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La giusta misura...?

 


Ho conservato per anni un vecchio dipinto nel Tempio della Spiritualità della Natura, prima di abbandonare Calcata al suo destino e trasferirmi a Treia. Era  solo una banale copia, rappresentava un alchimista (od un semplicista) che mostra la giusta dose di sostanza da porre nell’intruglio ad un apprendista. Il gesto  eloquente, la mano alzata con l'indice rivolto in avanti, significante “basta così”. Né troppo né poco!

Le cose cambiano e non serve portarsele appresso, la memoria  è utile se ci aiuta a non ripetere gli errori del passato, contemporaneamente è una zavorra se ci impedisce di compiere nuove esplorazioni e ricerche.

Anni ed anni di meditazione… per scoprire la giusta misura? 
 
Macché essa è nella semplicità della risposta immediata che siamo in grado di dare al momento opportuno, rispondendo del tutto spontaneamente e semplicemente all’esigenza contingente, nel presente….
  
Non sappiamo i motivi per cui le cose avvengono come avvengono e dal punto di vista etico ed umano possiamo anche non essere d’accordo con ciò che siamo costretti a vedere ed a compiere nella società.  Così dobbiamo sentirci liberi da ogni schema, non temendo di cadere in  contraddizioni e incongruenze.

Ricordo di quando Nisargadatta raccontava le conseguenze del suo lavoro di venditore di beedies, le sigarette indiane, che causano il cancro anche più delle altre, e pure lui  le ha fumate per anni e tra l’altro è morto per un cancro alla gola… ma tutto ciò non ha cambiato il suo “vero stato”.

Consideriamo sempre che possiamo solo compiere ciò che è per noi possibile… Non ciò che riteniamo dovrebbe essere… E poi come dovremmo porci di fronte ai dettami della legge di causa effetto? Come dovremmo considerare  la favola della reincarnazione…?  Libero arbitrio, predestinazione, scelte, miglioramenti voluti o causali?…  


A volte anch’io  racconto delle storie, che stanno nella mente duale, che rientrano nel funzionamento empirico nel mondo, esprimendo  un modo razionale di percepire la vita. Ma  nel mio intimo so che son tutte  favolette, so che la verità non ha bisogno di giustificazione alcuna, né di spiegazioni. Uso dei sotterfugi.. per poter guardare le persone negli occhi e scorgere la loro anima, toccare il loro cuore e sentirmi una parte di loro. Questo è ciò che è possibile per me e vorrei che così fosse anche per chiunque altro!

Assomiglia ad una commedia? C’è una nota di finzione in questo atteggiamento? Beh, occorre pur adattarsi al sogno… finché si sogna. A che serve districarsi dalle considerazioni sul bene e sul male con giustificazioni che infine rientrano nell’illusione duale?  
Tanto vale adattarsi e compiere quei gesti che sono in armonia con la nostra natura umana, che ci consentono di poter condividere al meglio le nostre emozioni ed i nostri pensieri con il prossimo… Sia pur che ciò non è necessario per “essere quello che realmente siamo”.

Ma perché limitarsi, perché non  amare il proprio sogno (come diceva saggiamente il Vate)? In verità l’armonia interno/esterno non è basata su ciò che entra dalla bocca (come diceva Gesù) ma da ciò che ne sorte, ovvero come riusciamo a centrarci al nostro interno, ritrasmettendo parole ed   amore all’esterno.
 
Ramana Maharshi a una signora che le chiedeva come potersi moderare nei comportamenti alimentari consigliò la via del “tendere verso”,  finché la cosa non avvenisse da sola, senza intenzione…

Paolo D’Arpini





"... quella volta che da Calcata volevo andare in Ciociaria…” — Racconto di viaggio con poesia di Gabriele D’Annunzio


...in  partenza da Calcata


La parola Ciociaria deriva da “cioce” le calzature di pelle appiccicate su misura al piede che per la verità venivano usate un po’ ovunque nell’Italia centrale e meridionale, ma che durarono più a lungo e furono più diffuse in terra ciociara (appunto). In verità quella che noi oggi conosciamo come la Ciociaria era un tempo una regione molto più vasta che comprendeva buona parte dell’attuale provincia sud di Roma e dell’attuale provincia di Latina. Il simbolo di questa terra è stato in epoca romana il celeberrimo “avvocato” Cicerone, così chiamato perché nato balbuziente vinse il suo difetto. divenendo un grande oratore, mantenendo in bocca una “cicerchia” (tipo di legume).  In epoca medioevale fu l’abbazia di Montecassino a dar lustro a quel territorio, ed in tempi moderni è stato il famoso  detto di Nino Manfredi (di Ceccano) “Fusse ca fusse la vorta bbona…”.


Molto prima, prima ancora di chiamarsi Ciociaria, quella terra  era abitata da una varietà di popolazioni italiche: Volsci, Ernici, Equi, Sanniti… con spruzzi di Etruschi e Greci. Oggigiorno è soprattutto l’origine “volsca” che tende ad essere matrice di riferimento culturale per molti centri della zona. Questo perché da diversi archeologi la civiltà dei Volsci viene riconosciuta come “luminosa e fertile” (molti i reperti conservati al Museo di Castro dei Volsci). Però c’è da dire che solo durante il papato la terra ciociara cominciò ad acquisire una identità condivisa, distaccandosi pian piano da legami “antichi” con le genti del Casertano – Napoletano, del Molise e dell’Abruzzo. Nacque così la “Ciociaria” ed effettivamente questo territorio meriterebbe una propria identità bioregionale.

