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Osho: "La vita deve essere vissuta per poterla conoscere"


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La vita deve essere vissuta per poterla conoscere. E se vivi la tua vita senza alcuna inibizione, senza paure… Non c’è niente di cui avere paura: è la tua vita. La vita ti è stata data affinché tu la viva. È un dono che hai ricevuto dalla natura. Non è una punizione, è un regalo dell’esistenza.
Gioisci in essa e fai ardere la candela della tua vita da entrambe le estremità. Vivi il più intensamente possibile e il sapore stesso della vita ti farà sentire perché la morte non deve essere temuta. Se hai conosciuto la tua vita, il suo fuoco, saprai che la morte non esiste.
La vita che arriviamo a conoscere attraverso l’intensità del vivere è eterna.
La sensazione della sua eternità cresce mano a mano che si vive. Tanto più profondamente e intensamente vivi, tanto più velocemente ti accorgerai che non c’è morte. 
Nella mia religione la morte è celebrata perché non esiste. 
È solo l’accesso a un’altra vita.
Celebriamo la nascita! La gente crede che celebriamo la morte, ma non c’è morte, perché niente muore, cambia solo forma. 
La vita trasmigra da una forma all’altra. E quando una persona muore dovrebbe essere un momento di gioia per tutti quelli che gli sono vicini, perché la sua morte è solo apparente. Dal nostro punto di vista sembra stia morendo; dall’altro lato, sta nascendo.
Certo, sta lasciando una casa e noi che ci viviamo pensiamo che finisca tutto lì, ma quella persona rientrerà immediatamente in un’altra casa. O forse resterà per un po’ di tempo senza casa, ma non c’è morte.
Il novantanove percento delle persone rinasce istantaneamente in un’altra forma di vita. Più alto sarà il grado di consapevolezza, più alta sarà la forma di vita in cui entrerà; minore sarà la consapevolezza, più bassa sarà la forma di vita. 
Dipende da te, dalla tua capacità di essere consapevole e responsabile. 
Il grado di responsabilità che l’esistenza ti riserverà, sarà quello che ti meriti. Ti sei dimostrato degno di ricevere un regalo migliore. Hai usato l’ultimo regalo che hai ricevuto così bene, da meritare una ricompensa.
È una cosa automatica. Non c’è nessuno che decide, altrimenti potrebbe essere corrotto, potrebbe essere persuaso. Potresti aggrapparti ai suoi piedi e dire: “Signore, perdonami, hai una grande capacità di perdonare, e io sono solo un peccatore, ma perdonami”.

Omar Khayyam, un mistico sufi, ha detto: “Non fatemi smettere di peccare, non fatemi smettere di bere. Non fatemi smettere di andare a donne, perché il vostro tentativo di fermarmi dimostra che dubitate della compassione divina. Io credo nella compassione divina”. 
Dice di non preoccuparti: quando incontri dio, toccagli i piedi; tormentalo finché non ti avrà perdonato. E questo è il suo monopolio. Non c’è nessuno al di sopra di lui, nessuno potrà contestarlo; non deve rispondere a nessuno. Ti perdonerà.
Ma non è una dittatura: l’esistenza va per la sua strada. Se metti la mano sul fuoco e ti bruci, non c’è nessun dio a decidere che tu, da qualche parte nell’esistenza, metti la mano sul fuoco e ti bruci. Oppure che, se sei un santo, devi essere salvato e non bruciarti… 
Per migliaia di anni, l’umanità ha creduto che se dici la verità, il fuoco non ti brucerà. In molti paesi, la prova del fuoco è stata usata per sapere se un uomo stava dicendo il falso o la verità.
Ma non è così semplice. 
Potrei chiederti: “Che ora fa il tuo orologio?” e tu potresti rispondere: “Le nove e cinque”. E poi potrei dirti: “Metti la mano sulla candela e vediamo se stai dicendo la verità oppure no”. 
Pensi forse che non ti brucerai perché sono le nove e cinque? E se invece ti bruci? E cosa dire di altre cose, di quelle situazioni importanti in cui la verità non è così facilmente determinabile? In cui la verità può essere messa in discussione?
In questo caso sembra che non ci sia alcun problema, ma forse potrebbe essercene uno nascosto: forse il tuo orologio è indietro, o avanti, e non sono le nove e cinque, sono solo le nove, e forse allora ti brucerai. 
A quel punto potrei chiederti qualcos’altro: chi c’è seduto al tuo fianco? Oppure, quante mani hai? 
O ancora più semplice, per evitare qualsiasi problema: quanto fa due più due? Poi metti la mano nel fuoco...

