Pagine

Cina antica - Chiudere la bocca ai pettegolezzi con le ali piatte sui cappelli della Dinastia Song



Perché i ministri della Dinastia Song dovevano indossare cappelli con larghe ali piatte? La ragione è sorprendente: l’imperatore fondatore della dinastia, Zhao Kuangyin, conosciuto anche come Imperatore Taizu, ebbe questa idea per risolvere un problema.

Dopo essere salito al trono, Zhao era preoccupato che i suoi passati compagni, che avevano lottato con lui per prendere il potere, usassero il tempo della riunione di corte mattutina per bisbigliare tra loro e intrigare sugli affari di stato.

Un giorno, mentre ascoltava il rapporto di un ministro durante la riunione mattutina a corte, Zhao osservò che molti ministri bisbigliavano tra loro e non rispettavano l’etichetta. Era seccato per questo comportamento, ma non rivelò la sua rabbia. Pensò invece ad una soluzione pratica, e quando l’incontro finì, emise un editto che obbligava i ministri ad indossare cappelli che avessero sui lati due larghe ali piatte.

Usando una piastra di metallo e delle fasce di bambù, le ali si allargavano per una trentina di centimetri da entrambe i lati del cappello. Con il passare del tempo divennero anche più larghe. Divenne obbligatorio per i ministri indossare questi cappelli solo durante la riunione mattutina e in altri incontri ufficiali, dal momento che non erano molto pratici nella vita di tutti i giorni.

Quando indossavano questi cappelli, i ministri potevano soltanto parlare faccia a faccia, perché i cappelli rendevano difficile parlare con chi era seduto accanto. Da allora in poi, i ministri non bisbigliarono più, e a corte tornò un’atmosfera solenne.

"***L’intelligente soluzione delle ali piatte sui cappelli della Dinastia Song***

Perchè i ministri della Dinastia Song dovevano indossare cappelli con larghe ali piatte? La ragione è sorprendente: l’imperatore fondatore della dinastia, Zhao Kuangyin, conosciuto anche come Imperatore Taizu, ebbe questa idea per risolvere un problema.

Dopo essere salito al trono, Zhao era preoccupato che i suoi passati compagni, che avevano lottato con lui per prendere il potere, usassero il tempo della riunione di corte mattutina per bisbigliare tra loro e intrigare sugli affari di stato.

Un giorno, mentre ascoltava il rapporto di un ministro durante la riunione mattutina a corte, Zhao osservò che molti ministri bisbigliavano tra loro e non rispettavano l’etichetta. Era seccato per questo comportamento, ma non rivelò la sua rabbia. Pensò invece ad una soluzione pratica, e quando l’incontro finì, emise un editto che obbligava i ministri ad indossare cappelli che avessero sui lati due larghe ali piatte.

Usando una piastra di metallo e delle fascie di bambù, le ali si allargavano per una trentina di centimetri da entrambe i lati del cappello. Con il passare del tempo divennero anche più larghe. Divenne obbligatorio per i ministri indossare questi cappelli solo durante la riunione mattutina e in altri incontri ufficiali, dal momento che non erano molto pratici nella vita di tutti i giorni.

Quando indossavano questi cappelli, i ministri potevano soltanto parlare faccia a faccia, perchè i cappelli rendevano difficile parlare con chi era seduto accanto. Da allora in poi, i ministri non bisbigliarono più, e a corte tornò un’atmosfera solenne.

Fonte: http://www.visiontimes.com/"

Nagarjuna, il secondo Buddha - Cenni storici




Acharya Nagarjuna  fu il Fondatore della Tradizione Buddhista del
Madhyamika. La sua apparizione fu profetizzata in numerosi Sutra, tra
i quali il Lankavatara, il Manjusrimulakalpa, il Mahamegha ed il
Mahabheri.

   Quattrocento anni dopo il Nirvana di Buddha Sakyamuni, viveva
nell’India Meridionale, in un paese chiamato Viddarbha (letteralmente
‘Terra delle Palme’), un ricco Brahmano che non aveva figli. Una notte
gli apparve in sogno un segno indicante che avrebbe ottenuto un figlio
se avesse offerto omaggi a cento Brahmani. Egli lo fece, pregando
ardentemente che il suo intenso desiderio potesse essere esaudito, e
dieci mesi dopo nacque il figlio.