Infatti se dovesse scorporarsi il Lazio, come da me auspicato nell'opzione del riassetto amministrativo in chiave bioregionale, le parti a sud della provincia di Roma e di Latina, che sono molto affini, potrebbero aggregarsi in una nuova entità amministrativa. Ma questa per il momento è fantapolitica….

Ricordando comunque le mie “radici” ciociare -avendo  un ascendente in tal senso, essendo mio nonno paterno originario di Arpino, decisi di visitare la terra Ciociara, il 1 agosto 2009, invitato da un gruppo di artisti di Castro dei Volsci che desideravano farmi riscoprire antichi valori di ospitalità e di solidarietà umana.

Nella mia discesa verso le origini decise di accompagnarmi la cara amica, nonché segretaria del Circolo VV.TT., Luisa Moglia. Quel che segue è il racconto della nostra avventura.


Colleferro, Segni Paliano 1 agosto 2009


Mentre aspettavamo non si sa bene cosa, un treno, una grazia, un’ispirazione, un aiuto dal destino, nella stazione di Colleferro (un tempo chiamato Segni Paliano), la porta della Ciociaria, ecco che Laura ha scoperto, su una lapide in pietra affissa ad una parete della biglietteria,  una poesia di Gabriele D’Annunzio, che sembrava scritta apposta per noi. Sarà stata dedicata alla terra Ciociara dal poeta ancora in giovane età, nel 1889, allorché visitando quelle parti restò incastrato da qualche intoppo che gli impedì di proseguire.

Ecco il poemetto: “L’alberello. Oh tu nell’aria grigia, torto e senza fiori, alberel di Segni Paliano, che deridendo accenni di lontano alla inutile nostra impazienza…” (Gabriele D’Annunzio).


Tutto per me era iniziato con l’invito ricevuto da alcuni amici di Castro dei Volsci che desideravano farci conoscere il posto. Avevano predisposto tutto per riceverci: il pranzo di benvenuto al ristorante centrale, la camera nell’albergo “diffuso”, la festa serale in piazza, il raduno di vari artisti del territorio giunti a Castro dal mattino per poterci incontrare… Ma il destino volle che restassimo invece bloccati alle porte della Ciociaria, a Colleferro, e che mangiassimo un tramezzino al bar  e che riposassimo le esauste membra sulle panchine di pietra della stazioncina ferroviaria… in attesa di qualcosa che non sapevamo bene cosa potesse essere ma che alla fine, giunte le ore pomeridiane e l'estinguersi delle speranze di continuare il viaggio, si trasformava nell’unica possibilità rimasta: tornarsene a casa con qualsiasi mezzo!

Ma cominciamo dall’inizio, da quando decisi, in compagnia di alcuni fedeli amici, di affrontare il viaggio in Ciociaria, pensando di arrivare fino alla città delle mie origini ancestrali, Arpino,  per rendere omaggio ai miei avi e per controbattere la mia perenne  Ritirata  (I Ching: vedi esagramma "La Ritirata"),  e mi  trovai a vivere un’avventura epica, a vari livelli…. dall’infernale al paradisiaco con tutte le vie mediane.

Avevo trascorso la notte insonne del 31 luglio in ambasce, in seguito ai rimbombi dei bassi che giungevano sin dentro la mia  casarsa sulla fogna dalla “festa” rave techno diabolic music organizzata a Monte Gelato, con musica a palla giorno e notte, con il silenzio delle autorità del Parco del Treja (roba da matti:    http://www.circolovegetarianocalcata.it/2009/08/03/comunicato-stampa-alcuni-particolari-e-dati-economici-sul-rave-party-reloaded-super-sonica-dal-31-luglio-al-3-agosto-2009-a-monte-gelato-nel-parco-del-treja/).

Insomma per allontanarmi dall’inferno del chiasso tecnologico mi sembrava una benedizione poter andare in Ciociaria. Ma già all’inizio sono accadute varie cosucce che mi hanno segnalato quale sarebbe stata l’energia della giornata. Appena uscito per strada ho incontrato il solito satanasso, soddisfatto dei suoi dispetti ordinari, che canticchiava maligno e quello mi è sembrato un segnale nefasto, poi ho atteso a lungo sul cavalcavia  di Calcata la mia accompagnatrice ed amica Luisa, che a mia insaputa era stata bloccata a casa sua da una assurda storia di piscina da curare lasciatale in eredità dai suoi vicini… che -bontà loro-  erano partiti in vacanza. La piscina si è riempita di alghe e lei ha dovuto chiamare vari tecnici, tutto dalle 6 e mezza di mattina sino alle 9 e mezza, e dovette procurarsi varie sostanze e tipi di cloro da immettere nella vasca. Poi dopo aver combattuto per tre ore con questa sua prova Karmica/piscinale, è venuta in ritardo a prendermi al cavalcavia dove io l’attendevo speranzoso non sapendo degli intoppi.

