Pagine

Il destino dell'Italia secondo Sathya Sai Baba

 


"Se lʼItalia non si è ancora fatta a pezzi, é per via delle benedizioni dei grandi santi. Questa è la terra di Dio. Questa é la terra dei santi. Tutti loro non sono andati da nessuna parte. Sono tutti qui, vi proteggono, sono qui a dirvi la verità.

Ci saranno momenti molto gloriosi più avanti e ciò che sta per accadere nel futuro e che potrete testimoniare nella vostra vita è di gran lunga al di là di quanto sia mai accaduto nella storia dellʼumanità. Questo tempo meraviglioso è davanti a noi. Siate preparati. Siate fiduciosi.

In tempi a venire, la Divinità in ciascuno sorgerà e molte persone in tutto il mondo predicheranno la verità che tutti sono Uno. Coloro che non riusciranno a capire questa verità periranno, proprio come le piante muoiono quando le stagioni cambiano. Coloro che seguono il percorso del dharma (cioè della giustizia) saranno protetti dal dharma.

Verrà un momento in cui in tutto il mondo ci sarà soltanto una religione: la religione dell’amore. Le persone saranno stufe della meschinità, dell’egoismo, dell’avidità e dell’odio e porranno fine a tutto ciò. Si sveglieranno alle necessità del mondo e diventeranno altruiste, poiché il futuro non gli lascerà scelta. In futuro, non ci sarà spazio, opportunità od occasione per gli egoisti, in quanto essi periranno come risultato delle loro stesse azioni, senza l’intervento di nessun altro.

Se non si adatteranno al futuro, dovranno andarsene, proprio come gli alberi periscono quando la stagione cambia, secondo la legge dell’evoluzione. Lʼevoluzione è l’unica via. Il futuro è per il Divino, non per chi è semplicemente umano. Se non vi eleverete per diventare divini, non sarete adatti al futuro.
Le campane che suonano per annunciare questa nuova era sono al contempo campane d’allarme, perché vi ricordano quanto ancora deve essere fatto: sì, sono un promemoria. Perciò, questi sono tempi che offrono molte opportunità.
 
Dovete cambiare in meglio.

Vi sto spaventando? Non c’è nulla di cui aver paura. Questi esami ci devono essere: alla fine dell’anno tutti devono sostenere gli esami. Perché avere paura quando l’insegnante è con voi e sta insegnando? Se ce la mettete tutta, imparerete la materia e passerete facilmente tutti gli esami.

Questi cambiamenti avverranno nei prossimi anni e molto rapidamente.

Dal 2020 al 2027 ci saranno dei cambiamenti rilevanti nel modo di pensare e nel modo di vivere della gente. Ogni cosa andrà incontro a uno straordinario mutamento. Ciò che potrebbe apparire come distruzione e annientamento è in realtà un processo di purificazione e ricostruzione.
Srishti, sthiti, laya (creazione, conservazione e distruzione) sono tutte parti dell’opera di dio.

Dovete rimuovere le erbacce affinché possa crescere l’albero. Il mondo deve subire un cambiamento improvviso di grande entità. Questi sono i dolori che bisogna subire, i dolori del parto, per far nascere la Nuova Era.

Succederà. Nessuno può fermarlo, né può evitarlo, perché non c’eʼ scelta, fa parte del piano. Se seguite il piano, sperimenterete la felicità; se resistete, sperimenterete la sofferenza.

Vedrete.

Generalmente, ogni volta che predico qualcosa la gente non comprende, in quanto non l’ha mai visto prima e non sa cosa possa essere. Tuttavia, gradualmente, anno dopo anno, vedrete il cambiamento.

Siate felici di essere testimoni di una tale Era. Non accade spesso. Tutti saranno divini, traboccanti di energia divina, vibranti di amore divino. Così diventerà il mondo intero.
Non ti preoccupare. Il futuro dell’Italia é al sicuro, ma il futuro non é come ti aspetti che sia. Il progresso non é al di fuori, ma é dentro.

Questa terra non sta per perire. Coloro che non appartengono allo spirito di questa terra, questi sì che periranno. Coloro che sono dharmici e spirituali continueranno a prosperare. Quando lʼEtà dellʼOro albeggerà, alcune piante sopravviveranno, alcune piante periranno. Alcune persone passeranno alla nuova era, alcune persone se ne andranno, poiché questa è lʼora più buia prima dell'alba.

