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Poteri occulti e alimentazione satvica


Già nello Yoga Sutra di Patanjali, il testo più antico sulla pratica yoga  che si fa risalire ad un periodo “mitologico” di migliaia d’anni fa, si faceva riferimento alla dieta satvica (vegetariana) come preliminare per la pratica che avrebbe poi portato a sviluppare gli ottuplici poteri occulti (bilocazione, lettura del pensiero, telecinesi, teleforesi, etc.). L’analisi accurata che segue, ce ne da ulteriore conferma. 
(Paolo D’Arpini)

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Ecco un po’ di vegetarianismo e di parapsicologia.
Facendo finta di niente, molti sono i legami tra vegetarianismo e parapsicologia. Già nel trattato sulla parapsicologia in 12 tomi, capitatomi nelle mani nella Biblioteca di Cayenne, nella Guyana Francese,  il vegetarianismo appariva come” conditio sine qua non”, per avvicinarsi alla parapsicologia, e questo nelle prime pagine.
Però, vi voglio parlare delle mie esperienze personali, come sempre ,da queste pagine dedicate ai fratelli vegetariani. Sto pensando, quando intervenne la parapsicologia nel vegetarianismo. Devo anche dire che la massima parte del mio tempo era dedicata alla meditazione. Chiunque può dire che con essa si aprono particolari canali.
Permettetemi di spiegarvi meglio questo fenomeno,visto che sono una neurochirurga, anzi, la prima neurochirurga italiana. Il nostro cervello è costituito da due lobi: destro e sinistro. Nella parapsicologia, ormai riconosciuta da tutti, il lobo destro è il cervello maschile, razionale, il lobo sinistro è il cervello femminile, intuitivo. Ovviamente l’equilibrio è auspicabile.
Il lobo destro ed il lobo sinistro sono uniti da vie di collegamento, come per esempio, il corpo calloso ed  il trigono. L’interessante di questa formazione è che, in caso di alcoolismo, la dissezione cadaverica metterà in risalto, nel corpo calloso, . una formazione rotondeggiante , di tessuto connettivo, il tessuto più banale, non certo in grado d trasmettere impulsi nervosi. Il trigono ha una forma triangolare, ed in tutta la parapsicologia si esalta la forma triangolare. Le vie tra i due emisferi non sono del tutto pervie. Ampie asportazioni del cervello, in neurochirurgia, permettono una vita normale. Allora gran parte del cervello è inutile, o solo una parte è risvegliato? E, circa le vie tra i due emisferi, come renderle pervie?
La meditazione rende pervie tali vie e l’illuminazione, cioè un flash di luce che appare durante la meditazione, testimonia tale fatto.
Da là, le visioni profetiche che caratterizzano questa strada. Anche le droghe, specie quelle pesanti, aprono la strada tra i due emisferi. E qui, vi è un ragionamento di medicina naturale. Noi vediamo sempre, che, in qualsiasi fenomeno concorre tutto il corpo: nella medicina allopatica questa viene definita:”l’influenza della buona costituzione”. Nell’apertura delle vie intraemisferiche, come ridonderà un corpo distrutto dalle droghe?
Ed inoltre, si è visto che le droghe aprono malamente la connessione intraemisferica, dando luogo ad allucinazioni (deformazioni della realtà), illusioni (l’immagine di una realtà inesistente) senza alcun significato, e che possono apparire all’improvviso, devastando la vita del soggetto.
Quindi, le strade aperte dalla droga, o le connessioni interemisferiche,  sono intossicate, non risultano attendibili, cosiccome i loro prodotti, visioni, ben lontano dalla realtà, presente, passata, futura.
Questa affermazione mi sembra indispensabile, dopo aver visti il film, in DVD; “ Jack lo squartatore”, un film  buono, per il resto, ma che introduceva il concetto che attraverso le droghe, si possono avere visioni, che aiutano a spiegare la realtà.
Cosiccome il recente cantante che dichiarava essere la cocaina, un potente tonico cerebrale. Penso che tutti i medici, che avranno ascoltato quella trasmissione, saranno rimasti, non sorpresi, ma attoniti. La cocaina dà uno speedy  al corpo, compreso a livello sessuale , ed al cervello, in cui una marea di pensieri si affacciano, che il profano scambia per una iperfunzione cerebrale.
Circa il cervello, in tutte le funzioni che esso esplica, notiamo l’inibizione che esso porta. Sugli sfinteri, per esempio, anale, uretrale esso esercita una Inibizione, quindi lo sfintere non segue la sua naturale funzione, o status, e si contrae, da lì il controllo delle feci e delle urine.
Non a caso, nelle vecchiaia, i fenomeni arteriosclerotici possono dare origine a perdita di urine e di feci. Per quanto riguarda il centro della parola, notiamo , anche lì, la funzione inibitoria cerebrale: da lì la logorrea, come piccola disarmonia cerebrale, al parlare ininterrotto di certe malattie psichiatriche.
Inoltre, vi è da considerare la meditazione, e tutta la stima di cui gode, incluso il mondo scientifico, in tutto il mondo. La meditazione viene vista anche come terapia cerebrale. Mi sono capitati casi di epilessia, curati con la meditazione.
La meditazione riesce a creare il silenzio interno: quindi,. potremmo dire che l’assenza di pensiero è sinonimo di salute cerebrale .
Come potremmo considerare la marea di pensieri, suscitati dalla cocaina? Dopo di che vi è da considerare come il corpo si presenta, nei cocainomani. Non è certo un corpo tonico, ed il cervello non brilla per resistenza psichica ed emotiva. Questo per delineare una barriera ben precisa tra il parapsicologico, ed i prodotti di un cervello intossicato da droghe, allucinazioni ed illusioni, che non hanno nulla che fare con la realtà.
La parapsicologia pretende non solo il vegetarianismo, possibilmente il crudismo, ma anche un operare sempre più nel bene; laddove, per bene, si intende non solo non fare male agli altri, ma non disturbarli, ed aiutarli, solo se lo richiedono, e se lo richiedono molte volte. Il bene dilaga in tutta la vita privata, personale, ovviamente, di lavoro, ed anche nei campi economici. Con la parapsicologia, si entra in campo energetico, nelle vibrazioni,e quindi, ottenere un buon risultato significa che devo essere buona.
Come vedete, vi è  un grande muro, tra la parapsicologia ed i prodotti mentali della droga, completamente deteriorati.
La meditazione, che mette in comunicazione i due emisferi, seguendo le leggi ferree del bene, mette in comunicazione con altri mondi. Quindi, io che ho dedicato, per questa meditazione, anni e anni ho avuto delle sensazioni particolari. Una volta, in Perù, stavamo preparando degli spaghetti con delle ostriche, particolarmente giganti, tipiche di quella nazione. Eravamo in una terrazza, ed il mio ragazzo, prese a spaccare le ostriche, colpendole più volte al suolo, ed io, improvvisamente mi ritrovai in una casa, la casa , che credevo sicura, che stava tremando, che si stava rompendo:scoppiai in lacrime:  ero l’ostrica. Più in là, cominciai, durante la meditazione, ad avere la sensazione di respirare, attraverso le costole.
In quel periodo, stavo mangiando a colazione il çevice, un pesce cotto con il limone: non lo mangiai più; la meditazione mi parlava della respirazione dei pesci, attraverso le branche. Anni dopo, ero ormai vegetariana da lungo tempo, venni derubata in Brasile, di ogni mio avere. Nell’attesa del rimborso dei traveller’s cheques, gli amici, pietosi, mi invitarono a cena. Era una cena speciale: avevano portato dei granchi.
Mi sentii in dovere, e forse, chissà, in diritto, di assaggiare un poco, di quello che un tempo era un mio piatto. Misi un boccone in bocca, ed immediatamente, sentii panico, panico, ero braccata, ed a un certo punto non vidi più  nulla. Chiaramente smisi di mangiare. Qualche giorno dopo, vidi, sulla spiaggia, come cacciavano i granchi. Li inseguono, e gettano loro della sabbia, sugli occhi sporgenti, quando essi sono vicino. Quindi, in quella cena ero stata un granchio.
Un’altra volta, ero su di un’isola, molto selvaggia. Mentre meditavo (ero già vegetariana), sentii una voce che mi diceva di non mangiare carne. Nell’isola, i rifornimenti erano molto scarsi, ed era difficile trovare il cibo, talvolta. Qualche giorno dopo la voce sentita durante la meditazione, si sparse una grande gioia in tutta l’isola e carne correva ovunque; tutte le capanne ne erano provviste. Fui l’unica a rifiutare la carne, per via dell’avviso, anche se il cibo era in realtà molto difficile ed introvabile. Il giorno dopo, tutta l’isola si ammalò. La carne veniva da una mucca, trovata morta; e chissà quale malattia, commentavano gli abitanti, dal loro letto.
Milena Auretta Rosso