Giunti a Roma con qualche altra  piccola vicissitudine abbiamo raccolto Laura, sulla via Cassia, e poi sulla Tuscolana a Cinecittà abbiamo incontrato il quarto ospite, Vincenzo, che ci aspettava alla fermata di un autobus. Poi abbiamo girato in tondo per andare a bere un cappuccino nel “baretto giusto”, infine avendo fatto il pieno di benzina ci siamo avviati sull’A1 verso Napoli.

Giunti all’altezza di Colleferro la macchina di Luisa ha iniziato a fare rumori strani, lei si era dimenticata di ingranare la quarta ed avevamo viaggiato in terza per tutto il percorso autostradale. La spia dell’olio era rossa. Ci siamo fermati ad una piazzola e lì stavamo già pensando di chiamare un carro attrezzi in soccorso allorché abbiamo deciso di tentare la sorte ed almeno arrivare alla prima uscita. Appunto a Colleferro. Per fortuna poco fuori il casello c’era il servizio ACI e lì abbiamo depositato la macchina. Il meccanico ha detto subito appena ha sentito il rumore: “il motore è fuso”.

Pensando comunque di continuare il viaggio, siamo andati alla stazione ferroviaria ed abbiamo preso i biglietti per Castro dei Volsci, dopo un po’ che aspettavamo il treno l’annunciatore ha comunicato che c’era stato un incendio fra Ciampino ed un'altra stazione che ora non ricordo, i treni viaggiavano con un imprecisato ritardo, stavamo allora meditando se fosse il caso di tornare a Roma ma abbiamo perso il treno per la nostra indecisione… Stavamo allora pensando di proseguire per Castro dei Volsci aspettando una qualsiasi coincidenza  ma ormai s’era fatto troppo tardi ed i treni erano tutti bloccati in entrambe le direzioni. Per fortuna alla fine ci siamo accorti che fuori della stazione c’era un ultimo autobus che stava partendo per l’Anagnina, l’abbiamo preso al volo e dopo vari giri siamo infine giunti a casa di Laura, che ha preso la sua  macchina e ci ha riportati indietro,  Luisa a Nepi e me  sino a Calcata (Vincenzo era già tornato a casa sua  dalla stazione Anagnina vicina alla Tuscolana).

E pensare che al ritorno a Calcata ho ricevuto una email di Simona che mi diceva: “Ciao Paolo, perché non decidi un giorno insieme a Laura e Luisa o altri di venire a pranzo qui da me in Sabina? Muoviti anche tu ogni tanto pigrone… un abbraccio, Simo”

Siete contenti della storia che vi ho raccontato?

Paolo D’Arpini, 2 agosto 2009

Paolo D'Arpini acccende un cero al suo ritorno a Calcata



P.S. Per fortuna il 20 agosto 2009 Caterina Regazzi venne a Calcata per conoscermi  e di lì a poco lasciai (per sempre?) la Valle del Treja per trasferirmi con lei a Treia. 

















Caterina appena arrivata a Calcata




P.S. "Con tutti i danni che hanno fatto i romani, prima quelli dell'impero e poi quelli del papato, almeno contribuirono a formare un’identità condivisa in terra ciociara”.
Ad integrazione del presente articolo leggete la storia sulla Ciociaria scritta da Antonella Pedicelli: http://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2009/08/ciociaria-ciociaria-per-piccina-che-tu.html

………………..

Riflessioni sulle parole 

… ho avuto la sensazione che il tempo si fermasse. Non vedo giudizio, non trovo attesa, semplicemente “esserci”, stare, in un completo e condivisibile silenzio, dove le parole acquistano una veste universale. Ci si siede e si osserva ciò che accade: è l’incontro dell’alba con la notte, del vecchio con il giovane, è la linea d’ombra che non vediamo, riflessa negli abissi oceanici; è il colore del vento che prende forma, è il gioco che non ci siamo mai concessi che ruba il suo manifestarsi ad ogni altra azione; è il nulla che semplicemente E’…
Per un attimo si ha quasi l’impressione di percepire il volto di Dio mentre sorride… (A.P.)

Psicologia cognitiva e teorie della conoscenza...



...nella seconda metà del ‘900 si affermarono nuove interessanti correnti psicologiche, come la “Psicologia Cognitiva”, tese a superare sia lo sperimentalismo della filosofia “comportamentistica” di Watson e della psicologia sovietica di Pavlov (sostanzialmente impostate su una psicometria sperimentale stimolo-reazione e considerate troppo semplicistiche), sia le suggestioni fenomenologiche, e neo-kantiane presenti anche nel movimento della Gestalt(1).

Si impostò anche lo studio psicologico attraverso analogie con il funzionamento dei computer (che allora stavano nascendo), considerando la mente come una scatola nera in cui avvengono fenomeni di “input” (entrata) e di “output” (uscita) di informazioni, e processi “bottom-up” (dalla percezione di fenomeni particolari alla mente), ma anche “top-down” (dalla mente ai sensi, attraverso processi comportanti una previsione ed una programmazione in base a conoscenze già acquisite), nonché processi di ritorno dalla mente (“feedback”).
 
