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Nei periodi di grande crisi accadono molte illuminazioni - Parola di Osho


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...un momento di grande crisi è un momento molto prezioso. Quando tutto è prestabilito e non c’è crisi, le cose sono morte. Quando niente cambia e la presa del passato è perfetta, è quasi impossibile trasformare se stessi. Quando tutto è nel caos, nulla è statico, nulla è sicuro e nessuno sa cosa accadrà l’attimo successivo, in un momento così caotico, sei libero, puoi cambiare. Puoi raggiungere il nucleo più profondo del tuo essere.
È proprio come in prigione: quando tutto è tranquillo, è quasi impossibile che un prigioniero riesca a uscire, a fuggire dalla prigione. Ma se c’è un terremoto, tutto è sottosopra e nessuno sa dove siano le guardie, dove sia il carceriere; tutte le regole sono infrante e ognuno va per la sua strada. In quel momento se un prigioniero è un po’ allerta può fuggire molto facilmente. Se invece è stupido, e solo in quel caso, perderà l’occasione. 
Quando la società è in subbuglio, tutto è in crisi e domina il caos. Quello è il momento, se vuoi, in cui puoi scappare dalla prigione. È facile, perché nessuno ti fa la guardia, nessuno ti cerca. Sei rimasto solo. Visto lo stato delle cose tutti si preoccupano degli affari loro e nessuno ti controlla. Quello è il momento. Non lasciarti sfuggire quel momento.

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Nei periodi di grande crisi, sono sempre accadute molte illuminazioni. Quando la società è sotto controllo ed è quasi impossibile ribellarsi, andare oltre, non seguire le regole, l’illuminazione diventa molto, molto difficile. Perché l’illuminazione è libertà, è anarchia. Si allontana dalla società e diventa individuale. Alla società non piacciono gli individui: le piacciono i robot che sembrano individui, ma non lo sono. Alla società non piacciono gli esseri autentici: le piacciono le maschere, i bugiardi, gli ipocriti. Non le piacciono le persone reali, perché una persona reale è sempre un problema. Una persona reale è sempre libera. Non puoi imporle nulla, non puoi farne un prigioniero, non puoi schiavizzarla. È disposta a perdere la vita, ma non la libertà. La libertà ha più valore della vita. La libertà è il valore più alto. Ecco perché in India il valore più alto si definisce moksha, nirvana; queste parole significano libertà, libertà totale, libertà assoluta.
Quando la società è in subbuglio e tutti pensano agli affari propri, scappa. In quel momento le porte della prigione sono aperte, nei muri ci sono molte crepe e le guardie non sono in servizio. Puoi scappare facilmente. 
La stessa situazione si è verificata ai tempi del Buddha, venticinque secoli fa. È un ciclo, un ciclo che si compie ogni venticinque secoli. Così come ogni anno consiste in un ciclo – l’estate ritorna dopo un ciclo completo – esiste un grande ciclo di venticinque secoli. Ogni venticinque secoli, le vecchie fondamenta si dissolvono e la società getta nuove basi. L’intero edificio diventa inutile e deve essere demolito. Quindi tutti i sistemi – economico, sociale, politico, religioso – sono perturbati. Il nuovo deve nascere: è il dolore di un parto. 

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Ci sono due possibilità: cercare di ricostruire la vecchia struttura che cade, magari impegnandosi nel sociale per provare a ristabilire un ordine. E a quel punto perdi un’occasione, perché non si può fare nulla: la società sta morendo. Ogni società e ogni cultura hanno un ciclo di vita. Quando un bambino nasce sappiamo che diventerà un ragazzo, poi un vecchio e poi morirà: settant’anni, ottanta, al massimo un centinaio di anni. Ogni società nasce e in un primo tempo è giovane, poi diventa vecchia e a un certo punto deve morire. Ogni civiltà che nasce deve morire. 
Questi momenti critici sono i momenti che vedono la morte del passato, del vecchio, e la nascita del nuovo. 
Non c’è bisogno di preoccuparsi né di cercare di tenere in piedi la vecchia struttura: morirà. Se provi a salvarla, potresti restare schiacciato dal suo peso. È una possibilità: iniziare a sostenere la struttura. Ma non funzionerà e perderai un’occasione.

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Poi c’è un’altra possibilità: iniziare una rivoluzione sociale per facilitare il nuovo. Anche in questo caso perderai un’occasione, perché il nuovo arriverà da sé. Non è necessario facilitarlo. Il nuovo sta già arrivando! Non preoccuparti, non diventare un rivoluzionario. Il nuovo arriverà. Se il vecchio non c’è più, nessuno può costringerlo a rimanere. E se il nuovo è in arrivo e i tempi sono maturi, come il bambino è pronto nell’utero, nascerà. Non è necessario praticare un cesareo. Il bambino nascerà, non bisogna preoccuparsi. La rivoluzione accade da sola, è un fenomeno naturale.
Non c’è bisogno di rivoluzionari. Non è necessario uccidere le persone, moriranno da sole. Se ti impegni in una rivoluzione sociale – diventi un comunista, un attivista – perderai un’occasione.
Queste sono le due alternative in cui potresti perderti. Oppure puoi usare questo momento di crisi e trasformarti, usarlo per la tua crescita individuale. Non c’è niente di paragonabile a un momento critico nella storia: tutto è teso, è intenso, e converge verso un momento, verso un picco, da dove la ruota girerà. Usa questa porta, questa opportunità e trasformati. Ecco perché la mia enfasi è sempre sulla rivoluzione individuale. 

