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Olocausto animale e la pietà negata


Non esiste crimine più imperdonabile della sopraffazione dell’uomo sull’animale.
L’uomo ha trasformato la terra in un luogo di terrore e di tormento per gli animali: ha disseminato stabulari, macellerie, concerie, istituti di sperimentazione; ha riempito i frigoriferi e le sue dispense di ossa e parti smembrate dei poveri animali uccisi senza pietà e senza alcuna colpa e senza che mai si levasse dal suo cuore un senso di ripulsa e di vergogna.
L’uomo è diventato un torturatore implacabile, un boia spietato di buoi, di cavalli, di maiali, di teneri agnelli, di incantevoli pennuti, di pesci bellissimi, di esseri miti e aggraziati, pacifici, inoffensivi e ha degradato se stesso simile a belva assetata di sangue e affamata di cadaveri. Da essere dotato di emotività, sensibilità e senso estetico si è trasformato in un malefico cannibale rozzo e spietato.
Abbiamo trasformato i miti e dolcissimi vitelli dalla struggente bellezza e innocenza, le orgogliose galline, gli spavaldi puledri, i risoluti ed intelligenti porcellini, i teneri conigli, in cose da smembrare, triturare, fare a pezzi, arrostire, bollire per scaricarli nella fogna dopo averli fatti passare attraverso il nostro stomaco insaziabile e vorace. Mai al mondo gli animali sono stati trattati dall’uomo in modo così disumano.
Urla di disperazione si levano ogni istante dai milioni di scannatoi sparsi in tutto il mondo e mai le vittime sono state così inascoltate; mai la depravazione umana raggiunge i suoi massimi livelli come in un mattatoio. Esseri che non hanno che gli occhi per piangere e il cuore per soffrire spaventati a morte per le pene incomprensibili a loro inflitte. Esseri che non hanno la capacità di farsi capire nel nostro linguaggio, che non hanno avvocati, sindacati che li difendano, non c’è amnesty international per gli animali, non ci sono angeli o santi che vengono in loro aiuto: l’animale è solo nel suo sconfinato universo di dolore, inermi, in balia di tiranni impietosi.
L’animale che ci guarda, con la trepida speranza di essere lasciato in pace, non sospetta che nella mente dell’uomo alberghino piani così diabolici e sconvolgenti. E i veleni della carne ostruiscono non solo le arterie del nostro corpo ma i canali della saggezza, della sensibilità, della spontanea compassione verso le vittime del suo stupido, insensato e spietato egoismo.
Ogni giorno, 365 giorni all’anno, 300 milioni di animali trovano la morte a causa dell’uomo: un coro planetario di urla disumane, imploranti, strazianti si levano inascoltate verso questo mostro sanguinario che tutto sa sacrificare per non rinunciare al piacere del palato. La carne urla e le peggiori malattie dell’uomo sono l’effetto della tremenda nemesi karmica che attira su di se e condanna se stesso ad un destino di dolore.
Lo schifo ed il ribrezzo che derivano da tali sue espressioni superano di gran lunga ogni sua possibile giustificazione. Per millenni abbiamo costretto gli animali a lavorare per noi come schiavi ed essi, nella loro sacrale ed inoffensiva docilità, hanno obbedito pazienti e rassegnati alla tirannide umana sopportando fatiche immani, fame, tormenti, il castigo del bastone della frusta; li abbiamo coinvolti nelle mille e sanguinarie guerre fratricide; li abbiamo tenuti in prigione, in posti orribili per tutta la loro breve e infausta esistenza; abbiamo immobilizzato i giocosi vitelli impedendo loro l’innato ed irrefrenabile desiderio di correre e di giocare; li abbiamo castrati, mutilati, tosati, li abbiamo alimentati con cibi schifosi, li abbiamo privati dell’erba, della luce del sole; abbiamo annullato la loro dignità; li abbiamo imbottiti di farmaci per impedire che muoiono prima che giungano al mattatoio; abbiamo tolto alle madri i loro piccoli mentre i loro occhi si riempivano di lacrime; li abbiamo caricati a forza sui camion blindati e li abbiamo portati nell’inferno dei mattatoi dove l’odore del sangue e la vista dei loro compagni di sventura uncinati, sventrati, fatti a pezzi, smembrati, spellati, spesso ancora vivi, li ha fatti schiantare dal terrore.
E ora abbiamo il coraggio di addentare quella maledetta, disgustosa, puzzolente, putrescente parte di cadavere che nessun condimento potrà mai rendere digeribile alla nostra coscienza. E abbiamo anche il coraggio di dare ai nostri bambini questo pasto mortifero. Siano fatte visitare ai bambini le stalle e poi i mattatoi; sia loro spiegato che le bistecche, il prosciutto o la coscia di pollo non crescono sui prati come le margherite. Il crimine della peggiore condizione umana è quello di dare ai bambini da mangiare gli animali che amano. E non c’è opera meritoria dell’uomo che possa neutralizzare gli effetti di questa immane, folle, insensata, sistematica, criminale carneficina di esseri indifesi, innocenti, miti, generosi, buoni, belli, pazienti.
Questo non trova alcun perdono sotto nessun cielo dell’universo. Ma chi mangia cadaveri si cadaverizza. E’ una regola implacabile. In un costante e dissennato suicidio collettivo ci si ciba di animali morti, di cadaverina, di masse virali, di tessuti in decomposizione. Mangiamo i loro reni, il loro fegato, il loro cuore, il loro cervello, i loro intestini, le loro gambe, la loro lingua, la loro coda, i loro testicoli. Ogni piatto di carne porta con se un messaggio di morte: è un crimine contro la Vita e contro l’integrità del nostro organismo di animali fruttariani. Ma anche gli animali hanno un Dio e prima o poi la loro sofferenza ricade sui massacratori e sui mandanti, cioè i mangiatori di carne e su coloro che ne fomentano l’utilizzo.
Ma ciò che mi sconvolge, che mi fa impazzire, che devasta il mio equilibrio e valica ogni mia possibile giustificazione è che tutto questo avviene con l’avallo, la giustificazione e la benedizione della maggior parte delle religioni specialmente di ceppo ebraico e di ogni educatore religioso che ne fa parte. Ed io ne provo vergogna e orrore ad essere della stessa specie di coloro giustificano questo stato di cose. L’uomo non ha ancora i titoli per essere considerato tale.
Franco Libero Manco