I precedenti di questa corrente si possono trovare già prima della metà del secolo nell’opera di due psicologi britannici che operarono a Cambridge: Kenneth Craik (1863-1931) e Frederic Bartlett (1886-1969). Craik vide la mente come un servomeccanismo che è mosso dagli impulsi esterni secondo uno schema “HIP” (Human Information Processing). I suoi esperimenti (basati sulla capacità del soggetto sotto osservazione di seguire uno o più punti con una freccia su uno schermo luminoso) dimostrarono che il cervello aveva bisogno di un tempo minimo per rielaborare i dati informativi in entrata e dare la risposta. Bartlett, negli anni ’30, aveva sviluppato la teoria dello “schema” che si forma nella mente sulla base di una rielaborazione dei dati e delle esperienze precedenti.
 
Seguendo queste indicazioni, negli anni ’50 anche il canadese Albert Bandura impostò i suoi studi, non sul semplice schema S-R (stimolo-reazione), ma su uno schema S-O-R, dove il termine centrale corrisponde ad una elaborazione complessa interna della mente (ma non immediata come per la Gestalt). Questa corrente fu denominata anche come Neo-comportamentista, in quanto spiega il comportamento come effetto dei processi di simbolizzazione e dei modelli creati dalla mente. Bandura sottolineò anche l’importanza del contesto sociale sviluppando concetti che poi furono ripresi e sviluppati negli anni ’80 col nome di “Social Cognition” che agirebbe soprattutto al livello dei processi di apprendimento del bambino.
 
 Fu invece influenzato dalla Fenomenologia e dalla Gestalt lo statunitense Kurt Lewin (1890-1947), ricercatore presso il MIT (Massachussets Technology Institute), che si interessò di psicologia di gruppo. Elaborò intorno al 1951 la “Teoria del Campo”, secondo cui esisterebbe un campo psicologico condiviso da vari individui di un gruppo che poi si esprimerebbe individualmente, costituendo lo “spazio di vita” di ogni individuo. Lewin esamina i rapporti dell’individuo con gli altri, partendo però dalla sua vita interiore. Anche Jerome Bruner (1915-2016) fu influenzato dal neo-kantismo della Gestalt e sostenne che esistono schemi mentali preesistenti l’esperienza che mutano a seconda dell’ambiente culturale ed anche in dipendenza di fattori irrazionali ed emotivi. Questo approccio, influenzato anche dalla psicanalisi, prese il nome di “New Look on Perception”.
 
Negli anni ’60 il Cognitivismo si affermò definitivamente nella sua forma più coerente che prese il nome di Neo-Cognitivismo, ed il cui massimo esponente fu il tedesco trapiantato negli USA  Ulrich Gustav Neisser (1928-2012), che nel 1967 pubblicò un vero manifesto della corrente dal titolo “Psicologia Cognitivista”. Egli sostiene che l’individuo si rapporta all’ambiente fisico e sociale in dipendenza del modo con cui rielabora le informazioni immagazzinate in memoria. Per il Cognitivismo i processi mentali (che hanno comunque una base neurologica) non sono passivi, ma comportano un’elaborazione atta a risolvere i problemi. Si ha un’elaborazione dell’input informativo, come nei computer, con processi successivi di attenzione, percezione, memoria, linguaggio, dialogo, attivazione di risposte. Neisser accettò inizialmente lo schema “HIP”, cioè il parallelo tra mente umana e computer, ma in una fase successiva si distaccò da questa visione avvicinandosi alla psicologia “ecologica” di James Gibson (1904-1979). Questo ricercatore statunitense si interessò essenzialmente di percezione visiva. Influenzato dalla Gestalt, riteneva che la percezione è immediata, e non mediata da elaborazioni complesse. Il riconoscimento degli oggetti è influenzato dal senso che ha l’oggetto per noi. La percezione degli oggetti in movimento fornirebbe stimoli più intensi di quelli dati da oggetti fermi, ed esisterebbero nella percezione degli “invarianti percettivi” che non mutano.
 
Alla fine degli anni ’70 Howard Gardner si fa fautore di una “Scienza Cognitiva”, basata su una ricerca interdisciplinare che includa psicologia, linguistica, intelligenza artificiale, neuroscienze, antropologia. Anch’egli si ispira ad un modello-computer che prescinde da emozioni, motivazioni, e contesto sociale e culturale. Sono stati influenzati dal Cognitivismo George Miller ed in parte anche il ben noto esperto di linguistica, ed esponente pacifista, Noam Chomsky.
 
Una corrente, influenzata dalla Fenomenologia, che accentua i caratteri creativi presenti già nel cognitivismo, che parla di una ricostruzione mentale della realtà esterna, è quella che ha preso il nome di Costruttivismo. Secondo i sostenitori di questa corrente, come lo statunitense George Kelly (1905-1967), i processi mentali sono attivi e compiono un continuo processo di filtro, acquisizione, rielaborazione delle informazioni, fino a ricostruire una realtà mentale completamente indipendente da quella esterna. Le realtà mentali individuali esprimerebbero solo diverse visioni soggettive del mondo, corrispondenti anche a diversi significati.
 
