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La scoperta del DNA...



DarwinNaegeli Weismann avevano ipotizzato che la trasmissione dei caratteri ereditari fosse dovuta a minuscoli elementi (invisibili con i mezzi dell’epoca) contenuti nelle cellule(1). Intorno al 1910 queste ipotesi risultarono in sintonia, sia con le teorie sulle mutazioni genetiche sviluppate da De Vries  all’inizio del secolo XX, sia dai noti esperimenti condotti dal biologo statunitense Thomas Hunt Morgan sul moscerino da frutta (“Drosophila“: vedi N. 116). Tuttavia, se il meccanismo era chiaro, i mezzi dell’epoca non avevano ancora permesso di individuarne l’agente materiale della trasmissione dei caratteri ereditari compreso nella cellula.

Solo a metà del ‘900 furono individuati gli agenti genetici responsabili, sia della trasmissione dei caratteri ereditari, che dell’evoluzione. Si tratta dei “geni”, strutture presenti nelle cellule degli organismi viventi in varie forme alternative (“alleli”), alcune “dominanti” che si ritrovano nella prima successiva generazione di animali o piante, altre “recessive”, che si manifestano nella seconda generazione e nelle successive in proporzioni fisse. I geni sono compresi nella struttura delle macromolecole di DNA (acido deossiribonucleico) costituite da una doppia elica che contiene quattro basi azotate (Adenina, Timina, Citosina, Guanina), più un gruppo fosfato e uno zucchero a 5 atomi di Carbonio. Le eliche di DNA sono a loro volta contenute insieme a gruppi di proteine nei filamenti colorati (“cromosomi”) presenti nei nuclei cellulari e scoperti già nell’800 (vedi N. 85).

L’acido nucleico e la sua funzione furono scoperti da O.T. AveryC. McLeod e M. McCarthy nel 1944 con le loro esperienze sui batteri della polmonite, e poi confermati nel 1953 da A. Hershey M. Chase. Sfruttando la diffrazione a raggi X - sperimentata già da Max Von Laue (1879-1960) all’inizio del secolo XX, che gli valse il premio Nobel nel 1914 - la ricercatrice britannica Rosalind Franklin (1920-1958) e l’altro britannico Maurice Wilkins effettuarono negli anni ’50 analisi molecolari dell’acido nucleico, in forma cristallina, con raggi X.

Queste analisi permisero l’esame e la determinazione della struttura delle molecole di DNA. Analisi simili permisero anche lo studio dell’emoglobina e della mioglobina in forma cristallina, ed anche di un secondo acido nucleico presente nel nucleo della cellula e nel citoplasma: l’acido “ribonucleico”, indicato con l’acronimo RNA. Esso non contiene direttamente le caratteristiche genetiche come il DNA, ma partecipa in due forme distinte (m-RNA e t-RNA) alla trasmissione delle informazioni genetiche ed al trasferimento del materiale genetico.

In seguito a queste ricerche, Maurice Wilkins ottenne nel 1962 il Nobel per la Medicina per la scoperta della struttura del DNA insieme all’altro britannico Francis Crick (1916-2004) ed allo statunitense James Dewey Watson. Questi ultimi due avevano scritto articoli sull’argomento già negli anni ’50. Non fu assegnato il premio alla Franklin, che aveva materialmente effettuato le ricerche con raggi X, a causa della morte prematura per cancro alle ovaie della ricercatrice. Il fatto che dai vincitori del Nobel non fosse pienamente riconosciuto il suo contributo decisivo fu fonte di molte polemiche.

Nel 1956 il biologo statunitense di origine indonesiana Joe Hin Tjio e lo svedese Albert Levan avevano scoperto che i cromosomi nella specie umana sono 46 per ogni cellula (22 coppie più una coppia sessuale), mentre, ad esempio, vi sono solo 4 coppie di cromosomi nel moscerino della frutta, 19 coppie nel gatto, nel leone, nella tigre e nel maiale, e 32 nel cavallo. Nel 1966 gli “alleli” compresi nei geni furono divisi in 7 gruppi mentre prima erano divisi solo in X ed Y. Si è già visto all’articolo precedente che esiste una coppia formata da un doppio X per le donne (per questo dette “omozigote”) mentre i maschi hanno una coppia X - Y (“eterozigoti”).

Il fisico ex- sovietico Gamow (N. 109) ed altri ricercatori studiarono poi la trasmissione del codice genetico ed il processo secondo cui il DNA, in cui compaiono in varie posizioni le quattro basi azotate di cui si è scritto sopra, presiede alla produzione dei 20 aminoacidi fondamentali necessari alla formazione delle proteine. Ciò avviene attraverso la diversa combinazione delle 4 basi che possono formare 64 diverse “triplette”, ognuna delle quali fornisce una particolare informazione(3). Si è anche potuto constatare che le piccole mutazioni nei geni che influenzano il codice genetico possono essere causati da molti fattori ambientali, ad esempio di tipo chimico, o radiazioni (usate anche per accelerare le mutazioni nell’esperimento sui moscerini), o anche biologici come particolari enzimi.

