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Zazen, ovvero lo Zen in pratica...



La pratica di zazen è il segreto dello Zen.  Lo zazen, non solo rilascia una grande energia, ma è anche una posizione aurea. La sua pratica non ci forza ad ottenere qualcosa. Il suo unico scopo è di concentrarsi esclusivamente sulla posizione, sulle modalità di respirazione, e su un corretto atteggiamento mentale.

Posizione (o postura). Seduto al centro dello zafu (cuscino rotondo), con le gambe incrociate in loto o mezzo loto. Se non si riesce ad incrociarle, semplicemente si faccia attenzione a non mettere i piedi sulle coscie. Tuttavia, poggiate saldamente le ginocchia a terra. Nella posizione del loto, si stringano i piedi nelle aree di ogni coscia che corrispondono ai principali punti dei meridiani dell'agopuntura del fegato, la cistifellea ed i reni. Anticamente, i samurai stimolavano questi centri di energia, in modo naturale, con la pressione delle cosce sul cavallo. Il bacino pelvico si protrae in avanti, con la spina dorsale arcuata e la schiena dritta, al livello della quinta vertebra lombare (secondo il mio maestro, è come se l'ano dovesse guardare il sole). Si tocchi il suolo con le ginocchia ed il cielo con la testa. Si abbia il mento sfuggente, la nuca dritta, il ventre disteso, il naso in linea verticale con l'ombelico; si dovrebbe essere come un arco teso la cui è freccia sarebbe la mente, o spirito.

Una volta in posizione, si tengano i pugni sopra le coscie (premendo i pollici) vicino alle ginocchia e si dondoli con la schiena molto diritta a sinistra e destra, sette o otto volte, riducendo lentamente il movimento fino a trovare l'equilibrio in verticale. Poi, si presenti il gassho, cioè, si uniscano le mani di fronte a sé, palmo con palmo, all'altezza delle spalle, braccia conserte in posizione orizzontale. Non resta che mettere la mano sinistra sulla destra con i palmi verso il cielo e portarle verso l'addome. I pollici uniti con una leggera tensione in orizzontale tra di loro. Le spalle sono naturalmente ripiegate. La punta della lingua tocca il palato in alto. L'occhio cade a pochi metri di distanza, ma è focalizzato verso l'interno. Gli occhi socchiusi non guardano niente, ma intuitivamente "vedono" tutto.

Respirazione. Svolge un ruolo di primo piano. Per essere ‘vivi’, prima si respira. La respirazione Zen non è paragonabile a nessun altro tipo di respirazione. Tende prima di tutto a stabilire un ritmo lento, potente e naturale. Se noi ci concentriamo su un’espirazione morbida, lunga e profonda, l'ispirazione viene naturale. L'aria viene rimossa silenziosamente e con calma, mentre la spinta dell’espirazione discende con forza nel ventre. Gli intestini si "comprimono" causando un sano massaggio agli organi interni. I maestri paragonano la respirazione Zen al muggito di una mucca o al vagito di un neonato. Questo respiro è l’'Om', il seme, il pneuma, la fonte della vita.

Atteggiamento mentale. La corretta respirazione fluisce da una corretta posizione. Allo stesso modo, l'attitudine della mente fluisce naturalmente da una profonda concentrazione sulla posizione fisica e sulla respirazione. L'esercizio corretto ci fa vivere più a lungo, in pace, ma con intensità. 

Neutralizza le crisi nervose, si ha il controllo degli istinti e delle passioni, si può controllare tutta l'attività mentale. La circolazione cerebrale migliora notevolmente. La corteccia è in stato di quiete ed il consapevole flusso dei pensieri cessa. Il sangue affluisce negli strati profondi che, irrigati meglio, si dispongono in uno stato di semi-sonno, la sua attività produce una sensazione di benessere, di serenità e pace simile al sonno profondo, ma si è completamente svegli. Il sistema nervoso si rilassa, e così entra in piena attività il cervello "primitivo". Pienamente ricettivi e attenti, giungiamo ad essere coscienti con ogni cellula del nostro corpo. Inconsciamente, tutte le dualità, ogni contraddizione, scompaiono.

I cosiddetti popoli primitivi hanno conservato un cervello profondo molto attivo. La civiltà occidentale ha educato e raffinato l’intelletto, mentre ha perso energia, intuizione e saggezza, collegate al nucleo interno del cervello. Perciò, lo Zen è un tesoro inestimabile per l'uomo di oggi, perché così ha ancora occhi per vedere e orecchie per sentire. Per un pratica regolare di zazen, noi dobbiamo diventare uomini nuovi, facendo ritorno alle origini della vita. Possiamo accedere alla condizione normale del corpo e dello spirito (che sono uno), catturando l'esistenza alla sua profonda radice. Seduti in zazen, vediamo scorrere le immagini e i pensieri che passano attraverso l'inconscio, come le nuvole in un cielo limpido. Senza opporsi, senza aggrapparsi ad esse, come ombre davanti ad uno specchio, le emanazioni del subcosciente passano, girano e si dissolvono. E raggiungono l'inconscio in profondità, senza pensieri, aldilà di ogni pensare (hishiryo), che è la vera purezza. Lo Zen è molto semplice, ma anche molto difficile da capire. E’ una questione di sforzo e ripetizione, come la stessa vita. Seduti, senza alcun tipo di attività, senza scopi, obiettivi o spirito di profitto. 

Se la posizione, la respirazione e l’atteggiamento della vostra mente sono in armonia, si comprenderà il vero Zen, e raggiungerete la natura-di-Buddha.

Taisen Deshimaru 


(Fonte: Centro Nirvana)

Giacobini invisi nella Roma papalina del 1798



Il 25 Febbraio del 1798 fu il giorno del Vespro Romano, in cui il popolo di Roma si rivoltò all’oppressore giacobino ed agli “immortali principi” della rivoluzione borghese da cui questi erano mossi.

Ma facciamo un passo indietro. I francesi si erano instaurati a Roma,
con la c.d. Repubblica Romana, a seguito dell’uccisione del Generale
Duphot per mano di un soldato pontificio il 28 Dicembre 1797.
L’episodio avveniva al termine di una confusa giornata per le vie di
Trastevere, caratterizzata da continue voci su presunti tentativi
rivoluzionari da parte dei giacobini romani.

Secondo la cronaca del Cardinale Antonelli: “Poco dopo il mezzogiorno
dello stesso dì 28 sortirono dal Palazzo dell’Ambasciatore questi
emissarj, che inoltratisi per la strada che da Porta Settimiana
conduce a San Francesco a Ripa, cominciarono a gridare “Viva la
libertà, viva la Repubblica Francese”. Non trovarono però seguito tra
i Romani, anzi i Trasteverini specialmente vi furono donne, e ragazzi,
che all’opposto gridavano “Viva il Papa, viva la Religione, viva
Maria”.[1]

Le autorità religiose romane mobilitarono nei giorni seguenti il
popolo, poiché “in mancanza degli umani sussidi, si dovette ricorrere
a implorare i celesti”.[2] Processioni, tridui, missioni popolari e
funzioni religiose straordinarie si susseguirono nell’Urbe per tutto
il mese di Gennaio, ma ciò non fermò i francesi, che Il 9 febbraio
occuparono Monte Mario, ed il 15 febbraio innalzarono l’albero della
libertà in Campidoglio, proclamarono la deposizione del Papa come
sovrano temporale e l’istituzione della Repubblica Romana. Il Papa Pio
VI, cinque giorni dopo, abbandonava Roma. Si apriva una nuova epoca,
tra lo sbigottimento e la paura generale.