Anche l'Islam ha avuto un periodo aureo


L ‘epoca d’oro dell’Islam, con il fiorire straordinario della scienza,
dell’arte, della cultura, rappresenta una delle ere più importanti per lo
sviluppo del pensiero umano. La religione islamica ha avuto il grande merito storico di avere sempre incoraggiato l’uomo a perseguire il sapere e la scienza in ogni campo dello scibile. I dotti musulmani erano spinti a raggiungere questi traguardi dai versetti del Corano e dalle parole del Profeta, che asseri’: “Cercate la conoscenza fino in Cina”. L’Islam, dunque, dette un impulso straordinario alla scienza ed alla cultura in generale e mai, in nessun momento dell’epoca islamica, alcuno scienziato fu perseguitato per le sue teorie. La prova di cio’ e’ data dallo stupefacente progresso raggiunto dai musulmani durante il medioevo, epoca in cui, mentre l’occidente brancolava nell’oscurantismo e si richiudeva in se stesso, sconvolto dalle invasioni barbariche e dalle lotte di religione, le citta’ islamiche erano veri e propri fari di civilta’, brulicanti di fervore scientifico, di studi, di ricerche e scambi culturali. L’uso della carta, che gli Arabi avevano importato dalla Cina, determino’ la diffusione dei libri in tutto il mondo islamico. La biblioteca di Cordova, nell’800 d.C. contava 500.000 volumi, i quali rappresentavano la summa dell’umano sapere.
Gli Arabi eccelsero soprattutto in astronomia, matematica, medicina ed i libri scritti dagli scienziati musulmani costituirono testi di riferimento
per le Universita’ europee fino al 1600. Ecco una breve panoramica dei piu’ importanti scienziati appartenenti all’epoca d’oro dell’Islam:
ABU RAIHAN AL-BIRUNI (973-1048)
Al-Biruni fu astronomo, fisico, matematico, geologo. Secondo Max Meyerhoff,
Al-Biruni racchiude in se’ il prototipo dello studioso dell’epoca d’oro
dell’Islam, e difatti era soprannominato “al Ustadh”, il professore. Alcuni
storici addirittura denominano l’epoca della sua attivita’ con il nome di
“Eta’ del Biruni”. Nato nell’Uzbekistan, conoscitore di diversi linguaggi,
apporto’ alla scienza il metodo dell’osservazione diretta, della
sperimentazione e dell’investigazione. Egli è considerato il padre della
scienza moderna. Al-Biruni scopri’ sette modi differenti per trovare la
direzione del nord e del sud, e le tecniche matematiche per determinare con
esattezza l’inizio delle stagioni. Scrisse dei movimenti del sole e delle
eclissi, mettendo a punto perfezionati strumenti astronomici. Molti secoli
prima rispetto al resto del mondo, Al-Biruni scrisse della rotazione della
terra attorno al proprio asse e fece calcoli accurati di latitudine e
longitudine, descrisse la Via Lattea e, come fisico, determino’ il peso
specifico di diciotto elementi. Come matematico, fu un pioniere nello studio
degli angoli e della trigonometria, lavorando soprattutto sulle corde delle
circonferenze e sviluppando un metodo per la trisezione di un angolo. Fu
altresi’ famoso per gli scambi culturali, nel campo della filosofia, che
intrattenne con l’India, dove studio’ ed imparo’ il sanscrito
MOHAMMED BIN MUSA AL-KHAWARIZMI (770-840)
Nato nell’Uzbekistan e trasferitosi da bambino a Baghdad, fu uno dei piu’ grandi matematici, avendo introdotto in questa scienza il concetto di
algoritmo, che da lui prese il nome. Al-Khawarizmi e’ universalmente
conosciuto come il fondatore dell’ Algebra, che non soltanto studio’ in
forma sistematica, ma la sviluppo’ nell’intento di dare soluzioni analitiche alle equazioni lineari e quadratiche. Il nome algebra deriva dal suo libro
Al-Jabr wa al-Muqabilah. Al-Khawarizmi sviluppo’ in dettaglio le tavole
trigonometriche contenenti le funzioni del seno e il calcolo dei due errori,
che lo porto’ ad enunciare il concetto di differenziazione. Importante anche
il contributo dato all’astronomia ed alla geografia.
YAQUB IBN ISHAQ AL-KINDI (800-873)
Conosciuto in Occidente come Alkindus, fu nominato “filosofo degli Arabi” durante il Medioevo. Una delle piu’ grandi menti dell’antichita’, Al-Kindi
fu filosofo, astronomo, fisico, matematico e geografo. Nato in Iraq, fu il
primo fisico a determinare sistematicamente il dosaggio di medicinali e
droghe. Contribui’ alla geometria sferica assistendo Al-Khawarizmi negli
studi astronomici, ed I suoi lavori posero le basi della moderna aritmetica. Secoli dopo, il suo lavoro avrebbe ispirato Ruggiero Bacone. Al-Kindi
scrisse piu’ di 240 libri, molti dei quali furono tradotti in latino da
Gerardo di Cremona.
ALI IBN RABBAN AL-TABARI (838-870)
Al-Tabari fu maestro del celebre medico Al-Razi (Rhazes). Egli stesso
divenne famosissimo per l’ opera di medicina da lui scritta “Firdous
al-Hikmat”, e fu, inoltre filosofo, matematico e astronomo. Ali al-Tabari
ricevette l’educazione in Scienze Mediche e calligrafia da suo padre Sahl, noto medico e commentatore di opere filosofiche. L’opera per la quale e’ ricordato rappresenta la prima enciclopedia che incorpora le diverse
branchie della scienza medica, suddivise per capitoli e finemente trattate.
ABUL QASIM AL-ZAHRAWI (ALBUCASIS) (936-1013 )
Fu senza alcun dubbio il piu’ grande chirurgo del Medioevo. Conosciuto in Occidente come Albucasis, fu l’inventore di straordinarie tecniche
chirurgiche e di strumenti e l’autore di una famosa Enciclopedia Medica.
Al-Zahrawi e’ universalmente riconosciuto come il padre della moderna
chirurgia. Nato e cresciuto a Zahra, presso Cordoba, capitale della Spagna Islamica, fu medico dell’emiro al-Hakim II, diventando famoso in tutta
Europa. Secondo molti studiosi, i suoi principi sorpassarono quelli di