   Appena nato, il bambino fu portato da un indovino il quale disse
che, benché il piccolo avesse in verità i segni di essere una persona
eccezionale, sarebbe vissuto soltanto sette giorni. I genitori
preoccupati chiesero se non si sarebbe potuto fare qualcosa per mutare
il destino. L’indovino rispose che se essi avessero dato il cibo per
cento persone, il ragazzo sarebbe vissuto per sette giorni e se
avessero fatto offerte a cento monaci, egli sarebbe vissuto per sette
anni. Nient’altro oltre a questo si sarebbe potuto fare. Allora i
genitori misero in atto la seconda delle possibilità suggerite. Quando
i sette anni erano vicini al termine, essi mandarono il ragazzo in
viaggio, accompagnato da alcuni servitori, non essendo capaci di
sopportare l’eventuale vista del cadavere del loro figlio.

   Durante il viaggio, il bambino ebbe esperienza della visione del
dio Khasarpana (una particolare manifestazione di Arya Lokesvara).Poco
dopo, la compagnia raggiunse il grande monastero di Nalanda. Mentre
stavano aspettando vicino all’abitazione del Brahmano Saraha, il
bambino pronunciò alcuni versi di poesia. Il Brahmano udì i versi ed
invitò il gruppo ad entrare nella sua casa. Ivi chiese notizie del
loro viaggio e di come avessero raggiunto Nalanda. Uno degli
accompagnatori raccontò la storia del ragazzo e riferì della sua morte
imminente. Al che Saraha ribatté che se il ragazzo avesse rinunciato
alla vita mondana per prendere i voti di rinuncia, avrebbe potuto
esservi un modo per evitare quella situazione critica. Il ragazzo
accettò di fare così e fu dunque iniziato al Mandala di Amithaba che
conquista il Signore della Morte. Quindi fu istruito nella recita dei
Mantra Dharani. Alla vigilia del suo settimo compleanno egli recitò
mantra per tutta la notte, superando così questo incontro col Signore
della Morte.

   Quando arrivò all’età di otto anni, il bimbo prese il voto di
rinuncia e cominciò gli studi delle scienze tradizionali. Inoltre
studiò i testi scritturali di ognuna delle principali scuole del
pensiero Buddhista. Qualche tempo dopo egli incontrò di nuovo i
genitori e, più tardi, richiese allo stesso Brahmano Saraha, di
istruirlo sugli insegnamenti esoterici di Sri Guhyasamaja, così gli
furono insegnati i Tantra appropriati, unitamente ad una completa
istruzione orale. Quindi, dopo aver sottoposto una formale richiesta
all’Abate del monastero, egli prese la piena ordinazione di monaco e
divenne conosciuto come Bhiksu Srimanta.

   Essendo diventato una persona protetta da Manjusri in tutte le
vite, il monaco ebbe l’opportunità di ascoltare per intero il Dharma,
sia dei Sutra che dei Tantra, per tramite dell’Insegnante Ratna Mati,
che era una manifestazione del Bodhisattva Manjusri nel suo giovane e
divino aspetto. Così Srimanta diventò un esperto maestro di Dharma.
Dopo qualche tempo sopraggiunse una terribile carestia che lasciò il
Sangha di Nalanda privo di mezzi di sussistenza. L’Abate, Stavira
Rahula Bhadra, nominò Bhiksu Srimanta amministratore del Sangha.
Benchè la carestia non cessò che dopo dodici anni, riducendo di molto
la popolazione del Circondario di Magadha, il Bhiksu fu in grado di
sostenere il Sangha utilizzando la sua conoscenza nelle scienze
alchemiche. Egli aveva acquisito tale conoscenza da un Brahmano
versato nell’alchimia e perciò preparò dapprima due foglie di sandalo,
come incantesimo nei confronti del Siddhi dal Piè Veloce, quindi
mettendo una foglia in una mano e nascondendo l’altra nella suola
delle scarpe, si recò nella lontana isola in cui viveva il Brahmano e
gli chiese di dargli istruzioni sull’Elisir che trasforma i metalli in
oro.