Si avverava la profezia del “morbo della Rivoluzione”, “crudele
infezione” che si espande in tutta l’Europa, preconizzato negli anni
precedenti con toni apocalittici dalle testate “Annali di Roma” e dal
“Giornale Ecclesiastico di Roma”. L’èlite conservatrice romana,
costituita dal c.d. “partito degli zelanti” – tra cui si distinguevano
il Cardinale Giovan Francesco Albani ed il Vicario di Roma Giulio
Maria della Somaglia – si era lungamente prodigata nel neutralizzare,
culturalmente e socialmente i germi del giacobinismo, che si espandeva
inesorabile in Europa ed in Italia.

L’immagine dei francesi, anche a livello popolare, era quella di belve
assetate di sangue, demoni, violentatori, perfino antropofagi.
Piuttosto eloquenti, a riguardo, sono i sonetti composti nella
tradizione della Pasquinata (il c.d. “Misogallo Romano”). Ne citeremo
due:

1.“Peloso de’ Monti a Peppone Trasteverino’’[3]



Mo che li Frosci [=francesi] avemo sparecchiato

Peppone mio, e più non ne vedemo,

de fa l’istesso in capo m’è sartato

con quanti pasticcetti in Roma avemo

che da questo vestì così sguajato

queste mode, che noi non conoscemo,

sto lenzolaccio ar collo attorcinato,

che portano quest’anime da remo:

senz’artro sti cagnacci, giuraddina!

C’hanno er grugno, e i carzoni alla francese,

so per certo de razza giacobina.

o se vestino tutti in antro arnese

o a furia de sassate nella schi[e]na,

li manneremo via da sto paese.

***

2.“Sonetto de’ Trasteveri a’ francesi minaccianti di venire a Roma”[4]

di Camillo Fiorentini, detto “Cacarone de Trastevere”



Francese sgarrazzato, non lo so

perché tu pensi de portarte qui

che diavolo mai in testa te sartò?

A Roma, te lo dico, non venì.

Che se ce venghi, dieci dita io ci ho.

Che già mi fanno contro te così

e questa mano a te fa dì mo’ mo’

De sassi a furia cento vorte voi.

Sta forte cor cestone, e bada a te,

e guarda ancora quarche poco in su

Il fondatore della nostra Fe’.

Ce l’hanno i santi nostri col monsù.

E chi nel nostro litto mette er piè,

Sagrapo in Francia non ce torna più.


Festa della Rigenerazione.

Festa della Rigenerazione.

Obiettivo di questi componimenti in dialetto romanesco era diffondere
l’avversione nei confronti dei francesi, e compattare tutto il popolo
romano, troppo spesso diviso da orgogli rionali, specie tra
monticiani[5] e trasteverini, contro la comune minaccia
rivoluzionaria.

Ma, come detto, tutto ciò non fermò le truppe francesi, che occuparono
Roma e vi instauravano la Repubblica Romana, con la sua “totale
organizzazione” fondata sul modello della madrepatria francese, messa
nera su bianco in una Costituzione, ispirata a quella direttoriale
dell’anno III (1795). Iniziò un’opera di sradicamento forzato delle
tradizioni: il calendario gregoriano fu sostituito da quello
artificiale già vigente in Francia; le feste liturgiche rimpiazzate da
cerimonie laiche, come la Festa della Rigenerazione e la Festa della
Federazione, nel segno di quella “religione civile” e di quel deismo
venerato ogni qual volta che si vuole distruggere una Tradizione
legittima. Gli alberi della libertà scalzavano le Chiese, le coccarde
tricolori le croci. Furono soppresse le corporazioni ed il Monte di
Pietà, imposta la coscrizione obbligatoria.

La gestione francese si rivelò disastrosa: A fronte della pioggia di
disposizioni e di quotidiane ingerenze in ogni momento della vita dei
cittadini, — che miravano alla distruzione di ogni istituzione, di
ogni forma di aggregazione sociale e religiosa già esistente, per fare
degli abitanti della Repubblica Romana felici cittadini — si registra
una quantità di proteste, malumori, lamentele, richieste di deroga e
di sospensione di provvedimenti.[6]

Il territorio dello Stato Pontificio fu diviso in dipartimenti. Fu
soprattutto nella gestione delle periferie che la Repubblica giacobina
diede il peggio di sé, come prova questa lettera dalla centrale del
Dipartimento del Dipartimento Metauro indirizzata al Ministero degli
Interni: «Tutto prova che il vantato nome di Libertà non è per noi che
un fantasma, mentre in realtà si soggiace alla più insopportabile
tirannia, in paragone della quale quella della Tiara e delle Chiavi [i
simboli del governo pontificio] giunge a venire desiderabile»[7]
Progetto di albero della libertà con tricolore repubblicano

Progetto di albero della libertà con tricolore repubblicano

Ciò sull’esperienza della Repubblica Romano dal punto di vista
politico. Consideriamo ora un aspetto del punto di vista ideale. La
propaganda francese si richiamava fortemente a Roma. Cariche politiche
(consolato, tribunato e santo) e l’iconografia erano permeati dal mito
di Roma. Anche qui, come per il Risorgimento, è bene precisare a quale
Roma essi si riferissero. Alla Roma delle origini? Al principio
universale ed imperituro dell’Imperium? All’aristocrazia dello spirito
che la Romanità incarnò? Certamente no. Il richiamo della Repubblica
Romana giacobina era in realtà ad una romanità generica, ad una Roma
laica intesa come “regno della libertà”, ovviamente secondo la
concezione moderna del termine. Insomma, la Roma repubblicana decaduta
e sfaldata, la Roma di Bruto, non di Cesare. Non a caso, spesso la
propaganda inneggiava ai Cesaricidi come uccisori del “tiranno”, in
linea con le correnti intellettuali del tempo[8], e, nelle
raffigurazioni iconografiche, immancabile era la piramide massonica, a
testimonianza della chiara matrice antitradizionale della Repubblica
Romana.[9]

Come appendice della rivoluzione borghese dell’89, la Repubblica
Romana, che rimase, per tutti i sui 20 mesi di vita – prima
dell’ingresso in città delle truppe napoletane – estranea alla fascia
popolare della città[10], che, pur, giacobinamente, diceva
arbitrariamente di rappresentare, non potè che far presa sugli
artisti, sui medici, sugli avvocati. La causa filofrancese trovava
sostenitori negli ambienti dei caffè e dei salotti,[11] espressione
dell’infezione intellettualistica illuminista radicatasi anche anche a
Roma, seppur in misura nettamente minore rispetto a Milano e a Napoli.
Gli strati popolari dell’Urbe, invece, rimasero, per tutto il periodo
giacobino, immuni dal contagio rivoluzionario.

Ciò giustificava un editto emesso dal governo repubblicano, che
proibiva ai romani di portare “coltello o stilo”[12], sotto pena della
fucilazione. La rivolta antigiacobina era nell’aria e, infatti, il 25
Febbraio del 1798, arrivò.

