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Maha Prajna Paramita Sutra



La forma non è differente dal vuoto, il vuoto non è differente dalla forma.

Forma è vuoto, vuoto è forma. Ciò vale anche per gli altri quattro elementi: sensazione, percezione, discriminazione, coscienza.

Non esistono occhio, orecchio, naso, lingua, corpo, intelletto.
Non c'è il mondo che si vede né il mondo della coscienza, non ci sono tenebre né fine delle tenebre, né vecchiaia né morte, né inesistenza di vecchiaia e di morte.

Non ci sono le quattro verità: sofferenza, causa della sofferenza, distruzione della sofferenza, ottuplice sentiero.

Non esiste nè saggezza nè miglioramento in quanto non c'è nulla da raggiungere.

Il Bodhisattwa mediante la Prajna Paramita supera tutti gli ostacoli ed è libero.

Essendo libero non esiste più paura, gli errori e le illusioni vengono allontanati e si arriva al Nirvana."

In cerca di storie... alla scoperta del territorio falisco




Attorno al luogo sacrale del Soratte, tra il bacino del Treja e la bassa valle del Tevere, si stende il territorio, che fu abitato dal XV al III secolo avanti l'era volgare dai Falisci. Attraversare questa contrada è assai interessante per il naturalista, sebbene essa sia quasi impervia ed assai faticosa.

Faleria, Calcata, Mazzano, Magliano Romano, etc. sono siti dell'alta valle del Treja o dei suoi affluenti, i paesi sparsi su un terreno ondulato, tormentato da quei profondi burroni. Il varcare queste forre non è sempre impresa facile là dove mancano le strade. Non c'è da pensare né all'automobile né al motociclo: di cavalli od asini pochi ve ne sono, né si possono avere a nolo. I luoghi sono in generale troppo privi di ombra per prestarsi alle escursioni esclusivamente pedestri.

La bicicletta forse è uno strumento adatto, sebbene spesso bisogna rassegnarsi a condursela a mano, o peggio, a portarsela in spalla, allora la passeggiata assume presso a poco la fisionomia di un cross country. Ma le divagazioni primaverili ed autunnali su questo suolo pittoresco, situato fra le vette blandamente coniche dei vulcani Cimini e Sabatini e le rudi scogliere solitarie di Sant'Oreste, sono piene d'incanto. Si può vagare alla ventura dappertutto dove le strade o i sentieri serpeggiano, sicuri di trovar pascolo alla curiosità, alla meditazione e allo studio. Talora il cammino è ombreggiato da fitte boscaglie falle di grossi ed annosi ceppi di ontano, di faggio, di quercia mozzati in gioventù all'altezza di un metro, e da allora coronati ad ogni stagione da ciuffi di polloni giovani che si recidono ogni due o tre anni. Vaste estensioni, tenute in questa forma speciale di ceduo forniscono a Roma la legna sottile per l'uso domestico.

Centinaia di migliaia dì piccole fascine tutte eguali, saldamente legate in vincoli dì rami attorcigliati, appoggiate le une alle altre, formano immensi depositi, dì cento o più metri di lunghezza per cinquanta dì larghezza. Una capanna o una tana scavata nel tufo ricovera ì poveri custodì. Nelle boscaglie adiacenti corrono numerose le lepri e dicesi anche che vi sì nascondano i cinghiali. Campagnano fu anzi un tempo famoso per le cacce riservate, abbondantissime dì questa grossa selvaggina. Ma per il turista il cinghiale è un po' come il camoscio per l'alpinista. È ben certo che l'animale c'è, ma pochi lo vedono. Certi valloni che nelle bassure raccolgono un po' d'acqua semistagnante, o trasudano umidità dai fianchi, verdeggiano più dei terreni alti che lì dominano, ed invece dei poveri vigneti scaglionati sui pendii, sì distendono sul loro fondo grandi praterie magre, e povere di fiorì, infestate, dagli asfodeli, cariche dì lumachelle, ove pascolano gravemente mandrie dì vaccine grigie a lunghe conia. In qualche luogo è invece il formicolio dì greggi dì pecore da cui sopra-vantano colle spalle i becchi puzzolenti lentamente brucanti sul maggese, guardate intorno da ringhiosi cani maremmani cattivi nell'aspetto, e dai quali si può attendere tutto.

