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Iconografia ed uso del corpo nelle religioni

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Il rispetto per il corpo e per la fisicità in generale, in quanto mezzi materiali per l'espressione spirituale. non può trasformarsi in un tripudio escatologico in cui lo "spirito", meglio definito "Intelligenza e Coscienza", viene ridotto ad una iconografia materialista. Purtroppo quasi tutte le religioni, soprattutto quelle occidentali, indulgono nelle simbologie fisiologiche nel rozzo tentativo di esaltare il loro credo.

Diceva bene Gustavo Rol  nel suo elogio alla modestia ed alla semplicità:  "Più una cosa è semplice più è veritiera". Al contrario  il sistema politico-religioso resta avvinghiato a forme immaginarie ed alla loro frammentarietà,  con una  sterile avversione  a ciò che  è naturale.  Il risveglio di un nuovo essere umano globale deve emergere dalla modestia anche nell'immagine e nella descrizione, solo così l'uomo  può salire alla consapevolezza  che la sua natura custodisce da sempre.

La radice delle religioni monoteiste mediorientali è giudea, essa  si  basa essenzialmente  su miti e leggende, scelte e stabilite dai  fondatori  con lo scopo di dare un cemento ideologico unitario alle loro sparse tribù seminomadi che  erano state precedentemente politeiste. Idem dicasi per "la Verità Rivelata che si fa carne".  Ciò che ai "cristiani" sembra autoevidente ad altri può apparire come delirio. Quest'ultimo in altri tempi sarebbe stato imposto con la tortura e il rogo. Oggi, perlomeno, questa mostruosità non è più possibile. Rispetto ad ogni questione  la verità è solo una - mentre molte possono essere le menzogne. Si tratta, appunto, di vedere con coraggio e mente libera cosa sia vero e cosa sia falso sia nella storiografia che nell'iconografia di tali  religioni. 


Dal punto di vista ideologico, delle tre fedi di origine semitica, la più povera in quanto a "pensiero sottile" è l'Islam, molto vicina nella sua narrazione a tante fiabe da "mille ed una notte". Ma a differenza delle consorelle almeno l'Islam si limita a descrivere situazioni paradisiache con vergini, vino e miele a disposizione dei beati,  altrettanto fa con la vita "sessuale" del profeta, ma proibisce espressamente ogni rappresentazione del divino in quanto definita  blasfema.

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Per quanto riguarda le punizioni corporali contro infedeli e peccatori  l'Islam  viene definito barbaro, poiché praticava,  e tutt'ora lo fa, la decapitazione o la lapidazione (quest'ultima praticata anche nel giudaismo e nel proto cristianesimo) ma come possiamo giudicare le azioni  nefande compiute in nome di Cristo della chiesa cosiddetta cattolica?  In realtà questa non può essere  la chiesa di Cristo,  in quanto messaggero d'amore universale. Oggi   i sacerdoti,  gli alti prelati ed il papa stesso   cercano di giustificare o nascondere il passato oscurantista della Chiesa, in cui regnavano (e tutt'ora regnano) sovrani vizi, privilegi, sete di potere e di ricchezza, intrighi, sesso sfrenato, congiure, omicidi, torture.

Come ha potuto un’istituzione che ha messo in atto i più crudeli e sofisticati mezzi di supplizio avere l’ardire di definirsi cristiana? Con il falso pretesto che la punizione corporea serviva a salvare l’anima del peccatore, milioni di persone innocenti sono state  squartate, arse vive, impalate... I mezzi di tortura più diffusi dai sicari della santa Inquisizione erano: lo stiramento delle membra del condannato, la storpiatura e rottura delle ossa, il rogo, lo strappo della lingua ecc. Spesso il condannato veniva tagliato a metà con una comune sega da boscaiolo; oppure rinchiuso in una gabbia di ferro o legno appesa alle mura della città dove restava esposto fino al disfacimento delle ossa. Inoltre veniva fatto largo uso della cosiddetta “vergine di Norimberga,” una specie di sarcofago di ferro a due ante con aculei interni destinati a penetrare nel corpo del condannato; poi vi era il metodo della garrota con il suo tipico collare di ferro che uccideva la vittima per strangolamento o per la penetrazione di un aculeo di ferro nelle vertebre cervicali; il supplizio della ruota in cui gli arti umani venivano fatti passare attraverso i raggi come fossero di gomma.

Queste forme trucide  di punizione  religiosa,  finalizzate però al mantenimento del potere temporale, non appartengono solo alla storia scritta ma fanno parte della iconografia, dove spesso di osservano l'ipotetico  martirio dei santi, dei convertiti, delle donne purificate dal connubio demoniaco,  di madonne che scacciano demoni, di angeli che  puniscono i peccatori, etc..   e perché no anche nelle immagini della Via Crucis ed affini. 