Capracotta - Lainate... e la fiaba della "bici-cometa" di Antonio D'Andrea


Verso il 20 settembre (2008) sono tornato da Capracotta per iniziare a preparare i pacchi per il mio trasloco definitivo  a Capracotta. Ogni tanto a Lainate, dove vivevo e in parte vivo ancora, mi recavo alla discarica “ecologica”, gestita mi pare dal comune, ove porto del materiale da smaltire. 
Ebbene ci andavo in bici perché dista circa 2 km da casa. Un giorno al ritorno per strada vedo un bellissimo nastro giallo anzi giallissimo (come diceva zia Elena), di quelli, per intenderci che di solito sono usati per confezionare pacchi regalo (poi l’ho misurato: 7 metri e 50 centimetri di lunghezza e 5 centimetri di larghezza). Mi ha colpito e mi dispiaceva lasciarlo sulla strada (sul nastro d’asfalto…) dove ci sarebbero passati camion e auto e in breve tempo sarebbe diventato poltiglia. 
E così svelto svelto l’ho raccolto e messo arrotolato nel cestino portapacchi  sulla ruota posteriore. E così per alcuni giorni è rimasto lì. Intanto pensavo a come poterlo utilizzare, tenendo conto che ho già tantissimi nastri e nastrini che metto da parte e che uso poco o pochissimo. Per cui accumulo aspettando le occasioni buone per utilizzarlo.
Dopo una settimana vado lungo il sentiero, in parte asfaltato in parte no, che scorre di fianco al canale Villoresi, poco frequentato. Dovendo portare dei pacchetti e delle borse, per non far schiacciare il nastro dorato mi dico che potrei legarlo all’estremità del cestino gratinato. E così faccio, con l’accortezza di annodarlo a metà dopo averlo piegato in due. Il risultato saranno quattro nastri di circa mt 1,80 ciascuno le cui due estremità sono un po’ sfrangiate.
Appena parto, con la coda dell’occhio vedo uno “spettacolo” meraviglioso: i quattro nastri volteggiano nell’aria come code di aquiloni. E le/i bambine con a fianco genitori o nonni che mi incontrano rimangono a bocca aperta. E felice e imbarazzato continuo a pedalare con il fruscio delle quattro code d’oro. Ogni tanto butto l’occhio alle spalle oppure vedo l’ombra proiettata a sinistra o davanti, a secondo della direzione della strada…che meraviglia….
Verso la fine di settembre riparto per Capracotta e ci resto fino a circa il 23 ottobre.  Al ritorno mi capita di rifare il sentiero lungo il Villoresi e mi ricordo del nastro che srotolo di nuovo. Un tuffo al cuore!!! Me ne ero dimenticato e rivederlo giocare con l’aria è una grande piccola emozione e mi viene da paragonarlo a una cometa…. 
Incontro lungo la strada, essendo di domenica, molte più bambine/i accompagnate/i e tutte/i rimangono stupefatte/i.
La cometa…. la mitica stella cometa di quando ero piccolo che mi affascinava e incantava e mi faceva sognare…. Eccola, a portata di mano. Sì in parte è come la coda degli aquiloni, ma di solito al massimo sono due e nonostante li ami, gli aquiloni, raramente li ho fatti volare e si muovono lentamente nell’alto del cielo…

