Pagine

La vita, il Sé, la solitudine, la morte, la malattia... - Una memoria di Caterina Regazzi

 


…beh, mi si dice che è ora che scriva qualcosa e me lo dico anche io.

“Riflessioni che non so se voglio condividere…. almeno non tutto!”


Negli ultimi tempi mi sono passate per la mente vari spunti di 
riflessione che, un po’ per mancanza di tempo, un po' per paura, ho fatto in fretta a scacciare.

Ma la mail del 25 novembre 2012 di Enzo e la sollecitazione di Paolo, assieme ad un piccolo dialogo facebookiano con Mushin Muga, forse, mi darà l’opportunità di tornarci a riflettere. Non so ancora che fine faranno queste righe che sto scrivendo, se resteranno per me, se le condividerò con Paolo o se con chi le vorrà leggere, o se finiranno nel cestino (informatico).

Gli elementi che mi sono passati per la mente sono la vita, il Sé, la solitudine (intesa come stare da soli, non come quella sensazione spiacevole che chiamiamo normalmente solitudine), la morte, la malattia. 

Sto leggendo il libro “Grazie, dottor Hamer” sulle teorie alquanto rivoluzionarie sul modo di interpretare e quindi di trattare le varie malattie, compresi i tumori, fino alla morte.

E’ un po’ di tempo che me ne sto alquanto da sola, il tempo passa molto velocemente, parlo di settimane, mi pare sempre lunedì e sempre domenica, siamo già alla fine del 2012, ho già 53 anni (per la prima volta qualche giorno fa ho dovuto pensarci a quanti anni ho, non ne ero sicura se erano 52 o 53), sono già più di tre anni che io e Paolo stiamo assieme, sono già quasi passati i due mesi di lontananza, sono quattro anni che i miei non ci sono più (ed anche di questo ogni tanto devo fare mente locale).

La mia solitudine non è scelta in particolare, sta capitando. Sono passata da anni di grande attività sociale con cene, inviti, viaggi ad oggi in cui mi muovo con sempre maggiore difficoltà e sempre meno occasioni, che comunque non cerco. Fino a qualche settimana fa o un paio di mesi fa mi crucciavo un po’ di questo fatto e mi sentivo più che sola, abbandonata. Ma oggi invece provo una gran soddisfazione a stare in questo modo, perché non mi sento più SOLA, ma mi sento con me stessa.

Non credo di essere una persona narcisista, non mi sono mai piaciuta ed amata particolarmente, anzi, ma che non sia che finalmente mi accetto e mi amo per come sono e quindi mi sta bene stare con me? Non vorrei che queste sembrassero semplici frasi fatte, non lo sono, se fossi brava con le parole ne troverei altre, ma è proprio quello che credo di sentire. A volte mi sono sentita in dovere di “dare un contributo”, mi sentivo sprecata a starmene da sola, pensavo fosse un dovere morale starmene a contatto col mondo, salvo poi ritrovarmi insoddisfatta per non aver concluso nulla e aver anche sprecato energie.

Mi piace molto il libro sulle teorie di Hamer, da qui a dire che le trovi sicuramente vere ce ne passa, ma credo che vedere la malattia secondo questa interpretazione abbia un fascino particolare. Si dice che i tumori facciano molte più vittime oggi che qualche decina di anni fa ed è sicuramente vero, è sotto gli occhi di tutti, ma è anche vero che, come diceva Sabine, una volta non venivano diagnosticati e quindi veniva a mancare l’effetto shock sulla mente umana, che provoca, secondo la teoria di Hamer, l’insorgenza di quella che viene definita metastasi. Ho l’esempio del mio cane, è una femmina non sterilizzata, ha 9 anni ed ha sviluppato dei nodulini in varie mammelle (conflitto di maternità). Diversi colleghi mi hanno consigliato di operare, ma che trauma sarebbe per lei, così timida un intervento? Lasciandola in pace (come mi ha consigliato invece un altro collega) credo che non le succederà niente di peggio, i nodulini forse cresceranno un po’, magari si ulcereranno pure, e basta. 

Altro esempio: conosco personalmente persone che con un tumore alla mammella operato hanno superato il periodo critico, quello in cui si potrebbero presentare le metastasi. Sono persone che io definisco “indomite”, persone che non hanno subito uno shock, o che vi hanno saputo reagire grazie al loro carattere, non si spaventano di niente (o quasi).

E così penso al mio fisico ed alla mia mente: il fisico non è un granchè, mi sento sempre un po’ fiacchina, devo dormire parecchie ore per stare decentemente, la mente pure è alquanto debole, faccio fatica a stare concentrata per molto tempo (non potrei mai studiare come ho fatto in gioventù), e se lo devo fare per forza, la testa mi duole.

