persone che in modo o nell’altro contribuirono al processo fermentativo, sia del Circolo che di Calcata. L’elenco che segue inizia con gli abitanti originari di Calcata, quei vecchietti che trovammo qui quando giungemmo, e la lista continua con i primi nuovi venuti…  

Molti, sia della prima categoria che della seconda,  sono morti, altri scomparsi, altri incarogniti, ma dobbiamo soprattutto a loro se l’allestimento di Calcata è riuscito, eccoli qui di seguito nominati in ordine sparso e non d’importanza, come li abbiamo ricordati l'amica Sandra Forti ed io in alcuni giorni di spremitura di memoria.



Gli abitanti originari:

Pasquale ed Aghedina: il passamano di ferro alla Bocchetta.

Sisto: col fiaschetto di vino sul comodino, per l’arsura notturna.

Irmo: coi gambali di pelle caprina come i Falisci.

Verbena: silenziosa vergine dei Grotti.

Avelia: sempre presente.

Amorina e Giulio: le ova fresche de Morina.

Giovansanto: e la santa cantina.

Dario Feliciotti: mi dia del salame.

Zio Avelio: la bottega salotto.

Silvana e Giovanni: bigliardino, vino e bicchierino.

Checchino: il cantastorie antico.

Ughetto: prendi qualcosa Ughè?

Luciano e Ida: statte zitta te..

Francescò: a casa fino all’ultimo.

Eleda e Giorgio: caffè ed allegria per chi passa.

Sista e Severino: la strega buona ed il burbero.

Onesto: col formaggio di pecora in tasca.

Assunta e Mario: “burningher house”

Luisetta e Maria la zoppa: in cima allo scalone, due spiritelli.

Americanetta e Reuccio: loro altezze!

Vincenzò e Furbetta: noi mangiamo come due uccellini.

Zì Pietro e zì Maria: e l’organetto magico.

Er Roscio e Giosina: il triangolo delle Bermuda, Faleria, Corchiano, Calcata.

Graziosa: vezzosa ed amorosa.

Tullio: il fabbro mediatore.

Sora Rosa e famiglia calcatese: vulcani accesi e sigarette spente.

Visitatori di cantina: Tomasaccio, Venigio, Albertaccio, Moriggi, il Comparetto.

Nuova Generazione: Paperetta, Capellò, Franco, il Segretario, Amerildo, Lillo.

E quelli che si erano  “aggiunti” al mucchio: Mario Sciarra il Tapiro, Annamaria Capece Minuto la Napoletana, Grethel la tedesca, Franco Pepi il romanaccio, Federico Mazzoni il cavallaro, Fausto Aphel ce n’è per tutte, Famiglia Falconi l’intellighenzia, Laura bergagna la giornalista dei cani, Pio Guidoni detto il sindaco, Benito e Peppa siamo la coppia più bella del mondo, Paolo Portoghesi e Giovanna carrozze e cappelli, Moreno Fiorenzato il gentil artista, Francesca Robecchi core a core,  Anna l’ostesse del gran mondo, Simona Weller la dama del palagio, Renato Piccini l’ingegnere, Ercole Di Sora detto Bellagamba, Coniugi Bini e la prima proloco, Luise mc Dermott conservatrice della cultura, La pianista matta dei cani.. (non ricordiamo il nome), Sor Gaetano e sora Lidia la giustizia possibile, Muriella dentro al videogame Nirvana…

Ed infine il crogiolo misto: Dabliu e Musonetta dall’Armando alla piazza, Minotti ed Angela in Mexico e nuvole, La Secca e il Marincola coi piedi a bagnomaria, Pino detto il Generale, Chitrareka e subito dopo diventata  Athon, Pastorello, Caterina e compagnia delle prove di notte, Susanna nella grotta di Fatima, Marco il secco e Cristina fuori porta, Marco Magoni Felice Recchino la Falegnama Felice e Fabrizio detti i pariolini, Patrizia la Mestrina a ferro e fuoco, Marina la calzolara con Gaetano la tromba Victor Cavallo e la cultura de Roma, Patrizia la genovese ma se ghe penso, le Sgabbiate tre femmine tre, Paolino Conti zorba il greco, Giorgio e Rossella secchi secchi, Giancarlo Croce e Odette zenith e nadir, le Pornosisters ovvero l’accoglienza ragionata, Shivadhas alla ricerca della devota perduta, Jurgen e Forman e Ghita giardinieri degli dei, Pino Dongu e cadde l’elicottero, il Tamarro ed Anna tautologici, Raffaella e Giancarlo Toro ed i fantasmi del passato, Paola Speranza e Cristiano in attesa perenne di trasferimento, Gioacchino e Carlotta bel tenebroso e mossa flamenca, Pepetta arrivò vergine, Roberto Sigismondi ha scritto il primo articolo su Calcata, Marijcke e le sue marionette.

