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Socrate e Platone... ed i germogli di un pensiero "scientifico"

Ante scriptum:  La grande stagione del pensiero filosofico naturalistico dell’antica Grecia, tra il VI° ed il V° secolo A.C. , ha  contribuito allo sviluppo di una mentalità scientifica. Abbiamo anche sottolineato le interessanti considerazioni di alcuni dei “Sofisti” (come Gorgia e Protagora) sui limiti ed i problemi del processo di conoscenza. Si può dire lo stesso per la triade di filosofi considerati i più grandi? In realtà si può dire che con l’affermarsi del pensiero socratico-platonico-aristotelico, la cui influenza si è poi fatta sentire per ben due millenni (ed anche oltre), la mentalità scientifica ha fatto dei passi indietro, salvo a riemergere per un secolo e mezzo in epoca ellenistica (III° e II° secolo A.C.), e poi in epoca moderna, a partire dal 1600 D.C. , con Bacone, Galilei e Newton.


La figura di Socrate (470-399 A.C.) è famosa soprattutto per la tragica vicenda della sua condanna a morte e dell’atteggiamento sereno, coraggioso e filosofico da lui tenuto in questa drammatica circostanza; ma il suo pensiero, circonfuso da un’alone leggendario (nulla di scritto ci è pervenuto perché Socrate non scriveva nulla), ci appare più che altro di tipo moralistico e psicologico.

Le sue massime più famose sono innanzitutto: “so una sola cosa, so di non sapere”, che potrebbe essere un punto di partenza per sgombrare la mente dai pregiudizi per poi ripartire con un nuovo metodo di ricerca (come fatto da Bacone e Cartesio due millenni dopo), ma che è restata sterile perché nessuna conseguenza importante ne è poi scaturita. Ricordiamo anche: ”conosci te stesso”, che assume un carattere moralistico-psicologico visto che Socrate credeva nell’esistenza dell’anima e di una specie di divinità ispiratrice, il “dàimon”, che doveva indicarci come comportarci, perseguendo il “Bene”.

Il grande allievo di Socrate, l’aristocratico Platone (428-346 A.C.), è stato un vero monumento filosofico. Il suo pensiero ha profondamente influenzato le epoche successive fino a Copernico, Keplero, la scuola di Cambridge, contemporanea di Newton, e alcuni matematici moderni, oltre ovviamente a tutti gli “idealisti” moderni, da Hegel a Benedetto Croce. Ma, come diceva argutamente il notevole filosofo logico-matematico moderno Bertrand Russel, riferendosi a Platone, molti pensano che sarebbe stato meglio che alcuni filosofi non vi fossero mai stati: non avrebbero fatto danni!

Platone infatti, quale massimo esponente della corrente “idealistica” e continuando sulla via già aperta da Parmenide, nega la validità scientifica della realtà esterna, dei fenomeni naturali e della materia. Per lui (come esposto nel suo “dialogo” più famoso: “La Repubblica”) la vera realtà sono le “idee”. Il termine greco adoperato (eidos) significa anche “forma”: le idee sono quindi dei modelli perfetti, o delle figure ideali, per lui realmente esistenti, di cui il mondo reale è solo una pallida imitazione. Grande importanza hanno quindi tutte le figure geometriche viste appunto come modelli ideali, o prototipi di perfezione irraggiungibile nel nostro mondo.

Di conseguenza possiamo considerare Platone come è un avversario della conoscenza scientifica, che è conoscenza della realtà, per quanto imperfetta e contraddittoria. Il suo tardo allievo Benedetto Croce ha provocato, sotto questo aspetto, gravi danni alla cultura italiana moderna, spesso piena di pregiudizi verso il pensiero scientifico.

Platone polemizza esplicitamente contro il relativismo dei sofisti e respinge il materialismo di Democrito, anche se nei dialoghi della piena maturità, come il “Sofista” ed il “Timèo”, fa autocritica e cerca di venire a dei compromessi, ammettendo, nel primo dialogo, l’esistenza e l’importanza di una realtà molteplice e complessa e, nel secondo, l’esistenza e l’importanza della materia. Egli, però, ipotizza anche l’esistenza di una divinità, il Demiurgo, che avrebbe riordinato la materia e creato il nostro mondo. Questa concezione mitico-religiosa, che sarà ripresa da Neo-platonici e Gnostici, e che sarà molto popolare nel Medio Evo europeo, non si può certo considerare – nemmeno lontanamente - un modello scientifico.

In un prossimo articolo vedremo come anche il grande allievo di Platone, Aristotele, pur essendo stato un grande scienziato nel campo della biologia, ed essendosi sforzato di distaccarsi dal pensiero del maestro, abbia finito con il ricadere in una specie di platonismo mascherato che molto spesso ha negativamente influito su gran parte del pensiero filosofico-scientifico dei due millenni successivi.

Vincenzo Brandi



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