All’ora dei vespri dal rione di Trastevere scoppiò, al grido di “Viva
Maria![13] Viva il Papa!”, la sommossa antigiacobina, che presto si
espanse ai rioni di Borgo, Monti e Regola, fino a contagiare perfino i
Castelli Romani. Ad irritare i trasteverini nei giorni precedenti al
25 Febbraio erano stati i comportamenti antireligiosi (ad esempio, il
plateale “rito funebre laico” del generale Duphot in Campidoglio) e
l’atteggiamento di equiparazione di cristiani ed ebrei. [14] La
rivolta scoppiò quando i Francesi ordinarono ai trasteverini di
togliere “una crocetta di Oro” che essi avevano apposto sulla coccarda
“per distinguersi dalli Giudij”[15]

A capo della rivolta era il pescivendolo Gioacchino Savelli detto
“Cimarra”, definito dalle fonti “trasteverino”[16]. Fuggito alla
repressione successiva al “Vespro Romano”, Cimarra tornò a Roma con la
prima invasione napoletana del novembre 1798, ma venne fatto uccidere,
secondo un testimone del processo postumo, su commissione di alcuni
ebrei che “lo odiavano [...] come nemico della Repubblica”.
pendenti_repubblicani_micromosaico_gallery_repubblica_romana_giacobina

Pendenti di epoca repubblicana realizzati con la tecnica del micromosaico

Nei mesi successivi alla giornata controrivoluzionaria di Roma,
Trastevere e gli altri rioni, furono sottoposti a una sorta di stato
d’assedio, “con una grande presenza di soldati, data la preoccupazione
del governo di possibili sommosse di fronte al sistematico attacco al
sentimento religioso, in modo particolare a causa dell’abolizione di
feste e della sostituzione delle immagini sacre con i simboli
repubblicani. I trasteverini continuarono la loro resistenza passiva,
facendo la guardia alle immagini della Vergine, oggetto di sassaiole
da parte dei filo-repubblicani, le quali propiziavano l’ordine di
rimuoverle, oppure non rinunciando ai giorni di festa, sebbene
soppressi. Alla fine di aprile nei quartieri intorno al Quirinale e in
altri luoghi della città, comparve una minacciosa scritta: « è vero
che San Pietro dorme, ma San Paolo colla spada sta sveglio»” [18]

Conclusione

Le insorgenze, in particolare quella Romana, sono una pagina della
storia italiana che merita di essere approfondite. In esse troviamo
una adesione popolare immediata, quasi istintiva, alla resistenza
contro l’azione di antitradizionale di livellamento delle forze della
Sovversione.

Non si può pretendere, certo, dai semplici protagonisti di queste
vicende, di avere la consapevolezza della portata cosmica della
battaglia, che pur per minima parte, essi hanno contribuito a
condurre, ma meritano, comunque, il riconoscimento di essersi opposti,
difendendo le forme religiose, alla Caduta, in una fase di
accelerazione della stessa. E non è poco.


Azione Tradizionale - http://www.azionetradizionale.com/



Note

[1] Biblioteca Vallicelliana, Falzacappa, Z 12, Relazione del Card.
Antonelli sull’avvenuto in Roma dal 1797 al 1799, c.10r.

[2] Diario di memorie appartenenti all’insigne basilica di S. Maria in
Trastevere scritte da Basilio Tragnoli benefiziato e cerimonista della
medesima basilica dall’anno 1780 all’anno 1814, cit. p. 193

[3] Biblioteca Apostolica Vaticana, Ferrajoli, 719, f. 137r.

[4] Cfr. L.Vicchi, Les Francais a Rome, cit. pp. 19-20.

[5] Abitanti del Rione Monti

[6] Sandro Petrucci, L’insorgenza nell’Italia Centrale negli anni
1797-99, riportato in: http://www.identitanazionale.it/inso_1003.php

[7] Cit. in Francesca Falaschi, Francesi e Giacobini in Ancona dallּ
febbraio 1797 al 28 febbraio 1798, Luchetti, Cingoli (Macerata) 1928,
p. 30, n. 1

[8] su tutti, Cfr. Vittorio Alfieri, Della Tirannide

[9] Repubblica Romana sarà infatti il nome del massonico Stato
instaurato da Garibaldi a Roma, nel 1849, collocantesi, appunto, nel
solco di quella francese.

[10] Sui motivi della distanza tra popolo e governo francese
riportiamo le parole dello storico Vittorio Emanuele Giuntella: “Alla
base vi è il sentimento di fedeltà al Governo pontificio [...]. In
secondo luogo, tra le cause dell’insorgenza, è da considerare
l’atteggiamento tenuto dai Francesi e dai giacobini romani nei
confronti dei sentimenti religiosi della popolazione. Gli eccessi a
cui si erano lasciati andare gli oratori nei Circoli, la vendita dei
beni ecclesiastici, la soppressione delle feste religiose, sostituite
con il riposo decadario, il divieto della esposizione delle immagini
della Madonna nelle vie di Roma e di altre città della Repubblica, la
soppressione delle confraternite, il saccheggio e la chiusura delle
chiese [...] sembravano segni, agli occhi delle popolazioni, del
carattere anticristiano della rivoluzione ed incentivo ad armarsi per
una nuova crociata. A tutto ciò si aggiungevano le continue ruberie
dei Francesi e dei commissari romani; il timore della coscrizione
militare e, nelle campagne, le requisizioni di grano e di bestiame per
le truppe e per la popolazione cittadina” (Cfr. Vittorio Emanuele
Giuntella, La giacobina Repubblica romana. Aspetti e momenti, in
Archivio della Società Romana di Storia Patria, 3a serie, 1950, fasc.
I-IV, p. 7.)

[11] Come il Caffè dei Milanesi e la bottega del barbiere Alessandro
Donnini a Campo Marzio, dove i patrioti si riunivano per leggere i
giornali e cospirare contro il Papato. Cfr. Folle
Controrivoluzionarie, p.260 a cura di Anna Maria Rao, Carocci, Roma,
1999.

[12] G.A. Sala, Diario romano degli anni 1798-99, 3 voll., Roma,
Società Romana di storia patria, 1980, vol.I, p.50.

[13] “Viva Maria!” fu il grido di battaglia di tutte le insorgenze
italiane nel triennio giacobino. In particolare, a Roma, la devozione
mariana fu una costante della resistenza antifrancese. A Trastevere
mossero gli occhi le immagini mariane di Chiese (S.Maria in
Trastevere, S. San Salvatore a Ponte Rotto), monasteri femminili
(carmelitane scalze di S.Egidio, oblate agostianiane di S.Pietro in
Montorio), edicole sacre di strada, e anche un’immagine conservata in
casa di un droghiere in vicolo del Moro e un’altra nella scuola del
Maestro F. Tomasotti (cfr. Matteo Cattaneo, Gli occhi di Maria sulla
rivoluzione: «miracoli» a Roma e nello Stato della Chiesa (1796-1797),
cit. pp. 139-142)

[14] I Francesi aprirono il Ghetto ed introdussero l’obbligo
indiscriminato di portare la medesima coccarda tricolore. I
trasteverini, per distinguersi dagli Ebrei, apposero una croce su di
essa. Inoltre, l’irritazione tra i popolani era dovuta anche alle voci
per cui la chiesa di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, di cui già
erano stati demoliti gli altari, sarebbe stata convertita in caserma o
teatro oppure in un magazzino per gli ebrei. L’astio verso la
popolazione ebraica romana trovò l’apice nell’anonimo sonetto
“Memoriale delli trasteverini contro li giudii”, in cui minacciavano
gli Ebrei di dar fuoco al ghetto se non si fossero rimessi lo
sciamanno giallo, segno distintivo che i Francesi avevano abolito.