Ed in ordine accorpato sparso seguono: Nicoletta l’indiana metropolitana, Gianfranco e l’infermiera con timidezza discreta, Anna di Rifondazione che prima rompe e poi.., Franco il milanese ovvero la salma, Costantino Morosin e Patrizia Crisanti in stile liberty, Lombardo e Cianciullo press-press, Erminio dalle colonie alle calonie, Pippo Giacobino e Therese Bellon gli pseudointelletualgauchées, Elio Rinaldi e la sua città invisibile, Giuseppe Salerno e Giovanna Colacevich nel dolce declivio, Cesare Vivaldi critico d’arte, Claudio Pugliesi e Rita Basili con speranze in formalina, Peter Adibire che recitò con Paolo Villaggio, Federico Laterza sta lissù, le due Angela Marrone fate capellone, Teresita sangre caliente, Jeanbernard alias G.B., Michi e Gemma e Anne e Griet e l’avvento belga, Picariello ala sinistra, Paul Steffen e Pancho i due corpi di ballo, Tonino il grafico filatelico, Zio Tino gigante buono, Michela Machiavelli in pura nobiltà d’animo, Walter Maioli e l’orchestra paleolitica di Narce, la lunga famiglia Alaimo ricongiunta e disgiunta, Margie Glass da New York a Calcata, Marianne la cinese, Maria e Gabriele Faoro ignifughi, un tal G detto il matto, Jessica Wilford la flaca operosa, Alfredigno e Sonia rasta e resta, Gianni didjiritou, Gabriella delle maschere e la casa di tutti (pure de zì Carlo e Ciccio), Benny pungballa, Amanda Sandrelli, Santomauro, Richard & Richard… etc.  aggiungete voi se ve ne ricordate qualcun altro.



Amarcord dell'ultima Festa dei Precursori tenuta a Calcata:  Dal 1° al 10 maggio 2009 

Programma:

Durante i primi tre giorni si tenne una estemporanea artistica per la creazione di opere grafiche e foto sulla Valle del Treja.

1 maggio 2009 – Passeggiata con picnic nella valle del Treja. Partenza alle h. 10.30 dal Circolo Vegetariano di Calcata (Via del Fontanile). Arrivo a Santa Maria e pranzo al sacco vegetariano. Nel pomeriggio discorso ecologista seduti nell’erba. Alle h. 17 circa ritorno a Calcata al tempio della Spiritualità della Natura e visione dell’archivio  del Circolo VV.TT.

2 maggio 2009 – Tavola rotonda nel Palazzo Baronale di Calcata. Inizio alle h. 16.00 del Forum su: “Società e politica senza paraocchi”. Partecipano nuovi e vecchi membri del Circolo VV.TT. ed amici vegetariani, ecologisti ed appartenenti al mondo dell’impegno sociale e culturale. Presentazione del resoconto Fiera Arti Creative 2009 – a cura della Fondazione Moraldi.

3 maggio 2009 – Il mattino presentazione di libri e riviste i sintonia, continua la discussione sul tema fissato. Nel pomeriggio conclusione del Forum e piccolo rinfresco con le specialità vegetariane da ognuno portate.

Dal 3 maggio al 10 maggio: Esposizione delle foto e delle opere grafiche nel Centro Visite del Parco Valle del Treja.

Il tutto con il patrocinio morale del Comune di Calcata, del Parco Valle del Treja e della Provincia di Viterbo.

Organizzazione a cura del Circolo Vegetariano   VV.TT.,  in collaborazione con  Associazione per la Promozione delle Arti in Italia e con Dojo Koshiki ed altre associazioni.