Galeno, diventando punto di riferimento incontrastato in Europa per molti secoli a venire. Tre volumi della sua vasta enciclopedia trattano di
tecniche chirurgiche, incluse quelle da lui inventate, e catalogano con
diagrammi ed illustrazioni, 200 strumenti chirurgici. In particolare
Al-Zahrawi tratta della rimozione dei calcoli, della cauterizzazione, della
chirurgia dell’occhio, dell’orecchio e della gola, amputazioni, dissezioni
di animali e rimozione dei feti morti. Come inventore di strumenti
chirurgici, Al-Zahrawi e’ ricordato per l’elaborazione di mezzi per
l’indagine interna dell’orecchio e dell’uretra, nonche’ di strumenti per la
medicina dentistica. I suoi libri costituirono testi di riferimento nelle
universita’ europee per cinque secoli.
IBRAHIM IBN YAHYA AL-ZARQALI (ARZACHEL) (1028-1087)
Arabo di Spagna, fu il maggiore astronomo del suo tempo. Compilo’ le famose Tavole di Toledo, in cui corresse i dati geografici Tolemaici, in
particolare quelli relativi alla lunghezza del Mar Mediterraneo e fu il
primo a dimostrare il moto dell’Alphelion relativamente alle stelle. Egli
misuro’ il suo tasso di movimento in 12,04 secondi all’anno, che e’
considerevolmente vicino ai calcoli moderni di 11,08 secondi. Inoltre
invento’ un astrolabio piano che e’ conosciuto come Safihah. Copernico, nel suo famoso libro “Sulla rivoluzione delle orbite celesti”, esprime il suo
riconoscimento ai lavori di Albatenius (Al-Battani) e Arzachel (Al-Zarqali)
AL-BATTANI
Usando strumenti molto precisi per l’epoca, compi’ una revisione delle
costanti astronomiche elencate nell’Almagesto, correggendole e scoprendo lo spostamento dell’apogeo solare.
IBN YUNUS (974-1009)
Astronomo nato al Cairo, esegui’ numerose osservazioni del Sole, della Luna e dei pianeti. Compilo’ le tavole Hakimite, i cui dati furono utilizzati 250
anni dopo, nelle Tavole Alfonsine.
IBN KHALDUN (1332-1395)
Ibn Khaldun e’ universalmente riconosciuto come il fondatore della
sociologia e della moderna indagine storica. Nato a Tunisi da famiglia
nobile trasferitasi poi a Siviglia, nella Spagna Islamica, Ibn Khaldun
studio’scienze Islamiche in varie citta’ dell’impero musulmano, ed inoltre
studio’ letteratura, filosofia, matematica. Condusse una vita politica molto attiva e, alla conclusione di questa, si dedico’ alla stesura della sua
opera principale, Al-Muqaddima, una sorta di enciclopedia storica mondiale, che gli da’ un posto preminente tra gli storici ed I filosofi di tutti i
tempi. Il grande merito di Ibn Khaldun consiste di aver tenuto conto,
nell’elaborazione storica, di tutti i fattori sociali, psicologici,
ambientali ed economici che hanno contribuito all’avanzamento della civilta’ umana. Fu inoltre il primo storico ad identificare la ripetizione ritmica
delle ascese e delle cadute nella civilizzazione umana e studio’ la dinamica delle relazioni di gruppo. Fu il pioniere della critica storica, insistendo
sui criteri della verita’ storica, sul compito della ragione umana,
indispensabile per l’analisi storiografica, e sulla necessita’ di condurre
la ricerca storica con metodi d’indagine oggettiva e scientifica. Ibn
Khaldun viene inoltre considerato il fondatore della sociologia.
ABUL WALID IBN RUSHD (AVERROE’) (1128-1198)
Averroe’ fu un genio enciclopedico. Fu soprattutto, nel corso della sua
vita, giudice e medico, ma in Occidente e’ famoso per essere stato il piu’ grande commentatore di Aristotele, e la sua opera influenzo’ larga parte del pensiero filosofico medioevale. Figlio di un giudice islamico di Cordova, studio’ scienze religiose, medicina, matematica e filosofia. Divenuto qadi (giudice) di Siviglia, all’eta’ di 44 anni inizio’ il suo lavoro di traduzione e commento delle opere filosofiche di Aristotele, facendo conoscere in Occidente il pensiero del grande filosofo greco. Nelle sue opere, Averroe’ concilio’ perfettamente religione e filosofia, religione e medicina, religione e scienza, affermando che piu’ si conosce e si studia , piu’ ci si avvicina a comprendere la grandezza dell’unicita’ divina, la Mente assoluta. La filosofia di S. Tommaso d’Aquino deve praticamente tutto ad Averroe’.
ABU ALI IBN ABDALLAH IBN SINA (AVICENNA) (981-1037)
Ibn Sina, conosciuto in Occidente col nome di Avicenna fu il piu’ famoso
medico, filosofo, matematico ed astronomo del suo tempo. il suo principale contributo alla scienza medica fu il famoso “Canone”. Nato a Bukhara, nell’Asia centrale, dopo aver studiato logica e medicina, si diede alla professione di medico, utilizzando le sue straordinarie capacita’ che lo portarono al raggiungimento di una grande fama. La sua monumentale opera di scienza medica rimase suprema per oltre sei secoli, e, tra i contributi originali da essa apportati, vi sono gli studi sulla natura della tisi e sull’interazione tra psicologia e salute. Fu il primo a descrivere le meningiti e diede ricchi contributi all’anatomia, alla ginecologia e alla pediatria. Descrisse minuziosamente l’anatomia dell’occhio e degli organi interni. Come filosofo, sintetizzo’ mirabilmente la filosofia aristotelica, le influenze neoplatoniche e la teologia islamica, mentre come fisico contribui’ allo studio di differenti forme di energia, luce, calore. Nel campo della chimica, il suo trattato sui minerali fu una delle principali fonti per la geologia degli enciclopedisti cristiani del XIII sec.
Il ritratto di Avicenna adorna l’ingresso principale della Facolta’ di
Medicina dell’Universita’ di Parigi.
ABD AL-MALIK IBN ZUHR (AVENZOARO) (1091-1161)
