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Kundalini e la realtà dell'immateriale



Il paranormale ha la sua realtà. Il termine “paranormale” indica un altro livello di realtà: quella immateriale. Per la mente realtà e materia sono diventati sinonimi, ma non lo sono. La realtà è molto più vasta della materia. La materia è solo una dimensione della realtà. 

Anche un sogno ha la sua realtà. Non è materiale, ma non è irreale. È solo un’altra dimensione della realtà.

Anche un pensiero ha la sua realtà, sebbene non sia materiale. Ogni cosa ha la sua realtà e ci sono livelli di realtà, gradi di realtà, dimensioni di realtà diversi. Ma per la mente la materia è diventata l’unica realtà, perciò quando diciamo “paranormale”, quando diciamo “mentale”, si pensa subito a qualcosa di irreale.

La kundalini è simbolica, è paranormale: la realtà è paranormale. Ma il simbolo è qualcosa che è stato aggiunto, non è una sua parte integrante. 

Il fenomeno è paranormale. Qualcosa sorge in te, senti che qualcosa di molto potente si sta risvegliando. Qualcosa dal basso si muove verso la mente. È una penetrazione potente. Puoi sentirla, ma quando devi esprimerla usi un simbolo. Anche se cominci a comprenderla, usi un simbolo. E non lo usi solo per esprimere il fenomeno agli altri. Tu stesso non puoi capirla senza usare un simbolo.

Quando diciamo che “sale”, anche questo è un simbolo. Quando diciamo “quattro”, anche questo è un simbolo. Quando diciamo “alto” e “basso” sono simboli: nella realtà niente è alto e niente è basso.

Nella realtà ci sono sensazioni esistenziali, ma non ci sono simboli attraverso i quali comprendere ed esprimere queste sensazioni. Perciò quando arrivi alla comprensione, usi una metafora. Dici: “È come un serpente”. E diventa come un serpente. Assume la forma del simbolo che hai creato, comincia ad apparire come l’hai descritta. Le dai una forma particolare, altrimenti non riusciresti a comprenderla.

Quando la tua mente percepisce che qualcosa ha cominciato ad aprirsi e a fiorire, sei costretto a trovare un modo per dare forma a ciò che sta accadendo. Nel momento in cui arriva al pensiero, il pensiero usa le sue categorie. Quindi dici “fioritura”, “apertura”, “penetrazione”. La cosa in se stessa può essere compresa attraverso molte metafore, ma la metafora dipende da te, dipende dalla tua mente. E ciò da cui dipende è legato a molte  cose, ad esempio alle tue esperienze.

Tra duecento, trecento anni, è possibile che sulla Terra non ci saranno più serpenti, perché l’uomo elimina ogni forma di vita antagonista. A quel punto il termine “serpente” avrà solo un valore storico, qualcosa che esisterà unicamente nei libri. Non sarà una realtà. Perfino oggi non è molto reale per la maggior parte della gente. 

A quel punto la bellezza e la forza di questa immagine saranno perdute, morte, e si dovrà descrivere la Kundalini in un modo nuovo.

Potrebbe diventare “un aumento improvviso di elettricità”. Il termine “elettricità” sarà più congeniale, più adatto rispetto al termine “serpente”. Potrebbe diventare “come un aereo che decolla, o una navicella che parte per la Luna”. L’immagine della velocità sarà più adatta: come un aereo. Se riesci a sentirla e se la tua mente riesce a immaginarla come un aereo, diventerà simile a un aereo. La realtà è una cosa, ma la metafora la crei tu, la scegli in base alle tue esperienze, perché per te ha un significato.

Lo yoga si è sviluppato in una società agricola e perciò usa simboli agricoli: il fiore, il serpente etc. Ma sono solo simboli. Buddha non parla neppure di kundalini, ma se lo avesse fatto, non avrebbe usato il simbolo del serpente. E neppure Mahavira. Provenivano entrambi da famiglie reali e i simboli adatti ad altre persone non erano congeniali a loro: usavano altri simboli.

Buddha e Mahavira provenivano da palazzi reali dove non c’erano serpenti. Ma per i contadini il serpente era una realtà importante: non potevano rilassarsi, era pericoloso, dovevano starci continuamente attenti. Ma per Buddha e Mahavira i serpenti non erano una realtà.

Buddha non poteva parlare di serpenti, parlava di fiori. Conosceva i fiori, più di chiunque altro. Aveva visto moltissimi fiori, ma solo fiori vivi. I giardinieri del palazzo avevano ricevuto istruzioni dal re affinché Gautama non dovesse mai vedere dei fiori morti. Doveva vedere solo fiori giovani e freschi. Perciò durante la notte i giardinieri preparavano i giardini per lui. E la mattina, quando arrivava, non c’era nemmeno una foglia secca, o un fiore morto; vedeva solo fiori che si aprivano alla vita.