Se l'abbaiare astioso dì questi animali semiferoci minaccia il ciclista, deve mettersi in volata se il terreno glielo permette o scendere dì macchina per evitare gli acuti loro denti. Nei bassifondi sì trovano anche qui gli abbeveratoi caratteristici della campagna romana, lunghi, stretti, colla bocca d'acqua ad una testata: acque tutte malefiche, calde, torbide, abbondanti dì microrganismi. Un silenzio indisturbato incombe sopra questa contrada selvaggia: né canti, né rumori dì carri o dì persone. Solo da qualche eminenza sì scorge lontano nell'aria, la scarna fila dei pali dì ferro che sostiene la conduttura dei tram elettrico da Civita Castellana a Roma. In certe epoche dell'anno un sordo galoppo avverte nella mattinata che delle artiglierie sono condotte per i tiri dal Campo dì Bracciano a qualche vallone. Allora su certe eminenze perimetrali alla zona di tiro si inalberano dei bandieroni rossi, che delimitano ì luoghi pericolosi. Le batterie, spariscono nascoste coi cassoni, piazzate giù il più basso possibile. Soltanto il rombo prolungato degli spari che sì diffonde a intervalli, e, a grande distanza, un lieve fumo su dì un clivo colpito dalle granate, rivelano la presenza delle macchine da guerra. Il mistero copre l'insidia dì quest'arte micidiale, che mira un bersaglio nascosto e lo colpisce a tradimento senza poter neppure contemplare la distruzione che opera, ed è per vedere quest'invisibile che su qualche dosso si raccolgono, in gruppi eleganti, le nere figure degli ufficiali muniti dì binocoli, corruscanti nei riflessi del sole. Le scarse acque che scorrono nei borri incisi profondamente nel terreno vulcanico, lambiscono in qualche posto alte sfaldature dì rocce inaccessibili.

Questi villaggi hanno serbato dei tempi feudali l'impronta minacciosa, ma quasi tutti sono privi dì avanzi monumentali notevoli. Gli squarci delle rocce si prestano a creare ì contrasti più pittoreschi dì pianori rotti da precipizi, dì praterie e dì boschi, dì straducole inerpicantesi su per ì fianchi dirupati come nei presepi natalizi, percorse nel passato da asinelli e da uomini colle brache corte, in carovana, da donne cariche sul capo dì grossi fardelli, in acconciature caratteristiche ed in vestimenta, che, almeno nel colore, conservano l'uniformità dì un costume locale.

Tale è il paese notevole per tante particolarità che sì estende fra la Flaminia e la Cassia, a nord dì Veio e a sud dì Falerii, dominato dal Soratte, bagnato dal Treja, in più luoghi solcato dalle antiche vie romane ancor lastricate dai grandi poligoni dì selce che sfidano le alluvioni e l'aratro come se fossero rocce radicate nel suolo, incrociate qua e là da ben più antichi avanzi dì strade falische, così che quando le legioni romane lo attraversarono nei primi tempi, esse calpestavano già le necropoli etrusche, ricche da secoli dei prodotti dì un'arte propria, e di non spregevoli imitazioni locali degli splendori ellenici. Queste terre che ì Falisci avevano fecondato colla loro antichissima civiltà, cominciata nel XV e finita nel III secolo avanti l'era volgare, ci hanno serbato molti reperti degni dì ammirazione, che ora sono raccolti nel i museo di Forte Sangallo a Civita ed in quello dì Villa Giulia a Roma, poco fuori dì Porta del Popolo, messe ricca, che potrebbe certo decuplicare con tutta facilità se più larghi mezzi permettessero altri scavi.

(Tratto dal libro: I racconti dalla Città Invisibile, a cura di Paolo D'Arpini)

"La civiltà della Dea" di Marija Gimbutas e il messaggio gilanico di Mariagrazia Pelaia

Calcata. Discorso bioregionale al Circolo  vegetariano VV.TT

Mariagrazia Pelaia è impegnata da anni nel "sentiero" bioregionale e nella riscoperta di valori matriarcali ed  in diverse occasioni abbiamo potuto confrontarci su questo  tema  e sulla visione ecologista profonda, pur non pubblicamente data la sua ritrosia a "comparire" in pubblico. 

Mariagrazia si sta occupando della truduzione italiana del trattato "gilanico" per eccellenza: la ricerca sul periodo matriarcale dell'antica Europa effettuata  dell'archeologa lituana/americana Marija Gimbutas. Quanto prima avremo perciò  la fortuna, grazie a Mariagrazia, di poter leggere questi "vangeli della Dea"  in italiano.