ibn Zuhr fu uno dei maggiori medici, clinici e parassitologi del Medioevo.
Isuoi contemporanei lo considerarono, insieme ad Al-Razi, il piu’ grande
medico dai tempi di Galeno. Nato a Siviglia, studio’ e viaggio’ in lungo ed
in largo per l’impero islamico, dedicando la sua vita alla sola medicina,
diversamente da altri scienziati musulmani, dall’ingegno multiforme. Si
dedico’ soprattutto alla dissezione del corpo umano e le sue tecniche
operative furono superbe. Fu l’inventore della tracheotomia, e scrittore di numerosi testi che fecero sentire la loro influenza sulla scienza medica per numerosi secoli in tutto il mondo.
ABIR IBN HAIYAN (GEBER)
Universalmente riconosciuto come il padre della Chimica, svolse la sua opera nella citta’ di Kufa, in Iraq, dove mori’ nell’anno 803. Scrisse piu’ di 100
trattati monumentali, ventidue dei quali trattano di chimica ed Alchimia. In questa scienza introdusse investigazioni sperimentali, creando le basi della chimica moderna. Studio’ principalmente le quantita’ definite delle sostanze coinvolte in reazioni chimiche, per cui si puo’ dire che apri’ la strada alla legge delle proporzioni costanti. Il suo contributo di fondamentale
importanza alla chimica, include il perfezionamento di tecniche scientifiche quali cristallizazione, distillazione, calcinazione, sublimazione ed evaporazione, nonche’ la creazione di diverse apparecchiature per la
conduzione di tali studi. Il maggiore successo pratico di Jabir fu la
scoperta dei minerali e degli acidi, preparati per la prima volta con
l’ausilio di “alambicchi”, invenzione che rese il processo di distillazione
semplice e sistematico. Jabir fu un pioniere nello sviluppo di numerosi
processi chimici, cui diede nomi che sono rimasti nel vocabolario
scientifico occidentale.
NASSER AL-DIN AL-TUSI (1201-1274)
Nato in Iran, Al-Tusi fu uno dei piu’ grandi scienziati musulmani. Fu
soprattutto matematico e scrisse opere monumentali di Algebra, Aritmetica, trigonometria, logica, geometria, etica e teologia. Nel 1262 costrui’ un
osservatorio a Meragha, equipaggiato con le migliori strumentazioni
reperibili nei centri di ricerca islamici, molte delle quali create dallo
stesso Al-Tusi. Lo scienziato produsse una tavola molto accurata sui
movimenti planetari ed un catalogo stellare basati su osservazioni Fatte nel corso di dodici anni. Il suo testo fu il piu’ famoso riferimento per gli
astronomi fino al XV secolo. Il suo contributo alla trigonometria include
sei formule fondamentali per la soluzione dei triangoli ad angolo retto
sferico. Scrisse inoltre i coefficienti binomiali che in seguito furono
introdotti da Pascal.
THABIT IBN QURRAH (836-901)
Conosciuto in Occidente come Thebit, nacque in Turchia ed e’ famoso per i
suoi lavori di meccanica, astronomia, matematica pura e geometria. Thabit fu un pioniere dell’algebra geometrica e propose teorie che portarono allo
sviluppo della geometria non-Euclidea, trigonometria sferica, calcolo
integrale e numeri reali. Uso’ termini matematici per studiare diversi
aspetti delle sezioni coniche (parabola ed ellisse). I suoi algoritmi per
computare la superficie ed il volume dei solidi sono cio’ che in seguito ha avuto il nome di calcolo integrale. Studio’ l’equilibrio dei corpi e da
molti storici e’ ritenuto tra i piu’ eminenti studiosidi statica.
ABBAS IBN FIRNAS (MORTO NELL’888)
Studioso di meccanica del volo, realizzo’ nella Spagna Islamica il primo
tentativo di volo umano.
AL FARGHANI (MORTO NELL’860)
Famoso astronomo ed ingegnere civile
AL-FARABI (870-950)
Scienziato dall’ingegno multiforme: fu sociologo, logico, filosofo, si
interesso’ di Matematica e medicina.
Al-SUFI (903-986)
Conosciuto in Occidente con il nome latinizzato di Alzofi, fu uno dei piu’
insigni astronomi musulmani.
MOHAMMAD AL-BUZJANI (940-997)
Fu matematico e astronomo. Famosi i suoi studi di trigonometria e di
geometria.
AL-IDRISI (1099-1166)
Uno dei piu’ grandi geografi di tutti i tempi. Disegno’ la prima mappa del
globo ed esegui’ mappe geografiche per re Ruggiero II di Sicilia, in cui
adopero’ metodi di proiezione, per passare dalla forma sferica della terra
al planisfero, molto simili a quelli usati dal Mercatore quattro secoli
piu’ tardi.
AL-BITRUJI (ALPETRAGIUS) (MORTO NEL 1204)
Celebre astronomo
IBN BATUTA (1304-1369)
Famoso viaggiatore, copri’ 75.000 miglia, viaggiando dal Marocco alla Cina e ritorno.
Questi sono solo alcuni dei grandi ingegni che illuminarono il periodo
storico in cui la luce dell’Islam rifulgeva su gran parte del mondo. Gli
Arabi furono grandi navigatori, che utizzarono nella navigazione tecniche particolari che si servivano dell’apporto dell’astronomia e della
matematica. Si ricorda ancora il loro ingegno nelle opere agricole e
nell’irrigazione, con la costruzione di sistemi che costituirono
l’avanguardia in Europa per molti secoli dopo il loro declino. Ed ancora, la maestria Araba si rivelo’ nell’architettura e nella decorazione, che
dovevano influire grandemente sullo sviluppo dell’arte europea durante il
Medioevo. Il fervore di studi, di ricerche e di conoscenza che accompagno’ l’espansione islamica testimonia che la religione musulmana non era in antitesi con la scienza, ma ambedue proclamavano la stessa identica verita’ e, difatti, quasi sempre, i piu’ grandi scienziati islamici erano uomini profondamente religiosi. Dice il Corano: “O consesso di uomini e di jinn, se potete varcare i limiti dei cieli e della terra, fatelo, ma non lo farete senza il permesso del vostro Signore”. (55:33)
Fonte: www.arabcomint.com