Perciò la fioritura per Buddha era una realtà diversa rispetto a ciò che è per noi. Quando si illuminò, parlò dell’illuminazione come di un processo simile alla fioritura di migliaia di fiori. La realtà è qualcos’altro, ma Buddha usò questa metafora.

Queste metafore non sono reali, sono immagini poetiche che corrispondono alla tua natura: tu appartieni a loro e loro appartengono a te. La negazione dei simboli si è dimostrata troppo drastica e pericolosa. Avete negato e rinnegato tutto ciò che non è materia e i riti e i simboli si sono vendicati. Ritornano, riescono a intrufolarsi ovunque. Nei vestiti, nei templi, nelle poesie, nelle vostre azioni. I simboli si vendicano e ritornano. Non possono essere negati, perché appartengono alla vostra natura.

La mente umana non è capace di pensare in termini puramente astratti, non le è possibile. La realtà non può essere descritta in termini di pura matematica: siamo capaci di descriverla solo attraverso i simboli. La capacità di creare i simboli è una caratteristica fondamentale della natura umana. In realtà solo la mente umana crea simboli, gli animali non sono in grado.

Un simbolo è un’immagine vivente. Quando ti accade qualcosa dentro, devi usare un simbolo esteriore. Quando cominci a sentire qualcosa, automaticamente crei un simbolo e nel momento in cui si crea il simbolo, la forza è plasmata attraverso di esso. In questo modo la kundalini diventa come un serpente. Diventa un serpente: puoi sentirla e vederla. E per te sarà più reale di un serpente vivo. Sentirai la kundalini come un serpente, perché non sei capace di sentire un’astrazione. Non puoi!

 



Questo è il paradosso, quando conosci qualcosa che non è un fatto materiale, ma che non è neppure immaginazione (ma è una necessità, è reale), devi trascendere il simbolo. Devi andare al di là e conoscere anche ciò che c’è di là.

Ma la mente è incapace di concepire l’al di là. E la mente è il solo strumento che abbiamo. Ogni concetto passa attraverso la mente. Perciò sentirai il simbolo e per te diventerà una realtà. E per un’altra persona diventerà realtà un altro simbolo, come è accaduto a te. Da qui nascono le controversie. Per ogni individuo il proprio simbolo è autentico, reale, ma siamo tutti ossessionati dalla realtà oggettiva. Deve essere reale per tutti, altrimenti non può essere reale.

Diciamo: “Questo giradischi è reale”, perché è reale per tutti. È oggettivamente reale. Ma lo yoga riguarda la realtà soggettiva. La realtà soggettiva non è reale come quella oggettiva, ma a modo suo è reale.

L’ossessione per l’oggettività deve essere abbandonata. La realtà soggettiva è reale tanto quanto quella oggettiva, ma nel momento in cui la crei, le dai un’impronta che è solo tua. Le dai un nome tuo, crei una metafora che è solo tua. Questo modo di percepire la realtà deve essere individuale. Anche se un altro ha la stessa esperienza, la vivrà in maniera diversa. Anche due immagini di serpente saranno diverse, perché la metafora è stata creata da due individui diversi.

Perciò queste metafore (il sentire che la kundalini si muove come un serpente, per esempio) sono solo simboliche. Ma corrispondono alla realtà. C’è il movimento, il sottile movimento, simile a quello del serpente. C’è la forza e il colore simile all’oro. Tutte queste caratteristiche corrispondono al simbolo del serpente. Se ti è congeniale, va bene.

Ma potrebbe non esserlo! Quindi non dire mai a nessuno che quello che è accaduto a te accadrà anche a lui. Non dirlo mai a nessuno! Può accadere e può anche non accadere. Il simbolo è adatto a te, ma può non esserlo per lui. Se riuscite a capire questo, non nasceranno controversie.

Le differenze si sono create a causa dei simboli.

Ogni esperienza soggettiva è tradotta in simbolo, ma qualunque nome o simbolo le attribuiamo, non è irreale. Per noi è reale. Perciò ognuno deve difendere i propri simboli, ma non deve imporli agli altri. Bisognerebbe dire: “Anche se tutti sono contro questo simbolo, a me è congeniale. Mi è arrivato spontaneamente, naturalmente. Il divino arriva a me in questo modo. Non so come arriva agli altri”.

Per questo esistono moltissimi modi per indicare queste cose, migliaia e migliaia di modi. Ma quando dico che è soggettivo, mentale, non mi riferisco solo al nome. Non è solo un nome. È la tua realtà. A te arriva in questo modo e non può essere diversamente. Se non confondiamo la materia con la realtà e non confondiamo l’oggettività con la realtà, tutto diventa chiaro. Ma se li confondiamo, le cose diventano difficili da capire.

Osho

Tratto da: Osho, Meditazione Dinamica, Edizioni Mediterranee



 

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