Ma quattro nastri d’oro dietro attaccati alla bici che li senti frusciare-bisbigliare in continuazione e girandomi vederli danzare nell’aria lasciando una scia di gioia è troppo troppo bello….
E così è nato il termine bici-cometa… Ogni bici potrebbe diventare una cometa e chi pedala, almeno per me, è come se cavalcasse una cometa, piccolo nomade dell’universo.
Qualcuno potrebbe chiedermi “Storia interessante ma ci vedi anche una valenza culturale, simbolica, politica?” Lo so che posso sembrare un utopista minimalista, e in realtà lo sono, ma la bici cometa è troppo troppo bella. Forse ci insegna che col niente, con pezzetti di rifiuti possono nascere grandi simboli che accendono gioia, meraviglia, stupore; che invitano e invogliano a giocare a rigiocarsi a mettere in moto un altro mondo possibile; è un po’ come la zucca di Cenerentola che viene trasformata  in carrozza di lusso (in questo caso una bici in cometa). Insomma l’altro mondo possibile è quello che possiamo costruire già da adesso, a partire dalle cose più piccole e forse anche rifiutate. E trasformarle in fiabe reali. In fondo la Fata era anche la Signora (o forse S’ignora?) delle metamorfosi e ciascuna/o potrebbe -e  dovrebbe- diventare Fata. E pensavo poi che carino sarebbe se colorassi la bici (chiaramente con colori atossici e non inquinanti) tutta di giallo oppure trovando nastri rossi tutta rossa o scambiarsi le bici a secondo degli umori e desideri. E mi immagino un fiume di bici-comete (come-te) in occasione di manifestazioni per la pace o semplicemente che vagano per le città e paesi….
Buon viaggio e sogni d’oro sulle bici-comete….   
Antonio D’Andrea  

L'ultimo imperatore... e la "discesa" di sion in terra



Giuliano - L'ultimo grande imperatore romano

Giuliano Imperatore:  “Ma che fin dal principio dio si prese cura dei soli Giudei e che essi sono il suo possesso esclusivo, lo hanno detto chiaramente non solo Mosè e Gesù, ma anche Paolo. Eppure in Paolo questa affermazione desta meraviglia. Egli invero, a seconda dei momenti, cambia le sue opinioni su dio, così come i polipi cambiano a contatto con le rocce. Alcune volte afferma che soltanto i Giudei sono la proprietà di dio, altre volte invece, quando cerca di convincere i Greci a divenire suoi adepti, dice: «Che forse è solo dio dei Giudei, ma non anche delle genti? Sì, anche delle genti». Sarebbe bene allora chiedere a Paolo perché, se non era solo il dio dei Giudei, ma anche delle genti, ha mandato ai Giudei ricchezza di dono profetico, Mosè, l’unzione, i profeti, la legge, i prodigi e le meraviglie dei loro favolosi racconti. E li senti gridare: «l’uomo ha mangiato il pane degli angeli». Infine ha inviato ad essi anche Gesù e a noi né profeti, né crisma, né maestro, né un essere venuto ad annunziare quello che, se pur tardivo, doveva essere il suo amore anche per noi. Ma ha invece permesso per decine di migliaia e, se voi volete, per migliaia di anni, che gli uomini da oriente ad occidente, dal pieno nord a sud, servissero, come voi dite, gli idoli in cosí grande ignoranza, eccetto una piccola stirpe che andò ad abitare da meno di duemila anni in una sola parte della Palestina. Se infatti è dio di tutti noi ed è anche demiurgo di tutto, perché dunque ci ha trascurato?... dovremo darvi ascolto perché voi o uno della vostra razza ha immaginato il dio dell’universo avendone solo una vaga nozione? Non sono forse questi segni di limitatezza: «dio geloso» (per quali motivi è geloso?) e «dio che fa scontare ai figli le colpe dei padri»? […] “ «Come è possibile che abbia cancellato la colpa il Verbo di dio, che ha spinto molti ad uccidere il padre, molti altri i figli, essendo gli uomini costretti a difendere le tradizioni avite e a rispettare la religione tramandata nel tempo, o ad abbracciare questa novità». … Gesù che è venuto a cancellare la colpa, si è scoperto che l’ha moltiplicata.” GIULIANO IMPERATORE (331 - 363), “Contra galilaeos”, introduzione, testo critico e trad. a cura di Emanuela Masaracchia, Edizioni dell’Ateneo, Roma, 1990, Fr. 20, pp. 254 – 255, Fr. 107, p.



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The founding narrative of the modern State of Israel was born from the words of Moses in the Old Testament, that God granted the land of Israel to the Jewish people and that it was to be theirs for all time.


Then, there was the story of the Diaspora – that after Jewish uprisings against the Romans in the First and Second centuries A.D., the Jews were exiled from the land of Israel and dispersed throughout the Western world. They often were isolated from European populations, suffered persecution, and ultimately were marked for extermination in the Nazi Holocaust.


Finally after centuries of praying for a return to Israel, the Jews achieved this goal by defeating the Arab armies in Palestine and establishing Israel in 1948. This narrative – spanning more than three millennia – is the singular, elemental and sustaining claim of the State of Israel as a Jewish nation.


But a new book by Israeli scholar Shlomo Sand challenges this narrative, claiming that – beyond the religious question of whether God really spoke to Moses – the Roman-era Diaspora did not happen at all or at least not as commonly understood.


In When and How Was the Jewish People Invented?, Dr. Sand, an expert on European history at the University of Tel Aviv, says the Diaspora was largely a myth – that the Jews were never exiled en masse from the Holy Land and that many European Jewish populations converted to the faith centuries later.


Thus, Sand argues, many of today’s Israelis who emigrated from Europe after World War II have little or no genealogical connection to the land. According to Sand’s historical analysis, they are descendents of European converts, principally from the Kingdom of the Khazars in eastern Russia, who embraced Judaism in the Eighth Century, A.D.


The descendants of the Khazars then were driven from their native lands by invasion and conquest and – through migration – created the Jewish populations of Eastern Europe, Sands writes. Similarly, he argues that the Jews of Spain came from the conversion of Berber tribes from northern Africa that later migrated into Europe.


The Zionist Narrative

Sand, himself a European Jew born in 1946 to Holocaust survivors in Austria, argues that until little more than a century ago, Jews thought of themselves as Jews because they shared a common religion, not because they possessed a direct lineage to the ancient tribes of Israel.


However, at the turn of the 20th Century, Sand asserts, Zionist Jews began assembling a national history to justify creation of a Jewish state by inventing the idea that Jews existed as a people separate from their religion and that they had primogeniture over the territory that had become known as Palestine.