Queste persone erano così contrarie alla vita che, in nome di dio, vi hanno inculcato delle convinzioni orribili, disumane e per niente scientifiche, facendovi credere che dio salverà chi è onesto. 
Ma potete verificarlo da soli: dio non esiste e nessuno vi salverà.
Se metti la mano sul fuoco, ti brucerai. Magari sei sincero, o magari sei bugiardo, non importa.
Quando arrivi a conoscere la vita, lentamente la tua consapevolezza aumenta.
E mano a mano che la consapevolezza aumenta, inizierai a sentire che non sei il corpo. Sei nel corpo, ma non sei il corpo.
Con l’ulteriore espansione della consapevolezza, potrai sentire che non sei nemmeno la mente; sei nella mente, ma non sei la mente.
Lentamente arriverai al tuo centro.
E quel centro è semplicemente consapevolezza, da dove puoi osservare la mente, le emozioni, i pensieri, il corpo, il dolore, il piacere, tutto.
Ma sei solo un osservatore, che non si identifica con niente che stia guardando.
Questo osservatore rimane a guardare anche nel sonno. Il giorno in cui riuscirai a percepire il tuo osservatore anche mentre dormi, quel giorno lo saprai: la morte non è altro che un sonno più lungo. Per il corpo è il sonno eterno, ma l’osservatore va semplicemente oltre, entra in un altro grembo, in un altro corpo. E questo movimento continuerà, questa trasmigrazione dell’anima continuerà finché la tua osservazione non sarà assolutamente pura.
Quando la fiamma sarà senza fumo, sparirai nell’universale, nell’essenziale.
A quel punto non entrerai in un’altra casa; non avrai più bisogno di una casa, avrai imparato la lezione. 
Era una scuola: passare da una casa all’altra era come passare da una classe all’altra. Ma un giorno ti diplomerai e diventerai parte dell’esistenza.
Ecco perché festeggiamo, perché non c’è morte. O la persona sta entrando in una nuova casa (ed è una buona occasione per festeggiare) oppure sta entrando nell’esistenza eterna. Questo è il momento migliore per festeggiare, l’occasione suprema.
E celebrare la morte ti aiuterà a capire che non c’è nulla nella vita di cui aver paura.
Se la morte è una festa, cos’altro può essere fonte di paura?
E se riuscirai a celebrare la morte, avrai raggiunto una maturità.
È possibile solo a coloro che vivono la vita come una gioia, una celebrazione costante. Allora la morte non è la fine, ma solo un piccolo incidente che ti fa cambiare vestiti, casa, corpo. Ma tu rimani sempre lo stesso, per sempre, nulla cambia nel tuo essere più intimo.
Di eternità in eternità, tu rimani esattamente lo stesso.
Osho
Testo di Osho tratto da: From personality to individuality 

Differenza di vedute e di posizioni tra cattolicesimo e buddismo


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La parola "cattolicesimo" dovrebbe indicare una sorta di "universalismo", in senso religioso, in realtà non c'è una fede più settaria e chiusa  di questa. Non sto parlando del "cristianesimo" in senso stretto ma della sua forma deviata  gestita dal vaticano e dal suo papa. Il cristianesimo potrebbe ancora avere una sua dignità, in considerazione della dottrina gnostica  e dei vangeli apocrifi, mentre la cupola  papalina è un semplice  apparato di potere che nei secoli ha dimostrato le sue vere intenzioni: il dominio del mondo.

