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Osho e la pazzia come metodo di saggezza...


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Un paio di anni dopo la dipartita di Osho (precedentemente conosciuto come Rajneesh), ricevetti una lettera da Majid Valcarenghi (un suo seguace) che mi inviava le bozze del libro Operazione Socrate, in cui si analizzano gli ultimi momenti di vita di Osho, nel testo si dava evidenza al fatto che il maestro potesse essere stato avvelenato dalla CIA, durante la sua permanenza in carcere negli USA. Majid mi chiedeva di scrivere un mio pensiero su Osho, per la pubblicazione sulla sua rivista, cosa che feci volentieri, il testo si intitolava "Ad Memoriam" ed in esso parlavo dei retroscena, osservati da uno "spiritualista laico" quale io ero, e delle conseguenze della "predicazione" di Osho nel mondo... Ma qui vorrei inserire alcuni miei ricordi personali sul come "non incontrai mai Osho nemmeno una volta" 

Ricordo nel 1973, quando visitai l’India per la prima volta, che giunto il tempo del ritorno -durante l’attesa della nave Andrea Doria, veterana della marina passeggeri che compiva il suo ultimo viaggio prima del disarmo- restai a Bombay per un paio di mesi facendo la vita dello sderenato (o sadhu, monaco itinerante o mendicante se preferite). Ero già stato toccato dallo Spirito e non potevo far altro che aspettare che “quella cosa” di cui sapevo essere l’espressione prendesse possesso di me. Un’attesa senza speranza si chiama, poiché se c’è speranza non è attesa è solo aspettativa. 

Mi capitò un giorno di incontrare delle belle ragazze italiane che andavano vagando per ristorantini a spettegolare. Erano tre, come le tre Grazie, e le avvicinai sorridente ma cosa strana non rimasero affatto affascinate dalla mia persona… Dovete sapere che in un modo o nell’altro le donne sempre mi amano, non con questo che esse mi trovino particolarmente appetibile dal punto di vista sessuale, semplicemente mi vogliono bene e mi ascoltano con interesse… Sono un affabulatore ed anche come “cercatore spirituale” –malgrado vivessi in totale astinenza- di solito ottenevo un buon successo. 

No, quelle tre avevano solo pensieri per Osho, continuavano a parlare di lui come tre innamorate del loro amante, rivelavano tutti i loro giochi amorosi ed i loro desideri nei suoi confronti. Insomma debbo dire che mi sentii un po’ invidioso e quasi quasi mi venne l’idea di andare a sfidarlo in casa, quell’Osho, lì a Poona nel suo ashram che si trova a pochi chilometri da Bombay. Fortunatamente per me mi beccai, a forza di frequentare ristorantini sfiziosi, una bella epatite virale A e dovetti perciò rinunciare alle mie velleità per restare in catalessi nell’albergaccio in cui aspettavo “l’evento” (non sapevo nemmeno io bene cosa, qualsiasi cosa o nulla). 

Ebbene riuscii a scamparla, allora, tornai in Italia, e poi ancora numerose volte in India e non pensai più di andare da Osho. Ma i discepoli di Osho continuarono a perseguitarmi ed a cercarmi in tutti i modi, me li trovavo davanti ovunque, sia che andassi a Tiruvannamalai, a Jillellamudi od a Ganeshpuri, sia che restassi a Roma a fare il “santo” in via Emanuele Filiberto oppure che entrassi nel vortice alternativo di Calcata con tutte le sue tentazioni e devianze. Questi discepoli di Osho erano e sono i miei amici più simpatici ed affini, sono completamente pazzi ed inaffidabili. “Qualis pater talis filius” dice l’adagio, e mai come in questo caso è vero. 

Osho stesso fu un’esagerazione in tutti i sensi. Guru Maharaji si faceva 12 Rolls Royce? Ed Osho 120… Muktananda fondava qualche Ashram in giro per il mondo? Ed Osho fondava addirittura una nuova Città-Stato (nell’Oregon). Il successore di Bhaktivedanta rinunciava al sannyasa e si sposava una sua devota? E la segretaria di Osho, molti dicono anche amante, scappava con tutti i soldi della cassa. 