Trovo la scusa del tempo, dell’umidità, del portamento scorretto, ma è tutto un insieme di cose e la necessità di stare ferma e attenta non fa più per me.

Ascolto il mio intimo e cerco di conoscermi meglio e di preparare il mio corpo e il mio spirito a quel che mi resta da vivere.

Ieri sera Paolo mi raccontava dei vecchi calcatesi che vivendo da soli andavano avanti fino all’ultimo e quando non ce la facevano più, semplicemente morivano. Anch’io vorrei fare così. Non so però se nel momento in cui dovessi sentire che la vita se ne potrebbe andare, se sarei capace di mantenere la calma.

Perché abbiamo così paura della morte? Perché la morte non viene considerata semplicemente come la giusta conclusione del percorso terreno e come un momento di pace, finalmente ed eventualmente, di possibile rinascita? Perché quando muore qualcuno dobbiamo fare finta di essere tristi (capita spesso) oppure, al massimo dire parole di circostanza tipo: “Ha finito di soffrire”?

Beh, dopo questa fase di riflessione sulla vita e sulla morte spero comunque di aver ancora occasione di vivere, con te, Paolo, dove si potrà, nel mondo, nella natura, con gli altri esseri viventi.

Caterina Regazzi




Commentino di Paolo: “Una bella chiacchierata con te stessa ma anche con coloro che ti sono cari, in forma di immagini che hai fatto tue, sono immagini come quelle dei sogni, sono altre da te ed allo stesso tempo sei tu in quelle forme. Così fai i conti con te stessa ti guardi e ti riguardi, ti interroghi e scopri intimità e dolcezza in ogni forma. Mi piace questa tua riflessione anche perché si sente la verità di fondo che la pervade, non c’è nulla di affettato o di compiacente nel tuo scrivere. La pulizia della descrizione risalta come una verità -magari eccessiva- ma inconfondibile della tua natura. La verità interiore. La verità che non chiede conferme.
Un simile stato merita l’attenzione totale e tu sai richiamarla anche nel lettore distratto, come me.
Ovviamente vorrei anche pubblicare questo tuo pensiero poetico, nella
categoria “poems and reflections” del Circolo… ma il titolo, non hai pensato al titolo? (anche se quello che hai buttato lì in oggetto è pure significativo). Bell’Amore”

Replica di Caterina: “Grazie, caro… a te! Un altro titolo sarebbe per forza affettato, come dici tu!”

………………………..

Commento di Lunaspina Di Avalon: “E grazie per aver condiviso queste tue riflessioni con noi. Grazie perché sono anche le mie riflessioni. 48 anni e il
tempo vola, quel tempo che prima non passava mai nonostante gli impegni mondani, le cene con amici. Non so dirti bene quando ma a un certo punto della vita, un bel po’ di anni fa, mi sono fermata per guardarmi dentro e mi sono trovata. Ho smesso gli impegni mondani che non mi davano nulla e sono tornata ad essere la selvatica che sono.
La mia solitudine è sorrisi ed è pienezza perché intorno a me sento l’amore di Madre Natura e di tutte le sue creature. L’essere umano mi deprime ancora un po’ e faccio assai fatica ad accettare certe dinamiche che, con un po’ di superficialità, chiamo cattiveria. Sono stanca delle ipocrisie, delle invidie, dell’aggressività anche se mi rendo conto che sono solo manifestazioni di infelicità e disperazione.
Allora mi sono raccolta nel mio mondo, nel contatto con la natura e con i miei compagni pelosi. Ho iniziato a vedere e non solo guardare, ad ascoltare e non solo sentire e un mondo fatato si è aperto nel mio cuore e tutto intorno a me. Non ho molto o almeno non in apparenza ma sento di avere tutto: quell’intima gioia nel cuore, quel languore fatto di felicità, ho imparato a godere appieno di queste meraviglie. Madre Natura rende ciò che l’umana “follia” toglie.
E la morte, la morte non mi fa più paura. Ho perso i miei genitori, non ho parenti, sono sola. Ho avuto da giovane un cancro ma ho vinto io. Dalla malattia ho imparato la gratitudine per la vita.
Quando è morto mio padre ero arrabbiata e non volevo accettare il dolore della perdita, poi è toccato a mia nonna (che viveva con me e mi ha fatto da seconda mamma) e ho iniziato ad elaborare il lutto.
Infine è toccato alla mia mamma e l’ho accompagnata, come potevo, con certo il dolore nel cuore ma l’intima convinzione che fosse giusto lasciarla andare. Ho fatto pace con la morte e riconosco in essa la vita in un ciclo continuo di trasformazione dove nulla esiste inerentemente ma tutto è interconnesso. A volte al bosco mi appoggio alla mia quercia preferita e mi perdo: mi sento foglia e alito di vento, radice e fronda, mi specchio nella goccia di rugiada per diventare io stessa quella goccia.
A volte penso di essere diventata completamente matta, specie quando nella vita di tutti i giorni, mi confronto con i colleghi di lavoro o con le persone che incontro. Ho imparato a non dire, a sorridere in silenzio. Nel silenzio ho imparato ad essere anziché apparire. E allora pazienza se mi considerano una donna stravagante. Hanno ragione loro, sono diversamente adattata e va bene così. Ti abbraccio forte forte.”