Infine tutti i nodi vengono al pettine e la congrega vaticana ha sommato migliaia di nodi.  Non mi riferisco solo agli scandali recenti, come ad esempio la pedofilia o le speculazioni economiche, ma  alle innumerevoli colpe accumulate nei secoli: le finzioni dottrinali, la vendita delle indulgenze, la sperequazione fra maschi e femmine, la persecuzione di eretici e streghe, la prevaricazione e l’intimidazione delle masse succubi ed impaurite, l’oscurantismo, le guerre sante,   le falsità storiche su innumerevoli fatti e persone... Vedasi ad esempio la favola del "lascito di Costantino", sulla presunta donazione di terre alla chiesa di Roma.

La Donazione di Costantino (Constitutum Constantini) fu utilizzata dalla Chiesa per legalizzare presunti diritti su possedimenti territoriali e soltanto nel 1440 il Valla dimostrò che tale documento era un falso, anche se bisognerà aspettare il 1517 perché le sue conclusioni vengano pubblicate; ma solo da ambienti non cattolici , essendo state inserite dalla Chiesa – guarda caso – dal 1559 nell’indice dei libri proibiti. Un falso, dunque, oggi universalmente riconosciuto come tale, ma durato circa 500 anni. Quanto precede per dimostrare che un falso, se ben architettato e difeso ad oltranza da chi sa come manipolare la credulità popolare, può resistere a lungo.

Del resto è sotto gli occhi di tutti il reiterato martellamento mediatico grazie al quale molte “verità” imposte dalla propaganda vengono condivise acriticamente dalla maggioranza della popolazione, cui non arriva neanche l’eco di tesi contrarie, spesso sprovviste di adeguati mezzi di diffusione, quando non addirittura criminalizzate dai sacerdoti delle “verità ufficiali”.

Altro esempio di falsificazione è la manipolazione  sull'esistenza fisica di Gesù, per lo meno quello descritto nei vangeli canonici.  Certo, ognuno è  libero di pensare quel che crede, ma per quanto attiene alla “favola di Cristo” mi trovo d’accordo con il ricercatore   Luigi Cascioli (https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Cascioli)  il quale ha portato prove evidenti sulla figura storicamente dubbia accettata però  dalla chiesa. Questo  per molteplici motivi.

Tra la mitologia cattolica e quella di altre numerose religioni, precedenti o contemporanee, si nota l'assoluta assenza di riferimenti a Cristo nelle opere di autori coevi (i Vangeli canonici  furono scritti  e approvati secoli  dopo la presunta nascita e morte di Gesù) e si rilevano  palesi assurdità – di tipo logico, linguistico e geografico – nei Vangeli stessi; tentativi di falsificazione operati dalla Chiesa introducendo riferimenti alla figura di Cristo, coll’evidente scopo di documentarne l’esistenza. Nell'opera storica  “Le guerre giudaiche” di Flavio Giuseppe l'autore   non aveva ritenuto opportuno citarlo, pur essendo minuzioso cronista di eventi di gran lunga meno interessanti.

Gli unici abbinamenti che potrebbero essere fatti con un ipotetico  "messia giudaico"  -identificabile almeno in parte  con il Gesù cattolico-, sono quelli riferentesi ad un maestro descritto nei Rotoli esseni  di Qumran (https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dei_manoscritti_di_Qumran),  il cui valore è però negato  dalla chiesa, malgrado ciò  tali documenti  siano ritenuti storicamente validi e genuini da ricercatori laici di tutto rispetto.