Una particolare corrente che unì psicologia e fisiologia fu quella detta “Connessionismo”, basata sul concetto che l’elaborazione dell’informazione e la formazione della memoria avvengono su processi in parallelo, e non in sequenza, che si attuano nelle reti di neuroni. Dopo gli anni ’60 si sviluppa anche una psicologia fisiologica che si serve anche di uso di strumenti come l’Elettrocardiogramma per studiare i processi di percezione ed attenzione. Si studiano anche persone ed animali con particolari lesioni cerebrali, per esaminarne i particolari danni cognitivi. Vengono usati anche farmaci ed altri stimoli particolari.
 
Anche in URSS si affermò già negli anni ’20 e ’30 una reazione alla scuola di Pavlov, con la scuola “storico-culturale” che ebbe il suo massimo esponente in Lev Vygotskij (1896-1934). L’opera di questo ricercatore è stata riscoperta e molto apprezzata in Occidente solo negli anni ’60 (dopo essere stata tradotta in inglese solo nel 1962). Per lo psicologo sovietico, noto soprattutto per la sua opera “Pensiero e Linguaggio”, il linguaggio non è collegato ai riflessi condizionati – come in Pavlov – ma dipende dal pensiero, cioè da interazioni tra strutture cerebrali che si evolvono attraverso gli influssi ambientali, anche di origine culturale-sociale. Le attività del pensiero sono tese a risolvere problemi di adattamento all’ambiente. In questa ottica Vygotskij studia i rapporti tra sviluppi psicologici degli animali e dell’uomo e tra bambino ed adulto. Il linguaggio comunica emozioni attraverso il linguaggio esterno, ma presiede successivamente anche alle regole di comportamento funzionando come un “linguaggio interno”. Invece, per il noto psicologo francese Piaget (1896-1980) – come illustrato nelle sue opere “Il Linguaggio” ed “Il pensiero del Fanciullo” del 1923 - il linguaggio “interno” precede quello esterno. A suo parere, lo sviluppo psichico del fanciullo procede per successivi punti di equilibrio, attraverso l’incorporazione di dati, la loro rielaborazione e la creazione di schemi più adatti all’ambiente.
 
Anche nel campo della Psicanalisi vi furono sviluppi. Lo svizzero Jung si distaccò da Freud fondando nel 1913 a Zurigo la scuola di psicologia analitica e sviluppando il concetto di inconscio collettivo. Jung analizzò i processi simbolici che nascevano dal rapporto tra istanze sociali ed individuali, dando luogo alla creazione di archetipi anche di carattere mitico e religioso. In direzione completamente diversa si mosse invece l’austriaco Adler, che sottolineò il carattere sociale della psicanalisi, a partire dai condizionamenti della famiglia e della società, e mettendo in luce il disagio psicologico dovuto al senso di inferiorità e di inadeguatezza rispetto all’ambiente (da curarsi con l’analisi).
 
In definitiva, nella seconda metà del secolo XX si sono sviluppate una serie di analisi sul processo di conoscenza e la psicologia che - se opportunamente depurate da suggestioni fenomenologiche, neo-kantiane e metafisiche - hanno dato significativi contributi alla conoscenza dei processi di apprendimento comune e scientifico.

Vincenzo Brandi



 









(1) L. Geymonat, “Storia del Pensiero Filosofico e Scientifico”, VI, Garzanti 1970-1972
 
 

Cos'è la vera Casa?




“La casa è il corpo più grande” diceva il poeta Kalil Gibran ed  in senso traslato è così anche secondo la cultura tradizionale Cinese (teorie dello Yin/Yang e Teoria dei 5 elementi),  in effetti  sentire di stare bene  nella propria  casa sorge dal senso di presenza in cui si riconosce la propria casa come il proprio Sé. Quindi la casa non è un luogo ma uno stato di coscienza.

Ma  questa condizione di perfetta  simbiosi può avvenire  il momento in cui  il senso di identificazione con l’ego viene sciolto, per ritrovare la propria natura originaria nel Sé.

Questa scoperta della propria vera Casa, in verità, non è ottenibile con alcun artifizio ma é solo un “riconoscimento”… Per aiutare questa “identità” ho sviluppato un metodo di auto indagine, che parte dalla conoscenza delle propensioni innate manifestate nella propria mente. La mente personale é in realtà una sorta di immagine speculare ma dobbiamo partire da questa se vogliamo scoprire il reale “soggetto”.

Introduzione generale al discorso.

Semplici attori, finché separati, poi, superata la dualità, non ha più nessuna importanza… Il fiore non ha più nome né forma è solo un fiore unico ed irripetibile nel giardino della Coscienza.

Tema trattato: La conoscenza di sé attraverso gli archetipi e gli elementi cinesi ed il sistema indiano. Indagine sulle componenti psichiche energetiche e come armonizzarle nelle varie condizioni della vita.

Premessa
La nostra vita è legata ad una serie di circostanze di cui non abbiamo il controllo ma, come diceva Nisargardatta, noi siamo parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati…. Di conseguenza, essendo coscienza nella coscienza, siamo in grado di riconoscere il flusso energetico nel quale siamo immersi e far sì che il nostro pensiero e la nostra azione siano in sintonia con la qualità dello spazio-tempo vissuto. In questo perenne rimescolamento energetico, noi siamo come navigatori senza meta, o guerrieri –se preferite- liberi di affrontare il contingente senza paure.

“Se temi la sofferenza –diceva un samurai- come fai a combattere?”