Joseph Campbell e Ashley Montagu ritennero paragonabile il contributo scientifico di Marija Gimbutas alla Stele di Rosetta e la decifrazione dei geroglifici egizi. Campbell scrisse la prefazione ad una edizione del The Language of the Goddess (1989), prima che la Gimbutas morisse, e spesso diceva di quanto profondamente si rammaricasse che le sue ricerche sulle culture del neolitico dell'Europa non fossero disponibili nel tempo in cui lui stava scrivendo The Masks of God. I suoi articoli sono archiviati insieme con quelli della Gimbutas alla "Joseph Campbell and Marija Gimbutas library", al Pacifica Graduate Institute (Wikipedia).

Contemporaneamente al grosso impegno letterario Mariagrazia Pelaia si occupa della creazione di nuove ricette vegane in sintonia con il veniente periodo ecozoico, auspicato da Thomas Berry. Insomma il suo impegno nel campo dell'ecologia e della cultura tocca vari argomenti utili a migliorare la qualità della vita nella società moderna. Anche attraverso la conoscenza degli archetipi primordiali e le forme della bellezza estetica al femminile.  

Ed è proprio seguendo la traccia di una  riscoperta della bellezza  che  Mariagrazia Pelaia, attraverso le testimonianze artistiche scoperte dalla Gimbutas, renderà evidente  l’influsso del paesaggio  e dell’arte naturalistica, un progetto utile anche a fissare dei nuovi, seri, criteri di vivibilità ambientale.

“Quell'estremo rispetto dei luoghi in cui l’intelligenza e la forza dell’uomo si sono esercitate e sviluppate a diretto contatto con la natura...” (Antonello Palieri).

Il traguardo morale della pratica dell'ecologia profonda  è quello di inserire nella quotidianità lo stimolo alla ricerca ed alla riflessione spirituale integrandolo con gli aspetti laici della nostra esistenza. 


Un’altra considerazione che ritengo utile  portare in luce, nell'opera di Mariagrazia,   è quella del riallineamento con i canoni della natura. Infatti malgrado la dovizia di doni benefici offerti alla vita di ognuno la Terra sta riflettendo il grande cataclisma di una umanità che vuole ribellarsi alla vita. Il riallacciarsi all’aura della Terra, e l’aiuto spontaneo offerto alla trasformazione spirituale, è il dovere al quale noi umani siamo chiamati in questo momento cruciale della storia dell’uomo.

Da non trascurare, comunque, l’aspetto filosofico della riscoperta di valori gilanici e naturalistici, in chiave di attualità ecologica profonda e spirituale, poiché necessariamente, come evidenzia il filosofo Aurelio Rizzacasa: “…dopo varie forme concepite nella pluralità dei millenni del pensiero occidentale la filosofia deve tornare alle origini per farsi consapevole che la verità si svela e si occulta in una perenne ricerca che coinvolge l’uomo in un dialogo con se stesso e con gli altri. Quanto detto si produce in un’avventura nella quale l’umanità costruisce il suo futuro nel libero spazio della sua spiritualità interiore”.

Paolo D'Arpini



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Alcune precisazioni: il primo volume del libro è già a disposizione del pubblico nel sito di Stampa Alternativa www.stampalternativa.it e a fine agosto sarà nelle librerie. Il secondo uscirà fra qualche mese, forse a inizio anno prossimo. Queste le indicazioni bibliografiche: Marija Gimbutas, "La civiltà della Dea", traduzione e cura di Mariagrazia Pelaia, Stampa alternativa, Viterbo 2012.


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Nota aggiunta. 

Segnalo i nomi dei personaggi ripresi  nella foto soprastante. 
A sinistra si può osservare il poeta bioregionalista americano, Jim Koller.
A destra, gesticolante, l'autore dell'articolo, Paolo D'Arpini   

Buddismo - Il sogno di questa vita... e la vera scala dei valori nella visione Chan



Per una corroborazione della visione spirituale buddista pubblico volentieri questa lettera-articolo  che ricevetti alcuni anni fa dall'amico e spiritualista laico  Alberto Mengoni, un insegnante di Chan cinese. Il Chan è sicuramente di derivazione buddista (la parola è una storpiatura di Dhyan, che significa meditazione in sanscrito) ma questo saggio di Alberto mi ha fatto pensare alla visione di Wang Tzi, molto puntata sulla “rinuncia” alle cose del mondo. Ho trovato questa coincidenza di buon auspicio per il “sogno di questa vita” a cui lo stesso  Alberto fa  menzione… (Paolo D’Arpini)



La  vera scala dei valori

Spesso mi trovo a farmi la domanda di come, in questo mondo, venga considerato chi aderisce, pratica e si affida totalmente ad una dottrina spirituale di tipo trascendente, come il Chan. Di sicuro, non nel modo giusto. Sappiamo, e vediamo, che sovente il mondo attribuisce grandissima importanza a tutte quelle persone che, per i loro meriti karmici, hanno raggiunto le vette della notorietà, della ricchezza e della fama, grazie alla loro volontà, la bellezza e le capacità personali. Stiamo parlando, infatti, di personaggi famosi, come i vari divi del cinema e dello spettacolo, gli assi dello sport, i capi di stato e di governo, i nobili ed i ricchi miliardari.