Scriveva  Fedor Dostoevskij:  "L’ateismo si limita a predicare il nulla; il Cattolicesimo va oltre, e predica un Cristo travisato, un Cristo calunniato e oltraggiato, un Cristo che è l’antitesi del Figlio di Dio. Il Cattolicesimo predica l’Anticristo, ve lo assicuro, ve lo giuro! Questa è la mia opinione personale e io so quanto ho sofferto nel rendermene conto! Il Cattolicesimo romano crede e proclama che, senza un potere temporale capace di abbracciare tutta la terra, la Chiesa non possa sussistere… Non possumus! No, il Cattolicesimo romano non è una religione, è la continuazione dell’Impero Romano d’Occidente. Nel Cattolicesimo, infatti, tutto è subordinato a questa idea. Il Papa si è impadronito della terra, ha occupato un trono terrestre, ha impugnato la spada e si è circondato di un seguito composto da menzogne, intrighi, imposture, fanatismi, superstizioni e scelleratezze. Nelle mani della Chiesa di Roma, i più sacri, i più ingenui e i più giusti sentimenti popolari sono diventati delle armi. Il vaticano ha fatto tutto questo per denaro, con il solo scopo di consolidare il suo dominio terreno. E che cos’é questa se non la dottrina dell’Anticristo?"

Dopo tante bugie smascherate  dalla scienza e dalla storia   sembrerebbe che la religione cattolica non abbia scampo e sia destinata semplicemente a scomparire in una nuvola fumosa di vergogna. Eppure i milioni di abbindolati dalla "fede", o per paura delle pene infernali promesse dal papa ai non credenti, continuano a seguire i dettami cattolici, i comandamenti imposti in forma di minaccia legale.

Ma qui dovremmo considerare che l'etica imposta non porta ad alcun miglioramento del livello di coscienza individuale e collettiva. La norma ecclesiastica che concede  solo ai sacerdoti ed ai prelati la gestione religiosa, rendendoli "giudici" e confessori dei peccati del popolo, hanno reso il secolarismo, la laicità, una sorta di categoria inferiore della società umana. La laicità è peccato, dice il papa, soprattutto se è la vera laicità, non quella accettata dalla chiesa che indicherebbe la posizione di un appartenente alla religione ma non ordinato nella gerarchia ecclesiastica.    
Le devianze cattoliche  sono iniziate mascherando  e negando la  matrice  della religione cristiana e sono pure continuate dopo di essa. I rabbini erano obbligati al matrimonio e così sarà stato per la figura di Gesù. Nei primi secoli dopo Cristo i sacerdoti si coniugavano regolarmente poi subentrò l'obbligo del celibato al solo scopo del mantenimento delle ricchezze accumulate dalla chiesa, che altrimenti sarebbero andate disperse agli eredi carnali. Da qui la tendenza dei preti cattolici a soddisfare le proprie voglie con  i  giovani confratelli.

Conseguenza di questa regola “innaturale” del celibato sacerdotale   è quel che oggi osserviamo in forma di pedofilia ed omofilia interna alla chiesa. I prelati mantengono una facciata di castità provvedendo a soddisfare le esigenze sessuali  con gli stessi componenti della chiesa (ed ogni giorno ne leggiamo le cronache su tutti i media).

Ma la causa di tutto ciò, ovvero la  necessità di "conservare le ricchezze interne alla chiesa" iniziò nel momento in cui  l’impero romano, per motivi squisitamente politici, stabilì l’unità religiosa sotto l’egida del cristianesimo,  e la regola di celibato al clero era un  modo per non disperdere le  proprietà che il papato andava ammassando. Il papato romano tra l’altro è anch’esso un’istituzione tardiva rispetto alla formazione del cristianesimo. All'inizio il vescovo di Roma veniva eletto da tutti i fedeli, in forma democratica,  e non era riconosciuto a capo di tutta la cristianità. Successivamente divenne una carica "regale"  sancita dagli alti prelati, o principi della chiesa.