[15] Il virgolettato è tratto dalla relazione del “Vespro Romano” di
Francesco Fortunati. Cfr. BAV, Vat. Lat. 10730, F. Fortunati,
Avvenimenti sotto il Pontificato di Pio VI dall’anno 1775 al 1800, ff.
194r-195v.

[16] Le fonti in questione sono la già citata relazione del canonico
G.A.Sala e la Giunta di Stato. “Cimarra” è definito “trasteverino”.
Ciò dimostra lo slittamento semantico del termine da connotato
geografico a definizione politica equivalente a
“controrivoluzionario”. Cfr. Andrea Damascelli, Cimarra e gli ebrei
nella Repubblica romana del 1798-1799, in La repubblica romana tra
giacobinismo e insorgenza 1798-1799, Roma 1992, pp. 31-60.

[17] Armando Lodolini, La Repubblica romana del 1798 in una collezione
di bandi, in Rassegna Storica del Risorgimento, anno XVIII,
ottobre-dicembre 1931

[18] Cit. Sandro Petrucci, L’insorgenza nell’Italia Centrale negli
anni 1797-99, riportato in:
http://www.identitanazionale.it/inso_1003.php

Per la scritta su San Pietro e San Paolo, cfr. il già richiamato G. A.
Sala, Diario op. cit., ad 20/4/1798.

Alimentazione bioregionale, produzione agricola e rapporto uomo-animali



Tra le varie componenti che entrano a far parte del vivere in sintonia con l’ambiente naturale e sociale secondo il bioregionalismo il rapporto uomo-animali è l’argomento a me più “congeniale”.

Sono veterinaria e mi occupo principalmente di allevamenti, allevamenti di animali tenuti per la produzione di alimenti di origine animale.

L’alimentazione, nell’ambito della RBI è sempre stato un argomento molto dibattuto e con opinioni diverse, come è giusto che sia: su questa Terra è impensabile che tutti abbiamo lo stesso sentire nei riguardi delle diverse componenti.

L'Italia è una terra di tradizioni contadine e di ricchezza di prodotti sia di origine vegetale che  animale: le eccellenze agricole sono fonte di guadagni, ancora, e di ricerca di sempre nuovi mercati, dato che, a causa della crisi economica e della concorrenza c’è la necessità di nuovi sbocchi commerciali. Siamo infatti, in questo settore in una situazione quasi di sovrapproduzione, almeno per quel che riguarda i prodotti tipici, dovuta alla necessità di ammortizzare i costi con un' incentivazione della spinta produttiva, tramite la meccanizzazione, la selezione di razze sempre più produttive, a scapito però di altri valori, come la robustezza, la resistenza alle malattie e la longevità degli animali.

Nel bioregionalismo si ricerca invece un legame del cibo con il territorio, si suppone che il cibo prodotto localmente e che non ha subito conservazione e trasporto sia più in sintonia con l’organismo che lo deve ricevere. Ovviamente c’è anche un aspetto “ecologico” in questo: i trasporti e la conservazione degli alimenti sono attività di per sé antiecologiche, comportano consumo o spreco di risorse combustibili fossili sia per il funzionamento degli autoveicoli che delle apparecchiature di refrigerazione.

Alla base del disequilibrio che secondo me si è creato nel settore dell’allevamento, soprattutto nelle zone a diffusione dell’allevamento intensivo come qui da noi, ci sono fattori economici: una volta, fino a 60 anni fa circa, un’azienda agricola era costituita da un appezzamento di terra su cui venivano coltivati diversi prodotti (e la rotazione delle colture era sempre applicata) e che allevava animali più che altro come integrazione dell’attività, come risorsa di concime e come integrazione all’alimentazione della famiglia o delle famiglie che vivevano nell’azienda.

Mangiare un po’ di carne solo una volta alla settimana o anche meno era una cosa normale, qualche uovo o frittata entrava anche questo nella dieta con parsimonia e solo nel periodo di deposizione naturale delle uova da parte delle galline. Spesso era presente nella azienda anche un porcile con uno o pochi maiali che venivano macellati in pieno inverno per farne salumi da consumare nel resto dell’anno.

Poi la carne diventò uno status symbol: mangiare carne era segno di ricchezza o perlomeno di essere benestanti, e quindi, con la ripresa economica del dopo-guerra aumentò la richiesta di cibi di origine animale, in primis della carne. I piccoli allevamenti annessi alle aziende agricole non furono più sufficienti a soddisfare le richieste e questo fece intravedere la possibilità di guadagni insperati e allora dai con gli allevamenti costituiti da un numero sempre maggiore di capi, sempre più meccanizzati, sempre più disumani, con animali selezionati a produrre sempre di più fino ad arrivare ad esempio a polli sempre più pesanti tanto che gli arti non riescono a sostenere il corpo o vacche sempre più produttive in latte tanto che dopo due parti sono già distrutte o per un verso o per l’altro (mastiti, ipofecondità, lesioni podali), tanto che sono da scartare, quando non muoiono o devono essere macellate in stalla.

Il sistema poi implode su se stesso in quanto la speranza di maggiori guadagni, ha fatto moltiplicare queste realtà con un aumento della produzione che per un po’ è stata in equilibrio con i consumi, e, seguendo le leggi del mercato, queste attività hanno consentito lauti guadagni, ma la concorrenza poi ha avuto il sopravvento e i ricavi dalla produzione hanno continuato a mantenersi sugli stessi livelli, mentre i costi tutti i fattori di produzione aumentavano (mangimi, manodopera), lasciando ai produttori margini sempre più risicati.

Caso tipico in cui al peggioramento della qualità della vita degli animali, sempre più sfruttati, ha corrisposto un peggioramento della qualità della vita dell’allevatore, costretto a lavorare sempre di più e sempre con minori soddisfazioni.

Nella RBI si è molto parlato di regime alimentare, alcuni esponenti vegetariani o vegani per motivi etici si battono per un abbandono totale e immediato del consumo di alimenti di origine animale, altri ritengono che un consumo moderato di prodotti di animali allevati rispettando il loro benessere sia possibile e auspicabile.

Personalmente non ritengo ci sia un modus che debba andare bene per tutti, ma sicuramente ritengo che dobbiamo tutti prendere coscienza che l’allevamento intensivo non è etico ed è antiecologico: in un mondo dove miliardi di persone muoiono di fame, continuare ad allevare animali consumando risorse che potrebbero nutrire direttamente il genere umano, non è più possibile; inoltre la sofferenza ingenerata in questi esseri viventi che hanno avuta la fortuna- sfortuna (destino) di vivere la loro esistenza su questa Terra assieme a noi non può più essere ignorata: non possiamo più ignorare di esserne responsabili, anche indirettamente, così come non possiamo più ignorare di essere, come specie, responsabili, della rovina in cui stiamo mandando il nostro pianeta con tutte le nostre attività, non mi riferisco ovviamente solo all’alimentazione, ma a tutti i settori del nostro vivere.


Prendere coscienza delle conseguenze del nostro modo di vivere è il primo passo per poter dare alla Terra una speranza di sopravvivenza a lungo termine cercando di fare in modo per quelle che sono le possibilità di ognuno di noi, di lasciare ai nostri figli e nipoti un mondo meno inquinato e più in armonia di quello di oggi. Ritornare ad un sistema di vita semplice, in cui i rapporti umani e la vita nella natura, immersi nel mondo umano, animale e vegetale, ci può dare tutto quello di cui abbiamo bisogno senza necessità di consumi superflui e sprechi che comportino un ulteriore deterioramento di quel paradiso che ci era stato donato e che noi, esseri umani, abbiamo rovinato per il nostro sconfinato egoismo.

