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Le belle Befane e l'Epifania della Natura...



Conosciamo tutti il significato che la religione cristiana ha dato alla festività dell’Epifania, ma forse non tutti sappiamo che dietro la storpiatura che ha trasformato il termine Epifania in “Befana”, c’è una serie di tradizioni antiche che sono riuscite, faticosamente, a sfidare i millenni ed a giungere fino a noi.

L’origine della Befana è nel mondo agricolo e pastorale. Anticamente, infatti, la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura di Madre Natura. In questa notte Madre Natura, stanca per aver donato tutte le sue energie durante l’anno, appariva sotto forma di una vecchia e benevola strega, che volava per i cieli con una scopa. Oramai secca, Madre Natura era pronta ad essere bruciata come un ramo, per far sì che potesse rinascere dalle ceneri come giovinetta Natura, una luna nuova.

Per meglio capire questa figura dobbiamo andare fino al periodo dell’antica Roma. Già gli antichi Romani celebravano l’inizio d’anno con feste in onore al dio Giano (e di qui il nome Januarius al primo mese dell’anno) e alla dea Strenia (e di qui la parola strenna come sinonimo di regalo). Queste feste erano chiamate Sigillaria; ci si scambiavano auguri e doni in forma di statuette d’argilla, o di bronzo e perfino d’oro e d’argento. Queste statuette erano dette “sigilla”, dal latino “sigillum”, diminutivo di “signum”, statua. Le Sigillaria erano attese soprattutto dai bambini che ricevevano in dono i loro sigilla (di solito di pasta dolce) in forma di bamboline e animaletti. Questa tradizione di doni e auguri si radicò così profondamente nella gente, che la Chiesa dovette tollerarla e adattarla alla sua dottrina.

In molte regioni italiane per l’Epifania si preparano torte a base di miele, proprio come facevano gli antichi Romani con la loro focaccia votiva dedicata a Giano nei primi giorni dell’anno
Giano Bifronte.

Usanza antichissima e caratteristica è l’accensione del ceppo, grosso tronco che dovrà bruciare per dodici notti. E’ una tradizione risalente a forme di culto pagano di origine nordica: essa sopravvive l’antico rito del fuoco del solstizio d’inverno, con il quale si invocavano la luce e il calore del sole, e si propiziava la fertilità dei campi. E non è un caso se il carbone che rimane dopo la lenta combustione, che verrà utilizzato l’anno successivo per accendere il nuovo fuoco, è proprio tra i doni che la Befana distribuisce (trasformato chissà perché in un simbolo punitivo).

La tradizione è ancora conservata in alcune regioni d’Italia, con diverse varianti: a Genova viene acceso in alcune piazze, e l’usanza vuole che tutti vadano a prendere un tizzone di brace per il loro camino; in Puglia il ceppo viene circondato da 12 pezzi di legno diversi.

In molte famiglie, il ceppo, acceso la sera la sera della Vigilia, deve ardere per tutta la notte, e al mattino le ceneri vengono sparse sui campi per garantirsi buoni raccolti.

In epoca medioevale si dà molta importanza al periodo compreso tra il Natale e il 6 gennaio, un periodo di dodici notti dove la notte dell’Epifania è anche chiamata la “Dodicesima notte”. È un periodo molto delicato e critico per il calendario popolare, è il periodo che viene subito dopo la seminagione; è un periodo, quindi, pieno di speranze e di aspettative per il raccolto futuro, da cui dipende la sopravvivenza nel nuovo anno. In quelle dodici notti il popolo contadino credeva di vedere volare sopra i campi appena seminati Diana con un gruppo più o meno numeroso di donne, per rendere appunto fertili le campagne.


Nell’antica Roma Diana era non solo la Dea della Luna, ma anche la dea della fertilità e nelle credenze popolari del Medioevo Diana, nonostante la cristianizzazione, continuava ad essere venerata come tale. All’inizio Diana e queste figure femminili non avevano nulla di maligno, ma la Chiesa cristiana le condannò in quanto pagane e per rendere più credibile e più temuta questa condanna le dichiarò figlie di Satana! Diana, da buona dea della fecondità diventa così una divinità infernale, che con le sue cavalcate notturne alla testa delle anime di molte donne stimola la fantasia dei popoli contadini. Diana, Dea della Caccia, della Luna, delle partorienti.