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Tratto da: Osho, Yoga il respiro dell'infinitoMondadori
Apparso su Osho Times n. 263

PARMENIDE, ZENONE, MELISSO E LA SCUOLA DI ELEA: LA PREVALENZA DELLA LOGICA SULLA REALTA'



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Parmenide (515-450 A.C.), fondatore all’inizio del V° secolo A.C. della scuola di Elea, colonia greca del Cilento nell’Italia Meridionale, pur non essendo uno scienziato, ha per primo posto (indirettamente) il terzo problema fondamentale della ricerca scientifica. In modo semplificato e sintetico potremmo così riassumere questo problema che in tempi moderni ha sollevato grandi dibattiti tra i filosofi e gli scienziati (da Bertrand Russel a Wittgenstein, da Neurath e Carnap, e tutto il “Circolo di Vienna” del primo novecento, fino a Karl Popper, ecc.): la logica, cioè l’arte di ragionare, il linguaggio e la realtà sono o possono essere in contrasto? Ricordiamo che i Greci intendevano con la parola “lògos” (da cui “logica”) sia la parola che il discorso ed il il ragionamento (che è come un discorso che noi facciamo a parole nella nostra mente).

Parmenide nella sua opera “Sulla Natura” dice che, per arrivare a capire ciò che esiste, cioè a distinguere il reale dall’illusione, o la verità dalla semplice opinione (che egli definisce “doxa”, nome anche di una nota agenzia moderna che studiava le “opinioni”), bisogna partire dall’affermazione logica che “ciò che è non può non essere”. Quindi, secondo lui, ciò che esiste non può contemporaneamente non esistere, come può avvenire ad esempio per una realtà che si trasforma continuamente, che ora esiste ed un attimo dopo non esiste più. Quindi la realtà esistente (da lui definita semplicemente “essere”) non può che essere statica, immobile, eterna. Il movimento, la trasformazione e la pluralità degli oggetti che osserviamo in natura sono illusori. Egli aggiunge persino che la realtà è “sferica” in quanto la sfera era considerata dagli antichi la forma perfetta. Su quest’ultima affermazione il suo allievo Melisso (che di mestiere faceva l’ammiraglio a Samo) non era però d’accordo e diceva che l’essere è infinito e coincide con il tutto (in questo più vicino alla non lontana scuola di Mileto: l’essere di Melisso potrebbe ricordare l’Apeiron di Anassimandro). E comunque anche la sfera parmenidea potrebbe essere interpretata come l’intero universo, considerato non infinito ma chiuso, concezione del resto non in contrasto con la moderna teoria della “relatività generale” di Einstein.

Per dimostrare che la trasformazione ed il movimento sono illusori (ovvero sono solo una “doxa”), un altro allievo di Parmenide, Zenone, sviluppò una serie di ingegnosi e celeberrimi paradossi di cui il più famoso è quello del “piè veloce” Achille che non potrà mai raggiungere una lenta tartaruga. Quando Achille, per quanto veloce, raggiungerà il punto dove si trovava prima la tartaruga, questa si sarà già spostata di un tratto. E quando Achille avrà percorso questo secondo tratto, la tartaruga si sarà già spostata di un altro tratto più piccolo, e così via all’infinito. Tutto questo ragionamento è basato su una presunta assurdità della divisione (dello spazio) all’infinito.

Un altro paradosso è quello del segmento che i matematici immaginano costituito da infiniti punti: ma, dice Zenone, se i punti non hanno dimensione, allora la loro somma non può che essere zero; se hanno dimensione, se pur minima, la loro somma non può essere che infinita.
Naturalmente le idee di Parmenide e di Zenone sono paradossali ed inaccettabili (essi confondono realtà, ragionamento e linguaggio, dando la preminenza alla logica ed al linguaggio sulla realtà che cade sotto i nostri sensi, e creano delle trappole logiche e dei giochi di parole); ma, come ebbero a dire Bertrand Russel, e lo stesso Carnap, esponente del Circolo di Vienna , ci hanno posto una grande sfida: quella di adeguare il nostro ragionamento ed il nostro linguaggio alla realtà, o anche, viceversa, quello di studiare più approfonditamente la realtà se risulta in contrasto con la nostra logica ed il nostro linguaggio (creati dalla mente umana).

Nei prossimi numeri vedremo come già nell’antichità il pensiero eleatico abbia ricevuto una serie di intelligenti risposte: una di carattere eminentemente filosofico (con Eraclito, contemporaneo ed anzi leggermente precedente Parmenide), una di carattere logico-filosofico (ad opera del “sofista” Gorgia), una di carattere fisico-filosofico (con Democrito che nega che in fisica possa effettuarsi una divisione all’infinito, come succede solo nelle astrazioni matematiche), ed una di carattere matematico (con la creazione di una nuova logica matematica che prende in considerazione le quantità infinitamente piccole ed il concetto di “limite” matematico, logica già sviluppata nell’antichità da Archimede con il “metodo ad esaustione”, poi perfezionata alla fine del 1600 D.C. da Leibniz e Newton con la “matematica infinitesimale”).

Vincenzo Brandi

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