Ah, dimenticavo, durante quei giorni fu ri-presentato anche il libro "Calcata. I racconti dalla città invisibile" da me redatto ed assemblato.


A proposito! L'amico poeta Maurizio Angeletti di Treia sta lavorando al riordino del testo (ed alla riconversione dello scritto in PDF) dell'ultima copia stampata rimastami. Per un mantenimento della memoria contiamo di riproporre il volume in occasione della prossima Festa dei Precursori che si terrà, se Dio vuole, a Treia... nel 2026, Cavallo di Fuoco! 


Paolo D'Arpini (a Calcata, nel 2009)







  

Scienza, Dialettica e ”Materialismo Dialettico”...

 


Chi scrive ritiene che la risposta da dare sia articolata: se la Dialettica ed il Materialismo Dialettico sono un segno delle contraddizioni reali che possono essere sempre presenti nella realtà concreta, fatta di avvenimenti reali e oggetti “materiali” (realtà che è sempre dinamica ed in continua trasformazione) ed un invito ad esaminarle, spiegarle e risolverle in modo concreto, il metodo è qualcosa di positivo; ma è anche vero che è sempre presente il pericolo di considerare la Dialettica – ed il Materialismo Dialettico che ne deriva - come un pesante schema metafisico derivato direttamente dalla filosofia idealistica e non materialistica di Hegel , e quindi come un’interpretazione logico-dogmatica globale e totalizzante, buona per tutti gli usi.
 
A parere di chi scrive, posizioni concrete e corrette (ma spesso considerate “eterodosse” dagli stessi materialisti dialettici) furono assunte da Lenin nella sua polemica contro la filosofia “empirio-criticista” e convenzionalista del fisico e filosofo Mach. Se le teorie fisiche non hanno valore assoluto – diceva Lenin - ciò non significa che abbiano un carattere convenzionale. La modifica delle teorie si deve al loro adeguamento alla realtà materiale odierna sulla base delle nuove esperienze e di indagini più approfondite. C’è – cioè - un approfondimento progressivo della conoscenza. L’errore del “fenomenista” (come Mach o Berkeley) è la convinzione che la realtà oggettiva coincida con le sue sensazioni e rappresentazioni, che invece sono solo strumenti per cogliere una realtà indipendente. Esiste certamente un mondo esterno indipendente da noi che coincide con la realtà ed è materiale. Il pensiero è il riflesso della realtà materiale. Dalle sensazioni si passa ai concetti per astrazione. Il “materialista dialettico” è sicuro dell’esistenza di una realtà indipendente, ma sa che la teoria va modificata sulla base dell’esperienza. La differenza con il materialista non-dialettico è che costui pretende che la sua visione di questa realtà sia assolutamente esatta, cioè fissata per sempre, senza possibilità di modifiche dovute all’esperienza.
 
Engels nella sua opera “Dialettica della Natura” esprimeva posizioni simili. La realtà esterna ha una sua storia ed è in continua trasformazione. Anche le categorie ed i concetti scientifici possono mutare per poter essere adeguati alle nuove esperienze. Ha torto quindi Kant nel considerare categorie fisse ed immutabili (come quelle di spazio e tempo). Non potremo mai abbracciare tutta la Natura che è infinita, ma possiamo avvicinarci progressivamente alla verità ed avere fiducia nel fatto che la nostra conoscenza diventerà sempre più profonda.
 
Considerazioni simili possono farsi per il “Materialismo Storico” (la filosofia attribuita a Marx, che riguarda essenzialmente la storia, la politica, l’economia, e le altre scienze umane, viste come fatti concreti e reali). Personalmente apprezzo molto il pensiero di Marx ed Engels (che sono dei grandi pensatori, ma non dei profeti infallibili) quando il loro pensiero assume toni razionalisti e scientifici, non quando talvolta si riaccostano agli aspetti dogmatici della Dialettica Hegeliana. Il grande rivoluzionario Lenin ammoniva: “L’anima viva del Marxismo, la sua essenza, è l’analisi concreta della situazione concreta”.
 