Osho quando parlava era una macchinetta infernale inarrestabile (i suoi scritti possono riempire un'intera biblioteca), oppure taceva per anni di fila. Prima aveva parlato bene di tutte le religioni, facendo un discorso sincretico, poi finì per dire che tutte le religioni sono finte. All’inizio si pose come Guru ed infine negò di avere qualsiasi discepolo. I suoi seguaci poveretti subirono un bel lavaggio del cervello e coloro che resistettero –probabilmente- ne uscirono fuori veramente sanati dalla malattia del divenire e dell’apparire. Non sta a me giudicare comunque la condizione di questi miei fratelli, sapendo che ognuno di noi ha il suo destino e le sue pene… 

Paolo D’Arpini 


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Alcuni pensieri di Osho sulla morte 

“Si dovrebbe accogliere la morte con gioia... è uno dei più grandi eventi della vita. Nella vita, esistono solo tre grandi eventi: la nascita, l’amore e la morte. La nascita, per tutti voi, è già accaduta: non potete farci più nulla. L’amore è una cosa del tutto eccezionale... accade solo a pochissime persone, e non lo si può prevedere affatto. 
Ma la morte, accade a tutti quanti: non la si può evitare. È la sola certezza che abbiamo; quindi, accettala, gioiscine, celebrala, godila nella sua pienezza. 

La morte è semplice svanire nella fonte. La morte è andare nel regno di ciò che non è manifesto: è addormentarsi in Dio. 
Di nuovo tornerai a fiorire. Di nuovo rivedrai il sole e la luna, e di nuovo e ancora... fino a quando non diventi un Buddha, fino a quando non riuscirai a morire in piena coscienza; fino a quando non sarai in grado di rilassarti in Dio consciamente, con consapevolezza. Solo allora, non esiste ritorno: quella è una morte assoluta, è la morte suprema.” 

“Se mi hai amato, per te, io vivrò per sempre. Vivrò nel tuo amore. Se mi hai amato, il mio corpo scomparirà, ma per te, io non potrò mai morire. Anche quando me ne sarò andato, so che tu mi verrai a cercare. Certo, ho fiducia che tu verrai a cercarmi in ogni pietra e in ogni fiore e in ogni sguardo e in tutte le stelle. Posso prometterti una cosa: se mi verrai a cercare, mi troverai... in ogni stella e in ogni sguardo... perché se hai veramente amato un Maestro, con lui sei entrato nel Regno dell’Eterno. Non è una relazione nel tempo, dimora nell’assoluta atemporalità. 

Non ci sarà morte alcuna. Ιl mio corpo scomparirà, il tuo corpo scomparirà, ma questo non farà una gran differenza. Se la scomparsa del corpo creasse una pur minima differenza, dimostrerebbe soltanto che tra noi non è accaduto l’amore.” 




OSHO 
MAI NATO 
MAI MORTO 
HA SOLO VISITATO 
QUESTO PIANETA TERRA 
11.12.1931 
19.01.1990 

Gesù fu vegetariano?