Tutte queste persone primeggiano sui titoli dei giornali e nelle cronache, nei resoconti storici e nelle leggende popolari. Oltre al fatto di essere considerati i primi nella scala dei valori di questo mondo, tutti questi individui famosi, sono stati da sempre una sorta di attrazione calamitante per le menti delle cosiddette persone comuni. Si è perfino inventato un neologismo, etichettando come `vip´ (very important person), tutte quelle persone che, per un motivo o per l´altro, sono assurte alle vette della notorietà e della fama, idolatrate dalle folle e volutamente imitate nei loro modi comportamentali, così da tracciare perfino delle mode seguite ciecamente dai `comuni mortali´.
Vediamo, infatti, che tutti i mezzi di comunicazione attualmente attivi, compresi quelli più riservati, come i giornalini di quartiere, dedicano innumerevoli servizi figurativi e verbali a questi personaggi famosi. A volte, perfino coloro che sono riusciti a farsi un nome in ambito strettamente locale, diventano degli idoli per la massa di gente che quotidianamente sgomita nell´anonimo grigiore delle loro vite da `persone qualunque´. E, quindi, si può immaginare quanto desiderio e quanta voglia di arrivismo può sorgere nelle menti di queste persone cosiddette `comuni´. Fin dall´infanzia, la maggior parte delle persone anela di diventare `qualcuno´. E gli stessi genitori, magari frustrati dalla loro stessa condizione di perfetti sconosciuti, bramano ardentemente che i loro figli possano riscattare il loro anonimato, possano far diventare `famoso´ il nome della loro casata, così da vantarsi, potersi rallegrare e agghindarsi di `gloria riflessa´, grazie al successo eventuale ottenuto dalla loro prole. Perciò, solamente il bisogno di successo e notorietà che, molto spesso, porta anche relativa ricchezza e benessere, è tutto ciò che gli esseri umani ordinari sentono di dover inseguire. Gli individui di sesso maschile propendono per il desiderio di potere e di successo nella politica, nella finanza, nell´arte e nello spettacolo, proponendo agli altri le loro personali capacità di intelligenza, di forza e di coraggio. 

Di converso, le donne cercano, il più delle volte, di affidarsi alla loro bellezza, al fascino ed alla grazia, per poter effettuare la loro personale scalata al successo e alla tranquillità economica. Resta, tuttavia, il tentativo comune di aprirsi una strada maestra attraverso la massa di individui che resteranno totalmente anonimi e sconosciuti, almeno fino a che qualcuno non scriverà per sempre il loro nome su una fredda lapide di marmo. In effetti, a quel punto, tutti ritorneranno ad essere uguali e accomunati nel simile destino… Allora, questo desiderio di successo e gratificazione, dove porta mai e fin dove ha un qualche vero valore? Questa domanda in primis dovrebbe essere fatta agli educatori e agli insegnanti, cosicchè possano riproporla ai bambini che iniziano la loro vita nelle aule scolastiche di questa nostra degenerata società, spiegando loro che, appunto, l´inseguire il successo e la gratificazione mondana non porta da nessuna parte ma, anzi, fa solo dolorosamente ritornare in questa dimensione di vita materiale, la cui legge di natura è giustappunto l´impermanenza ed il cambiamento, che sono i comuni marchi della sofferenza.

Che il desiderio e la brama di ottenimenti mondani, quali il successo e la notorietà, che apparentemente dovrebbero apportare felicità e benessere, portino invece alla cupa sofferenza viene dimostrato dal fatto che, in questo sistema di mondo, nessuno vi è rimasto per sempre. Tutti, infatti, debbono morire e questo fatto fa sì che tutti, prima o poi, passino da una provvisoria e ingannevole felicità di una apparente `vita reale´ ad una sostanziale e terribile constatazione della propria sparizione. Perciò, quanto potrà durare quella effimera felicità provocata da un effimero successo mondano? E poi, per quanto un individuo si sforzi di ottenere i primi posti nella `scala dei valori´ di questo sistema-mondo, in questa nostra struttura sociale vi sarà sempre la paura di una perdita di tutto ciò che si è raggiunto e di un possibile cambiamento di situazione. Quante persone che, pure, erano arrivate all´apice del successo e della notorietà, del potere e del comando, dopo poco tempo o, al massimo, dopo qualche anno, non si sentono più nemmeno nominare e, ad un certo punto, sono svaniti nel nulla? Inoltre, tutta la loro presunzione, la loro orgogliosa supremazia sugli altri individui non li ha mai portati ad essere `veramente´ diversi dalle altre persone. Infatti, chiunque è arrivato in alto, è condizionato a credere ciecamente alla `realtà´ dei suoi ammiratori, e aderisce senza scampo alla illusorietà di questo mondo irreale. Perciò, dal punto di vista della “Verità Suprema” tutti coloro che ambiscono ai posti di potere di questo mondo sono i peggiori illusi e sono anche quelli che pagheranno il karma più amaro.