In verità il papa di Roma sostituì l’imperatore di Roma e per garantire la continuità non dovevano esserci diatribe familiari interne, il papa veniva eletto in un contesto di celibi.  Questo sistema, ottimo dal punto di vista del mantenimento dell’Ente, è assolutamente deleterio invece per la conservazione dei valori spirituali,  basando la sua dottrina sul semplice concetto di "peccato".

A questo proposito  disse Osho: "Il pensiero religioso è la chiave del fallimento umano…  I predicatori religiosi hanno convinto il mondo intero: “Voi siete peccatori!”. E ciò va bene per loro, poiché se non ne foste convinti i loro affari non potrebbero prosperare. Dovete essere peccatori, solo così continueranno ad esistere chiese. Il vostro permanere nel senso del peccato è la loro buona “stagione”, la vostra colpa è il fondamento delle chiese più potenti, più vi sentite in colpa e più le chiese continueranno a consolidarsi. Esse sono costruite sule vostre colpe, sul vostro peccato, sul vostro complesso di inferiorità. Così hanno creato un’umanità inferiore".

Ma lasciamo da parte queste considerazioni, che potrebbero continuare all'infinito, poiché è ormai evidente che il cattolicesimo non rappresenta assolutamente valori spirituali o di amore universale. La vera spiritualità nel cattolicesimo è osteggiata e spesso negata, vedasi  ad esempio le persecuzioni contro innovatori come Giordano Bruno o Tommaso Campanella.

Per il papa la spiritualità laica  è una eresia da combattere con anatemi e denunce di deviazionismo, comportandosi  come la levatrice  maliziosa che getta il neonato assieme alla placenta ed all'acqua calda.

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Nel buddismo, al contrario,  non esistono indicazioni dottrinali paragonabili ai nostri comandamenti, la cosa più importante è invece quella di salvare il "bambino", cioè l'essere umano dall'ignoranza e dalla sofferenza.  Nel buddismo l’unica concessione che viene fatta all’esistenza di un “dio” è nella forma di un potere di compensazione insito nella legge di causa-effetto. Egli viene perciò descritto come il neutrale dispensatore della retribuzione karmica.   La  credenza in un "dio creatore e signore" propagata dalle religioni monolatriche, come il cattolicesimo,  è sia una consolazione alla propria ipotetica inferiorità (rispetto al nostro percepirci come particelle presenti nel mondo) sia un pensiero speculativo funzionale all’illusione separativa. In verità  il "Sunya" o Assoluto  è un tutto inscindibile e come in un ologramma ogni singola particella contiene quel Tutto in modo integrale. Questo è vero anche in senso logico poiché il Tutto non può essere mai scisso, pur manifestandosi nelle differenze apparenti.

Invero anche quando riteniamo di essere una parte e separati dal Tutto non possiamo fare a meno di affermarlo attraverso la coscienza che è la radice del nostro sentire e l’unica prova del nostro esistere. Tale coscienza è caratteristica comune di ogni forma vivente ed è connaturata nella natura stessa. In fieri, o in latenza, nella materia cosiddetta inorganica ed in evidenza nelle forme organiche, che della materia sono una trasformazione biochimica. Ed è appunto in questa Coscienza -meglio definirla Consapevolezza-  che la manifestazione prende forma e quindi diventa esperienza sensoriale. E tale Coscienza, in quanto naturale espressione dell’Assoluto, è unica ed indivisibile, essa rappresenta la vera realtà di ogni essere. Sia esso un ipotetico "dio" od un’ameba od un germe od una pietra…

Buddha può essere definito quindi un vero "laico", egli  si sposò ed ebbe anche un figlio. E sia la madre ed il padre del Buddha che la  moglie ed il figlio seguirono le sue orme dimostrando così che il celibato non serve, quel che serve è la sincerità e l'onestà nel perseguimento spirituale. Amore non significa annullamento delle relazioni umane ma elevazione delle stesse.