   Il Brahmano pensò tra se e se che lo straniero doveva avere qualche
magico potere, che gli aveva permesso di arrivare fino alla sua isola.
Desideroso di entrarne in possesso, egli disse al Bhiksu: “ La
conoscenza deve essere scambiata con la conoscenza, o compensata in
oro”. “Bene”, replicò Bhiksu Srimanta, “scambieremo le nostre
conoscenze” e cedette al Brahmano l’incantesimo che aveva tenuto in
una mano. Pensando che il visitatore non avrebbe potuto lasciare
l’isola per molto tempo, il Brahmano gli dette allora le istruzioni.
Usando l’altra foglia che aveva conservato nella scarpa, il Bhiksu
invece fu in grado di far ritorno a Magadha. In questo modo riuscì a
provvedere ampiamente alle primarie necessità del Sangha di Nalanda,
mediante la trasmutazione di grandi quantità di ferro in oro, per
mezzo dell’elisir alchemico.

   Qualche tempo più avanti, Bhiksu Srimanta ebbe l’incarico di abate
di Nalanda e procurò di dare molti contributi a quei membri del Sangha
che osservavano correttamente i Tre Addestramenti, espellendo quei
bhiksu e sramana che erano moralmente corrotti. Si reputa che egli
abbia bandito circa ottomila monaci. Fu durante questo stesso periodo
che un certo Bhiksu Shamkara compose un testo intitolato “L’Ornamento
della Conoscenza”, scritto in dodicimila versi, che rappresentò un
tentativo di screditare la Dottrina Mahayana. Per mezzo della logica,
il Bhiksu Srimanta fu in grado di confutare totalmente l’argomento.
Egli confutò anche molte altre scritture che negavano la validità del
Mahayana. In un’occasione, in un luogo chiamato Jatasamghata,
sconfisse in un dibattito 500 studiosi non-Buddhisti e li convertì
alla religione Buddhista, facendo loro superare le false visioni.

   Durante questo periodo, l’Acarya stava diffusamente insegnando il
Dharma del Tripitaka a molti seguaci, quando due giovani, che erano in
realtà emanazioni di Naga, vennero da lui alla ricerca del Dharma. In
loro presenza, l’intera zona si riempì di profumo di legno di sandalo,
mentre alla loro partenza il profumo sparì per poi ricomparire al loro
ritorno. L’Acarya chiese loro la ragione di ciò ed i giovani risposero
di essere i figli del Re Naga Takshaka, e che si erano unti con
essenza di sandalo per immunizzarsi contro le impurità umane. Allora
l’Acarya chiese loro di dargli un po’ di essenza, per ornare
l’immagine di Tara e di assisterlo nella costruzione di un tempio. I
due giovani risposero che avrebbero dovuto chiederlo al loro padre,
quindi partirono e ritornarono dopo due giorni per dire all’Acarya che
soltanto se lui stesso fosse venuto nella Terra dei Naga, avrebbero
potuto esaudirlo. Conscio del beneficio che sarebbe risultato a tutti
gli esseri dal suo viaggio, l’Acarya si recò nella Terra dei Naga dove
il Re Taksaka ed altri sapienti Naga gli presentarono innumerevoli
offerte. Il Mahatma predicò ai Naga il Dharma, accondiscendendo ad
ogni loro richiesta e provocando in loro così tanta soddisfazione che
essi lo pregarono di rimanere per sempre con loro. Egli rispose così:
“ Poiché sono venuto qui con il proposito di assicurarmi il Sutra
della Prajna Paramita in 100.000 versi e l’argilla dei Naga necessaria
alla costruzione dei templi e degli stupa, ora non posso proprio
rimanere, ma forse in futuro potrò ritornare”.