Gesù Cristo disse “è più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, piuttosto che un ricco entri nel Regno dei Cieli”. Questo per confermare che proprio le posizioni che gli stolti ambiscono di più, cioè il ruolo di `vip´, sono le più pericolose e rischiose dal punto di vista spirituale. Quel punto di vista che riguarda proprio la `vita´ successiva che ciascun individuo dovrà ripetere dopo quella attuale, almeno fino a chè non sarà Illuminato, e quindi finchè non avrà finalmente compreso l´inutilità di ritornare in questa dimensione `samsarica´ a rincorrere inutilmente un´illusoria felicità mondana (che non viene mai raggiunta, o almeno, conservata), comprendendo solo allora la necessità di `annullarsi´ in un definitivo e assoluto NIRVANA.

Parliamo ora della vera `Scala dei Valori´. Quella che permette di arrivare alla finale comprensione di questa Verità del “Grande Vuoto”. Di solito, tutti i Grandi Esseri che coltivano la mente spirituale, vivono nell´anonimato e sono ben lieti di rimanervi. Solo in rare e determinate occasioni, essi arrivano alla notorietà. Ma si tratta di situazioni obbligate, mirate, per cercare di spingere gli altri esseri a dirigersi verso la religione e la spiritualità. Vediamo che in tutte le Religioni vi sono personalità famose che, in certi casi, hanno una notorietà ed importanza anche sul piano sociale e mondano. Questo non vuol dire che essi siano gratificati da questa loro notorietà né che, quando sono invitati da Capi di Stato o dai `media´ dell´informazione, essi siano felici di venire fotografati, filmati o intervistati, come quei `vip´ di cui si è parlato prima.

Io credo che se qualcuno è un vero `Mahatma´, cioè una Grande-Anima, considera anche queste incombenze mondane come un `servizio´, una sorta di dovere per il bene comune e per l´espansione di una fede e di una visione religiosa tesa a aggregare tutte le coscienze sui veri valori dell´esistenza. Tuttavia, vi sono molti `esseri illuminati´ che però restano nascosti nell´anonimato, dato che il loro `karma´ spirituale non impone di proporsi apertamente, né di mostrarsi al grande pubblico. Costoro hanno veramente `compreso´ la realtà della manifestazione, e di conseguenza hanno individuato il nucleo universale di questa Suprema Realtà, o Verità. Direttamente al loro interno, essi hanno `sentito´ la Mente Unica che gli ha parlato, e hanno saputo ascoltare senza intromettersi e senza attribuirsi l´identità di questa Verità. Perciò, adesso sono pronti ad abbandonare, senza rimpianti né attaccamenti, la realtà apparente di questa vita. Per essi, i fenomeni e le forme di questo mondo sono, con parole di Shankaracharya, “simili ad escrementi di corvi”, vale a dire, senza alcuna vera importanza. Perciò, che valore può avere per essi l´inseguimento di poteri e successi mondani, di notorietà e fama, di gratificazione e benessere economico, dato che essi conoscono la verità dell´impermanenza, del mutamento e della vacuità di tutte le cose? 

Dunque, concludendo, la cosiddetta `Scala dei Valori´ di questo mondo, è veramente `quella´ che dobbiame salire? O piuttosto, la vera `Scala dei Valori´ è quella che va in modo naturale verso l´alto, cioè verso le supreme sommità dell´Essere, verso il Cielo, verso l´Assoluto? E voi, che vi ritenete persone `spirituali´, verso quale `Scala dei Valori´ state tendendo? Se vi gloriate della vostra notorietà, se intimamente gioite di questo, anche se siete dei riconosciuti `Maestri´, non siete certo interessati alla vera `Scala dei Valori´. Ed allora, avete ancora un po´ di tempo per ravvedervi e ritornare sulla retta Via. Almeno, finché siete ancora in vita. In questo apparente sogno chiamato “vita”.

Aliberth (Alberto Mengoni)


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