Collage di Vincenzo Toccaceli

L’ingenuità è una forma di saggezza o di stoltezza?? Il problema è irresolubile, come buona parte dei problemi che assillano il comportamento umano. Ma il dubbio può essere risolto: tuttavia soltanto con la spada di Alessandro che taglia il nodo di Gordio 
Da notare che l’incontro fra Alessandro ed il cinico Diogene è un falso, un falso ben congegnato per coprire fatti  molto più importanti.. 
Come l’origine centro-asiatica della religiosità cristiana, o meglio degli aspetti più interessanti della religiosità cristiana, che hanno pervaso, proprio grazie ad Alessandro, la cultura ellenistica la quale, come sappiamo, è una sincresi tra visione del mondo indiana, pitagorismo, misteri Eleusini, platonismo e neo platonismo, e soprattutto NEOPLATONISMO, il quale a sua volta esprime la diffusione di due filosofie sapienziali: epicureismo e stoicismo, di cui il massimo esponente fu Seneca, del quale, non a caso, si ciancia una corrispondenza nientemeno che con Saul, il cosiddetto mediatore fra romanità ed ebraismo, sulla reale esistenza del quale abbiamo ben poche prove. 
Ma noi, invece, abbiamo le prove dell’incontro di Alessandro con Dandami. Quest’ultimo, alle profferte di Alessandro, risponde: ”Ho il cielo come tetto, tutta la Terra come letto. I fiumi mi versano da bere, la foresta mi fornisce il cibo. Non mi nutro delle viscere degli animali, come fanno i leoni, né le carni degli animali e degli uccelli imputridiscono racchiuse nel mio ventre, non sono un sepolcro di cadaveri, ma la natura provvidente mi porge tutti i suoi frutti come una madre offre il suo latte” .
Così diceva Dandami, in rappresentanza della cultura brahminica, già ufficialmente apprezzata da Tertulliano, Girolamo ed Origene (a smentire la tesi dell’isolamento del mondo antico). 
Da notare che di queste frasi le parole messe in bocca a Gesù relative agli uccelli nel cielo ed ai gigli nel campo, su cui scrisse un bel saggio Soren Kierkegaard, sono una misera eco. 
Ma torniamo a noi. Di quest’incontro ci lascia traccia uno scritto nientemeno di uno dei massimi inventori (nel senso di sintetizzatori delle cultura ellenistico-indiana) del cristianesimo: Sant’ Ambrogio vissuto fra il 339 ed il 397 d.C. Questo scritto è stato pubblicato in italiano con il titolo: ”Il modo di vivere dei Brahmani”
La premessa serve per dire che Cristo è chiaramente una figura mitica, nella quale sono state inserite peculiarità ed attributi di “uomo perfetto” secondo la filosofia e la psicologia ellenistico-indiana e pertanto definito uomo-dio per la banale ragione che un uomo diventa dio solo se configura la propria vita prendendo ad esempio Gesù. Quanto qui scritto non è frutto di una mentalità materialista, relativista e razionalista nonché ateista. 
Al contrario, si tratta di una religiosità naturale, neopagana se così la vogliamo chiamare, che si avvale delle conoscenze prima inesistenti, ottenute grazie al progresso scientifico e tecnologico, nonché alla diffusione della cultura e delle conoscenze. 
Pertanto, non riesco a capire i discorsi di certi cattolici che affermano che Gesù era vegetariano. Se questa persona, di cui si racconta esser vissuta in Palestina e proveniente da ceppo galileo, fosse realmente vissuta in tale luogo, la sua alimentazione sarebbe stata in prevalenza carnea. Come consuetudine di popolazioni provenienti dal deserto che a tutt’oggi si nutrono di capre. Tal quali gli abitanti della Tanzania, la popolazione degli Hadza, che ignorano l’ agricoltura e si nutrono di cacciagione (cioè degli animali che riescono ad  uccidere con le loro frecce). Questi primitivi sono attentamente studiati dagli antropologi i quali sperano di conoscere attraverso loro la vita dei “nostri” antenati. Altra illusione scientista!
Infatti noi, popolazioni mediterranee, siamo intimamente legati alla Terra e come tali usufruitori dei frutti da tale ambiente prodotti, che non sono animali. Così come i Brahmani, che potendo nutrirsi vegetariano, grazie alla ricchezza della flora locale, lo fanno. 
Per concludere: ritengo una forma di infantilismo, della specie di quella utilizzata per inventare una figura mitica in possesso di TUTTE le virtù possibili ed immaginabili dalla cultura ellenistica, ed attribuirle a un Dio-Uomo di nome Gesù (ne conosciamo anche gli inventori che sono Clemente Alessandrino e Filone d’Alessandria).  
E poiché costui è l’incarnazione di tutte le perfezioni, gli attribuiamo tutte le qualità man mano che ci vengono alla mente o introiettiamo nuove culture o maturiamo interiormente. 
Secondo questo criterio, invece di invitare gli artisti a tratteggiare con arte attualistica una figura umana di santone barbuto (ah! i brahmani!) la Chiesa dovrebbe far dipingere una figura umana con tanti francobolli appiccicati sul corpo, ciascuno recante un timbro di autentificazione di una teoria e di una virtù.
Nota finale: qualcuno ha notato il nuovo Cristo new-age che sta diffondendosi con santini, immagini sacre, stampe e quant'altro?  Infatti, l'incontro fra le due concezioni della Vita e del Mondo non è avvenuto con il cinico Diogene, ma con un esponente dei Brahmani, il quale, interrogato da Alessandro, risponde in modo adeguato. 
Giorgio Vitali
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