Caterina Regazzi 
Referente Rapporto Uomo Animali della Rete Bioregionale Italiana



Di questi temi se ne parlerà durante la manifestazione che si tiene a Treia dal 23 al 25 aprile 2016: "Forum del lavoro bioregionale sostenibile" e "Festa dei Precursori".   Presentazione del programma:

Un esperimento di ipnosi regressiva




799-IT Ipnosi regressiva Calogero Grifasi.
Angelo, Tracce controllo mentale Monarch Linea ereditaria.

Premessa.
La trascrizione di questa seduta non è integrale, questo volutamente, poiché l’attenzione è caduta solo su un argomento in particolare, va precisato però che le parti omesse sono comunque riassunte e che l’operazione di esclusione di queste dalla trascrizione non altera in alcun modo il senso degli avvenimenti della sessione, quest’ultima può essere seguita per intero all’indirizzo sopra indicato.
Le parti indicate tra parentesi (…) sono parole non comprensibili, mentre le parti […] sono le note del redattore; questa trascrizione è assolutamente fedele a quanto espresso durante la sessione.
Angelo si sottopone ad una seduta per risolvere due problemi specifici e ben individuati: il primo è il rapporto con le donne verso le quali, malgrado i suoi 43 anni, sente di comportarsi immaturamente, con risultati disastrosi; l’altro riguarda il lavoro, l’incertezza e la paura per un futuro di povertà.
C. Grifasi indagherà se dietro a questi problemi ci sono delle cause esoteriche. Angelo lentamente si immerge in uno stato di sonno profondo e viene indotto a ricercare nel suo passato dei ricordi lontani. In questi ricordi emerge un blocco dovuto ad una sensazione d’incomprensione, sensazione che Angelo vuole eliminare, al comando di rimozione Angelo “vede” tanti punti luminosi nel suo corpo, energie, che individua come memorie da raccogliere, eliminare ed allontanare, e che raccolti in una mano riesce ad allontanare ma quest’energia mostra di voler tornare. La causa del ritorno è Angelo stesso, del suo senso di colpa, allora viene indotto a trasformarla in sicurezza, ma sono necessarie varie azioni, il senso di colpa si manifesta ancora come oppressione sul petto…

A. – è come se stesse … vivendo, non vuole morire
G. – ok, dì a questa energia che è nel tuo petto, dille di uscire fuori e di mettersi davanti a te, e mi dici da dove esce
A. – vedo mio nonno Giuseppe
G. – è uscito completamente dal tuo petto?
A. – no
G. – digli di uscire completamente
A. – ha una mano nel mio torace, è di fronte a me e mi sta conficcando una mano nel torace
G. – come si chiama tuo nonno?
A. – Giuseppe
G. – è morto o vivo
A. – è morto
G. – mi fai parlare con lui?
A. – certo
G. – permetti? grazie. Giuseppe mi senti?
A. – si
G. – Giuseppe perché hai la mano conficcata nel petto di tuo nipote?
A. – è mio, è mio
G. – perché è tuo?
A. – è mio
G. – non lo vuoi lasciare?
A. – no
G. – perché?
A. – è mio
G. – che cosa ci devi fare tu? Giuseppe cosa ci devi fare con Angelo?
A. – me lo prendo
G. – per far cosa
A. – ci vivo
G. – perché? Hai bisogno di un corpo
A. – è puro
G. – quali problemi hai causato ad Angelo con la tua presenza?
A. – (ridendo) ci lasciavano da soli (ride)
G. – e tu cosa facevi?
A. – gli ho fatto di tutto (ride e non riesce a fermarsi)
G. – adesso basta ridere Giuseppe, adesso basta!
A. – (ride ancora di più)
G. – conto fino a tre, al mio tre smetti di ridere
A. – (ridendo) ci lasciavano da soli
G. – smetti di ridere!
A. – (ridendo) devi vedere i suoi occhi
G. – smetti di ridere Giuseppe smetti di ridere, cosa hai fatto dimmi? Cosa hai fatto Giuseppe? Giuseppe!
A. – la gente non sapeva niente di me, la gente non ha mai saputo niente di me, la gente non capiva, non sapeva, eh, eh se avessero saputo (ride ancora)
G. – hai abusato del piccolo?
A. – non solo abusato, se ho abusato, i pivellini abusano
G. – tu cosa hai fatto? Cosa hai fatto Giuseppe? Giuseppe! Giuseppe! Cosa hai fatto? Adesso quando io tocco la tua fronte con un dito tu mi dici cosa hai fatto. Cosa hai fatto? parla
A. – l’ho violentato, gli facevo male, lo facevo sbattere, gli mettevo la mia sborra in bocca, ma non potevo lasciargli i segni perché se ne accorgevano, poi non me lo lasciavano più
G. – lasciami con Angelo. Angelo, disconnetti da Giuseppe
A. – si, sono qui
G. – hai sentito la conversazione?
A. – si ero presentissimo
G. – perfetto
A. – in realtà in certi momenti lo perdevo si, quasi se ne andava poi tornava
G. – ok, come ti senti fisicamente? Stanco?
A. – molto stanco si
G. – è lui che ti sfinisce, dobbiamo solamente tiralo fuori
A. – molto, molto stanco
G. – adesso digli di uscire completamente fuori dal tuo petto e [gli] dici di mettersi davanti a te
A. – ….
G. – è uscito completamente?
A. – in realtà non ci riesco nel senso che mantiene un contatto

… Angelo, malgrado si sforzi, non riesce ad allontanare Giuseppe, Grifasi gli richiede di fare una ricerca accurata nel suo corpo …

G. – ok, ok staccati da lui disconnetti, disconnetti vediamo dove s’è agganciato, adesso facciamo uno scanner interno e dimmi, … disconnetti! disconnetti!... disconnesso, facciamo uno scanner interno, adesso tu entri per la parte superiore della tua testa, da qui, entri nel cranio, dimmi come vedi il cranio all’interno dimmi se vedi qualcosa che non ti appartiene
A. – no
G. – non c’è niente?
A. – no
G. – scendi giù occhi naso bocca, dimmi se vedi qualcosa
A. – bocca
G. – cosa c’è nella bocca
A. – una placca metallica sul fondo
G. – una placca metallica, a cosa serviva?
A. – mi viene in mente lo sperma quindi è come se fosse lì che lui mi inseriva la sua essenza
G. – ok, adesso controlla orecchie e gola
A. – beh si quando dico bocca in realtà è gola
G. – adesso scendi nel torace, controlla polmoni e cuore
A. – anche orecchie però eh
G. – orecchie, cosa c’è la placca
A. – si
G. – la stessa?
A. – si entrambe le orecchie, gola e orecchie
G. – la stessa placca?
A. – si
G. – perfetto, scendi ancora più giù, controlla polmoni e cuore
A. – no, no libero
G. – libero? Controlla tutti gli organi interni nel ventre
A. – cuore, mi vien da dire che avrebbe voluto, cuore, non c’è riuscito
G. – sicuramente il corpo era umano ma l’essenza non era umana, per questo hai degli impianti, impianti perché non c’è connessione, l’impianto serve per compatibilizzare, per catalizzare qualcosa di umano con qualcosa che non è umana, adesso vediamo cosa c’era
A. – quindi il nonno non era, intendi dire quest’essenza, questa …
G. – il nonno era completamente posseduto, quindi controlla il ventre e dimmi se vedi qualcosa negli organi interni …