The Zionists also invented the idea that Jews living in exile were obligated to return to the Promised Land, a concept that had been foreign to Judaism, Sand states.


Like almost everything in the Middle East, this new scholarship is fraught with powerful religious, historical and political implications. If Sand’s thesis is correct, it would suggest that many of the Palestinian Arabs have a far more substantial claim to the lands of Israel than do many European Jews who arrived there asserting a God-given claim.


Indeed, Sand theorizes that many Jews, who remained in Judea after Roman legions crushed the last uprising in 136 A.D., eventually converted to Christianity or Islam, meaning that the Palestinians who have been crowded into Gaza or concentrated in the West Bank might be direct descendants of Jews from the Roman era.


Despite the political implications of Sand’s book, it has not faced what might be expected: a withering assault from right-wing Israelis. The criticism has focused mostly on Sand’s credentials as an expert on European history, not ancient Middle Eastern history, a point that Sand readily acknowledges.


One critic, Israel Bartal, dean of humanities at the Hebrew University, attacked Sand’s credentials and called Sand’s thesis “baseless,” but disagreed mostly over Sand’s assertion that the Diaspora story was created as an intentional myth by Zionists seeking to fabricate a direct genealogical connection between many of the world’s Jews and Israel.


“Although the myth of an exile from the Jewish homeland (Palestine) does exist in popular Israeli culture, it is negligible in serious Jewish historical discussions,” Bartal wrote in the newspaper Haaretz. “Important groups in the Jewish national movement expressed reservations regarding this myth or denied it completely. …


"The kind of political intervention Sand is talking about, namely, a deliberate program designed to make Israelis forget the true biological origins of the Jews of Poland and Russia or a directive for the promotion of the story of the Jews' exile from their homeland is pure fantasy."


In other words, Bartal, like some other critics, is not so much disputing Sand’s historical claims about the Diaspora or the origins of Eastern European Jews, as he is contesting Sand’s notion that Zionists concocted a false history for a cynical political purpose.


But there can be no doubt that the story of the Diaspora has played a key role in the founding of Israel and that the appeal of this powerful narrative has helped the Jewish state generate sympathy around the world, especially in the United States.


"After being forcibly exiled from their land, the people remained faithful to it throughout their Dispersion and never ceased to pray and hope for their return to it and for the restoration in it of their political freedom," reads the preamble to the Israeli Declaration of Independence.


Reality from Mythology


In January 2009, as the Israeli army bombarded Palestinians in Gaza in retaliation for rockets fired into southern Israel, the world got an ugly glimpse of what can result when historical myths are allowed to drive wedges between people who otherwise might have a great deal in common.


After the conflict ended – with some 1,400 Palestinians dead, including many children and other non-combatants – the Israeli government investigated alleged war crimes by its army and heard testimony from Israeli troops that extremist Rabbis had proclaimed the invasion a holy war.


The troops said the Rabbis brought them booklets and articles declaring: “We are the Jewish people. We came to this land by a miracle. God brought us back to this land, and now we need to fight to expel the non-Jews who are interfering with our conquest of this holy land.”


In his book – and in an interview with Haaretz about his book – Sand challenged this core myth. In the interview, he said:


"I started looking in research studies about the exile from the land - a constitutive event in Jewish history, almost like the Holocaust. But to my astonishment I discovered that it has no literature. The reason is that no one exiled the people of the country.


“The Romans did not exile peoples and they could not have done so even if they had wanted to. They did not have trains and trucks to deport entire populations. That kind of logistics did not exist until the 20th Century. From this, in effect, the whole book was born: in the realization that Judaic society was not dispersed and was not exiled."


The True Descendants


Asked if he was saying that the true descendants of the inhabitants of the Kingdom of Judah are the Palestinians, Sand responded:


"No population remains pure over a period of thousands of years. But the chances that the Palestinians are descendants of the ancient Judaic people are much greater than the chances that you or I are its descendents.


“The first Zionists, up until the Arab Revolt [1936-1939], knew that there had been no exiling, and that the Palestinians were descended from the inhabitants of the land. They knew that farmers don't leave until they are expelled.


“Even Yitzhak Ben-Zvi, the second president of the State of Israel, wrote in 1929 that, 'the vast majority of the peasant farmers do not have their origins in the Arab conquerors, but rather, before then, in the Jewish farmers who were numerous and a majority in the building of the land.'"


Sand argues further that the Jewish people never existed as a “nation race” but were rather an ethnic mix of disparate peoples who adopted the Jewish religion over a great period of time. Sand dismisses the Zionist argument that the Jews were an isolated and seminal ethnic group that was targeted for dispersal by the Romans.


Although ruthless in putting down challenges to their rule, the Romans allowed subjects in their occupied territories a great many freedoms, including freedom to practice religion, freedom of speech, and freedom of assembly.


Thousands of Jews served in the Roman legions, and there was a sizable Jewish community in Rome itself. Three Jewish descendants of Herod the Great, the Jewish Emperor of Jerusalem, served in the Roman Senate.


Jewish dietary laws were respected under Roman law, as well as the right not to work on the Sabbath. Jewish slaves – 1,000 carried to Italy by Emperor Titus after crushing the first Jewish rebellion in 70 A.D. – were bought and set free by Jewish families already long settled into Roman society.


After the final Jewish rebellion, the Bar Kokhba revolt of 132-136 A.D., historians say the Romans placed restrictions on Jews entering Jerusalem, which caused other areas, such as Galilee in northern Palestine, to become centers of Jewish learning. But there is little or no evidence of a mass forced relocation.


Sand says the Diaspora was originally a Christian myth that depicted the event as divine punishment imposed on the Jews for having rejected the Christian gospel.


Genetic Evidence


There has been no serious rebuttal to Sand’s book, which has been a bestseller in Israel and Europe – and which is expected to be released in the United States within the year. But there were earlier genetic studies attempting to demonstrate an unbroken line of descent among Ashkenazi Jews in Europe from the Hebrew tribes of Israel.


In a genetic study published by the United States National Academy of Sciences, the Y chromosomes of Ashkenazi, Roman, North African, Kurdish, Near Eastern, Yemenite, and Ethiopian Jews were compared with 16 non-Jewish groups from similar geographic locations. It found that despite long-term residence in different countries and isolation from one another, most Jewish populations were not significantly different from one another at the genetic level.