   Quando si fu procurato la versione estesa della “Madre dei
Jina-Vittoriosi”, alcuni testi più brevi della Prajna Paramita e una
grande quantità di argilla dei Naga, l’Acarya si preparò per tornare
nel nostro mondo Jambudvipa. Si dice che per assicurare il ritorno
dell’Acarya nel loro paese, i Naga gli carpirono una piccola porzione
alla fine dei 100.000 versi. Questa parte mancante – gli ultimi due
capitoli  dell’intero Sutra della Prajnaparamita – fu poi sostituita
dai corrispondenti capitoli della versione in 8.000 versi. Questo è il
motivo per cui i due capitoli finali di ciascuna versione dei Sutra
sono identici. Dopo essersi procurato i Sutra della Prajnaparamita,
l’Acarya espanse grandemente l’influenza della tradizione Mahayana,
cosicché quando egli predicò il Dharma nel parco del monastero, i Naga
eseguirono atti di venerazione e sei di quegli esseri-serpenti si
disposero a mò di ombrello intorno all’Acarya per ripararlo dal sole.
Perciò l’Acarya fu chiamato il NAGA, in quanto fu ritenuto essere il
Signore dei Naga e, poiché la sua abilità nel diffondere il Dharma
Mahayana era sembrata per velocità e maestria, come un lancio di
freccia del famoso arciere Arjuna, egli divenne altresì noto come
“Nagarjuna”. Fu altrimenti spiegato che questo nome gli venne anche
praticando le sadhane della dea Kurukulla, tanto da guadagnarsi
autorità sul Re Taksaka e tutti i Naga. Più tardi, Nagarjuna viaggiò
nella zona di Pundravardhana dove, utilizzando i segreti
dell'alchimia, eseguì moltissimi atti di grande generosità. In
particolare concesse grandi quantità di oro ad una coppia di anziani
Brahmani, infondendo loro una grande fede. Il Brahmano più anziano si
mise al servizio di Nagarjuna, ascoltò da lui il Dharma e dopo la sua
morte rinacque come il maestro Bodhinaga.

   Nagarjuna costruì anche molti templi. Una volta, mentre faceva i
preparativi per trasformare in oro un grande macigno a forma di
campana, una emanazione di Tara nell’aspetto di una vecchia donna,
apparve e gli disse: "Anziché fare questo, dovresti andare a praticare
il Dharma sulla Montagna dello Splendore”. Al ché, egli avendola
riconosciuta, vi andò più tardi e ivi praticò la Sadhana di Tara. In
un’altra occasione, dopo aver compiuto le sadhane per invocare la dea
Chandika, la stessa dea condusse l’Acarya nel cielo tentando di
portarlo con sé nei reami celesti. Lui le disse: “ Io non mi sono
ancora preparato per venire nei reami celesti, ti ho soltanto invocato
per provvedere al Sangha Mahayana, affinché gli Insegnamenti del
Buddha possano restare a lungo sulla Terra!”. Cosicché essi
ridiscesero e la dea si stabilì nella parte occidentale di Nalanda,
manifestandosi sotto forma di una nobildonna di casta reale. Nagarjuna
poté così istruirla, dicendole: “Un gran palo di legno khadira, tanto
grosso che un uomo fa fatica a sollevarlo, è stato conficcato nel muro
del tempio di pietra dedicato a Manjusri. Fino a che questo palo non
andrà in cenere tu dovrai provvedere al sostegno del Sangha del
tempio!”.

   Così la nobildonna fece offerte al Sangha per dodici anni con
articoli preziosi di ogni sorta. Durante questo periodo, il custode
del monastero che era uno sramanera di natura malvagia, tentò continui
approcci promiscui con lei. La nobildonna non replicava ma un giorno,
dodici anni dopo, infine lei gli disse: “ Se quel palo di legno
khadira diventerà un giorno cenere, noi potremo unirci”. Il malvagio
sramanera dette allora fuoco al palo, cosicché diventò cenere ma,
proprio in quel momento, la dea stessa svanì.

   Un’altra volta, un numeroso gruppo di elefanti stava minacciando di
danneggiare l’albero della Bodhi a Vajrasana (oggi Bodhgaya).
Nagarjuna eresse allora due colonnati di pietra intorno all’albero
sacro, che assicurarono protezione per molti anni. Allorché anni dopo
gli elefanti tornarono, l’Acarya eresse due grandi immagini di
Mahakala che brandiva una mazza, sul dorso di una statua leonina.
Anche questo intervento fu efficace ma il pericolo tuttavia si
ripresentò, cosicché fu costruito un nuovo recinto di pietre attorno
all’albero. All’esterno del recinto l’Acarya costruì 108 stupa. Questi
stupa erano enormi ed ognuno era coronato da uno stupa più piccolo,
contenente sacre reliquie ossee dello stesso Buddha (16). L’Acarya
costruì inoltre molti templi e stupa nei sei maggiori centri di
Magadha - Sravasta, Saketa, Champaka, Varanasi, Rajagrha e Vaisali– e
procurò insegnamenti di Dharma insieme con adeguati mezzi di
sussistenza per tutto il circondario.

