Nel mondo dei concetti e delle convenzioni sociali possiamo dare il
nome “spiritualità laica” a quella “nostalgia” per ciò che realmente
siamo: quel Cuore. I cercatori spirituali che riconoscono in sé e
negli altri la presenza dello spirito (coscienza ed intelligenza) si
fondono nel tutto in una condivisione “alchemica”, un’unione osmotica
di intelligenza laica e libera da dogmi ma “vicina” al Cuore di
ognuno.
Si parla tanto, in questo periodo, di riscoperta della sacralità della
natura! E cosa è quest’ultima se non la visione spirituale di tutti
coloro che si sentono parte indivisa della natura e del cosmo?
Correttamente parlando questa “spiritualità laica” (comune a tutti)
non è una religione, come non lo è l’ecologia profonda, ma un moto
spontaneo interiore dell’uomo che riconosce l'integrità dell' "olos" e
di se stesso.
Una degli aspetti più coinvolgenti del panteismo, o della spiritualità
laica, è il culto della vita, l’adorazione delle forze naturali
identificate nella Terra Madre e le sue stagioni. In questa riscoperta
si inserisce ad esempio la spiritualità centrata sul femmineo sacro,
il matrismo e lo shaktismo, e la venerazione degli aspetti femminili
che rappresentano la creazione, il sostentamento e la trasformazione,
insomma: morte e rinascita.
Questo movimento olistico tende soprattutto alla rivalutazione del
femminile in un mondo dominato dal patriarcato e dalla ragione. E ciò
è anche un bene... ma finché la sacralizzazione non coinvolge anche il
mascolino restiamo nei termini di una dualità in cui una parte viene
ad essere considerata migliore dell’altra. Occorre quindi riconoscere
il sacro in entrambi i generi: maschile e femminile.
La nobiltà del maschile sovente è anch’essa collegata alla nascita ed
alla morte, ad esempio il sangue versato dall’eroe rappresenta il
sacrificio che conduce alla vita allo stesso modo del sangue mestruale
femminile che significa fecondità.
La sacralità dell’energia sessuale maschile, unita al femminile, è
simboleggiata orograficamente, in chiave bioregionale, allorchè si
osserva una collina circondata da uno o più corsi d'acqua, un acrocoro
erto in una valle, un'isola nell'oceano, etc. In India questa immagine
si definisce shivalingam-yoni e rappresenta l’incontro creativo del
maschile e del femminile. Il lingam è il fallo di Shiva e la yoni
umidificata dalle acque fecondanti è la vagina della matrice
universale.
Nel bellissimo romanzo di Maria Castronovo “Il silenzio del fauno”
l'attenzione è tutta centrata, come il titolo stesso lascia supporre,
su una religiosità maschile che è rimasta in silenzio ma che chiede
riconoscimento, questo romanzo secondo me è stato il primo vero
tentativo di riscoperta della venerabilità maschile compiuto negli
anni recenti. Ricordo inoltre il libro "Shiva e Dioniso" di Daniel
Danielou, in cui si parla dell'adorazione fallica e della vagina e
delle analogie di questo culto, nella tradizione induista, in quella
della antica Grecia ed in altre culture.
La Resurrezione del Dio Pan, che non è mai morto nelle coscienze degli
uomini delle grandi civiltà, non è semplicemente un fatto ritualistico
è un modo per elaborare una “filosofia politica”, intendendo con ciò
una potenzialità culturale ed un percorso esistenziale capaci di
amalgamare persone coscienti della crisi in atto per le quali il
cambiamento sia condizione per l’esistenza.
Sulla base della teoria unitaria del mondo fisico e biologico in
natura esistono due opposte tendenze. Una entropica, verso la
degradazione ed il livellamento, caratteristica dei fenomeni fisici,
ed una opposta tendenza sintropica verso l’organizzazione e la
differenziazione, caratteristica dei fenomeni biologici. Tale doppia
tendenza si manifesta a tutti i livelli, e dalla lotta tra l’ordine ed
il disordine ha origine il divenire.
Secondo la teoria shivaita, l'aspetto maschile viene visto come
latenza, o coscienza, mentre l'aspetto femminile, o Shakti,
rappresenta l’energia creatrice, o Madre Divina, che tutti ci
compenetra e che produce ogni fenomeno. Nella consapevolezza di questo
costante flusso, presente in tutto ciò che vive, si manifesta la
libertà espressiva della Spiritualità Laica.
Ma una volta accettata la teoria come si fa a realizzarla nella
pratica, nel contesto della vita quotidiana, senza dover ricorrere a
forme religiose? Il metodo consigliato, è quello dell’interrogarsi sul
“qui ed ora” sul “carpe diem” soprattutto chiedendoci: “Chi è che vive
questo momento?” “Cosa è questo sè che percepisce i fenomeni?” “Non è
forse la stessa mente cosciente della sua esistenza, la consapevolezza
priva di esternalità e di pensieri?”.
Infatti si dice che la mente pulita dai pensieri è il Sé supremo, il
substrato, la base, senza cui non potrebbe esserci alcunché… Ogni
pensiero è solo un riflesso, un’increspatura, in questa pura
coscienza. Nella quiete dell’osservazione distaccata ci godiamo la
presenza, restiamo assorti nella eterna beatitudine dell'Essere.
Questa sì che è Vita!
Paolo D'Arpini
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