Cʼeʼ così tanta irrequietezza nel mondo, ma questo va solo a dimostrare che lʼalba sta per arrivare presto; così Io vado in giro a parlare del grande messaggio di amore e di servizio, che vi aiuterà a sbarazzarvi delle vecchie abitudini di egoismo e attaccamento e vi aiuterà ad evolvervi nella nuova era.
Quindi, sì, è necessario preoccuparsi per tutti gli altri, ma in primo luogo, guardate dentro e vedete in che misura vi siete evoluti."

Sathya Sai Baba nel 2011

















Ringraziamenti Navyo Giovanni

Franco Battiato ed il Bardo Thodol

 


In un'intervista del 1998, Franco Battiato ha dichiarato che a ispirare “L'ombra della luce” dell'album Come un cammello in una grondaia (1991) è stato Il libro tibetano dei morti, uno dei testi che più lo hanno influenzato nella sua formazione umana e spirituale. Il Bardo Thodol – questo il titolo originale – che ci permette non solo di entrare nell'antica civiltà del Tibet ma entra anche nelle profondità dell’anima, conducendoci in un viaggio sugli aspetti sconosciuti del nostro io, un io che ad un tratto non ci appare più tanto solido e sicuro.

Catturato dal Bardo Thodol recitato presso il corpo del morto o del morente, Battiato si avvicina a quella luce, di cui però non si può che scorgere l’ombra; proprio la civetta, uccello che spicca il volo sul far del crepuscolo, lo sa bene. E lo fa con un testo pieno di amore per la vita, una canzone che invita a rendere puro il pensiero per accogliere la spiritualità e comprendere la vita come consapevolezza.

L’ombra della luce

UN SOFFIO, come tutto nella vita, accompagnato da una consapevolezza ulteriore, da un 'occhio interiore', che coglie l’essenziale.  Ci sono versi che risuonano nella nostra testa e si cantano da soli: 'E il mio maestro mi insegnò a cercare l'alba dentro l'imbrunire'; 'L'animale che mi porto dentro, che si prende tutto anche il caffè'; 'E ti vengo a cercare perché sto bene con te'; 'Questo sentimento popolare nasce da meccaniche divine'. Anche se non ce ne rendiamo conto, ci ha fatto cantare versi raffinatissimi di filosofi, Sufi, mistici".

UNA CONCEZIONE profondamente terrena e ascetica della vita in cui il senso di ciò che si è fa i conti con la smisuratezza dell’universo. La musica e la filosofia ci portano a riconoscere l’importanza fondamentale del nostro «sentire» in connessione con l’universo. La musica è il luogo della massima separazione e della più intima vicinanza. Un «oceano di silenzio» che è lo sgorgare di una nuova sorgente, alla ricerca di un vuoto che ci colma e che ci rinvia a noi stessi, di contro a questo tempo che riempie tutto per farci sprofondare in «un vuoto di senso» e in un «senso di vuoto».

DALLA RICERCA DI UNA RADICE comune del sapere sono arrivati a esplorare sonorità e modi di dire e pensare presenti a Oriente come a Occidente. Sono riusciti a creare un pensiero musicale cosciente che sfugge l’inganno della superficialità di un mondo che sempre meno riusciamo a comprendere. È nata così la voce, insieme doppia e unica, di un incontro che li ha consegnati a una verità innegabile. Battiato e Sgalambro hanno saputo vivere la generosità dell’arte che ricompone il tutto misterioso della condizione umana attraverso la musica del pensiero. E ci hanno insegnato a far parte di un volo come quello degli uccelli nello spazio tra le nuvole.

LA DIMENSIONE DEL SOGNO, del viaggio, anche solo del viaggio sognato, dentro l’evanescenza – particelle, atomi sonori in corsa in un intervallo di tempo a disegnare flussi cosmici, lo spazio in cui ancora siamo, pensiamo –; è l’ecosistema in cui si muove Battiato negli anni Settanta, tra Stockhausen, influssi filosofici e letterari, l’affiorare di armoniche improvvise a ottundere i suoni cuneiformi della sperimentazione. È un invito al viaggio; un vagabondaggio negli spazi siderali del cosmo in cui risuonano attriti molecolari, vettori luminosi di un moto browniano che balzano d’era in era, dalle origini rarefatte del mondo a un contemporaneo sospeso, come visto, ascoltato attraverso un filtro smerigliato nell’Ombrello e la macchina da cucire che ravviva la cosmogonia di suoni, elettronica, psichedelia respiro macchinismo universale.