Although the study also demonstrated that 20 percent of the Ashkenazim carry Eastern European gene markers consistent with the Khazars, the results seemed to show that the Ashkenazim were descended from a common Mid-Eastern population and suggested that most Jewish communities have remained relatively isolated from neighboring non-Jewish communities during and after the Diaspora.


However, a monumental genetic study entitled, “The Journey of Man,” undertaken in 2002 by Dr. Spencer Wells, a geneticist from Stanford University, demonstrated that virtually all Europeans males carry the same genetic markers found within the male population of the Middle East on the Y chromosomes.


That is simply because the migration of human beings began in Africa and coursed its way through the Middle East and onward, stretching over many thousands of years. In short, we are all pretty much the same.


Obsessive Delusion


Despite the lack of conclusive scientific or historical evidence, the Diaspora narrative proved to be a compelling story, much like the Biblical rendition of the Exodus from Egypt, which historians and archeologists also have questioned in recent years.


It is certainly true that all nations use myths and legend for sustenance; some tales are based on fact, others are convenient self-serving contrivances.


However, when myth and legend argue for excess, when they demand a racial, ethnic or religious purity to the exclusion of others – so that some prophecy can be fulfilled or some national goal achieved – reason and justice can give way to extremism and cruelty.


The motive for creating the state of Israel was to provide respite for the Jews of Europe after World War II, but that worthy cause has now been contorted into an obsessive delusion about an Israeli right to mistreat and persecute Palestinians.


When right-wing Israeli Rabbis speak of driving non-Jews out of the land that God supposedly gave to the Israelites and their descendants, these Rabbis may be speaking with full faith, but faith is by definition an unshakable belief in something that taken by itself cannot be proven.


This faith – or delusion – also is drawing in the rest of the world. The bloody war in Iraq is an appendage to the Israeli-Palestinian conflict, as is the dangerous rise of Islamic fundamentalism across the region.


There is also now the irony that modern Israel was established by Jews of European origin, many of whom may be ethnically unconnected to Palestine.


Another cruel aspect of this irony is that the descendants of the ancient Israelites may include many Palestinians, who are genetically indistinct from the Sephardic Jews who were, like the Palestinians, original and indigenous inhabitants of this ancient land.


Yasir Arafat told me quite often that the Israelis are really cousins of the Palestinians. He may have been wrong; they are more likely brothers and sisters.

Morgan Strong *

* Morgan Strong is a former professor of Middle Eastern history, and was an advisor to CBS News “60 Minutes” on the Middle East.


Source: http://www.middle-east-
online.com/english/?id=31461

Contro. Senza capire contro chi....



Sentenziare sugli effetti senza risalire alle cause, non è saggio. Il mondo è pieno di cose orrende, mettere alla luce qualcosa che si conosce da secoli, puzza lontano un miglio.
Ama il prossimo tuo perché è te stesso.
Certamente in un mondo dove la donna è usata come specchio per le allodole, i deboli cadono nella trappola infernale. I media propagandano tutto il male del mondo.
Il male fa notizia perché non rappresenta la consuetudine e il modo di rappresentarlo fa diventare notizia quei pochi casi di omicidio “romanzabili” di cui si parla per decenni (o per secoli)!
Il modo con cui vengono narrate storie di squallore, di solitudine di persone che gestiscono ricchezze o potere, dove tutto è tristemente ipocrita, vuoto di contenuti di qualsiasi natura, ma pieno di false amicizie, falsi amori, falsi principi, fa riflettere su chi scrive, su chi con la sua visibilità oscura quella moltitudine di brave persone che sono bombardate da quei messaggi sui muri, sui giornali, sugli autobus, le metropolitane, i cinema, le tv, sul cibo, su… su…
C´è omosessualità all´interno di una famiglia? E´ giusto che un prete non abbia una compagna? E´ normale che persone dello stesso sesso si accoppino? Perché le prostitute possono pubblicizzarsi per strada, su internet, sui giornali, in televisione, al telefono e quant´altro e non possono stare nei bordelli? Il modello sociale da ipotizzare non può trovare terreno fertile se non ci spogliamo da ogni forma di ipocrisia e violenza. Come definire la moglie che baratta l'amplesso col marito?  Si può distinguere l'amore dal sesso? Chi fa sesso ovunque, comunque e con chiunque è più felice e più appagato di chi ne è privato?
Non possiamo costruire la nostra felicità se non ci preoccupiamo di quella di chi ci sta intorno. Se ci convincessimo che ciò che fanno gli altri è influenzato anche dai nostri comportamenti il giustizialismo sarebbe sostituito dalla compassione, dalla ricerca insieme, di trovare una via di uscita evitando di dare a tutte le forme di potere alibi per eliminare i loro antagonisti, così come evitiamo di tagliarci un braccio per eliminare un bubbone che lo minaccia.
Se abbiamo una pietra in mano, non ascoltiamo chi ci incita a lanciarla per lapidare qualcuno, ma usiamola per costruire insieme l'edificio della democrazia! 
Benito Castorina

"Spie in Irlanda" di Enno Stephan - Recensione



Il volume di Enno Stephan, giornalista e scrittore berlinese nonché
Vice Presidente dell’Associazione tedesco-irlandese, è dedicato al
tentativo di avvicinarsi il più possibile alla verità storica per uno
dei passaggi più delicati della seconda Guerra mondiale.
L’intento dichiarato è quello di contribuire a ridimensionare due miti
dell’ultimo conflitto mondiale: quello di un’Irlanda in apparenza
neutrale, ma in realtà favorevole alla Germania, e quello
dell’efficienza spionistica tedesca.