   Soprattutto Nagarjuna riconobbe che, di fatto, nessuno comprendeva
il reale significato della raccolta di Sutra della Prajna Paramita.
Egli sapeva anche che, senza aver realizzato questo, sicuramente non
vi era mezzo per ottenere la Liberazione, pertanto dimostrò ampiamente
il Sentiero di Mezzo. Il quale afferma che Shunyatà (l’essenziale
significato dell’Originazione Dipendente, per cui tutti i fenomeni
sono totalmente vuoti e privi di una natura auto-esistente) è
assolutamente coerente con i principi che esprimono l’infallibile
relazione tra karma ‘neri’ e ‘bianchi’ e le loro conseguenze.
Attraverso le cinque parti della sua raccolta di opere sulla logica,
l’Acarya espose chiaramente il significato ultimo della Saggezza del
Buddha. Questa raccolta consta del trattato principale, la Madhyamika
karika e dei suoi quattro membri: lo Yuktisastika, il Shunyatasaptati,
il Vaidalyasutra ed il Vigraha Vyavarttani.

   Dopo questo periodo, Acarya Nagarjuna dimorò per sei mesi al nord,
sul monte Usira, accompagnato da un migliaio di discepoli e mantenne
ciascuno di loro con una pillola giornaliera di argento vivo rasayana
da lui stesso preparate. Un giorno, un discepolo di nome Siddha
Singki, rispettosamente portò la pillola sopra la testa, ma poi non la
ingoiò. L’Acarya gli chiese il perché ed il seguace rispose: “ Io non
ho bisogno della pillola, Acarya, ma se vi fa piacere vi prego di
preparare un certo numero di recipienti riempiendoli d’acqua”. Allora
furono riempiti d’acqua un migliaio di grandi contenitori e sistemati
lì nella foresta ed il Siddha vi urinò una goccia dentro ciascun vaso,
finché tutto il liquido fu trasformato in “elisir d’oro”. L’Acarya
nascose quindi tutti i vasi in una grotta, inaccessibile ed isolata,
esprimendo la preghiera che potessero un giorno servire a beneficiare
gli esseri del futuro.

   Siddha Singki non era sempre stato così esperto in magìa. Infatti
quando incontrò l’Acarya per la prima volta era così tardo di
intelligenza, che non riusciva ad apprendere più di un singolo verso
per molti giorni. Allora l’Acarya gli disse, in tono scherzoso, di
meditare che un corno era cresciuto sulla cima della sua testa. Il
discepolo così fece, mantenendo così fortemente e chiaramente
l’oggetto della meditazione che ottenne tangibilmente e visibilmente
la crescita di un corno sulla sua testa. Di conseguenza fu incapace di
lasciare la caverna in cui stava meditando, perché il corno si era
incastrato nel soffitto. Allora l’Acarya istruì il Siddha a meditare
che il corno non fosse più esistente ed esso di conseguenza sparì.
Riconoscendo comunque, che le facoltà mentali del suo discepolo erano
ormai acutamente sviluppate, l’Acarya gli insegnò diversi profondi
significati dei Mantra segreti, dandogli istruzioni di meditare
nuovamente, finché il seguace alla fine conseguì il Siddhi della
Mahamudra.

   Successivamente l’Acarya si recò nel continente settentrionale di
Kurava. Lungo il cammino, in una città chiamata Salamana, incontrò
alcuni bambini che giocavano per strada. Nagarjuna lesse il palmo
della mano di uno di loro, un ragazzo chiamato Jetaka e gli predisse
che sarebbe diventato Re. Nel viaggio di ritorno, dopo aver compiuto i
suoi impegni a Kurava, l’Acarya incontrò di nuovo lo stesso giovane
che nel frattempo era divenuto Re. Per tre anni Nagarjuna rimase col
Re, il quale diede all’Acarya molti gioielli, che in cambio compose
per lo stesso Re un gioiello del Dharma, il Ratnavali. Dopo ciò, egli
si recò al Sud, come gli era stato consigliato dall’emanazione di
Tara, per praticare la meditazione sulla Montagna dello Splendore.
Qui, Nagarjuna girò esaurientemente ancora la Ruota del Dharma, sia
dei Sutra che dei Tantra, e fu in questo periodo che compose, in
particolare, il testo Dharmadhatustava.