Lo scopo del buddismo è quello di aiutare le persone a superare la   "sofferenza".  Il buddismo è fondamentalmente  una prassi di vita con il fine di ridurre ed infine cancellare la sofferenza dovuta all'attaccamento emotivo e intellettuale. Ma la realtà ultima non si può descrivere e un "dio" non è la realtà ultima. Per questo nel buddismo non si parla di credere o adorare un "dio", ma si danno indicazioni di come ritrovare la propria vera natura spirituale,  fondendosi nella coscienza universale.

Tutti hanno dentro di sé la facoltà di raggiungere il risveglio. Si tratta quindi di diventare quello che già si è: "Guarda dentro di te: tu sei un Buddha".

"La felicità senza desideri. La mente è la fonte di tutte le felicità, la creatrice di tutti i buoni propositi, oppure, se mal usata, la generatrice di tutte le disgrazie. Nell'ottica buddhista, il giudizio non è la somma facoltà, e la mente che lo produce non è il ‘principio ultimo’. Dietro alla mente esiste uno sguardo neutrale, privo di giudizio, che osserva l'incessante movimento del pensiero. La pratica spirituale consiste nel cercare di mettere a fuoco la realtà dal punto di vista di quello sguardo neutro..." (Dalai Lama)

Ci sono stati molti Buddha, il Dalai Lama -ad esempio-  è considerato  una manifestazione del Buddha,  e molti ce ne saranno ancora. Il buddismo non riconosce alcuna autorità per accertare il vero, tranne l'intuizione del singolo. Ognuno deve subire le conseguenze dei propri atti e trarne ammaestramento, mentre aiuta i propri simili a raggiungere la stessa liberazione. Gli adepti  buddisti sono maestri, non nel senso classico, essi fungono da esempio  ma in nessun modo sono intermediari tra la realtà ultima e la persona.

E' praticata la massima tolleranza verso ogni altra religione e filosofia, perché nessuno ha il diritto  di intromettersi nel viaggio del suo prossimo verso la meta. Il buddismo è un sistema di pensiero, una scienza spirituale e un'arte di vivere, ragionevole e pratica e onnicomprensiva. Per duemila e cinquecento  anni ha soddisfatto i bisogni spirituali di circa un terzo dell'umanità. Esercita un fascino per l'occidente perché non ha dogmi, soddisfa al tempo stesso la ragione e il cuore, insiste sulla necessità di fare affidamento su se stessi e d'essere tolleranti verso le altrui opinioni, abbraccia scienza,  filosofia, psicologia, etica e arte, ritiene che l'uomo sia il creatore della propria vita attuale e l'artefice del proprio destino.

Perciò il buddismo non  può essere considerato alla stregua di  una religione in senso stretto, in quanto privo dell'idea di un "dio-persona" e quindi di una teologia. I suoi assunti fondamentali sono simili a quelli di molte altre vie spirituali laiche e "mistiche" sviluppatisi in ogni parte del mondo ed in ogni epoca storica.

Buddha aveva fondato la sua comunità da circa due secoli  al momento dell'arrivo delle Falangi macedoni nella valle dell'Indo, mentre la memoria dei "Veda" i libri sacri dell'induismo era già millenaria, ed in verità l'insegnamento buddista non si discosta affatto dalle Mahavakya (grandi dichiarazioni)  nondualistiche delle Upanishad.

Il buddismo si fonda sulla convinzione che la sofferenza e il mal-di-esistere derivano proprio dalla falsa nozione dualistica  e  dall'attaccamento all'illusione di una identità  individuale e collettiva.

Desiderio e sofferenza sono intrinsecamente connessi e il buddismo tende all'estinzione dell'individualità, allo smascheramento della natura illusoria.

"Chi si aggrappa alla mente non vede la verità che sta oltre la mente. Chi si sforza di praticare il Dharma non trova la verità che è aldilà della pratica. Per conoscere ciò che è aldilà sia della mente che della pratica bisogna tagliare di netto la radice della mente e, nudi, guardare; bisogna abbandonare ogni distinzione e restare tranquilli." (Tilopa)

Paolo D'Arpini