Laicità e sincretismo in alternativa all'affermazione del potere religioso mondano



Fino a qualche anno fa la battaglia laica in Italia si combatteva più che altro contro la chiesa, ed essenzialmente  contro l'esibizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Poi pian piano  all'antagonismo contro il cristianesimo si sono aggiunti torme di "fedeli" di altre religioni, compresi i credenti nell'ateismo.  Ogni fede concorrente vuole occupare un pezzetto dello stato ed ottenere  maggiore influenza. I cristiani ora debbono difendersi non solo dai laici ma da una  grande ammucchiata  antagonista: ebrei, musulmani, protestanti di varie sette e congregazioni, buddisti, bahai, new age, etc.   

Poveri cristianucci, dopo le denunce di vari genitori, più che altro islamici, che obiettano la presenza del crocifisso nelle scuole, e la lotta senza quartiere degli atei,  da arroganti assertori del cattolicesimo come "religione di stato" sono costretti ad accettare compromessi e cedere il passo al nuovo corso  (vedasi il papa Francesco che abbraccia i mullah e bacia la mano ai rabbini).

Ma in definitiva ci vuole o non ci vuole il crocifisso nei luoghi pubblici?  E qualcuno obietta: " e perché non la mezzaluna, la svastica, la croce celtica ed il fulmine di Giove Pluvio?" 

Avevo già ripetutamente ed in varie occasioni esplicitato la mia opinione sull’esibizione di emblemi religiosi nei luoghi pubblici.

La mia lunga permanenza in India, luogo di profonda spiritualità e di sincretismo, mi ha insegnato che non è necessario e nemmeno utile esporre negli uffici istituzionali qualsivoglia simbolo religioso. Infatti per un rispetto delle pari opportunità e comunque di tutte le minoranze  presenti nel sub-continente, nelle aule scolastiche o nei luoghi pubblici non vengono esposti simboli, che siano essi induisti, musulmani, buddisti, jainisti, cristiani, etc. Tali simboli eventualmente sono esibiti solo nelle scuole gestite da enti religiosi, magari sotto forma di statue dei fondatori. Nei luoghi istituzionali non vi sono immagini, se non quelle ufficiali dei Padri della Patria, come Gandhi, o del presidente della Repubblica.

In ambito spirituale l’idea sincretica sarebbe la più vicina alla laicità… e questa idea era presente  nell'antica Roma ed in tutti i paesi del vecchio continente. Così fu sino al propagarsi dei due rami originati dall'ebraismo, quei culti "monoteisti", per affiliazione e non per nascita, oggi dominanti: il cristianesimo in occidente  e islam in oriente. Ma l'approccio sincretico  è forse l’unica forma che può garantire  pari dignità ad ogni credo religioso, o ateo che sia, considerandolo parte del patrimonio morale e filosofico dell’umanità.

In merito alla lotta delle "immagini" e sulla loro esposizione o rimozione  vorrei qui aggiungere un’altra ragione "sporca”. Tale ragione è sia politica (per la continua ingerenza delle gerarchie delle diverse religioni nelle decisioni governative dello Stato) che - soprattutto- economica…

Nel mondo esistono tre poteri economici molto forti, il primo è rappresentato dalle banche mondiali, rette da finanzieri ebrei, il secondo è il potere mondano del vaticano, il terzo  è rappresentato dalle nazioni musulmane ricche di petrolio con annesse affiliazioni paramilitari fondamentaliste (ISIS, Al Quaida, etc.). Questi tre poteri sono in lizza, ognuno con le proprie visioni e finalità, per accaparrarsi il dominio del mondo… 

Insomma noi laici siamo fra l’incudine ed il martello… e la diatriba si o no al crocifisso, si o no alle moschee od alla ricostruzione del grande Tempio universale di Gerusalemme, rientra  in questa strategia di lotta fra grandi potentati della finanza mondiale…


Paolo D’Arpini



Una ipotesi sull'origine degli europei


Dall’analisi della distribuzione delle diversità all’interno dell’aplogruppo più frequente del cromosoma Y, risulta che esso si è diffuso in Europa da una unica fonte giunta dal Vicino oriente attraverso l’Anatolia
L’enigma degli antenati degli europei – 7500 anni fa i primi bevitori di latte. Nessun erede per Ötzi
Gran parte dei maschi europei discenderebbe dai primi agricoltori che nel Neolitico, fra 10.000 e 7.500 anni fa, portarono l’agricoltura in Europa dalla “Mezzaluna fertile” nel Vicino oriente. A stabilirlo è una ricerca condotta da Mark Jobling, dell’Università di Leicester, Chris Tyler-Smith del Wellcome Trust Sanger Institute, Guido Barbujani dell’Università di Ferrara e collaboratori, pubblicata sulla rivista on line “PLoS Biology”.
Nello studio i ricercatori hanno esaminato la diversità relativa al cromosoma Y, che passa di padre in figlio. “Ci siamo concentrati sul più comune lignaggio relativo al cromosoma Y, di cui sono portatori circa 110 milioni di europei. Esso segue un gradiente da sud-est a nord-ovest raggiungendo una frequenza vicina al 100 per cento in Irlanda. Abbiamo esaminato come il lignaggio si è distribuito, com’è diverso nelle differenti parti d’Europa e quanto è antico”, ha osservato Jobling.
In particolare, la ricerca si è concentrata sullo studio dell’aplogruppo R1b1b2, contraddicendo precedenti studi che sulla base di una sua maggiore frequenza nelle regioni più occidentali avevano desunto che esso traesse origine dalle popolazioni paleolitiche di cacciatori-raccoglitori. Nel nuovo studio si mostra invece che, tenendo conto della distribuzione delle diversità all’interno dell’aplogruppo, la sua distribuzione geografica è spiegata molto meglio ipotizzando la sua diffusione a partire da una unica fonte giunta dal Vicino oriente attraverso l’Anatolia.
Ciò significa, osservano i ricercatori, che oltre l’80 per cento dei cromosomi Y europei derivino dagli agricoltori immigrati. Per contro buona parte del lignaggio genetico materno sembra derivare dai cacciatori-raccoglitori. “Questo – osserva Patricia Balaresque, prima firmataria dell’articolo – ci suggerisce un vantaggio riproduttivo per gli agricoltori rispetto ai cacciatori-raccoglitori nel corso del passaggio dalla cultura della caccia e raccolta a quella agricola. Forse allora appariva molto più sexy essere un agricoltore.” (gg)
(Fonte: Le Scienze)