L’INIZIO DEL TEMPO (materia, suono posti in posizione fetale), l’inizio delle cose, è come sognato, immaginato: «l’inconscio ci comunica coi sogni frammenti di verità sepolte». Viene in mente William Blake quando scrive che nulla esiste che prima non sia stato sognato: ecco, Battiato riporta alla luce, a un livello di concretezza smagliante, sonante, la cosa sognata, come se l’origine, l’inizio di tutto non fosse che il sogno di una cosa.

SENZA STORIA: piuttosto mito, al limite ucronia come futurizzazione del mito (ad esempio in Mondi lontanissimi), e poi mitobiografia, cioè racconto di sé attraverso le opere, il pensiero, l’immaginazione già stati, i gradi di una memoria arcana quanto personale, indizi concreti dell’inclinazione dell’uomo a scoprire il mito, a scoprirsi in quanto parte di questa enorme mitopoiesi che è il mondo. È il mito sintetizzato, in Mesopotamia, dove, come testimoni della «prima goccia bianca, che spavento/ e che piacere strano/ e un innamoramento senza senso/ per legge naturale a quell’età»; testimoni di quella stilla iniziatica, la cui fuoriuscita allo stesso tempo si stanzia, feconda la terra e porta lontano, dà vertigine, ti sposta in una dimensione atavica, una via lattea grondante, d’eco. Qui «scocca la sua nota, dolce come rosa» (Gesualdo da Venosa), scocca la prima goccia di Pollution – in una scabra meccanica di note – prima di divenire stillicidio nel capolavoro Sequenze e frequenze, diciassette minuti di deliquio elettronico, di proto-techno all’inizio di Sulle corde di Aries, e poi in Clic, quando No U Turn aprirà la strada alla techno di Proprietà Proibita. Folate d’elettronica, di synth, e il ritmo incalzante, costante delle percussioni, in cui stiamo ancora ballando, con scatti robotici e sinuosi, seriosi e canzonatori, al ritorno dal sogno.



(Su  segnalazione  di Ferdinando Renzetti)

Biospiritualità nella vita quotidiana...

 


Volendo abbracciare in un unico contesto il concetto di spirito e di vita, come presumibilmente avveniva durante il periodo gilanico, un tempo in cui c’era solidarietà, impegno civile, coscienza dell’ambiente, della fatica e dei pericoli ma allo stesso tempo spensieratezza, e desiderando riportare quella esperienza unitaria nella nostra vita quotidiana mi sono ritrovato a dover decidere quale parola potesse maggiormente indicare quel pensiero. 

Durante uno scambio epistolare con l’amico bioregionalista Stefano Panzarasa, matrista convinto, lui ha suggerito di usare il termine “religiosità della natura”, come proposto dal filosofo Thomas Berry.  La parola in se stessa è molto evocativa di un ri-congiungimento con l’anima naturale.
Allo stesso tempo il significato di religione (dal latino religio) è “ri-unire” ma non si può affermare che la vita abbia mai avuto separazioni in se stessa.. Se avesse subito una separazione non sarebbe più vita... Infatti nel periodo matristico anche la morte era considerata una fase nel processo vitale. Quindi parlare di religione della natura può essere fuorviante. Poiché in natura è già un tutto unito, un unicum. Preferirei magari usare la parola “biospiritualità”, neologismo antico e nuovo per descrivere ciò che è sempre stato e sempre sarà….

A volte, sembra che le parole nascono per creare discordia fra gli uomini… L’incomprensione sorta con la diversità dei linguaggi, volendo comprendere l’altro attraverso il linguaggio, è alla base delle antipatie che gli esseri umani percepiscono gli uni verso gli altri… Prova ne sia il negro che ci parla in bantu viene visto con sospetto e timore, mettete che lo stesso negro si mette a parlare in italiano, o addirittura nel nostro dialetto familiare, ecco che improvvisamente diviene uno di noi,  un fratello di colore diverso.

Questa verità l’ho potuta sperimentare svariate volte a Calcata dove la comunità etnica è molto variegata però siccome parlavamo tutti allo stesso modo, al massimo con un leggero accento straniero (tra l’altro ognuno di noi aveva un leggero accento d’origine essendo tutti forestieri), ecco che diventavamo  comunque tutti calcatesi,  indipendentemente se siculi, romani, veneti, europei est ovest, americani nord sud, africani, etc. etc.