Vediamo ora che dal tutto il tutto si dipana dinnanzi ai nostri occhi…. 12 animali si presentano al Buddha morente ed ognuno ottiene di incarnare le caratteristiche psichiche che contraddistinguono i tre aspetti di anno, mese e ora, in base alle propensioni naturali, di ogni essere vivente. Essi sono maschili e femminili e manifestano le loro caratteristiche tramite le 5 componenti fondamentali: Terra (devozione), Metallo (giustizia), Acqua (saggezza), Legno (etica), Fuoco (costumi).

Il funzionamento è più o meno quello del caleidoscopio. Alcuni elementi colorati e tre specchietti interni. Girando il tubo si ottengono diverse composizioni. Malgrado l’esiguità delle componenti i risultati possono essere infiniti. Questo stesso concetto (traslato ai 5 elementi ed ai tre aspetti psichici incarnati) mostra la variegazione di tonalità di colore e movimento attraverso la quale la coscienza individuale si manifesta (la forma ed il nome). La coscienza di sé, che noi chiamiamo persona, è un coordinatore interno, adattato all’individuazione, il quale si appropria delle funzioni messe in atto. Lo chiamiamo: io.

Questo ‘io’ (o assuntore interno) è l’apparenza identificativa individuale nella quale solitamente ci riconosciamo. Propriamente parlando questo “ego” è esso stesso la “conseguenza” delle energie messe in moto dai vari elementi e dai tre archetipi incarnati, quindi è inerte (come un programma), ed è un oggetto nella coscienza.

I tre archetipi psico-emozionali, inscindibili nel loro miscuglio, rappresentano:
Il senso dell’io, ego = anno di nascita;
l’intelletto o intuizione = ora di nascita;
la memoria o predisposizione = mese di nascita.

Capire il senso dell’abbinamento archetipale con le condizioni dell’ora e del mese di nascita, è facile da accettare giacché siamo abituati a pensare che ogni momento della giornata ed ogni stagione ha i suoi modi, e tutte le creature sono soggette a questi modi. Ma il primo aspetto dello zodiaco cinese, quello dell’anno, è più duro a digerirsi per la nostra mentalità razionalistica. Come è possibile che un dato anno possa essere qualitativamente diverso dall’altro solo sulla base di un calendario arbitrariamente deciso dall’uomo?

Impostosi nella cultura cinese e dell’estremo oriente e provenendo da una tradizione pluri-millenaria (sicuramente di origine matristica) il calendario ciclico, di 13 lune e di 12 archetipi animali (che rotano abbinati agli elementi in turni di 60 anni), è stato anno per anno vagliato e corroborato dall’esperienza di milioni e milioni di persone, in cui i comportamenti corrispondevano ai modelli indicati in un raffronto oggettivo e riscontrabile nei fatti. Alcuni analisti vedono un significato in un’altra coincidenza, il percorso dodecennale che la terra compie attorno al sole per fare un giro completo (una specie di viaggio in treno con 12 stazioni annuali). Si può anche fare a meno di credere a questa “qualità del tempo” ma stando ai risultati essa è confermata, ahimè! Quegli archetipi animali esistono e sono riconoscibili nelle caratteristiche variegate degli individui di tutto l’emisfero settentrionale (la nostra metà del mondo), senza peraltro sapere cosa succede nell’emisfero meridionale (che teoricamente dovrebbe avere valenze rovesciate).

Con tutti questi dubbi in testa, siamo un po’ come gli alchimisti che sperimentano onestamente e coraggiosamente con i loro tre elementi basici, inserendo all’occorrenza nuove figure e varianti. Questo è il lavoro ingrato e meraviglioso del “navigatore nel sé”. L’Ulisse in noi, disincantato e schietto, che “vede” e riesce ad orizzontarsi, avverte l’odore delle cose incombenti per come si stanno manifestando. Non per opporvisi ma per esprimersi al meglio e proseguire nel viaggio. Chiunque potrebbe farlo se sta attento ai segnali costanti e continui che la vita ci manda.

L’intelligenza intuitiva –lumen- non è propriamente basata sulla percezione sensoriale o sul raziocinio ma sulla abilità di orientarsi prima che la percezione sensoriale od il pensiero abbiano modo di esprimersi. Quindi è una capacità naturale –immediata- dell’intelligenza, che viene prima ancora dell’istinto. Un sentire ed allo stesso tempo una sintesi analogico-analitica. E’ l’intuizione innata che ci dice tutto quello che è, come è, senza analisi risolutive, bisogno di prove o riscontri.

Si procede a naso –dicevo- ed infatti l’olfatto appartiene all’elemento Terra, quello più solido. La matrice di ogni manifestazione concreta. E’ la Terra stessa che fa nascere tutti gli esseri e li nutre in se stessa. Mentre il Cielo energizza e vivifica con la coscienza tutte le forme. Ma attendiamo un po’ prima di affrontare il discorso dello Yin e dello Yang e degli elementi e torniamo ai tre archetipi. Essi “sembrano” tre in verità son tre aspetti della stessa personalità. Ognuno di noi manifesta una forma esemplare a tre facce (designanti le nostre caratteristiche). Sul come sopravviene l’influenza di una o l’altra di queste facce, sul perché capiti ad una piuttosto che un’altra, diremo che è destino!