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Insomma l'immaginario cristiano è quasi tutto una cacofonia dell'orrore e della sofferenza. Si parla di amore in chiesa ma fuori della chiesa si pratica l'odio. Molti cristiani hanno cominciato a chiedersi se la via del dolore abbia veramente un cuore. A questo proposito un cristiano pentito, Carlos Castaneda, faceva una riflessione: "Qualsiasi via è solo una via, e non c'è nessun affronto, a se stessi o agli altri, nell'abbandonarla, se questo è ciò che il tuo cuore ti dice di fare... Esamina ogni via con accuratezza e ponderazione. Provala tutte le volte che lo ritieni necessario. Quindi poni a te stesso, ed a te stesso soltanto, una domanda... questa via ha un cuore? Se lo ha,  la via è buona. Se non lo ha, non serve a niente." 

Abbiamo più o meno visto come si presenta l'immaginario delle religioni definite "monoteiste" (meglio sarebbe chiamarle monolatriche),  qual'è invece l'immaginario delle fedi orientali? In India si fa largo uso di figure di carattere sessuale, vi sono templi in cui si celebra la sessualità in tutte le sue espressioni, tutte le divinità da quelle inferiori a quelle della Trimurti, Creatore, Conservatore e Distruttore, sono descritte come dedite ad amplessi decisamente erotici. Non ci si vergogna degli stimoli naturali che vengono anzi interpretati come forme devozionali e spirituali. Questo avviene anche nel tantrismo buddhista in Tibet, Nepal ed in tutto l'estremo oriente, dove spesso  i vari Buddha sono affiancati da Dakini o addirittura  impegnati in copule mistiche. Persino nel taoismo  cinese non si disdegnano le forme  di approccio sessuale, tra l'altro si può dire che il taoismo non è altro che una forma di adorazione della Natura, della naturalezza e della spontaneità.   
In altri articoli abbiamo già trattato i vari modi  del  rapporto interpersonale psichico e fisico  tra maschi e femmine delle vie spirituali d'oriente, inutile qui ripeterle. 

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L'apparente liberalità nelle immagini religiose dell'oriente deriva dal fatto che quella spiritualità  non è nemica o separata dalla vita, anzi è proprio attraverso l'integrazione dei due aspetti materialità e spiritualità che si manifesta la pienezza, l'integrazione dell'essere umano, da separato ed incompleto a "pieno" e portatore di un messaggio unitario. Si fa una analogia  con l’organismo vivente che è in stretta correlazione con tutto ciò che lo circonda. Ad alcune cose è affine ad altre è in antagonismo. Saper far fronte a situazioni estreme mantenendo un equilibrio di mente e di corpo, deriva dalla capacità dell’organismo di integrare e aggiustare al suo funzionamento le diverse energie vitali. L’acqua, il cibo, il freddo, il caldo, il moto, la quiete, il sonno la veglia, la pulizia e l’influenza spirituale…. la somma di tutti questi fattori, vissuti correttamente, è santità, anche nel senso di salute.

Diceva Anasuya Devi, una grande santa vissuta in Andra Pradesh,  una donna normale, sposata con prole e perfettamente integrata nella società e nella cultura indiana: "Giorno e notte sono ovviamente entrambi necessari. In assenza della relatività non potrebbe affatto esserci  creazione. Tutte le qualità che noi incarniamo sono già lì... tutte derivano da quel  Potere Originario. Non potrebbero esistere in noi se non esistessero già in Quello. Come succede per un commediografo che crea diversi personaggi dotando ognuno delle caratteristiche necessarie...”

L'iconografia  religiosa  dovrebbe mostrare queste immagini, di semplice e pura aderenza alla vita!

Paolo D'Arpini

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L’anomalia spirituale di Giordano Bruno nel contesto filosofico occidentale ed il seme di conoscenza da cui il suo pensiero deriva