Angelo porta avanti l’accurata ricognizione del proprio corpo alla ricerca di altri dispositivi materiali o eterei residui, e ne individua altri nell’addome, nei testicoli, nel palmo delle mani ...viene ora ricercato il responsabile di queste placche, che si presenta come punto luminoso, ma alla richiesta di prendere forma…

A. – … vedo i classici grigi e il classico rettile, immagini che ho visto mille volte…
G. – le vedi mille volte perché sono quelli che ci sono, adesso dimmi dov’è tuo nonno
A. – vedo queste due immagini ma… non so io mi sento preso in giro, io non so cosa dirti
G. – stai pensando?
A. – si
G. – questo è il lavoro che debbo fare io, sono qui per questo, tu dimmi solo quello che vedi
A. – vedo sia una forma da rettile, un umanoide con forme da rettile e squame e un grigio da manuale, testa grossa e il nonno alle loro spalle, come se loro due stessero facendo da bodygards …
G. – adesso tu osserva negli occhi tuo nonno e dimmi se lo riconosci
A. – a si adesso vedo una persona in difficoltà come se fosse dietro di loro e non può fare … è loro prigioniero
G. – se è loro prigioniero non sono dei bodygards … sono dei carcerieri, adesso fammi parlare di nuovo con tuo nonno. Giuseppe!
A. – si
G. – cosa stai facendo con quelle due forme, quelle due figure davanti a te? Cosa succede?
A. – faccio quello che loro vogliono
G. – cosa vogliono che tu faccia?
A. – del male, del male
G. – adesso Giuseppe portami al momento in cui hai fatto un patto con loro, dove sei Giuseppe?
A. – vedo un bambino
G. – quanti anni hai?
A. – penso una decina
G. – cosa succede?
A. – sono in campagna

Giuseppe, il nonno, per bocca di Angelo racconta l’episodio in cui da ragazzino viene assalito di giorno, da esseri tutti uguali con la testa grossa, alti quanto lui, che saltano fuori all’improvviso e dopo aver ‘sparato’ contro il carro col fieno che stava conducendo, e ammazzato l’asino, lo catturano e operano su di lui …