È noto come da parte del mondo anglosassone il rifiuto irlandese di
concedere agli inglesi stessi l’uso delle basi navali appartenute alla
Gran Bretagna fino al 1938 fu considerato come la prova decisiva
dell’atteggiamento filo-tedesco dell’Irlanda. Tale ipotesi venne
ulteriormente avvalorata, ricorda l’Autore, quando iniziarono a
diffondersi voci, via via più insistenti, di infiltrazioni
spionistiche tedesche in Eire. Le “temibili spie tedesche”, infatti,
si riteneva fossero responsabili, grazie alle informazioni ottenute,
delle difficili e precarie condizioni in cui versavano le navi alleate
nell’Atlantico, anche a seguito delle pesanti perdite subite.
Dalla cospicua ricerca documentale effettuata e dalle fondamentali
testimonianze ottenute di prima mano, l’Autore ha tratto la
convinzione che le ipotesi sopra esposte fossero largamente esagerate.
Lo stesso governo irlandese dell’epoca, rappresentato da de Valera,
aveva in realtà costantemente cercato di contrastare fughe di notizie
pregiudizievoli per la sicurezza alleata, che avrebbero anche
costituito una minaccia seria ed oggettiva per la vita di tanti
cittadini inglesi ed americani, sia civili che militari.
In particolare, gli approfondimenti effettuati da Stephan hanno il
pregio di testimoniare, diversamente da quanto da molti ritenuto,
quanto scarso spessore abbiano avuto le infiltrazioni tedesche nel
territorio irlandese. I temibili agenti tedeschi, in realtà, sono
piuttosto da definire, secondo l’Autore, un “insieme di tipi strani”.
Come definire diversamente, tra gli altri, un sollevatore di pesi non
più giovane, un avvocato, un capitano di mare, un cameriere di nave,
un commerciante di animali e di spezie?

È semplice, date queste premesse, intuire come la maggior parte delle
missioni siano miseramente fallite a distanza di poche ore dall’arrivo
nel territorio nemico.

La posizione irlandese, d’altra parte, poteva prestarsi a facile
strumentalizzazione da parte tedesca, attesa la lotta secolare
tradizionalmente rivolta dagli irlandesi contro l’Inghilterra.
Nonostante la proclamazione dell’indipendenza, infatti, continuavano a
perpetuarsi incomprensioni e rancori, insuperati motivi di contrasto e
contrapposizioni.

Situazioni di disagio e difficoltà che si ritrovano, magistralmente
descritte con occhi di bambino, anche nel recentissimo volume
autobiografico di Hugo Hamilton, Il cane che abbaiava alle onde.
La ferita delle sei contee separate dell’Ulster, inoltre, era una
questione aperta tanto per il governo ufficiale quanto per l’IRA
(l’Esercito repubblicano irlandese), ed il servizio segreto tedesco
pensò di poter far leva su tale contrasto per tirare dalla propria
parte gli irlandesi o, quanto meno, per riuscire a predisporre una
base operativa contro gli inglesi.

Per tale motivo, nel febbraio 1939, un emissario dei Servizi tedeschi
aveva avuto un incontro a Dublino con i maggiori esponenti dell’IRA.
L’alleanza avrebbe dovuto essere vantaggiosa per entrambe le parti: i
rivoluzionari irlandesi avrebbero potuto ottenere la riunificazione
del Paese, i tedeschi, attraverso azioni di sabotaggio nelle contee
dell’Ulster, avrebbero potuto danneggiare notevolmente la Gran
Bretagna.

La descrizione dell’Autore si dipana lungo tutto il periodo bellico.
Con passaggi puntuali e dettagliati, sono descritte luci ed ombre
delle attività delle rispettive fazioni.
Stephan riesce a mostrare con lucidità quanto la realtà sia spesso
lontana dai canoni dell’immaginario collettivo, riconducendo imprese
ritenute titaniche ed eroiche ad attività umane sicuramente meno
clamorose e rocambolesche, notevolmente più incerte negli esiti
finali.

Titolo: Spie in Irlanda
Autore: Enno Stephan

Giudea e karma - Il vero problema è il sionismo.... e non l'ebraismo


Paolo D'Arpini - (Foto di Gustavo Piccinini)

Durante i vari scambi epistolari avuti con persone di diverso credo, ho notato, a parte alcuni casi rari, che si tende a giudicare e ad esprimere pareri sulla base di una “convinzione” prestabilita, non corroborata cioè da una personale ricerca sui fatti avvenuti. Sulla realtà della nascita del “problema ebraico”, a cominciare dal periodo biblico sino alla fondazione di Israele… ci si lascia guidare da emozioni, da tendenze a voler credere in una verità, già accettata in quanto tale.

Ovvio che questo tipo di atteggiamento non possa essere da me condiviso. Io mi sento una specie di San Tommaso, ho bisogno di mettere il dito nella piaga per credere.. E sono contento che questo mio “sentiero” mi abbia condotto a scoprire alcune verità scomode, sia per una parte che per l’altra, verità che dimostrano come sia importante comprendere gli eventi trattati attraverso il proprio “lume”.

Mi son trovato così in mezzo a due fuochi. A prendere i pesci in faccia da destra e da sinistra.. come si dice in gergo… Eppure ho il piacere e la soddisfazione di potermi osservare senza riscontrare macchie nel mio sentire. Mi guardo allo specchio e mi dico: “Bello o brutto, con i nei o con la pelle liscia, tu sei quel che sei, caro mio Paolo/Saul”

Saul, sì, è il nome recuperato, considerando la mia “lontana” origine ebraica.. vi ho già raccontato la storia.. e quel po’ di sangue “eletto/infetto” rimastomi nelle vene ha fatto sì che io volessi conoscere la verità su quella parte di me.. su quel pezzo di Paolo D’Arpini, nel bene e nel male….

Ricordo un proverbio che mi citavano i vecchi contadini di Calcata: “il meglio è nemico del bene”… Ed è proprio così, arrabattandoci e cercando di migliorarci agli occhi del mondo non riusciamo a percepire il bene che già c’è in noi… Ed in fondo cosa significa essere perfetti? Semplicemente essere quel che si è senza remore né rimpianti, senza cercare l’approvazione di qualcuno, perché se siamo quel che siamo evidentemente ci compete.. Da ciò nasce spontaneità e naturalezza…

E la società umana, nella sua interezza come specie, va a rotoli, perché non può funzionare come un meccanismo, non è fatta di semplici ingranaggi e di numeri (di razze distinte)…

Allora, si può uscire -ed i miei fatti lo dimostrano- dal concetto di “razza eletta” ma si può entrarvi?