Quindi le mutazioni possono essere causate anche artificialmente ed attualmente gli studi relativi sono – almeno ufficialmente - indirizzati alla prevenzione di malattie ereditarie piuttosto che a discutibili ricerche eugenetiche(2). Nel campo agricolo le mutazioni genetiche sono indotte per creare gli OGM (Organismi Geneticamente Modificati) che teoricamente dovrebbero servire a rendere più redditizie le coltivazioni alimentari ed eliminarne malattie e parassiti, ma che spesso sono stati usati in modo subdolo, incontrollato e vessatorio nei confronti degli agricoltori (ad esempio producendo semi che non possono essere utilizzati per nuove semine) per aumentare i profitti delle multinazionali. Torneremo sull’argomento nelle conclusioni.

Vincenzo Brandi -  “Conoscenza, scienza e filosofia” 





























(1) L. Geymonat, “Storia del Pensiero Filosofico e Scientifico”, Garzanti 1970-1972

(2) RBA, “Le Grandi Idee della Scienza – Fisher”

(3) RBA, “Le Grandi Idee della Scienza – Gamow” 

Aumentano gli eremiti vegetariani... per sfuggire al sistema consumista



“Aumenta il numero degli eremiti che tornano a stretto contatto con la natura, favorendo gli ecosistemi e la biodiversità, presidiando e manutenendo il territorio, esercitando meditazione e contemplazione, elevando la propria spiritualità e senza alcun onere per la collettività…”  –  (Claudio Martinotti Doria) 

Dovrei raccontare anche la mia esperienza eremitica, vissuta  in diversi anni di ritiro nelle grotte e nelle capanne del Tempio della Spiritualità della Natura di Calcata.  Ricordo  a questo proposito anche l'esperienza di  Mario Dumini, che conobbi a Roma nel 1974, quando facevo vita eremitica cittadina, in Via Emanuele Filiberto, (senza luce elettrica né acqua corrente e vivendo di erbe selvatiche raccolte nei parchi, un'esperienza durata un paio d'anni),  fu Mario stesso che mi indicò Calcata come luogo di ritiro stabile.  Successivamente Mario si stabilì in una grotta di San Vittorino, facendo vita solitaria  (vedi:  http://marioduminieremita.weebly.com/chi-e-leremita.html)

Ricordo anche il caso di Marco, fuggito alcuni anni fa dalla società dei consumi, arrestato con l’accusa di coltivazione abusiva di canapa sui monti di Sambuca Pistoiese. E’ lì che da quasi quindici anni aveva scelto di vivere come eremita originario della provincia di Varese.  E’ un laureato alla Bocconi di Milano dove discusse la tesi “Metodologie di valutazione ambientale e sviluppo sostenibile”. Una mente brillante e una famiglia benestante alle spalle che lo hanno portato a diventare un product manager dell’Italaudio, storico distributore nazionale del gruppo Yamaha fino al 2001 quando, come lui stesso ha raccontato, mentre si trovava all’Holiday Inn di Manhattan  maturò la decisione di staccare la spina e a giugno dello stesso anno era in mezzo ai boschi delle montagne Pistoiesi, senza carta di credito in tasca, senza auto ma soprattutto senza il ritmo frenetico che imponeva il lavoro e l’azienda. Un ritmo e un lavoro che, racconta l’ex manager, servivano solo per soddisfare bisogni secondari, indotti dal sistema. Marco invece ha scoperto di voler vivere in mezzo alla natura seguendo i suoi tempi, quelli delle stagioni, e diventando vegetariano…  

E questo sembra il destino di tutti gli eremiti, ovvero: diventare vegetariani. Ma è normale che sia così, poiché vivendo nella natura e rinunciando alla società dei consumi le erbe selvatiche sono il cibo più accessibile (a questo proposito segnalo un mio scritto storico sulla conoscenza erboristica fatta a Calcata.  (Vedi: http://www.circolovegetarianocalcata.it/alimentazione-ed-ecologia/).

 

Ed ho continuato la mia ricerca per una sopravvivenza bioregionale anche dopo il mio trasferimento a Treia, nelle Marche.   (Vedi: http://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2020/10/alimentazione-bioregionale-per-una.html)

Paolo D'Arpini










Olismo, determinismo e habitat...

 


Siamo abituati a leggere interessanti dissertazioni sull’alternativa fra una concezione deterministica ed una olistica dell'ambiente e delle sue conoscenze. In questa direzione ho molto apprezzato un articolo di Monika Dos Santos in cui con esempi ed argomentazioni molto stimolanti fa comprendere come il dilemma determinismo/olismo è ben più di un tema ambientale.

Un'impostazione olistica delle proprie capacità razionali consente una connessione fra le varie conoscenze promuovendo l'informazione al livello superiore di patrimonio conoscitivo prima e di cultura dopo. È così possibile collegare le tematiche ambientali a quelle più generali dell'evoluzionismo e del rapporto fra esseri umani, animali e vegetali ai fini del recupero delle risorse alimentari e nutraceutiche.

E così anche possibile governare i cicli politici le relative dinamiche storiche. Da questa conoscenza diffusa ed olistica arrivano poi le risorse intellettuali ed il cerchio si chiude-necessarie a contrastare l'inquinamento che sta rivoluzionando le nostre vite. 

Per sviluppare questo processo cognitivo è però necessario che le nostre capacità intellettuali siano anche supportate da quelle psicologiche che devono essere educate proprio in rispetto della visione olistica della vita.

Luigi Campanella - II sesto sole