La Befana è spesso ritratta con la Luna sullo sfondo. Di qui nascono i racconti di vere e proprie streghe, dei loro voli e convegni a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno. Nasce anche da qui la tradizione diffusa in tutta Europa che il tempo tra Natale ed Epifania sia da ritenersi propizio alle streghe. E così presso i tedeschi del nord Diana diventa Frau Holle mentre nella Germania del sud, diventa Frau Berchta. Entrambe queste “Signore” portano in sé il bene e il male: sono gentili, benevole, sono le dee della vegetazione e della fertilità, le protettrici delle filatrici, ma nello stesso tempo si dimostrano cattive e spietate contro chi fa del male o è prepotente e violento. Si spostano volando o su una scopa o su un carro, seguite dalle “signore della notte”, le maghe e le streghe e le anime dei non battezzati.

La Festa della Dodicesima Notte ispirò tra gli altri William Shakespeare che scrisse la omonima commedia che ebbe la prima rappresentazione il 6 Gennaio del 1601 al Globe Theatre di Londra. Daniel Maclise: La Dodicesima Notte, Malvolio e la Contessa. Strenia, Diana, Holle, Berchta,… da tutto questo complesso stregonesco, ecco che finalmente prende il volo sulla sua scopa una strega di buon cuore: la Befana. Valicate le Alpi, la Diana-Berchta presso gli italiani muta il suo nome e diventa la benefica Vecchia del 6 gennaio, la Befana, rappresentata come una strega a cavallo della scopa, che, volando nella dodicesima notte, lascia ai bambini dolci o carbone. Come Frau Holle e Frau Berchta, la Befana è spesso raffigurata con la rocca in mano e come loro protegge e aiuta le filatrici.

Nella Befana si fondono tutti gli elementi della vecchia tradizione: la generosità della dea Strenia e lo spirito delle feste dell’antica Roma; i concetti di fertilità e fecondità della mite Diana; il truce aspetto esteriore avuto in eredità da certe streghe da tregenda (spostamento); una punta di crudeltà ereditata da Frau Berchta. Ancora oggi un po’ ovunque per l’Italia si eseguono diversi riti purificatori simili a quelli del Carnevale, in cui si scaccia il maligno dai campi grazie a pentoloni che fanno gran chiasso: il 6 gennaio si accendono i falò, e, come una vera strega, anche la Befana viene qualche volta bruciata…

Ed ora una memoria aggiunta: “Frau Holle e le sue compagne…” Ecco le Belle che mi piacerebbe incontrare la dodicesima notte….


Quando  negli anni '70 del secolo scorso mi trasferii  a Calcata, decisi di festeggiare l’ Epifania come una sorta di viaggio iniziatico di ritorno alle origini naturali ed alla comunione con le forze primordiali della vita.

Invece di immaginare una vecchiaccia che scende dal camino a portare carbonella e fuliggine, pensai ad una “sfilata delle befane,  belle e sane"!  Una processione di donne in costume, tutte bellissime, sia pur mascherate e vestite di stracci per non farsi riconoscere dal volgo ignorante. Queste belle donne scendevano dal piano del paese nuovo sino al vallone del paese vecchio, dove anticamente c’era la tradizione del Sabbat, e qui in un orgiastico raduno offrivano i loro doni ai maschietti, anziani o bambini che fossero. Poi una delle Befane, la più bella e dolce, veniva scelta dal popolo ed era incoronata “Regina delle Befane”.

Conservo ancora delle immagini fotografiche di questa festa, che di religioso nel senso cristiano del termine aveva ben poco, alcune befane giungevano in calesse, altre seguivano a piedi ancheggiando.

Ma le cose belle durano sempre poco e questa consuetudine della processione delle belle Befane rivisse solo per alcuni anni e poi ritornò nel limbo dei ricordi ancestrali. Tentai di trasferire questo evento a Treia, dove ora risiedo, ma per varie ragioni la cosa non maturò.  Così  continuai a festeggiare il 6 gennaio soltanto con la ormai tradizionale "Epifania della Natura", in cui si offrono doni agli animali selvatici. Anche questa è una celebrazione inziata  nella valle del Treja e continuata a Treia, dove dal 2010 mi sono trasferito.

Quest'anno il rito della  distribuzione dei doni alimentari agli animali selvatici   non potrà svolgersi in forma pubblica, a causa delle limitazioni sanitarie anti-covid in vigore.  Però non mancherò -in solitario-  di passeggiare sotto le rupi del borgo di Treia, distribuendo briciole di pan secco agli uccellini ed agli altri animali presenti... Ed invito tutti i lettori a fare altrettanto, nei luoghi in cui vivono. Basta fare una passeggiata in campagna   sparpagliando qui è lì  un po' di  avanzi alimentari, i selvatici provvederanno da sé a rintracciarli ed a farne festa.  