   In generale, le opere dell’Acarya sono divise in tre raccolte:

1.       La Raccolta dei Discorsi (19), includente opere come il
Ratnavali, il Suhrllekha, il Prajnasataka, il Prajnadanda ed il
Janaposadabindu;

2.       La Raccolta dei Tributi (20), cioè il Dharmadhatustava, il
Lokatitastava, l’Acintyastava ed il Paramarthastava;

3.       La Raccolta delle Scritture Logiche (21), con la già
menzionata Mulamadhyamika karika, ecc.

Oltre a queste, scrisse altri importanti trattati, spiegando i
significati dei Sutra e dei Tantra e compiendo in verità tante e tali
opere che fu come se il Buddha fosse di nuovo tornato. Si dice che
Nagarjuna fece tre Grandi Proclamazioni del Dharma: la prima fu quando
sostenne la disciplina Vinaya in Nalanda, come narrato
precedentemente. Questo fu come il primo giro della Ruota del Dharma
da parte del Bhagavan. La seconda fu la sua chiara esposizione della
pura Visione di Mezzo, la composizione dei Trattati di Logica, ed
altri. Questa fu simile al secondo giro della Ruota da parte del
Bhagavan. La terza grande proclamazione costituì l’opera dell’Acarya
sul Monte dello Splendore nel sud, ove compose opere come il
Dharmadhatustava. E questa corrispondeva al terzo ed ultimo giro della
Ruota del Dharma del Buddha Bhagavan.

   Tale vastità di opere in favore del Dharma e degli esseri viventi,
suscitarono grande dispiacere nelle forze malvagie ed in Mara stesso.
Si narra che un ragazzo, Kumara Shaktiman, nato tempo addietro dalla
Regina e dal Re Udaybhadra, disse a sua madre, che gli stava porgendo
un raffinato e raro indumento: “ Mettilo da parte, o madre, perché lo
indosserò quando sarà giunto per me il tempo di governare il Regno”. E
la Regina gli replicò: “ Tu non potrai mai governare, poiché l’Acarya
Nagarjuna ha predisposto che tuo padre e lui stesso abbiano l’identica
durata di vita. Perciò il Re tuo padre non morirà se non morirà
l’Acarya stesso”. Il ragazzo allora fu così vinto dal dolore, che sua
madre continuò: “ Non piangere così! L’Acarya è un Bodhisattva, quindi
se tu gli chiedi di darti la sua testa egli non potrà rifiutare. In
questo modo tuo padre morirà e tu potrai ottenere il regno”.

   Così Kumara Shaktiman seguì il suggerimento della madre e Nagarjuna
accettò di donare davvero la sua testa. Tuttavia, nonostante il
ragazzo si sforzasse molto, la sua spada non riusciva a tagliare il
collo dell’Acarya, il quale disse perciò al ragazzo: “ Tanto tempo fa,
mentre tagliavo l’erba, mi accadde di uccidere inavvertitamente un
insetto. Il potere di quel misfatto pesa ancora su di me, quindi puoi
tagliarmi la testa usando uno stelo di erba kusha”. Il ragazzo lo fece
e fu così in grado di troncare la testa a Nagarjuna. Il sangue che
fluì dalla ferita si trasformò in latte e dalla testa smembrata
uscirono queste parole: “ Me ne parto da qui per il Paradiso di
Sukhavati ma, in futuro, entrerò di nuovo in questo corpo!”. Il
principe egoista e malvagio gettò via la testa a diverse leghe di
distanza, temendo che essa potesse di nuovo congiungersi al corpo. Pur
avendo l’Acarya da molto tempo conseguito i poteri della pratica
rasayana, la sua testa ed il corpo diventarono duri come pietre. Si
dice che ogni anno le due parti si avvicinino sempre di più l’una
all’altra, finché si ricongiungeranno, alla fine, ancora una volta, di
modo che Nagarjuna potrà di nuovo compiere grandi opere per il
beneficio dell’Insegnamento e di tutti gli esseri viventi. Si dice
inoltre che l’Acarya Nagarjuna visse per un totale di seicento anni,
come è scritto nel Manjusrimulakalpa:

       “ Dopo che io, il Tathagata, sarò morto e saranno trascorsi
quattrocento anni,

       “ un Bhiksu, il NAGA, apparirà e sarà di grande fede e
beneficio per l’insegnamento.

       “ Egli conseguirà lo stato di Grande Beatitudine e resterà in
vita per seicento anni!”


(Fonte: http://www.centronirvana.it/)