Le tendenze innate che si riflettono nello specchio, perennemente cangianti, son le correnti in cui l’io si muove. Se vogliamo osservare una cosa piccola bisogna ingrandirla attraverso il microscopio, ma se vogliamo ampliare il campo di azione dobbiamo distaccarci il più possibile dalle cose attorno a noi, in modo da percepire il senso d’insieme. Questa corsa in tondo verso l’auto-conoscenza è un vagare trasognato, un’attenzione senza risposta, solitudine e silenzio, osservazione e contemplazione, fluire limpido nei mutamenti, sorridere nel rincorrere il vuoto. Ma allora di cosa continueremo a parlare?

La fase “intermedia” dell’illuminazione, quella del santo, rientra ancora nella sfera del mentale, delle cose che possono essere discusse e trasmesse. Flash di realizzazione, esperienze al limite del transpersonale, che contemporaneamente ci consentono di riconoscerci in sintonia elettiva, colori dello stesso arcobaleno, e di ciò possiamo ancora parlare, attraverso evocazioni consapevoli. La trasmissione, o meglio il riconoscimento, avviene per immagini (come succede ai bambini che riconoscono l’aggregazione concettuale, il senso, di parole sconosciute); questa “trasmissione” può essere fatta utilizzando vari modi comunicativi e sensoriali: per empatia emozionale, a voce, con lo sguardo, con il tatto, ed anche con lo scritto, se esso rispecchia fedelmente le qualità necessarie e si crea un’attenzione indisturbata al tema trattato.

Un detto Taoista per “cristallizzare” l’immagine: “Il santo comprende l’intrigo del mondo ed abbraccia l’universo senza sapere perché. Questo è il manifestarsi della sua natura”.

Ed ora una storiella:
Alcuni suoi seguaci domandarono al bandito Hòu:”Anche per i ladri esiste una strada (Tao)?” – “Eh, certo che sì.. – rispose Hòu- Santità è intuire dove giace un tesoro nascosto, Eroismo è entrare per primo nella casa, Giustizia è uscirne per ultimo, Saggezza è distinguere il colpo che si può tentare, Umanità significa essere equanimi nel dividere il bottino. Al mondo non è mai esistito un gran ladro che non abbia manifestato queste qualità”. (Chuang Tze)

Appendice 1. La visione nonduale

Attraverso le capacità riflettenti dell’organo interno (antakharana) siamo in grado di manifestare energie psicofisiche in rispondenza a quelle percepite fuori di noi. Questa rispondenza è automatica ed inevitabile, è una legge naturale. Pensare di sfuggirne il corso è assurdo come pensare di cambiare il film mentre la pellicola viene proiettata. Ma l’atteggiamento interno è importante! Infatti l’accettazione del proprio destino scioglie l’attaccamento all’utile ed all’inutile che ci spinge nel ciclo delle rinascite.

Nell’ignoranza ci identifichiamo con i personaggi e ci consideriamo autori e responsabili del gioco vissuto, con guadagno e perdita, la verità è che il nostro io, la coscienza individuale, la persona da noi incarnata, è solo un’immagine. Il risultato di un automatismo distratto e di una identificazione illusoria. Questo dobbiamo comprendere bene se non vogliamo che la mente ci imbrogli. Non cadiamo nel delirio dell’io separato, anche se la coscienza che lo anima è vera sin d’ora e siamo già dotati del capitale iniziale per quella “conoscenza di sé” è assurdo e ridicolo pensare di “ottenerla” –strettamente parlando non è possibile. Essa è già integralmente manifesta qui ed ora e quindi non perseguibile come ottenimento altro. Presente sempre….. ma ne teniamo conto, ne siamo consapevoli?

Se ci sentiamo attratti da questa “conoscenza” occorre dire che non c’è corso o spiegazione o esperimento che possa trasmetterla, può essere solo riconosciuta (risvegliata) per simpatia nel momento della maturazione. Siccome non è un “conseguimento” continuiamo ad “andare avanti a fiuto”.

Appendice 2 – Sul messaggio  dell’I Ching (Libro dei Mutamenti)

Confucio andò a trovare Lao Tze e gli chiese: “Cos’è lo Yin e cos’è lo Yang?” Rispose Lao Tze: “Lo Yin è lo yin è lo Yang è lo yang”.
“Allora cos’è il Tao?” domandò ancora Confucio. E Lao Tze: “Il Tao entrambi li comprende ed entrambi li supera, altro non si può dire”.
E rimasero in silenzio.

In questo breve dialogo immaginato si condensa la saggezza cinese. E’ da queste premesse che dobbiamo partire se si vuol tentare di penetrare nel mondo archetipale del Libro dei Mutamenti. Penetrare non vuol dire “capire” ma “orizzontarsi”. In effetti non c’è una direzione da seguire ma solo un intuito legato alla coscienza del continuo mutamento. Senza mutamento non c’è vita.

Aggiustamento alle condizioni presenti è naturale e propizio, reagire contro il contesto in cui ci si muove è sfavorevole. Semplice no? Persino banale, anzi è inevitabile. E’ come coprirsi quando fa freddo e spogliarsi quand’è caldo. Ma è sempre così nella vita individualizzata di ognuno? Di fatto, dicono i saggi Cinesi, sì.