………..

Commento di S.E.: “ciao Caterina belle le tue riflessioni
sincere
umili
vere
le ho assimilate molto volentieri.
Mentre leggevo mi è venuto un lampo; ma la parola solo fa tanta vicinanza con il sole! Non ci avevo mai pensato quindi si potrebbe forse dire che mentre una persona sta bene da sola può diventare come il sole … che esiste semplicemente e dà se stessa senza chieder indietro nulla proprio questo w-end ho parlato con diverse persone sulla morte pare che molti-perfino molto anziani non hanno alcuna voglia di morire… nel senso che sono pieni di paura dobbiamo pensarci ogni giorno penso sia importante celebrarla in qualche modo credo sia importante quanto “il punto” alla fine di un romanzo”

…………………………

Commento di Devachen M. P. “E’ un passaggio inevitabile per incontrare se stessi, in genere succede, non è cercato, in inglese ci sono due termini diversi, lonely e alone, per indicare, il primo una solitudine di separazione, il secondo ’stare con se stessi'. Credo di aver riportato una lecture di Osho su questo argomento- mai tanto in amore mai tanto solo. Eccola. Turya chiese ad Osho: mi sta accadendo questo: mai mi sono sentito tanto in amore, e mai mi sono sentito tanto solo, mi puoi chiarire, per favore ti ringrazio. Osho rispose: Turya , tu hai compreso un punto così importante e mi ringrazi ma io sono felice che tu abbia realizzato questo, è fondamentale, tu hai compreso la connessione: in solitudine puoi andare così in profondo che poi non può traboccare che amore dalla profondità del tuo essere.
Ma attenzione questa non è la solitudine del sentirsi misero, separato: è la solitudine dell’ entrare dentro di sé, da questo non può scaturire che amore; questa solitudine è interiorità che diviene esteriorità nell’amore: ci vogliono entrambi, chi va solo dentro se stesso diviene misero, disconnesso. chi va solo nell’esteriorità diviene misero anch’egli, superficiale, ci vogliono entrambi. Turya , una cosa bellissima ti sta succedendo, vai in questa direzione, ma ti prego non scegliere mai perché se scegli una cosa sola, entrambi muoiono. Buddha rimase in silenzio tanto tempo sotto quell’albero e quando si risvegliò aveva accumulato così tanta energia e comprensione che a un certo punto questa traboccò e sentì la necessità di condividere per 42 anni quello che aveva realizzato, 42 anni, e poi esaurita quella lunga condivisione d’amore, maturò le cause per ritirarsi dalla vita stessa. Turya non c’ è nessuno più solo e nessuno così in amore come un Maestro, tu hai capito questo e mi ringrazi, io ti ringrazio, ma non scegliere mai nessuno stato dei due, ricordati senza andare in profondo l’amore diviene debole, superficiale, annacquato, e senza condividere tu divieni arido… ci vogliono entrambi… muoviti da dentro fuori, è così freddo li dentro, adesso vai fuori e quando fuori diventa per te troppo superficiale ritorna dentro… ci vogliono entrambi.. sono intimamente connessi.. ciò che appare è la manifestazione del profondo. (Osho – abstract da ‘discorsi sull’amore’)”

…………………….

Post Scriptum di Caterina Regazzi: “Con questo scritto non volevo dire però che la solitudine sia l’unica via, anzi, aspiro ad un mondo dove ogni essere umano abbia pari valore agli occhi e al cuore degli altri, ma per poter partire devi prima di tutto sapere chi sei tu, e stare bene con te stesso/a. La vita non ha bisogno di essere riempita da cose o persone, ma se ci sono si concorre a sviluppare una rete di sinergia per una crescita collettiva (ho dovuto usare per forza questo termine che può apparire presuntuoso) per quelle che sono le nostre tendenze e possibilità AD OGGI, domani si vedrà..”


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.