Paolo D’Arpini



La mappa dei Chakra secondo Osho

 

"CHAKRA:  LA MAPPA NON È LA STRADA"


Quella dei "chakra" è solo una mappa utile, né giusta né sbagliata.   Per esempio, se qualcuno ti mostra una mappa dell’India, sai che non è l’India, comunque può essere usata per trovare l’India. Ed esistono mappe arbitrarie per aiutare le persone a cercare la loro essenza più profonda. 

Molte mappe sono state usate nel corso dei secoli. Non sono dei fatti, sono solo utili. Ad esempio, dividiamo lo spazio in direzioni: Sud, Est, Ovest e Nord; ma dov’è l’Est? Vai a cercare l’Est e non lo troverai mai. Ovunque andrai ti diranno: “L’Est è da quella parte, vai ancora avanti”. E se continui ad andare avanti – il mondo è rotondo – un giorno, dopo tanto cercare, raggiungi la Danimarca e dici: “Ma questo è l’occidente, l’Ovest”. Ma è utile. Diciamo su e giù, ma non c’è né su né giù.

Esattamente allo stesso modo esistono delle mappe interiori. 

Sono state disegnate molte mappe e sono tutte diverse. Ci sono alcune mappe che parlano di sei chakra, ce ne sono alcune che parlano di nove. Chi ha ragione? Sono solo divisioni arbitrarie. 

Puoi fare nove partizioni dall’energia sessuale al samadhi. Puoi fare nove partizioni, puoi farne sei, puoi farne cinque, puoi farne quattro; è tutto arbitrario. Puoi farne sessanta, o settanta, ma una cosa è certa: che l’energia sessuale è al punto più basso e il samadhi al più alto. Quando dico più alto e più basso, ricorda, anche questo è a fini utilitari, come su e giù. Se sei a testa in giù, la tua energia sessuale sta su e il tuo samadhi sta giù!

Ma c’è uno spazio tra questi due punti che è reale, vero, e quello spazio va attraversato. Si può disegnare una mappa su come coprire quello spazio, su come raggiungere il punto in cui dovremmo essere – il punto a cui siamo destinati – dal punto in cui ci troviamo. 

Se disegni la mappa del mondo non ci troverai Pune, ma questo non significa che Pune non esista. La mappa del mondo è una mappa in grande scala: ci troverai New Delhi, ci troverai Bombay, ma Pune non ci sarà. Se fai una mappa dell’India invece Pune ci sarà, ma Koregaon Park (la strada dove sorge l’Osho International Meditation Resort, N.d.R.) invece no. Ma non significa che non esista. Se fai una mappa di Pune ci sarà anche Koregaon Park.

Ci sono stati diversi tipi di disegnatori di mappe. Questi chakra sono semplicemente indicatori che le cose possono muoversi in una certa direzione. Ci sono molte religioni che non hanno mai parlato di cha­kra; il cristianesimo non sa nulla dei chakra, ma ciò non significa che non abbia raggiunto il samadhi. Puoi percorrere una strada senza guardare la segnaletica, non ce n’è alcun bisogno, in realtà.

Sono tutte mappe, arbitrarie ma utili, quindi non dire che non hanno senso, ma neanche che sono grandi verità; non sono né l’uno né l’altro. Non sono né vere né false, ma certamente possono essere d’aiuto, perché di un qualche tipo d’aiuto c’è bisogno. 

Ci sono molti linguaggi e la realtà non si lascia confinare da nessuno di essi, non si lascia definire; la realtà resta indefinibile.

Se riesci a ricordare questo, a proposito delle religioni, arrivi a grandi comprensioni e non cominci a discutere. Prendere delle parti è stupido.

È stupido chi dice: “Questa è la verità: ci sono sette chakra, non otto e nemmeno sei”. Pensa che la mappa sia il territorio, pensa che la parola sia l’oggetto. E qualcun altro sarà di un parere esattamente opposto. Inizierà a discutere e a dire: “Tutto ciò non ha senso: questi chakra non esistono”. Anche lui è stupido, tutti e due sono stupidi. 

Il saggio sorriderà semplicemente. 

Quindi se insegni yoga puoi usare le mappe dello yoga. È quello che faccio anche io: se parlo dello yoga, uso termini yoga; se parlo dei sufi, uso le parole dei sufi; se parlo dello zen devo usare la sua terminologia. Sono linguaggi evoluti. Sono stati usati nel corso dei secoli e sono diventati molto raffinati. Sono molto utili, ma non c’è niente di vero in un linguaggio. È solo un mezzo, uno strumento. I saggi lo usano e ne traggono dei benefici, gli stupidi si lasciano usare e ne traggono un danno.

 

Tratto da: Osho, The Sun Behind The Sun Behind The Sun #11

 

  Osho Times n. 271