Ma come viverlo consapevolmente? La risposta è: Aderendo al Tao. Seguendo cioè la Virtù e la via del nobile, nel costante fluire dei mutamenti.

Nella coscienza tutto è in movimento nulla è fermo. Sono 64 questi modi espressivi della coscienza, definiti esagrammi, e nascono da 8 trigrammi primordiali che indicano le 8 direzioni e le otto tendenze innate del divenire, essi sono: Kien, il Creativo; Kun, il Ricettivo; Chen, l’Eccitante; Sun, il Penetrante; Kan, il Profondo; Li, il Luminoso; Ken, il Riflessivo; Tui, il Sereno. Ecco da questi trigrammi per moltiplicazione spontanea sorgono (8X8) i 64 esagrammi. Esemplificazioni, immagini, di stati di un mutamento ciclico ed allo stesso tempo evolutivo, in senso elicoidale. Ogni forma vivente nasce con alcuni di questi esagrammi, in evidenza congenita.

Come fare a sapere quali sono gli esagrammi correlati alla nostra particolare nascita, o incarnazione, è tuttavia molto semplice. Partendo dall’alternarsi dello Yin e dello Yang ognuno nasce con aspetti diversi sulla base dell’anno, ora e mese. Questi aspetti disegnano un trigramma, se poi si considerano gli stessi aspetti in chiave elicoidale ordinata essi possono cambiar posizione e darci quindi un altro trigramma. Questi due trigrammi sovrapposti, in basso il primo ed in alto il secondo, ci dicono quali sono gli esagrammi archetipali di nascita.

Poi occorre vedere gli esagrammi energetici, correlati ai 5 elementi. Anche qui è facile,  basta continuare a considerare gli aspetti Yin e Yang correlati ad ogni elemento che appare nel quadro della nascita. Primo aspetto è quello dell’anno, seguito dal fisso dell’archetipo incarnato, poi l’ora, il mese, il luogo e la condizione dell’ente (se maschile o femminile) otteniamo così un esagramma rovesciabile (diventano cioè due) che indicano le propensioni “elementali” della nascita. Sapersi orizzontare in questo mondo psichico a cosa serve? Semplicemente a riconoscere ciò che si è già.

Non è nelle intenzioni del Libro dei Mutamenti promuove alcunché o fissare delle immagini comparative, da tutto nasce un tutto che segue tutto. Il saggio che incarna questa visione non desidera cambiare nulla in funzione di un ipotetico ottenimento “altro”. In pratica significa: libertà espressiva e gioia di vita.

Paolo D’Arpini



Un discorso  ispirato a "Chi sei tu?  I Ching, lo Zodiaco cinese e il sistema elementale indiano. Una ricerca comparata sugli aspetti archetipali e sulla conoscenza di sé"




Scrivere è contro natura?

 


"Basta, la vita non ci sopporta più…"  scrive F. R. a commento della comunicazione libraria in cui annuncio l'uscita di "Compagni di viaggio", un libro che narra le mie esperienze spirituali “…gli alberi si stanno ribellando, hanno deciso di dire basta a tutto questo ego di scrittori incalliti fasulli e falliti che siamo noi, se almeno qualcuno ci leggesse sarebbe già diverso! A parte poi se calcoliamo l’impronta ecologica di tutte le mail che inviamo e quanta energia viene consumata per mantenere la memoria di tutto quel che postiamo o pubblichiamo, è finita! ricordo di aver letto da qualche parte che ogni mail equivale non ricordo a quanti km percorsi con un automobile”

Mia rispostina: “…allora restiamo in silenzio!? Purtroppo anche se respiriamo e parliamo emettiamo co2, se camminiamo spostiamo l’aria e chissà quali conseguenze drammatiche si manifesteranno nell’altro emisfero (una farfalla che vola provoca un uragano nell’altra parte del mondo), non abbiamo speranza nemmeno con la morte… con tutte le schifezze che abbiamo introdotto nel nostro corpo il cadavere inquinato andrà ad avvelenare la terra… Insomma non abbiamo alcuna possibilità di uscire dal “circolo”… se così è allora continuiamo almeno a parlare, a camminare, a scriverci pensieri di pace amore e fantasia. Se poi liberalizziamo la coltivazione della canapa non ci sarà nemmeno più bisogno di tagliare gli alberi per quelle poche pagine di un libro che magari potrebbe anche contenere utili informazioni… o no?”

Replica di F. R.: “…allora coltiva il cibo che mangi invece di trascorrere ore ore a scrivere, più che altro poi nessuno te lo chiede o ce lo chiede di scrivere perché se qualcuno ce lo chiedesse sarebbe già diverso, inserito in un contesto, per esempio come fanno Franco Arminio Vinicio Capossela e tanti altri, è il pubblico che vuole, a volte pretende, che essi scrivano, a noi non ce lo ha chiesto mai nessuno e continuiamo a inondare i social dei deliri che scriviamo che poi anche sui social nessuno li legge…”

Mia rispostina: “…sarà così, come dici tu, ma un tuo compaesano, di Pescara, un certo Gabriele D’Annunzio, disse “ama il tuo sogno se pur ti tormenta”…”

Paolo D'Arpini







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