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Brani tratti da "Il Vedanta e l'inconscio" di Arnaud Desjardins


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Di solito commettiamo l'errore di confondere noi stessi con una parte di noi e questo è uno dei motivi per cui non abbiamo il coraggio di guardare in faccia la verità.
Essere vili, sadici, o ossessionati ci sconvolge, mentre si tratta solo di uno dei personaggi contraddittori da cui siamo costruiti. Se una parte viene vista come tale, rimane tale e il resto rimane libero. Quando una parte non viene riconosciuta per quel che è, ci fa paura, viene repressa e, in quanto rimossa, riesce a metterci completamente al suo servizio. Siamo molteplici, complessi.
Una parte di noi vuole ammazzare nostro figlio e un'altra farebbe qualsiasi cosa per curarlo quando si ammala.
[...]
Se riconoscete che una parte di voi desidera la morte di vostra moglie, di vostro figlio o di vostra figlia, questa rimarrà pur sempre una parte. Se la rifiutate e la rinnegate, sarete voi, nella vostra interezza, a vivere nel disagio. Il disagio peggiore è il conflitto fra espressione e repressione. Il rimosso tenta di manifestarsi, se possibile, direttamente, altrimenti in modo indiretto, e il resto della vostra energia si adopererà per reprimerlo. Come volete vivere in pace se siete conflittuali dentro di voi? Siete un conflitto, ecco la definizione giusta".



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"Swamiji mi propose una volta un esercizio molto serio, che ho appreso come una vera tecnica spirituale. Lui lo chiamava in inglese (wish fulfilling gem), ma io l'ho ribattezzato la 'bacchetta magica'. [...]

Se avessi avuto la bacchetta magica.
Cosa emerge?
Cosa voglio?

Non mi preoccupo che sia o meno realizzabile, mi domando in tutta onestà quello che voglio. È una magia, ho diritto a qualsiasi cosa. Dalle profondità sale una richiesta. Voglio davvero questo? Ho la bacchetta magica, potrei realizzarlo, ma forse c'è qualcosa di più, di meglio? Allora vedrete affiorare un'altra richiesta, una cosa profonda che auspicate maggiormente.
È come un carciofo: togliete le foglie e ce ne sono altre sotto. Swamiji usava questa espressione: "Allow the play of the mind", lasciate svolgere il gioco del mentale. Lasciate fare, aprite le cateratte e osservate. Vedrete che ogni sogno, ogni pensiero, ogni immagine che sale corrisponderà sempre a un desiderio, o per contro a una paura. Così, vi conoscerete meglio, conoscerete il mondo che, nella vostra ragione, non ha diritto di cittadinanza, ma che è la vostra profonda verità.

La verità di una persona è il suo cuore, la sua profondità e, la maggior parte di tale nucleo, non affiora mai in superficie".


Brani tratti da "Il Vedanta e l'inconscio" di 
Arnaud Desjardins
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Ciò che è dato è dato... secondo Osho


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Ciò che è dato è dato
Una volta regalai a Osho uno dei miei gioielli antichi preferiti, un oggetto che avevo posseduto per molti anni. Qualche giorno dopo, andai a trovarlo nel suo appartamento e trovai un ragazzo dall’aspetto trasandato, seduto nella biblioteca, intento a esaminare la mia spilla con una piccola lente di ingrandimento, come se stesse valutando il valore delle pietre. Mi arrabbiai e andai piangendo da Osho. Quando mi chiese quale fosse il problema, gli dissi: “Stai vendendo il bellissimo gioiello che ti ho regalato!”.
“Ah, quello!” disse lui con sufficienza.
E poi continuò dicendo: “Se non vuoi che mostri agli altri quello che la mia Mukta mi ha regalato, lo rimetterò nella scatola. E poi la legherò con un cordino e la metterò dentro una scatola più grande. E legherò anche quella per bene. Metterò la scatola in un cassetto e chiuderò il cassetto a chiave e poi chiuderò l’armadio dove si trova il cassetto. Così sarà al sicuro, ben chiuso nella mia stanza!”.
Scoppiai a ridere.
In quei giorni, facevamo la Dinamica a Chowpatty Beach, a Bombay. Durante la catarsi e poi durante lo stadio dell’ “Hu”, ci scaldavamo molto e la donna che al tempo si prendeva cura di Osho, si presentava vestita con un orribile accappatoio pacchiano. Un giorno, la vidi indossare quell’accappatoio con la mia preziosa spilla… per fare la Dinamica! 
Ero sconcertata.  
Ma da quel momento, imparai la lezione: le cose belle devono essere condivise e godute. E capii che ciò che conta non è l’uso che le persone fanno del dono ricevuto, ma il donare in se stesso.
  
Una tragedia greca molto breve
Una volta a Bombay, all’inizio degli anni ’70, scrissi a Osho una lettera molto drammatica, piena di lamentele riguardo a ogni aspetto della mia vita personale, incluse cose che riguardavano la relazione con il mio fidanzato di allora, questioni che ritenevo importanti: una vera e propria tragedia greca! 
Dopo averla letta, Osho volle incontrare mia figlia Seema (era ancora solo una bambina) e le disse: “Guarda che cose assurde mi ha scritto tua madre!” e poi le diede da leggere la mia lettera.
Quando mia figlia mi disse che aveva letto la mia lettera e quello che aveva detto Osho in proposito, rimasi scioccata, specialmente perché le aveva detto che tutti i miei grandi problemi non erano altro che cazzate.
Ero mortificata. Ma questo mi aiutò a capire che tutte quelle cose, a cui avevo attribuito grandi significati, erano in realtà piuttosto stupide... 

Mukta

L'autrice con Osho