Il fisico teorico dell’Università di Lovanio, il belga Jean Bricmont, da me più volte citato, diceva di non aver mai ben compreso il distacco operato da Marx ed Engels nei confronti di Hegel con il cosiddetto “rovesciamento della Dialettica Hegeliana”, che è irrimediabilmente idealista. Esprimeva anche perplessità verso quei fisici che valutavano la Fisica Quantistica essenzialmente alla luce del Materialismo Dialettico: sia quelli che affermavano che le contraddizioni interne di questa branca della Fisica (come la contraddizione onda-particella) la pongono nell’ambito del Materialismo Dialettico (come affermato dal sovietico Fock); sia quelli che criticavano l’incapacità della Fisica Quantistica di trovare una sintesi dialettica (come altri fisici sovietici).
 
In un articolo precedente, dedicato ad alcuni aspetti della filosofia del ‘900, abbiamo ricordato che alcuni filosofi, come il francese Althusser, ma anche italiani, come Galvano della Volpe, Lucio Colletti (prima del suo passaggio a “Forza Italia”), Preve, La Grassa, ecc. hanno sottolineato l’incompatibilità tra dialettica hegeliana e marxista e la necessità di aggiornamenti dello stesso pensiero marxiano. Il dibattito, che coinvolge anche il Materialismo Dialettico di Engels, è aperto e va approfondito.
 
Sperando di aver fornito un contributo non dogmatico e stimolante al dibattito su Materialismo Dialettco e Scienza, rimandiamo a questo proposito anche all’ottima pubblicazione del gruppo GAMADI “Materialismo Dialettico e Conoscenza della Natura” del 2007, che contiene una serie di interessanti articoli e interventi sull’argomento scritti da vari autori: l’ing. Anastasia, Brandi, i professori di biologia comparata e matematica Cristaldi e De Blasi, De Vita, Martino, il fisico Martocchia, il filosofo - già collaboratore di Ludovico Geymonat - Tagliagambe, oltre che brani classici di Stalin e Mao-tse-Tung.
 
Vincenzo Brandi



Storia della Fierucola delle Eccellenze Bioregionali (ed altro ancora)...

 


Ante scriptum:

Storia della  Fierucola delle Eccellenze Bioregionali  ed altro ancora - “La creatività come risorsa economica e sociale” - “Uniti nello spirito abbinando la creatività a qualsiasi forma di lavoro”...

Anni fa, quando ancora abitavo a Calcata, avevo creato un calendario di eventi per promuovere quelle attività, culturali, spirituali e creative che servissero da buon esempio per un riequilibrio, in senso ecologico, della nostra esistenza. Gli eventi proposti si svolgevano durante tutto l'arco dell'anno seguendo il corso di equinozi e solstizi ed altri momenti cogenti.

C'era ad esempio la celebrazione dell'equinozio primaverile che iniziava a fine  marzo e terminava a fine aprile -in memoria della fondazione del nostro Circolo VV.TT.-  ed il ciclo  si concludeva  con il solstizio invernale che  iniziava con l'8 dicembre e si concludeva con il 6 gennaio. Parlo specificatamente di questi due eventi perché rappresentano due momenti chiave per le attività umane. Quindi in primavera si sanciva la rinascita e la creatività sia della natura che da parte della comunità umana mentre al solstizio invernale  ci si teneva in uno stato di attesa e riflessione, una sorta di letargo riepilogativo.  

Così, senza ora voler parlare degli altri momenti importanti del nostro calendario, in primavera si teneva la "Fiera delle Arti Creative" ed in inverno si restava nel momento della riflessione e del riepilogo interiore.  


Il destino volle che nel 2010 abbandonassi Calcata e la Valle del Treja  e mi ritrovai a Treia, nelle Marche, seguendo la mia compagna Caterina.  Insomma, dopo 33 anni di Calcata,  tutta la mia vita si  rinnovò e quello che prima si svolgeva in primavera si spostò all'inverno. In particolare mi riferisco alla "Fierucola delle eccellenze bioregionali" che ora si tiene l'8 dicembre.

Gli intenti:

Come favorire lo sviluppo delle opportunità di lavoro creativo, in sintonia  con l’ecologia profonda ed il bioregionalismo, in chiave socio-antropologica e di economia solidale?  La creatività in ogni ambito andrebbe preservata e stimolata poiché tutte le arti sono espressione di se stessi ed appare evidente, sempre di più, che il genere umano ha un potenziale inespresso da tirar fuori, ma troppo spesso non ne ha la possibilità e non trova lo spazio giusto al momento giusto.