G. – quanti sono su di te?
A. – tre, quattro, quattro
G. – adesso dimmi chi è il capo?
A. – non lo so
G. – chiamalo?
A. – ok
G. – chi appare?
A. – uno di loro, era ai piedi, si è alzato
G. – come si chiama?
A. – Giafl
G. – mi fai parlare con lui?
A. – si
G. – solo quando ti tocco tu canalizzi lui, non prima, se io non ti tocco tu non lo canalizzi, Giafl mi senti? Giafl! Giafl!
A. – sono io Angelo, sono immobile, aggressione nei tuoi confronti, cioè il mio corpo è immobile, ma potessi ti strozzerei
G. – disconnetti non sei tu, disconnetti, sei disconnesso?
A. – si, si, il mio corpo non come mia volontà, il mio corpo avrebbe voluto saltarti al collo
G. – perché non eri tu era Giafl
A. – si
G. – non parlava?
A. – no non parlava voleva soltanto muovere il corpo
G. – adesso parla in terza persona con lui, chiedigli cosa sta facendo
A. – cosa stai facendo?
G. – che ti dice?
A. – non mi considera, come se, non lo so, come se non gli interessasse assolutamente quello che stiamo facendo
G. – e perché non interferisce con te, interferisce con Giuseppe, tu sei Giuseppe adesso in quel momento, tu sei tuo nonno piccolino è con lui che stanno interferendo, adesso Giuseppe chiedigli cosa stanno facendo
A. – cosa mi state facendo?
G. – ti rispondono Giuseppe?
A. – no, no.
G. – ok, non gli chiedere niente, avanza nel tempo finché non finiscono il lavoro e dimmi cosa succede
A. – mi rialzo, c’è tutto quel disastro, papà mi ammazza al pensiero
G. – non c’è più nessuno in giro?
A. – no,no sono andati via e io son rimasto con tutto quello che è successo
G. – avanza di mezz’ora, che succede?
A. – sto piangendo vicino al mulo morto
G. – avanza di un ora
A. – dicono che ha avuto un infarto e che non è colpa mia
G. – siete ancora sulla strada
A. – si è venuto papà con un uomo però non sono arrabbiati con me, perché dice che è stato il mulo che ha avuto un infarto
G. – tu ti ricordi quel che è successo?
A. – no io non mi ricordo niente so soltanto che mi sono ritrovato vicino a tutto questo disastro
G. – adesso Giuseppe controlla dentro il tu corpo e dimmi cosa ti hanno messo
A. – il piede sinistro e completamente intorpidito e sento come se mi hanno …, si quello che lavorava ai piedi mi ha messo qualcosa nel piede sinistro
G. – poi
A. – faccio una scansione del corpo?
G. – si, si dalla testa fino ai piedi, vai Giuseppe
A. – cervello c’è una specie di placca metallica, un po’ diversa da quelle che vedevo prima, sono dorate non sono argentate, sono un po’ diverse, scendendo orecchie, palato, polmoni, cuore,
G. – sono pieni di placche?
A. – si, basta, piede
G. – a cosa servivano queste placche Giuseppe?
A. – controllo
G. – che tipo di controllo?
A. – mentale
G. – come si chiama questa tecnologia
A. – impianto
G. – qual è il nome tecnico? Qual è il nome del progetto?
A. – Monarch
G. – chi ha deciso che dovevi essere impiantato tu? Giuseppe, con il Monarch
A. – casuale
G. – e chi l’ha deciso?
A. – posto sbagliato, momento sbagliato casuale
G. – è casuale, però chi l’ha deciso?
A. – quegli uomini che mi hanno, quegli esseri che mi hanno …
G. – e chi è a capo di quegli esseri, quelli sono esecutori, chi è il mandante è sulla terra o fuori dalla terra?
A. – schermo nero
G. – non ti arriva niente?
A. – schermo nero perché vedo tutte e due le cose, vedo cioè, allora vedo sia la terra che una specie di astronave, le vedo tutte e due
G. – bene collaborano?
A. – si
G. – sulla terra da dove parte questo ordine? Per così dire
A. – non lo so
G. – e sull’astronave chi c’è? Osserva chi c’è dentro
A. – c’è un equipaggio di … grigi … quelle forme
G. – chi è il capo della nave? Il comandante
A. – c’è uno seduto in una posizione, tipo, predominante
G. – che forma ha?
A. – è come gli altri, è come gli altri la forma, però più in alto e molto … molto altezzoso
G. – come si chiama?
A. – Ank
G. – chiedigli ad Ank a cosa serve questo progetto Monarch, qual è l’obiettivo?
A. – dice solo controllo dell’umanità
G. – questo su Giuseppe, chiedigli se questo su Giuseppe, su te è un progetto sperimentale?
A. – no collaudato
G. – collaudato, a cosa serve? Questo per Giuseppe
A. – diffondere il male
G. – che tipo di male volete diffondere attraverso Giuseppe?
A. – soggetti passivi
G. – cioè?
A. – sofferenza che causi dipendenza
G. – ti riferisci alla violenza sessuale?
A.– tutte le dipendenze possibili e immaginabili qualsiasi sofferenza porterà sempre a creare individui deboli
G.– nel caso dell’esercizio di questa violenza sul nipote Angelo, cosa avrebbe dovuto causare in Angelo?
A. – uno schiavo
G. – uno schiavo di chi?
A. – nostro, sarete tutti nostri schiavi
G. – né stato raggiunto quest’obiettivo con Angelo?
A. – non è stato eseguito bene il compito
G. – perché non è stato eseguito bene, che è successo?
A. – gli umani non rispondono completamente ai nostri comandi
G. – perché?
A. – hanno sentimenti
G. – ha risposto bene Giuseppe all’esperimento? Al Monarch?
A. – si, ma aveva paura delle conseguenze, non era puro
G. – non era un criminale perfetto?
A. – no perché lui era spaventato di essere scoperto
G. – e invece Angelo? Ha impianti di Monarch?
A. – si
G. – le placche che abbiamo visto sono di Monarch?
A. – assolutamente si
G. – stanno funzionando bene su di lui?
A. – no
G. – su Angelo, qual è l’obiettivo
A. – un fallimento, è un fallimento
G. – è un fallimento, non funziona?
A. – è assolutamente un fallimento
G. – Angelo dovrebbe essere violento?
A. – Angelo sarebbe stato violento se avesse funzionato
G. – perché non ha funzionato?
A. – il cuore
G. – cioè?
A. – era puro e Giuseppe non è riuscito a portare avanti il lavoro, era perfetto, sarebbe stato perfetto
G. – in questo momento questi impianti su Angelo stanno funzionando anche se male? O non stanno funzionando
A. – oh si certo che funzionano, funzionano sempre
G. – però non danno il risultato sperato?
A. – no
G. – e cosa stanno causando in questo momento ad Angelo?
A. – effetto secondario
G. – quali sono?
A. – sottomissione
G. – per caso c’è anche paura delle donne?
A.– qualsiasi paura possibile e immaginabile è scatenata da questo tipo di impianti quindi è assolutamente anche quello
G. – paura della povertà?
A. – non specificamente, non c’è specificità
G. – paura in generale
A.– l’obiettivo era la riproduzione, riproduzione, riproduzione all’infinito dello schema, ma doveva essere eseguito correttamente
G. – sulla terra chi collabora a questo progetto Monarch?
A. – migliaia di persone
G. – esseri umani?
A. – si
G. – consapevoli?
A. – noo, obbediscono stiamo lavorando a questo lavoro da tantissimo
G. – ma sono consapevoli di farlo?
A. – sono consapevoli di essere cattivi non sanno perché
G. – c’è qualcuno che lo sa, qualcun degli esseri umani sarà consapevole?
A. – ai vertici si
G. – chi sono questi vertici?
A. – non mi è dato rispondere
G. – che succederebbe se rispondessi?
A. – non mi è dato rispondere
G. – e se ti prometto che non verranno diffusi questi nomi?
A. – anche tra di noi c’è controllo
G. – immagino, non darmi i nomi, dammi gli incarichi che hanno sulla terra
A. – ti devi immaginare una catena, ai vertici della catena ci sono persone molto consapevoli di quello che sta succedendo, progressivamente il livello di consapevolezza si spegne molto in fretta, sono pochissimi in realtà quelli che hanno la consapevolezza di aiutarci, sono tantissimi quelli che lo stanno facendo concretamente, la vera consapevolezza è in mano a unità, dieci
G. – dieci persone?
A. – non di più
G. – o gruppi
A. – persone, loro muovono gruppi
G. – queste persone stanno nella politica
A. – ovunque tu possa immaginare un centro di potere
G. – sono solamente dieci
A. – perché utilizzano i sottoposti per fare ciò che loro gli chiedono di fare, i sottoposti sono degli idioti ovviamente
G. – sono militari?
A. – qualcuno
G. – sono politici?
A. – i militari sono sotto anche loro, sono anche loro degli idioti
G. – sono politici?
A. – anche i politici
G. – sono idioti?
A. – sono tutti sotto, stai parlando di soggetti che non hanno nessun controllo
G. – io vorrei sapere quali sono le persone fisiche umane? Che collaborano inconsapevolmente
A. – è un dato che non ho nemmeno io a disposizione
G. – qual è il tuo livello gerarchico? Basso, medio, alto?
A. – questa domanda è ridicola
G. – perché?
A. – ragioni da umano
G. – dammi tu la risposta
A. – in un impero sconfinato essere alti è qualcosa che potrebbe somigliare al tuo concetto di dio, quello che faccio io è basso ma per l’umano è probabilmente simile ad un concetto di dio, non potete capire è troppo grande per voi tutto quello che c’è oltre
G. – perché volete il controllo sull’essere umano?
A. – energia
G. – nutrimento?
A. – si
G. – dovete vivere?
A. – dominio
G. – perché dovete dominare? Che ve ne fate del dominio?
A. – non siamo da soli
G. – lavorate per altri
A. – no, abbiamo antagonisti, è il livello di energia quello che a noi interessa
G. – quale tipo di energia prelevate dagli esseri umani
A. – non la preleviamo nemmeno la emanate voi direttamente
G. – e voi la prendete così come arriva
A. – non la pendiamo non ci interessa
G. – cosa ne fate allora?
A. – è l’ambiente, è l’ambiente che si permea di una energia a noi consona e che ci dà potere, in tutto l’universo ci sono sorgenti d’energia e sono indirizzabili in una direzione, nel momento in cui quella direzione è a nostro favore noi siamo più potenti, nel momento in cui l’energia è a favore dei nostri antagonisti, sono più potenti loro, questa cosa va avanti da infinito tempo
G. – come si chiamano i vostri antagonisti
A. – voi li chiamate Pleiadiani ma sostanzialmente sono dei romantici, sono molto più simili a voi di quanto lo siamo noi
G. – voi invece chi siete?
A. – noi abbiamo un’antichissima stirpe ma siamo, siamo fondamentalmente non emotivi, questa è la nostra debolezza
G. – cercate l’emozione nell’essere umano?
A. – è molto potente l’energia che voi riuscite a produrre con le emozioni, a noi serve tantissimo
G. – come sono i vostri corpi?
A. – fragili, rispetto ai vostri perché a noi non servono come li usate voi
G. – quale aspetto hanno i vostri corpi?
A. – abbiamo, dovete immaginare una struttura fisica, non equiparabile alla vostra perché noi siamo andati molto oltre il concetto di materia, utilizziamo i nostri corpi per muoverci nella materia , ma non sono strutturati per starci, a noi interessa solo poter interagire con la materia
G. – quando interagite con la materia che forma prendono?
A. – siamo molto esili, voi ci avete già visto tante volte col concetto di grigio e effettivamente
G. – solo grigio?
A. – si è una … una struttura standard
G. – altre forme? Da chi prendete a prestito queste forme?
A. – noi possiamo occupare forme già esistenti o utilizzate forme prodotte specificamente, abbiamo utilizzato forme specificamente e studiate proprio per muoverci sui vari pianeti un cui lavoriamo, e abbiamo scelto quella, perché occupare delle altre forme significa dover configgere con la forma residente, è molto più faticosa piuttosto che entrare in un corpo formato specificamente
G. – tu hai utilizzato un corpo da rettile o simil rettile?
A. – no io non ho questi compiti
G. – altri (…) lo hanno fatto?
A. – ovviamente
G. – perché scegliere il corpo da rettile che caratteristiche vi dà?
A. – sono estremamente istintivi e quindi noi riusciamo a dominarli con facilità, hanno una struttura tipicamente primitiva, ogni volta che si occupa una struttura più evoluta, c’è il conflitto con la componente non strutturale, ma razionale
G. – perché prendete a volte i corpi di insetti?
A. – esigenze di mobilità
G. – che mobilità vi dà l’insetto?
A. – è quello che fate anche voi quando avete bisogno di spiare
G. – cioè?
A. – strutture piccole, possiamo entrare dappertutto
G. – perché forme di anfibi? Perché forme falconi formi?
A. – ho … sto perdendo il contatto
G. – lasciami con Angelo! Angelo disconnetti da tutto e tutti sei solo tu Angelo. Angelo tu vuoi che si rimuovano tutti questi impianti Monarch?
A. – assolutamente si
G. – bene, ordina la rimozione immediatamente e dimmi chi si avvicina a rimuoverli
A. – purtroppo ci metto un giudizio, la prima risposta che ho dato è: a chi, e mi rendo conto di essere in una condizione di dipendenza, tu mi hai detto ordina di rimuovere e la mia reazione è stata a chi lo devo ordinare
G. – te lo dico subito, chiama il responsabile, responsabile degli impianti
A. – è come se fosse un’entità completamente energetica e basta
G. – si, digli di rimuoverli
A. – si lui sta, praticamente richiamando a sé dei, come se si …,come se evaporassero
G. – si, quest’entità è Ank o è un’altra entità?
A. – no un’altra entità
G. – come si chiama?
A. – non lo so sta lì è puramente energia non ha neanche struttura, non lo so

