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Gli stivali della guerra di Russia... e gli imbrogli della politica fascista (e poi democristiana)



Il prof. Antonio  Pantano in un  suo intervento  (*) a 19’ ca afferma: “...qualcuno ha messo su una pagina Facebook  la fotografia di un residuo di  uno scarpone italiano di perfetto cuoio,  usato  sul fronte russo ottant’anni fa. Io mi sono permesso di ricordare quello che aveva commentato  mio padre, che era andato in Russia equipaggiato, essendo ufficiale, per conto proprio… Quando arrivò al fronte si accorse  che le truppe germaniche avevano degli stivali  di feltro.  Vide che gli stivali erano stati tutti confezionati, perché c’erano le etichette, ad  Alessandria.  Facendo dei calcoli, siccome i militari tedeschi sul fronte russo sono stati più di un milione, significava che  due milioni di pezzi, non qualche scatola ma addirittura degli interi treni hanno portato da Alessandria in Germania e poi sul fronte russo i calzari per affrontare non solo il gelo ma soprattutto l’umidità, perché sappiamo tutti che la neve, la pioggia, al feltro non fanno nulla. Tutto scivola, mentre invece i calzari di cuoio perfetto col ghiaccio si spaccano, resistono un giorno, due, tre e poi si spaccano... Perché è successo questo?”


Scrissi al prof. Pantano per ringraziarlo e per precisargli  che mio padre si accorse del grande  inganno in atto.  Svolgeva servizio presso  una  Caserma di Biella che coordinava la partenza di militari per  la Russia.   Anche lui, nonostante alcune ferite riportate sul fronte francese, sarebbe dovuto partire ma,  dalla   lettura di svariata documentazione, si accorse che sarebbero partiti con abiti confezionati con stoffe non adatte al grande gelo russo.  D’accordo con il suo capitano avvisò tutti i militari del grande tradimento in atto e che avevano quindi, di fronte a prove inconfutabili,  la possibilità di ribellarsi a tali ordini.   Non furono perseguiti perché le prove del tradimento erano schiaccianti. A fine guerra  Giuseppe Pella, che divenne poi ministro del Tesoro, contattò mio padre, che era suo  parente,  per chiedergli di occuparsi di una sezione biellese della Democrazia Cristiana.  Accettò  al solo scopo di poter chiedere  agli industriali biellesi, -  molti di loro  sapevano dell’inganno -, di aiutare tutte le famiglie che avevano avuto figli morti al fronte o ritornati dopo anni di mancato lavoro, malati, feriti e in miseria. Gli industriali accolsero l’invito elargendo ricche donazioni  ma il Vescovo di allora  propose  che fosse la Chiesa ad occuparsi della loro distribuzione, che in realtà mai avvenne.  Pertanto mio  padre lasciò immediatamente l’incarico conferitogli da  Pella e da allora la sua vita sociale e lavorativa  non fu ovviamente facile. 


In questo video  https://www.youtube.com/watch?v=IXfphIuWwLQ – “I lanifici Rivetti,  un’azienda del grande 900 tessile biellese “ al    33,11 – un’operaia che lavorava in quel periodo  presso il  lanificio  dice, in dialetto  piemontese:  “allora si lavorava per la guerra, e ce n’era poco di lana.  Quelli là, quei poveri cristi che hanno mandato in Russia  il grigio-verde invece di essere spesso così era spesso colà che quando lo tiravi si apriva.  Io ho detto se   quelli che vanno in Russia mettono queste stoffe crepano tutti i di freddo. E difatti  sono crepati di freddo”.


E se l’avevano capito gli operai …

 

La storia si ripete. Cambiano le forme e gli effetti  ma non  le vere cause  http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/categorie/scienze-finanziarie-economiche/

 

Paola Botta Beltramo




(*) - Intervento menzionato: :https://www.youtube.com/watch?v=sPEFFzkUQNo



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Mio commentino: “Io sono nato da uno di quei reduci dalla guerra di Russia… uno che era rimasto invalido e che fece in tempo a tornare prima della disfatta finale. Ma questa storia merita un piccolo chiarimento. Mio padre durante la ritirata restò indietro con i piedi  congelati e non poteva più camminare, i suoi lo abbandonarono. Sarebbe stato fatto prigioniero o ucciso se alcuni civili  russi “benevoli” non l’avessero preso, caricato su un carro e -a loro rischio- riconsegnato entro le linee italiane. Poi fu rimandato in Italia dove essendo invalido non continuò a svolgere servizio militare. Io nacqui poco dopo la liberazione di Roma, il 23 giugno del 1944. Quindi debbo la vita ad un russo….” (Paolo D’Arpini)


1 commento:

  1. Commento di Giorgio Stern: "Commoventi queste testimonianze, commoventi come lo sono sempre le parole di verità. Mio zio Paolo, soldato semplice (la nostra era una famiglia proletaria e tutti i recluati erano soldati semplici), era stato mandato sul fronte francese. Quel fronte che l'ignobile capo senza
    dignità che si faceva chiamare "duce" aveva aperto dopo che Hitler aveva già sconfitto la Francia. Mio zio, dicevo, era a Nizza e in luglio tornò per una licenza. Quando entrò a casa la prima cosa che fece, liberandosi dai nostri abbracci, fu chiedere un catino con dell'acqua. Mia madre glielo diede e lui si sedette e imprecando si levò le durissime scarpe. Non aveva calze, i suoi piedi erano avvolti in pezze di stoffa. Stoffa d'ordinanza che componevano la sua divisa al posto delle calze. Imprecò perchè le "scarpe" e le pezze irritavano i piedi che erano arrossati. Compresi allora perchè "pezze da piedi" era anche il modo con il quale da noi si chiamavano i fascisti. Ecco l'esercito italiano,l'esercito con le pezze da piedi del sedicente "duce", quel "duce" poi agguantato
    travestito da soldato tedesco che fece la fine che si era strameritato e che ci rese immensamente felici.

    Grazie per l'occasione fornita alla mia memoria di bambino, Giorgio Stern"

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