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”Ah, la libertà! Così preziosa ma così “cara” e per i più così utopica….” (A.B.)
La differenza sostanziale nell’espressione religiosa fra oriente ed occidente è che in occidente la religione si considera con un inizio ed una fine mentre in oriente essa viene riconosciuta come “eterna”, senza inizio né fine.
Il cristianesimo ed anche l’islamismo, infatti, sono religioni che prendono l’avvio con la nascita dei loro rispettivi profeti, Cristo e Maometto, e ci si aspetta che si concludano con l’apocalisse. In India, in Cina e nel resto dell’Asia, invece, lo Spirito viene dichiarato antecedente e successivo ad ogni manifestazione vitale ed allo stesso tempo esso è sia immanente che trascendente. Questa differenza di vedute porta ad una sostanziale differenza nella gestione del fatto religioso. In oriente non esistono strutture di potere riconosciute come legittime custodi della religione, ciò che è eterno pensa a se stesso. In occidente al contrario si presuppone che la religione debba essere controllata e gestita da nuclei di potere ecclesiastico, proprio in considerazione della sua finitezza ed imperfezione, e questo per “evitare” devianze o eresie dalla norma consolidata.
Forse l’esempio ideologico di un potere sacerdotale centralizzato derivò dalla figura di Mosé il quale riportò ordine e regole nella religione “madre”, regole fatte in seguito proprie sia del cristianesimo che dell’islamismo. Ma il potere centralizzato è soprattutto presente nel cristianesimo, formandosi nei secoli un diritto assodato del vescovo di Roma di gestire in modo autonomo ed assolutistico le cose religiose e mondane connesse al credo cristiano. Questo semplice fatto ha comportato una “cura d’interessi” personalistica pure nei fatti dottrinali e nel riconoscimento di santità od eresia. Ad esempio andò bene a Francesco d’Assisi che venne ad umiliarsi a Roma e perciò ottenne l’autorizzazione papale e successivamente anche il riconoscimento di santità.
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Molto male, forse perché in quel periodo regnavano pontefici più gretti, andò al Savonarola od a Giordano Bruno che furono sacrificati sul rogo. Nel periodo storico in cui visse Giordano Bruno, in verità vi fu un certo fermento illuminista con Galileo Galilei che studiò il sistema solare e lo definì eliocentrico, oppure con Tommaso Campanella che si ispirò alla teoria neo-platonica per immaginare la sua “Città del Sole”. Purtroppo per Giordano Bruno la sua intuizione fu troppo grande e troppo incontrollabile per poter venir accettata dal papato, addirittura egli chiamò l’universo eterno ed infinito, senza centro né circonferenza. Una cosa del genere non poteva piacere ad un potere religioso che basava il suo essere sulla “finitudine, sulla limitatezza, sul peccato originale, sulla differenza fra Dio e creature, sulla necessità di un salvatore specificatamente indicato”.
Giordano Bruno fu troppo vicino nella sua espressione filosofica al “Sanathana Dharma”, l’eterna legge dell’essere (e del non essere), ben descritta dai saggi realizzati d’oriente… Ed allora che posto avrebbe avuto un papetto qualsiasi, un cardinaletto, un curato di campagna nel contesto di tale verità? Semplici figure immaginate e pretenziosamente costituite in veste istituzionale. Purtroppo l’abisso nel pensiero ed il rischio che questo avrebbe comportato alla continuità religiosa cristiana fu inaccettabile per i meschinelli capi religiosi della cristianità (una religione per altro inventata a tavolino). Così fu necessario che Giordano Bruno fosse immolato sul rogo, nel tentativo di distruggere assieme al suo corpo martoriato anche il suo pensiero. Ma andò così? No, la verità viene sempre a galla e sia pur ancora calpestata e misinterpretata essa alla fine trionferà ed in realtà sta già trionfando, poiché il finito non può assolutamente condizionare l’infinito. 
Paolo D'Arpini

 






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La scienza iniziatica e l'aldilà


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Chi si accosta alla Scienza iniziatica è obbligato a studiare la questione dell'aldilà. Ciò ha inizio con la conoscenza delle relazioni esistenti fra l'uomo e l'universo. Come l'universo, anche l'uomo è composto da varie regioni, ossia i suoi vari corpi – fisico, astrale, mentale, causale, buddhico e atmico –, tramite i quali è in relazione con tutte le regioni dello spazio. A seconda della natura dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti, dei suoi desideri e delle sue azioni, egli entra in contatto con il mondo della luce o con quello delle tenebre. 

Alla sua morte, l'uomo abbandona solo il suo corpo fisico. Se durante la sua esistenza si è sforzato di dominare le manifestazioni della sua natura inferiore, ha purificato il proprio corpo astrale e il proprio corpo mentale, e, per la legge dell'affinità, si dirige verso i piani astrale e mentale superiori, che sono mondi di bellezza e di gioia. Altrimenti viene trascinato verso l'astrale e il mentale inferiori, dove soffrirà. 

Prima di essere regioni dello spazio in cui l'uomo andrà a soffrire o a gioire dopo la sua morte, quelle che i cristiani hanno chiamato Inferno e Paradiso sono per prima cosa regioni che esistono in lui. Esse fanno parte di lui, ed egli non può evitarle.

Omraam Mikhaël Aïvanhov  

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