Sul merito delle conversioni all’ebraismo c’è da dire che in passato queste avvenivano, sia nel contesto dei popoli semitici (non ancora distinti) che potevano passare da un credo all’altro e comunque venivano accettati se “tornavano” all’ovile (ne abbiamo evidenze nella stessa bibbia in cui si parla di idolatri che poi tornano alla fede), sia nel periodo del primo cristianesimo, che non essendo altro che una setta ebrea si poneva comunque (diversamente dall’ebraismo ortodosso) come una fede aperta anche ai gentili… Solo più tardi ci fu una separazione netta e sia gli ebrei che i nuovi ebrei -ovvero i cristiani- trovarono più conveniente andare ognuno per la propria strada..

Comunque l’ultima grande conversione fu quella dei Kazari, attorno al 1000, che con il loro numero formarono le fila dei cosiddetti “ebrei orientali”.. che dal punto di vista “tradizionale” del “seme” non sono però dagli ortodossi accettati nel novero degli “eletti”.

(Vedi: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2013/12/25/storia-di-come-e-nato-il-sionismo-ovvero-se-gli-ebrei-non-sono-ebrei-ma-khazari-convertiti/)

Infine ci sono le propagazioni o conversioni per filiazione mista, ovvero i figli di donne ebree e gentili.. e di questi casi se ne contano a migliaia soprattutto per motivi di “economia” e “convenienza politica”.

Restando in tema di “convenienza politica” ma anche di “giustizia umana” -che non guasta- c’è da dire che non si può colpevolizzare tout court un senso di identità..

Anche noi lo abbiamo, magari più debole in quanto la nostra è una identità recente, come “italiani”. Vediamo che diversi popoli nomadi hanno mantenuto una forte identità proprio per salvaguardare la cultura nella quale sono nati e si riconoscono, come ad esempio gli zingari ma ve ne sono altri e non soltanto nomadi, magari stanziali ma rinchiusi in un ristretto ambito territoriale. Insomma voglio dire che chi nasce in una famiglia ebrea si nutre del senso di appartenenza, è un fatto culturale quasi imposto dalle condizioni esterne.. ed obbligatorio, vista la estraneazione di cui essi “soffrono” (pur volendo mantenerla) nelle società “cristiane” o “musulmane” ove la differenza viene fatta percepire più duramente.. 


Va da sé che dopo generazioni e generazioni il senso di differenza ed estraniamento si acuisce. E si tende a cercare rivalse morali, intellettuali od economiche… Non dimentichiamo che in simili condizioni “di diversità congenita” sono nati i più grandi geni dell’umanità e qui non mi riferisco solo agli ebrei ma a tutti coloro che hanno dovuto, per una ragione o per l’altra, vivere ai margini o addirittura rinnegare la famiglia e la comunità in cui sono nati.

Insomma non vorrei che l’appartenenza alla cultura ebraica fosse considerata di per sé motivo di giudizio negativo. Personalmente ho conosciuto decine di ebrei, in ogni ambito culturale e spirituale, e li ho sempre trovati degni di fiducia e ragionevoli interlocutori. Certo anch’io mi ponevo verso di loro con lo stesso atteggiamento.. Per cui direi che spesso le situazioni di attrito contribuiscono a scatenare divisioni, rancori e vendette di ogni sorta.

Ora parliamo dei sionisti. I sionisti essenzialmente si sono concentrati in Israele, appoggiati però dalla sponda sionista americana. Il sionismo è nato avendo in mente la fondazione di Israele. Siccome la conquista di quel territorio è avvenuta e mantenuta con la forza, nella condizione di continua conflittualità (per conservare le posizioni raggiunte) si tende a indurire il cuore ed a non considerare i diritti dell’altro… Questo avviene in ogni conquista territoriale, guardate la conquista delle Americhe a tutto scapito delle popolazioni autoctone, o guardate ogni altra invasione in cui sempre il conquistatore tende a cancellare la cultura degli sconfitti (nonché le persone fisiche che la incarnano) per sostituirla con la propria..

Questa posizione dal punto di vista psicologico è chiamata “sacralizzazione della colpa”. La colpa viene resa nobile e degna.. insomma si gira la frittata ed in tal modo si cerca di pacificare il proprio animo derelitto, consapevole del male commesso.. giustificando il male e chiamandolo bene (magari per i propri confratelli, non importa…).

Mi sa che sto allontanandomi troppo dal discorso iniziale, comunque ribadisco, come affermato in precedenza, che usare discriminazione ed oculatezza nel giudizio è un esercizio che favorisce la crescita dell’intelligenza….. “Dio non saprà riconoscere i suoi…” saprà riconoscere però il nostro senso di giustizia e di equanimità.

E per equanimità e giustizia riporto di seguito alcuni pareri “parole” “sentimenti” che non avevo riportato prima, li avevo tenuti, come suol dirsi, in un cassetto.. in attesa di trovare il momento giusto per l’esposizione.. Ed ora che non temo più ritorsioni (in quanto la mia posizione mediana si è stabilita).. eccoli a voi, in ordine sparso e senza menzionare gli autori (sono idee provenienti dall’akasha collettiva):

“L’argomento è ed è sempre stato di grande attualità ma la trattazione necessità di forte cognizione, critica e storica. Condivido la posizione di Paolo. Personalmente, non credo che il “fatto dell’olocausto” ed il concetto giuridico-umanistico della “libertà di pensiero” siano unitamente discorribili in termini di connessione e complementarietà. In un contesto culturale e sociale, quale quello attuale, i due concetti restano e dovrebbero rimanere ben distinti. Dacché, a mio modesto avviso, il “dramma dell’olocausto” resta un “fatto” comunque incontrovertibile e, “di fatto”, innegabilmente testimoniato, non vedo come ed in che misura “la libertà”, quale astrazione idealistica del pensiero, possa essere disinteressatamente espressa senza scontrarsi con l’altrui libertà –politica o sociale- di non ricevere il prodotto di un concetto non generalmente ancora condiviso e soprattutto accertato…”

“In prevalenza gli attacchi alla Chiesa vengono da circoli sionisti e mondialisti che hanno interesse, in una prospettiva mondialista futura di Governo mondiale, di far sì che tutte le religioni siano ridimensionate e ridotte a manifestazioni più che altro “folcloristiche”. Il Vaticano in primis, visto che la sua estensione e le sue interessenze lo configurano anche come un “potere” ed una forza economica fastidiosa e da ridimensionare. Che la Chiesa e il Vaticano abbiano il fatto loro mi può anche star bene, ma teniamo anche presente a chi questo fa ancor più comodo…”

Ebrei conversi? Cristo “non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Noi qui non scriviamo per suscitare odio verso gli ebrei, ma – nel silenzio mediatico che condona la loro paranoia – per mostrare in piena luce la loro patologia (ben dimostrata dal Muro in Palestina, dalle 300 bombe atomiche accumulate, dall’oppressione ferocissima sui palestinesi), nella speranza che “si convertano”. Se non altro, si convertano alla comune umanità, sentendosi parte corresponsabile della normale famiglia umana, come già fanno alcuni di loro: Uri Avneri, Norman Finkelstein, eccetera….”