Equilibrio degli opposti - Violenza della natura e fede in dio


Non è facile conciliare la fede in Dio con la volontà di non nuocere agli animali. Le leggi della natura sono crudeli:  la scena di un predatore che sbrana un altro animale è sicuramente raccapricciante. Tutti gli esseri viventi, dal microbo alla balena, per sopravvivere sono costretti a nutrirsi uccidendo altri esseri al punto che senza la sopraffazione del più forte sul più debole nulla potrebbe esistere e la stessa vita non potrebbe manifestarsi nell’universo. Sembra che il “male” della violenza, del dolore e della morte sia indispensabile affinché la vita trionfi. La vita sulla terra è la sintesi dell’equilibrio degli opposti, come positivo e negativo, notte e giorno, freddo e caldo, yin e yang ecc. Ciascun opposto non potrebbe esistere senza l’altro. L’universo stesso vive sull’equilibrio degli opposti, e l’universo contenuto nel nostro corpo non fa eccezioni.
Dunque la vita nasce grazie alla simbiosi armonica tra due opposti
(seme e terra, terra e acqua, idrogeno e ossigeno ecc.) e si sviluppa per mezzo della lotta alla sopravvivenza attuata per mezzo della sopraffazione dell’uno sull’altro organismo. Le due condizioni sono imprescindibili ai fine del progresso lungo la via dell’evoluzione di ogni essere.
Ma questo assunto si scontra con la legge dell’amore enunciata da
tutti i grandi mistici e santi (cioè da coloro che per antonomasia sono
considerati portatori della volontà del Creatore) e da tutti noi che
lottiamo per un mondo senza violenza tra gli esseri umani e tra questi e il resto del creato. Applicare la legge dell’amore, della compassione, della misericordia, del “non fare ad altri ciò che non vorresti per te stesso” e del “non ammazzare”, al mondo naturale contraddice e vanifica la legge che tutto governa. In sostanza se nella natura fosse regolata dalla legge dell’amore e della compassione, invece della reciproca violenza, la vita sulla terra cesserebbe.
Ogni essere vivente cerca disperatamente di fuggire il dolore, la
sofferenza, la morte. Ma la sofferenza è il solo meccanismo che consente alle creature di evolvere, di acquisire esperienza: nel tentativo di sfuggire al predatore, al dolore e alla morte, ogni essere sviluppa il suo istinto, la sua arguzia, la sua intelligenza e quindi si evolve. Abolire la violenza sarebbe come impedire l’evoluzione delle cose. Ma questo è in contraddizione con la legge dell’amore, della bontà e della misericordia invocata dai grandi mistici e da Dio.
Ma se la violenza è componente necessaria per il manifestarsi della
vita, se sono sempre i più indifesi a pagarne le conseguenze, come
giustificare il messaggio di tutti i grandi illuminati che si sono schierati
sempre in difesa dei più deboli? Non è forse porsi in contrasto con le leggi naturali che consentono alla creazione di perpetuare se stessa?
Di fronte all’eterno dilemma del perché della violenza naturale a mio avviso si possono azzardare 4 ipotesi:
1) Tutto è frutto del caso; ma a mio avviso la stupefacente realtà della
vita, la perfezione di ogni essere vivente e leggi che governano l’intero
universo fanno nutrire grossi dubbi in tal senso: è difficile credere che
non vi sia il disegno, il progetto o la volontà di Qualcosa o di Qualcuno.
2) Le violenti leggi naturali non sono meccanismi voluti dal Creatore in
quanto Dio non può che essere buono e giusto per il fatto di consentire alla vita di manifestarsi e alle creature di progredire nel piano evolutivo. Se la creazione esiste è solo a vantaggio di questa non dell’Essere la cui potenza è in grado di creare il tutto dal nulla.
3) Il Creatore è indifferente alla sofferenza degli esseri viventi non
umani; non si da cura del singolo componente ma dell’intero Sistema. Però questa ipotesi non è suffragata dal pensiero dei grandi iniziati, dei grandi teologi o dei grandi filosofi perché inclinerebbe l’essere umano a reprimere il sentimento di pietà e compassione (sempre invocata dai giusti) che l’uomo spontaneamente nutre nei confronti di chi soffre e porterebbe inevitabilmente all’indifferenza verso gli stessi esseri umani. Se è per volontà di Dio che la tigre è strutturata fin dalle origini ad uccidere per nutrirsi allora Dio non può che essere ingiusto nei confronti delle vittime e indifferente al loro dolore. Non solo. L’agnello avrebbe da che obiettare ad essere stato progettato totalmente privo di difese, il rospo obiettare la sua poca eleganza o lo scorpione di essere stato creato tale.
4) Siccome è la forma fisica (frutto dell’evoluzione) a predisporre i
carnivori a nutrirsi di altri animali, gli erbivori di erbe ed i frugivori
di frutti, io credo che questa sia la concretizzazione materiale del loro
contenuto energetico e spirituale. Cioè, la natura del leone non potrebbe vivere in una gazzella, come l’essenza spirituale della mucca vivere in un’aquila. Ma il problema fondamentale a mio avviso sta in questo: se chiunque di noi obiettasse la sua stessa esistenza dimostrerebbe che la vita è un imposizione (anche se la vita secondo il pensiero religioso è un dono il ricevente dovrebbe avere la libertà di rifiutare o accettare il dono che gli viene offerto), e siccome Dio per definizione non può che essere giusto non impone nemmeno l’esistenza. Questa ipotesi porta alla logica conseguenza che le cose esistono non per volontà di Dio ma di se stesse, che esistono da sempre in un piano ed in una dimensione spirituale antecedente la stessa creazione e che mediante la vita tendono ad attuare il loro piano evolutivo, resosi necessario a causa di un allontanamento dall’Armonia primigenia che precede lo stesso Big Bang.
Cioè gli esseri allontanatisi dal Tutto Armonico iniziale, dalla dimensione spirituale precipitano materializzandosi nel livello che corrisponde al loro grado di pesantezza energetica da dove riprendono la risalita attraverso i vari regni, e di vita in vita, in un processo di evoluzione e di smaterializzazione progressiva, riprendono il loro cammino a ritroso per tornare alla condizione antecedente la disarmonia generatasi nel Tutto Armonico iniziale (come una specie di onda anomala nell’immensità dell’oceano) che li ha precipitati nella dimensione terrestre. Cioè gli esseri sono da sempre in Dio e parte stessa di Dio, anche se questo porterebbe alla logica che in Dio si possa manifestare qualcosa di disarmonico. Una sorta di disarmonia in accordo con se stessa ma in antitesi al tutto armonico che ha generato la “caduta”. Ma questa è solo una mia ipotesi, alla quale però credo.