Il tema ispirante per la Fierucola delle Eccellenze Bioregionali, che si tiene a Treia, è: “Un raggio di sole sufficiente per spazzare via molte ombre” (S. Francesco d’Assisi)

Per raccontare questa storia debbo fare diversi passi  indietro e partire da quando a Verona fondai la prima associazione di cultura “alternativa” d’Italia. Avvenne sulla scia del nuovo corso  sessantottino.  A quel tempo le associazioni si “legalizzavano” depositando uno statuto e la lista dei fondatori alla Questura di appartenenza e così feci nel 1970 aprendo, nei locali di una vecchia osteria dei poeti sita in Piazzetta San Marco in Foro,  quel che chiamai  “Club Ex”, composto non solo da  sessantottini ma  da membri della cultura locale, scrittori, artisti, cantanti, etc. Dall’ Ex passarono gruppi come i Gatti di Vicolo Miracoli, artisti come Degani e persino cantautori di “fuori porta” come Francesco Guccini ed altri. A quel tempo io stesso mi fregiavo del titolo di “artista concettuale” ed essendo un alternativo lanciai una contro-biennale (in antitesi a quella borghese e finta di Venezia) definita “itinerante” che si svolgeva lungo le strade di Verona, una specie di “marcia culturale” che al posto dei cartelli di protesta esibiva opere d’arte portate a mano (od in motoretta) in ostensione e che si concludeva con grandi happening in Piazza Broilo (vicino al vescovado).

Dopo qualche anno,  e dopo un lungo viaggio prima in Africa e poi in India, ed avendo cambiato genere ed essendomi dedicato alle attività spirituali ed essendo tornato nella mia città natale, Roma, lì aprii un centro di meditazione che si chiamava “Sri Gurudev Mandir” che ospitava ricercatori d’ogni risma, ed a nome del mio maestro Muktananda compartecipai al primo Festival dello yoga italiano, che si tenne a Milano nel 1974.

Alfine nel 1977, dopo un breve periodo  “sperimentale”, mi trasferii stabilmente nel villaggio abbandonato di Calcata, che doveva essere demolito per rischi sismici, lì fondai nel 1979 con altri amici “mezzo spiritualisti e mezzo artisti” l’associazione teatrale che si chiamava "Vecchi Tufi", che operò in vari luoghi nascosti della Valle del Treja e  per le vie di Calcata e dei paesi limitrofi,  con l’esecuzione di varie pièces dal sapore zen (articolo esemplificativo: https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2013/04/il-circolo-vegetariano-vvtt-ed-il-parco.html?m=0). 

Giunse quindi il tempo in cui sentimmo il bisogno di avere una sede “meno mobile” e così, con buona parte dei soci dei Vecchi Tufi, fondai nel 1984 il Circolo Vegetariano VV.TT. per promuovere, oltre alla cultura alternativa ed allo yoga,  anche la pratica vegetariana ed ecologista e la ricerca di un’armonia fra società e habitat.

Dal corpo del VV.TT. nacquero anche altri movimenti e sigle, come ad esempio il Comitato per la Spiritualità laica, il Punto Verde di formazione bioregionale, etc. , per dare una visibilità esterna alla nostra “cultura” organizzavamo incontri per la promozione del biologico integrale, i primi in Italia, nonché eventi open air, in orti e  giardini, nel Parco del Treja, in vecchie strutture abbandonate, nella nostra sede, ma anche in sedi istituzionali di Calcata, di Roma e di vari altri luoghi del Lazio e d'Italia.

L’evento che mi sta più a cuore si svolse nel Palazzo Baronale di Calcata, appunto  con il titolo evocativo di “Fiera delle Arti Creative”


Che successivamente si svolse anche a Viterbo con il titolo di “Biennale d’arte creativa”.

Ma le cose non stanno mai ferme e ad un certo punto, come detto sopra, nel 2011, da Calcata mi trasferii, armi e bagagli (ovvero compreso il Circolo VV.TT. e tutto l’ambaradam),  in quel di Treia, in provincia di Macerata, ospite della mia fedele compagna, Caterina Regazzi.