Il linguaggio comune unisce  ed all’inizio tutti gli umani parlavano la stessa lingua, il “nostratico” viene chiamato in glottologia, poi da quella radice, nella diaspora umana planetaria, sono sorti rami e ramoscelli sempre più diversi.  La mitologia della torre di Babele è simbolica ma veritiera. Gli uomini appena salvatisi dal diluvio universale invece che andare a ri-abitare il pianeta, ridiventato fertile dopo il cataclisma, si concentrarono tutti in un luogo e cominciarono ad erigere un monumento di ringraziamento a Dio (forse però a quel tempo era la Dea), simbolicamente questa torre zigurratica saliva sempre più in altezza (per arrivare in cielo) ma l’uomo è fatto per la terra e così Dio (o la Dea) confuse i linguaggi.. e gli uomini che non potevano più comprendersi si allontanarono in gruppi omogenei alla conquista del mondo.. chi qua chi là, chi su e chi giù, finché tutto il pianeta fu abitato.

Certo questa è una favola ma fa pensare come la differenza delle lingue allontani l’uomo dall’uomo. Sarà per questo che in ogni epoca un potere emergente cerca di stabilirsi attraverso una lingua? Sicuramente è avvenuto così.. il sanscrito, il greco, il latino… ed ora l’inglese, come lingue veicolari temporali, ne sono riprova.

Ma aspetta aspetta, non intendevo fare un discorso semantico linguistico,  anzi, volevo parlare dell’unico elemento che è in grado di unire e di far riconoscere l’uomo in se stesso e agli altri come manifestazione della stessa matrice vitale. Questo elemento è la “coscienza-intelligenza”, che unisce tutti i viventi e -in latenza- anche il mondo inorganico.

Questa coscienza/intelligenza è stata definita da tempo immemorabile “spirito” (diverso da anima che sottintende una personalità individuale). Lo spirito tutti ci accomuna e la “spiritualità laica” è la comprensione sincretica che ognuno compartecipa allo spirito. Spirito e vita sono consequenziali ed inseparabili. Perciò lo spirito non può divenire mai appannaggio di alcuna religione, poiché le religioni sono create da e per le anime, per le persone che si considerano separate. Per tale ragione spesso definisco la vera spiritualità come “laica” (dall’antico significato del greco “laikos” al di fuori di ogni contesto sociale e religioso).


Questo termine, spiritualità laica, non piace a molti.. oppure alcuni cercano di spiegarla a modo loro, come una forma di credo para-religioso, si professano “spiritualisti laici” i massoni, i cristiani che conducono vita secolare, gli aderente alle nuove religioni new-age, etc. Mentre altri, completamente contrari al concetto di “spirito” negano che possa esistere una qualsiasi spiritualità in qualsivoglia forma.

Insomma, per fare chiarezza e definitivamente sancire l’indissolubilità tra spirito e materia, mi è venuto in mente di spiegare questa spiritualità laica come “biospiritualità”, in modo che così siano tutti felici e contenti, sapendo che vita e spirito sono la stessa cosa. E cosa si intende per biospiritualità? Vuol dire che il più alto ottenimento si ottiene qui ed ora, non in qualche altro luogo od in qualche altro tempo. Non siamo in in esso ogni momento dell’esistenza. La Realtà Suprema non è in un altrove ed a parte da questa esistenza. La Terra, l’Universo ne sono impregnati. 

Biospiritualità è l’espressione, l’odore sottile, il messaggio intrinseco, che traspira dalla materia tutta. 

Il sentimento di costante presenza indivisa.. la consapevolezza dell’inscindibilità della vita, riconoscibile in ogni sua forma e componente, partendo dal “soggetto” percepiente, questa è la pratica stabile dell’essere biospirituale. La conoscenza suprema significa sapere che tutto quel che “è” lo è in quanto tale. Perché l’esistente è uno, non può esserci “altro”…

Ed infatti l’ostacolo posto dalle religioni è proprio quello di immaginare uno stato “altro” da ottenere, superiore od inferiore che sia, diverso da quello presente. Ma allorché l’oscuramento viene rimosso dal cuore dell’uomo, improvvisamente ci troviamo a Casa. Possiamo definire questo stato “liberazione” dall’illusorio senso di separazione, poiché la biospiritualità non può ammettere separazione ma solo diversità nei modi espressivi e nelle forme esteriori.

Al momento opportuno ognuno di noi sentirà l’impulso a riconoscersi in quel che è ed è sempre stato.. e questo è lo scopo della biospiritualità. Ed è un modo per andare verso la nuova era ecozoica auspicata da Thomas Berry.


Paolo D'Arpini
Rete Bioregionale Italiana