In che modo si manifesta la bontà di Dio verso le sue creature? Le
“scintille divine” o energetiche precipitate nella dimensione materiale
potrebbero non avere la possibilità di risalita e ristagnare per sempre
nella loro condizione: in questo Dio io credo manifesta il suo amore verso gli esseri viventi.
Quindi se le leggi della natura portano gli animali a divorarsi a vicenda non è per volontà di Dio. Ed anche se la violenza impèri nella natura e il debole soccombe sempre al più forte l’armonia, che consente il manifestarsi della vita e agli esseri di procedere nel piano dell’evoluzione, trionfa sempre.
Altra considerazione. Se lo scopo della creazione è dare la possibilità alle creature di esistere e attuare la loro stessa evoluzione, l’adesione alla legge della procreazione dovrebbe essere un principio imperativo specialmente per coloro che, spiritualmente, sono i “portavoce” di Dio, ma quasi tutti i grandi iniziati, mistici e santi, hanno rinunciato a procreare (almeno dopo la loro conversione).
Ma come conciliare la fede in Dio con il vegetarismo? Contrariamente alla inesorabile e crudele legge naturale tutti i grandi iniziati, santi, profeti ed uomini illuminati hanno sempre affermato e ribadito, e ribadiscono, la bontà di Dio verso le sue creature. L’essere umano è la sola specie che può sottrarsi deliberatamente alla legge della violenza naturale, a non causare sofferenza e morte ad altri esseri viventi: la nostra conformazione fisica dimostra che non siamo strutturati per vivere uccidendo perché privi di artigli, di zanne, becco ecc., né abbiamo lo stomaco o gli intestini adatti a nutrirci di altri animali come i carnivori. In sostanza l’uomo è un essere disarmato, privo di armi di attacco e di difesa naturali, quindi un essere strutturato per essere pacifico e vegano: in questo la mia fede trova sintonia con la scelta vegetariana e nella possibilità di progredire nel piano evolutivo (possibilità che potrei non avere).
Se un giorno la violenza tra gli umani dovesse cessare resterebbe la violenza inaccettabile tra gli animali in natura. Ma a quel punto l’uomo
avrebbe diritto ad impedire al leone ad uccidere la gazzella per nutrirsi?
Io credo che il compito dell’uomo non sia solo quello di instaurare la non
violenza tra i suoi simili ma di estenderla nella creazione. Cioè, un giorno
lontanissimo l’evoluzione morale e spirituale umana potrebbe spingere l’uomo a fare in modo che almeno i grandi carnivori, con i quali può interagire, evitare che uccidano per nutrirsi, magari dando loro da mangiare gli animali che muoiono di morte naturale. Ma questa forse e solo un’utopia. Ma chissà, a volte le utopie…
Franco Libero Manco

Democrazia o ammantarsi d'ipocrisia?


Se dovessimo rivolgere lo sguardo a quei movimenti politici che oggi si ammantano di libertà e democrazia scopriremmo che le loro radici storiche, politiche e culturali – mai rinnegate – affondano nel sangue e che nel loro passato sono presenti crimini e nefandezze.
Partiamo dei movimenti liberal progressisti che traggono ispirazione da quella immensa carneficina che fu la rivoluzione francese dove tra teste mozzate, terrore giacobino e genocidio della cattolica Vandea si inneggia ipocritamente alla libertà per portare al potere la borghesia illuminata. Robespierre fa bella mostra nel loro album di famiglia.
La sinistra, che fino a non pochi decenni fa inneggiava alla Russia comunista (ricordiamo Napolitano che nel ’56 applaudì ai carri armati sovietici che soffocarono nel sangue la primavera ungherese) non ne esce certo bene. Stendiamo poi un pietoso velo su massacri partigiani durante e dopo la fine della guerra.
L’America, che tanto piace alla destra e non dispiace alla sinistra (che ha capito da che parte gira il vento), ipocritamente rappresentata dalla statua della (loro) libertà nasce massacrando l’intera popolazione pellirossa e riducendo in schiavitù oltre 14 milioni di neri trattati alla stregue di animali domestici su cui esercitare diritto di vita e di morte. La discriminazione razziale è rimasta in vigore nella “più grande democrazia del mondo” fino ai primi anni sessanta.
I movimenti politici cattolici fanno riferimento alla Chiesa la quale per quasi duemila  anni ha esercitato un potere a dir poco dispotico macchiandosi di crimini indicibili. Basti pensare alla santa inquisizione con il suo corollario di donne al rogo, torture e giudizio di Dio, alle crociate con il massacro di Gerusalemme e di come ha evangelizzato le Americhe al seguito dei conquistadores. L’antiebraismo, portato alle estreme conseguenze da Hitler, nasce nelle Chiese con l’accusa di Deicidio rivola ai giudei.
Quanti dei responsabili dello sfacelo in cui si trova oggi l’Italia, governata da “nominati” che nessuno ha eletto, stanno pagando per la loro incapacità, interesse personale e bramosia di potere?
Gianfredo Ruggiero