Disse l’amico Stefano Panzarasa: “Dal Treja a Treia c’è solo una linguetta di differenza..”. In verità trattasi di una linguetta molto lunga, composta da centinaia di aderenti che non mi seguirono affatto, salvo in occasioni particolari come durante le “feste comandate” del Circolo. 



Treia non avendo a fianco una città come Roma ed essendo poco “propensa” alla cultura alternativa non ha consentito al nostro Circolo di crearsi un entourage pari a quello del passato. Poco male, mi son detto, ripartiamo da dove siamo e vediamo cosa succede.

Non avendo la possibilità di cooptare un numero di affiliati in sintonia con la nostra  filosofia  mi adattai alle consuetudini locali, basate su un forte attaccamento alle tradizioni, e con pochi amici più o meno “convinti” fondai nel 2015 un comitato civico denominato “Treia Comunità Ideale” che organizzò con non poche difficoltà una prima “Fiera delle Eccellenze Bioregionali”, che si tenne sotto l’ex Mercato Coperto sottostante al Palazzo Comunale. Malgrado tutto la cosa ebbe successo, piacque sia agli amministratori, inizialmente un po’ scettici, ed anche al popolo treiese che partecipò con interesse (articolo esemplificativo: http://www.comune.treia.mc.it/eventi-cms/1-fiera-delle-eccellenze-bioregionali/).

Lo scopo della Fiera, in seguito organizzata in comunanza con l'associazione  Auser Treia,  è quello di valorizzare le produzioni locali in ogni ambito, dall’agricoltura, all’artigianato, all’arte, alla cultura, alle attività sociali e ricreative, etc.

Per le edizioni successive subentrò il problema del titolo che non può essere insignito del nome “Fiera” per via di certe limitazioni poste dalla Regione Marche, quindi abbiamo cambiato il nome in “Fierucola”, anche per dare una connotazione più idonea al luogo ed alla composizione dell’impianto.


Autorità ed organizzatori ad una inaugurazione della Fierucola a Treia


Post Scriptum:

Rileggendo questo resoconto, non so perché,  mi è venuta in mente anche  un’altra storia, che non c’entra nulla con tutto ciò, una  storia che se mi spremo torna in superficie ma che se non mi spremo resta in un limbo del possibile. Quando si sta davanti ad un desk di un computer è la stessa cosa di quando si ha in mano una penna, in entrambi i casi si osserva lo scrivere.

Questo accade ogni volta che mi sono avvicinato allo scrivere. Auto-scrittura potrei chiamarla, non si sa mai se quel che ne esce è una poesia, un refolo od un messaggio importante.

D’altronde chi può mai dire cosa sia veramente importante? Nemmeno noi stessi, giacché lo scritto che produciamo non è realmente nostro appartiene al dominio della mente. L’esasperazione di un pensatore sorge quando tenta di controllare i suoi pensieri ed i suoi scritti. Poi ci si potrebbe inserire qualche storiella magari un aneddoto lontano di vita, aggiungi ed aggiungi ti ritrovi che non hai ancora detto quello che avresti voluto dire ma solo quello che ti capita di trovarti davanti agli occhi. Non è diverso dal mettersi di fronte ad un qualsiasi evento, osservandolo,  illudendoci di poterlo dirigere a nostro uso e consumo. Una pia illusione certo.

Avremmo dovuto compiere un atto finale, e comunque lo compiremo,  ma alle emozioni occorre dare una definizione, configurarle in qualcosa di compiuto… Non voglio però farlo nel modo solito, ma voglio narrare i sentimenti e le esperienze “a latere”, alcuni aspetti intimi non specificatamente collegati  eppure importanti nel vissuto personale.

Ad esempio  il 6 aprile 2009: il giorno dopo del giorno prima (di quando ero ancora a Calcata)!  Quella mattina, nelle prime ore, quando ancora era tutto buio e silenzioso, sono stato svegliato da un suono di campanelli che cantavano una musica ritmica e prolungata.