… continua l’opera di rimozione dei dispositivi eterici, che si mostrano essere molti più di quelli individuati all’inizio, è la stessa presa di coscienza di Angelo a promuovere l’azione di pulizia fino in fondo svolta da questa entità, ad eccezione dei testicoli, l’entità spiega: “non li abbiamo messi noi”, viene chiamato il responsabile degli impianti nei testicoli che ha sembianze diverse, di rettile, si svela una separazione di compiti relativi a progetti separati, le placche nei testicoli servivano alla sterilità e il rifiuto di avere figli da parte di Angelo ne impedivano la rimozione, Grifasi coglie l’occasione per ricordare che nella propria sfera energetica la volontà propria non può essere mai scalfita da altri, completata quest’ultima operazione viene chiesto al nonno Giuseppe se vuole anche lui liberarsi, ma appare rassegnato, vorrebbe ma è terrorizzato, la paura è però un impedimento, Grifasi commenta che i violenti hanno paura per reazione, Angelo guida Giuseppe a liberarsi dalla paura e poi alla rimozione di tutti gli impianti Monarch, ora Giuseppe è felice e trova parole di elogio per l’azione di Angelo e lo rassicura circa la sincerità dell’amore dei suoi genitori, infine Giuseppe viene fatto uscire dai tantissimi esseri, Angelo incluso, ai quali era collegato e finalmente libero va verso la serenità ; prima di chiudere la sessione Grifasi invita Angelo a compiere un ultimo controllo sul suo corpo, Angelo trova ancora qualcosa, questa volta nel cuore…

A. – c’è, c’è tipo corpo estraneo
G. – che forma ha?
A. – e tipo placche dorate non argentate come avevo io
G. – chiama il responsabile
A.– ha una forma francamente demoniaca, cioè come tipologia di immagine si potrebbe tranquillamente definirlo un demone
G. – bene a cosa serviva quella nel cuore?
A. – è l’elemento che non ha funzionato
G. – come si chiama quest’entità
A. – Astat
G. – Chiedigli ad Astat, qual’è la differenza tra progetto Monarch e progetto Monarch Ultra
A. – e sta, sta dicendo questo, sta dicendo questo, praticamente quell’impianto nel cuore se avesse funzionato sarebbe stato, sarebbe stato determinante e noi non saremmo qui adesso, e tu non potresti fare niente
G. – tu non saresti qui?
A. – non sarei in grado di, di
G. – di farti un’ipnosi
A. – no non sarei in grado di sviluppare volontà mia
G. – certo, qual è la differenza tra Monarch e Monarch Ultra?
A. – è l’impianto nel cuore
G. – nel cuore è Monarch Ultra?
A. – no Monarch Ultra è un’altra tipologia di impianto, sostituisce quella precedente in efficacia, infatti sono, sono è stato praticamente fallimentare Monarch perché ha prodotto un risultato molto scarso
G. – quindi Ultra è un’evoluzione del Monarch?
A. – (ride) hai presente la faccia di uno che se la tira? Ok, sta facendo un ghigno del tipo, non ai idea
G. – e se ce lo spiega magari un’idea ce la facciamo
A.– sta dicendo che quelli che stanno lavorando adesso con l’impianto Monarch Ultra sono completamente in loro possesso, tu non li vedrai mai
G. – Monarch Ultra è un’evoluzione molto più potente del Monarch?
A. – è una strategia diversa, è una strategia completamente diversa
G. – si continua ad utilizzare il Monarch?
A. – soltanto, è un fallimento
G. – quindi non si usa più?
A. – no, no il Monarch non si usa più, ma ci sono e vanno avanti
G. – non funziona come dovrebbe
A. – sono solo persone deboli
G. – e il Monarch Ultra sta funzionando?
A. – Allora, con il Monarch ci sono persone in difficoltà di cui noi ne ce facciamo niente, col Monarch Ultra abbiamo fedeli servitori, a noi servono quelli
G. – in quali casi vengono utilizzati questi servitori
A. – a noi il fedele servitore ci serve anche alle poste, cioè il fedele servitore è una persona che non si fa domande, a noi servono persone che non si interrogano
G. – e fanno quello che dite
A. – fanno quello che diciamo, ma in ogni caso anche se noi non gli diciamo di fare qualcosa loro non hanno la capacità di interrogarsi … non c’è morale
G. – quante menti controllate ci sono nel Cicap?
A. – é scoppiato a ridere … é scoppiato a ridere, è forte sto personaggio, ho la possibilità di vederlo, è forte perché in realtà è divertentissimo, si sta divertendo un mondo
G. – perché ride?
A. – perché ha già vinto, sta … ha l’atteggiamento di chi ha già vinto, non ha niente da perdere
G. – chi non ha niente da perdere è diverso da chi ha già vinto
A. – lui sa che ormai le cose hanno preso la piega che loro volevano
G. – la risposta sul Cicap, qual è?
A. – l’abbiamo creato noi
G. – il Cicap è creato da voi?
A. – assolutamente si
G. – e a cosa serve?
A. – confondervi
G. – e son tutti controllati mentalmente o ci sono alcuni elementi che non lo sono nel Cicap
A. – noi usiamo sempre strategie matematiche, nel momento in cui qualcuno non lo è quello passa in minoranza e crea l’effetto credibilità, e la conflittualità all’interno dello stesso Cicap, per fare un esempio di struttura di ordine, la conflittualità presente all’interno dello stesso Cicap che lo rende umano ai nostri occhi, altrimenti la totale concor[danza] di opinioni ricreerebbe un effetto di resistenza. Non facciamo niente a caso, vi conosciamo benissimo, abbiamo imparato a ragionare come voi, ed è per questo che vi dominiamo
G. – lasciami con Angelo, Angelo disconnetti, adesso basta connessioni, adesso digli solo di rimuovere quest’impianto dal cuore
A. – lo ha già preso
G. – quando ha fatto digli di andare via dalla tua sfera energetica definitivamente


Bene la sessione è finita, anche quest’ultimo ostacolo è rimosso, inizia il risveglio guidato verso energie positive e di benessere, Angelo è provato ma lucido.

Trascrizione di Giuseppe Moscatello