Spiritualità e dieta satvica


Il saggio  Ramana Maharshi a chi gli chiedeva quale fosse il modo più semplice per “raggiungere” la consapevolezza di Sé (nel senso dell’autorealizzazione) consigliava l’autoindagine, attraverso l’interrogarsi “chi sono io”. E se qualcuno insisteva per avere delle norme esteriori di comportamento allora consigliava di assumere solo cibo “satvico” e in quantità moderata.
Il cibo “satvico” è in effetti la cosiddetta dieta vegetariana, quella più vicina all’alimentazione naturale dell’uomo. L’uomo è nato frugivoro, la sua conformazione anatomica è simile a quella degli altri frugivori: suini, scimmie antropomorfe, etc. Questi animali, come dovrebbe essere per l’uomo, si nutrono essenzialmente di semi, proteine vegetali, verdure, frutta, tuberi, latte materno, integrando il tutto – di tanto in tanto – con qualche altro prodotto di origine animale, come ad esempio il latte di altri mammiferi, piccole quantità di miele, uova e simili. Eccezionalmente e per scopi integrativi essi fanno anche uso di moderate quantità di pesce o carne. Ovviamente, nella dieta “satvica”, consigliata ai ricercatori spirituali, la carne non è compresa, poiché il cadavere, essendo un composto organico in putrefazione, è considerato un alimento “tamasico” (oscurante) per la mente. Tra l’altro gli animali sono considerati a tutti gli effetti muniti di “anima” e quindi visti come esseri spirituali simili all’uomo. Cibarsene è considerata perciò una forma di “cannibalismo”.
La filosofia dei Veda – scrive Steven Rosen nel suo illuminante libro Il vegetarianesimo e le religioni del mondo – riconosce appieno agli animali la capacità di raggiungere stati di spiritualità elevata. Si tratta di una tradizione religiosa che non promuove soltanto il vegetarismo, ma anche l’uguaglianza spirituale di tutti gli esseri viventi. Il vegetarismo in effetti non è altro che la conferma di questa consapevolezza: tutti gli esseri viventi sono spiritualmente uguali. Tra l’altro, nell’induismo vengono indicate anche altre ragioni per cui è necessario astenersi dall’ingerire cadaveri perché nell’atto di cibarsi dell’altrui carne si crea un legame karmico con la violenza e la morte.
Malgrado vi siano indicazioni di sacrifici cruenti da compiere una o due volte all’anno persino il Corano esalta la compassione e la misericordia di Allah — chiamato al-Raham, ovvero “l’infinitamente misericordioso” — nei confronti di tutti gli esseri da lui creati, senza eccezioni. Lo stesso profeta Maometto, che presumibilmente era vegetariano e amava gli animali, disse: «Chi è buono verso le creature di Dio è buono verso se stesso».
Per quanto riguarda l’Ebraismo, nella Genesi l’alimentazione prescritta all’uomo è chiaramente vegetariana: «Ecco vi do ogni vegetale che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto che produce seme: saranno il vostro cibo» (1, 29). E ancora nella Genesi si legge: «Non dovreste mangiare la carne, con la sua vita, che è il sangue». E infatti, secondo le leggende bibliche, il popolo d’Israele si mantenne vegetariano per dieci generazioni, da Adamo a Noè. Solo dopo che il diluvio universale ebbe distrutto tutta la vegetazione, si narra che Dio diede al “suo” popolo il permesso temporaneo di mangiare carne. Poi, per ristabilire l’alimentazione vegetariana, quando gli israeliti lasciarono l’Egitto, Dio fece cadere la manna, un alimento vegetale adatto a nutrirli durante il loro duro viaggio. Ma, poiché gli israeliti continuavano a chiedere con insistenza la carne, Dio gliela concesse, insieme però a una peste fatale che colpì tutti coloro che ne mangiarono.
Per quanto riguarda il Nuovo Testamento, e quindi il Cristianesimo, l’insegnamento di Gesù (nato di origine essena, una setta che praticava il vegetarismo) è stato a tal punto censurato nelle numerose traduzioni e revisioni dei Vangeli che sono quasi sparite le tracce della sua compassione e del suo completo amore per tutte le creature viventi, che si esprimevano anche nel non mangiare carne di alcun tipo, in armonia con la tradizione degli Esseni. In un “Vangelo secondo Giovanni” tramandato dagli Esseni e dalle Chiese cristiane d’Oriente ma rifiutato dalla Chiesa cattolica, si insegna l’assoluta nonviolenza nei confronti degli animali ed è vietato esplicitamente di mangiare carne: «Mangiate tutto ciò che si trova sulla tavola di Dio: i frutti degli alberi, i grani e le erbe dei campi, il latte degli animali ed il miele delle api. Ogni altro alimento è opera di Satana e conduce ai peccati, alle malattie e alla morte». I primi cristiani erano vegetariani. E lo furono anche i veri Padri della Chiesa, come san Giovanni Crisostomo, San Girolamo, Tertulliano, San Benedetto, Clemente, Eusebio, Plinio e molti altri.
Ma quando il Cristianesimo volle diventare la religione di Stato dell’Impero Romano, durante il concilio di Nicea vennero radicalmente alterati i documenti originali. I “correttori” nominati dalle autorità ecclesiastiche eliminarono dai vangeli qualsiasi riferimento al non mangiare carne: tradussero con il termine «carne», per ben diciannove volte, il termine greco originale «cibo” e scelsero la versione «dei pani e dei pesci” a quella, contemporanea a Cristo, del miracolo della «moltiplicazione dei pani e della frutta”. Ciononostante anche in seguito alcuni santi cristiani sono stati vegetariani. Basti pensare al più famoso di tutti, san Francesco, il quale, nel suo amore per tutte le creature viventi, si nutriva esclusivamente di pane, formaggio, verdure e acqua di fonte.
La compassione che sta alla base di ogni “fede” va ricercata interiormente, e mangiare carne, diceva Lev Tolstoi, «è immorale perché presuppone un’azione contraria al sentimento morale, quella di uccidere. Uccidendo, l’uomo cancella in se stesso le più alte capacità spirituali, l’amore e la compassione per le altre creature». Quindi, a che serve giustificare o preferire una religione all’altra? Sono le persone che fanno la differenza! Sono tutti quegli uomini e quelle donne “compassionevoli” che non si limitano a riti esteriori ma che nutrono compassione per se stessi e per tutte le altre creature. Insomma, ricapitolando, l’Induismo, l’Ebraismo, l’Islamismo e il Cristianesimo contengono di fondo lo stesso messaggio di compassione e nonviolenza, ricordo anche le parole del Buddha nel Dhammapada: «In futuro, alcuni sciocchi sosterranno che io ho dato il permesso di mangiare carne,e che io stesso ne ho mangiata, ma io non ho permesso a nessuno di mangiare carne, non lo permetterò ora, non lo permetterò in alcuna forma, in alcun modo e in alcun luogo».
Paolo D’Arpini

L’immagine: Ramana Maharshi che mangia nell'Ashram di Tiruvannamalai, L’imperatore Rodolfo II in veste di Vertumno (1591, Stoccolma, Skoklosters slott) di Giuseppe Arcimboldi (1527-1593), la copertina del libro di Steven Rosen e l’autore col nipotino.