Era un suono familiare eppure non identificabile. Mi son meravigliato ho pensato che doveva essere uno spiritello che veniva a salutarmi e sono stato ad ascoltare finché il tintinnio se ne è andato dolcemente. Poi mi sono riaddormentato e quando più tardi son salito al paese nuovo a bere il cappuccino caldo e, poiché la televisione accesa ne parlava e soprattutto perché il barista mi diceva “come farà mio figlio a venire che doveva passare proprio da quelle parti e le strade sono bloccate?” ho appreso che c’era stato un forte terremoto in Abruzzo. Uno sconvolgimento tellurico che ha causato danni e vittime. “Come è strana la vita -mi son detto- tutto ciò io l’ho vissuto come il messaggio di uno spiritello che è venuto a suonare i campanelli a casa mia”.

Il sole brilla, da un’altra parte del pianeta c’è un uragano, qui è giorno lì è notte, un bambino nasce e un vecchio muore.  Quel giorno mentre Sava, il mio nipotino giocava con altri bambini tutti assiepati nella piazzetta dei troni, davanti al Palazzo Baronale, il figlio di un’amica evidentemente un po’ carente di affetti, si comportava in modo violento nei confronti del più piccolo Sava il quale innocentemente cercava invece di giocare -datosi che per lui era raro avere altri bambini con cui farlo. Ad un certo momento mi son dovuto assentare dalla scena per spegnere le luci e chiudere le porte del palazzo in cui si era svolta la Fiera delle Arti Creative. Cercavo di tanto in tanto di dare un occhio ai bambini per controllare che non ci fossero impicci fra loro. Sono bastati 3 minuti in cui non stavo a guardare, perché intento a raccattare le mie cianfrusaglie, poi quando son tornato in piazza Sava mi è venuto incontro con la manina alzata, mi ha fatto vedere che aveva una piccola feritina. Avendogli chiesto cos’era successo mi ha detto “…quel bambino mi ha dato una spinta e mi ha fatto cadere per terra…”.

Non ho commentato, facendo finta di nulla gli ho dato un bacetto sulla manina e gli ho detto “ora torniamo a casa... che mamma tua ti aspetta”. Ma lui ancora stranito continuava a chiedermi “perché quel bambino mi ha dato una spinta?” In effetti non c’era nessuna ragione e non sapevo cosa rispondere ma di fronte alla sua insistenza quando eravamo quasi arrivati davanti a casa gli ho risposto “forse era geloso..”. Non sapevo che altra spiegazione dargli per una cattiveria gratuita ma che evidentemente ha le sue origini nella carenza affettiva.

Non so nemmeno se questa spiegazione che sto dando sia a voi abbastanza chiara dal punto di vista emozionale… Ma Sava l’aveva tranquillamente accettata, lui che non conosce forse nemmeno il significato di “gelosia” alla mamma ha mostrato la sua feritina dicendo “un bambino geloso mi ha buttato per terra”. Mi ha riportato all’esperienza del 5 aprile 2009, alla passeggiata nel parco ed al discorso che abbiamo fatto lungo il tragitto sul tema della gelosia. Non è la “cattiveria” ma è la carenza affettiva, la gelosia, l’invidia, che ci fa reagire malamente e chiudere a riccio su noi stessi… Ecco anche questa l’ho detta!


Post Scriptum esplicativo:

Non è importante dare un nome all’emozione che ci sconvolge, qualsiasi essa sia se è in grado di trasformare la nostra coscienza beata in qualcosa di caotico e sofferente,  evidentemente è una alterazione dello stato naturale.

L’eccesso di emozionalità ed i sensi di colpa danneggiano più dell’indifferenza.

Restiamo perciò tranquilli, la vita procede, abbiamo fiducia in quel che essa ci ha riservato, bello o brutto che sia il nostro destino è il meglio che potesse capitarci!

Paolo D'Arpini, in compagnia del nipotino Sava











Poesia aggiunta:

Il canto delle foglie

Ascoltami ora, ascoltami bene, è un breve momento!

Le foglie che parlano… mosse dal vento.

Di loro puoi sentire i discorsi ed i lamenti.

Ma sono altri che comandano: i venti!

Però la foglia ricorda, quando è stanca,

si stacca dal suo ramo e più non parla.

Cade pian piano sulla terra

la forza che la spinge

è sempre quella: il vento.

Ma lui di lei ha bisogno perché,

coi suoi suoni, la foglia fa l’accompagnamento.

(Franco Tonnarini)