“Come ho già scritto più volte, negare la volontà (e la prassi) nazista di sterminio degli ebrei è completamente inane, e rasenta la follia. Si chiedono i “documenti”. CE NE SONO UNA MAREA (NERA) e l’evidenza è impressionante. Certo si può negare anche questa, chiudere gli occhi con un lucchetto. Ma allora, poi, non ci si venga a lamentare della “religione” (e relativa laida industria) dell’”Olocausto”. La quale esiste senz’altro, ma a cui non se ne può contrapporre un’altra di segno contrario. BASTA, a 360°, con l’attitudine fideista. Si studi liberamente e senza pre-giudizi anche questo periodo atroce del secolo scorso. L’”elezione” è un puro delirio, ogni appartenente alla sottospecie Homo sapiens sapiens (congolese, ebreo, palestinese, iracheno, cinese, ucraino, maori…) possiede lo stesso diritto alla vita. Le sofferenze degli uni non hanno meno valore di quelle degli altri. E, soprattutto, non autorizzano nessuno a infliggerne ad altri ancora”

“…ognuno deve seguire la propria “equazione personale”. La verità, nella nostra epoca, NON può trionfare. E’ perciò che mi limito a parlare di testimonianza. Quanto alla morte, quella spetta a tutti, prima o poi.”

“..i sionisti, dopo le atrocità ed i crimini commessi ai danni del popolo palestinese negli ultimi anni, chiederanno al mondo intero il 27 gennaio – in occasione dell’anniversario della “Giornata della Memoria” – di commemorare la Shoah e celebrare quel tanto osannato valore (unilateralmente) condiviso del ricordo di un – sì – terribile genocidio le cui vittime – però – non valgono certamente né più, né meno degli indifesi caduti del recente brutale assassinio che si consuma tuttora nella Striscia di Gaza..”

“..al di là della condivisione sulla descrizione dei concetti, delle strategie e dei fatti citati, ciò su cui non concordo è l’uso dell’aggettivo “ebraico” che, a mio modesto parere, andrebbe (possibilmente OVUNQUE) sostituito con l’aggettivo “sionista” e questo non tanto perché io pensi che l’etica ebraica non abbia responsabilità per non aver chiarito in passato la differenza di posizioni quanto perché oggi esiste un certo numero di organizzazioni di ebrei ortodossi (veri RELIGIOSI), tra cui la Neturei Karta, che affermano con forza che “gli ebrei non sono sionisti ed i sionisti non sono ebrei” e non solo fanno una distinzione teorica ma anche, in pratica, manifestano pubblicamente (a prezzo della loro stessa incolumità fisica) queste posizioni, presso le sedi istituzionali sioniste. Non dimentichiamo che “sion” ha come radice “senà” traducibile come “odio” universale (cioè verso tutto il mondo che non è aderente al Talmud, alla Ghemarà, alla Mishnà, allo Shermonè Ezrè che sono delle successive manipolazioni degenerative del messaggio biblico iniziale, per intenderci il Vecchio Testamento. Se consideriamo che il sionismo è un progetto politico che non ha molto a che fare con l’etica religiosa (con NESSUNA etica religiosa) è logico capire che si è meno attaccabili dai debunker se si indica il VERO responsabile (chi vuole nascondersi dietro la foglia di fico del razzismo diretto contro i semiti e della persecuzione religiosa contro gli ebrei)”

“Il progetto, anche religioso, di dominio mondiale non inizia e non finisce con il sionismo o comunque non è solo sionista. Ora se è pur vero che ci sono tantissimi ebrei che non possono essere catalogati con i loro correligionari “lovercraftiani”, è anche vero che l’esperienza mi dice di andarci molto cauto. Perché ci sono delle costanti, delle attitudini, delle peculiarità particolari e irripetibili nel popolo ebraico che lo distinguono dagli altri. Non è infatti un caso che il concetto di razza eletta è uscito dalla bibbia. Gli ebrei inoltre non tendono alle conversioni, vivono da secoli in una specie di segregazione religiosa, gelosi dei lori dogmi, riti, e leggi. Certo ci sono tanti ebrei che se ne fregano ed escono fuori da queste catene religiose, ma sarà un caso, l’esperienza ha dimostrato, e gli stessi ebrei lo affermano decisamente, che non per questo, costui smette di essere ebreo…”

“..come si può affermare che per un piccolo numero d´uomini, che per breve tempo abitarono quella regione, sia possibile ricostruire la mappa genetica come costoro sostengono per se stessi, così auto definendosi “razza”… e tutto questo proprio quando la moderna biologia dimostra che questo concetto è falso. Allora, reale concetto, i “razzisti” e sostenitori della razza sono proprio loro! Il popolo della kippah vive e si nutre di menzogne che spaccia per culturali, e per questo tenta di distruggere la storia dei palestinesi, oltre che fisicamente massacrarli per farli da quelle latitudini sparire…”

“…Anche se siamo nell’errore, questo non ci vieta di dire quello che sentiamo. Se io penso che tu stai sbagliando e vengo aggredito dal sentimento della giustizia, per evitare di cadere nell’errore dell’arroganza ti devo dire che stai sbagliando, che non sei giusto, che non mi cerchi o che non ami i fratelli. Ma devo esprimere il mio pensiero con calma, dire quello che sento, la sensazione e il sentimento che provo. Posso dirti che secondo me stai sbagliando, che tu non stai facendo una cosa giusta. Però te lo dico con amore e ti bacio…”

Ecco, vedete un po’ se così va bene… baci a voi!


Paolo D’Arpini