"Treia: storie di vita bioregionale" di Paolo D'Arpini - Presentazione di Michele Meomartino e introduzione dell'autore



Copertina: grafica di Daniela Spurio

Introduzione:

In questo libro racconto alcune storielle minute di eventi vissuti a Treia, da quando mi sono qui trasferito nel 2010. Le osservazioni di questo mio vivere sono per me significative anche perché rappresentano la fase finale della mia esistenza. Avendo già raggiunto un’età in cui solitamente un uomo si definisce anziano, infatti ho già compiuto i settanta anni...


Osho disse: “Se stai invecchiando, ricorda che la vecchiaia è il culmine della vita. Ricorda che la vecchiaia può essere l’esperienza più bella. Il vecchio si trova nello stesso stato di quiete dopo una tempesta, quando prevale il silenzio. Quel silenzio può avere una bellezza immensa, una profondità e una ricchezza incredibili. Se il vecchio è realmente maturo, allora diventa bello. Cresci, matura interiormente, diventa più attento e consapevole. La vecchiaia è l’ultima opportunità che ti viene concessa”.


Ovviamente sono d’accordo con lui e mi godo questa esperienza con grande calore e soddisfazione, anche perché ho avuto la fortuna di trovare, proprio in tarda età, una compagna adatta al mio percorso: Caterina Regazzi. È stata lei, tra l’altro, a “rapirmi” da Calcata ed a condurmi a Treia, dove ora abito nella sua bella casa nel centro storico. Così, per riconoscenza verso Treia, il luogo che mi ha accolto, ho pensato di scrivere questi racconti bioregionali. Invito tutti gli amici vecchi e nuovi a leggere le storie qui contenute affrontando un’avventura meravigliosa da condividere e da ri-raccontare….

Paolo D'Arpini





Presentazione a cura di Michele Meomartino:

Se con “Vita senza tempo”, Paolo D’Arpini, ci ha raccontato, attraverso un fitto scambio epistolare, il suo rapporto con la sua compagna Caterina, coautrice del libro, e con “Riciclaggio della memoria” ci ha confidato le sue idee sul mondo e sulla vita, intrise di spiritualità laica e di ecologia profonda, con quest’ ultima fatica “Treia: storie di vita bioregionale”, ha voluto rendere omaggio al paese dove vive, appunto, Treia, sottolineando l’appartenenza a questa comunità di cui si sente cittadino attivo e operoso.


Le storie che vengono narrate nel libro sono il frutto di un’attenta osservazione che, quasi sempre, trovano spazio nel suo diario telematico, “Il Giornaletto di Saul”, come lui ama definirlo, e che Paolo condivide con puntuale regolarità con tante persone di diversa provenienza e sensibilità.


Esse non sono né banali, né scontate e soprattutto sono scevre da pregiudizi e luoghi comuni. Sono piuttosto un invito alla riflessione e alla formazione di un sano spirito critico, a guardare le cose per quelle che sono al di là di come appaiono.


Questi racconti di vita quotidiana, di storie cosiddette sui bordi o minori, sono un lavoro encomiabile che, di certo, non hanno l’ambizione di catturare il lettore con effetti speciali o di far leva su un’ emotività di superficie. Sono l’invito a soffermarsi sul qui ed ora, a non allontanarsi da sé per inseguire le chimere e gli idoli della modernità.
Paolo non seleziona, scrive tutto, la sua parola è sincera. La cronaca è precisa, attenta ed equilibrata. In un mondo mediatico dominato da notizie sensazionalistiche, per non dire catastrofiche, da un vojerismo ruffiano che sa solo suscitare pruriti indecenti, da falsi miti ed “eroi plastificati”, la narrazione nuda e cruda della quotidianità, a cui non fa difetto l’acutezza dell’osservazione e la bellezza della poesia, rappresenta un fatto inusuale che restituisce alla normalità la sua originale dignità.


Una normalità fatta di semplicità e di lentezza, sempre più rare e apprezzate, perché la febbre, che tanto eccita gli animi umani, si nutre di smanie, di protagonismi, di ostentazioni, di rivalità.


Il pregio di questo libro sta proprio nella narrazione della quotidianità, di come anche dalle periferie, da uno dei tanti piccoli paesi della nostra penisola, si possa contribuire a costruire un’etica condivisa, un senso comune di appartenenza, un anelito alla bellezza e alla giustizia, un rispetto per la natura e la sua complessità, tanto più urgenti e necessari, oggi, quanto più si assiste a forme di preoccupante e dilagante individualismo, cinico e superficiale.


Il libro, nel tentativo di restituirci una dimensione interiore in cui il tempo è scandito da ritmi lenti e da un respiro profondo, ci invita soprattutto a sostare e a rallentare i nostri passi.


Ma noi sapremo ancora apprezzare la bellezza di un paesaggio o di un mandorlo in fiore o l’incomparabile architettura dei nostri borghi antichi? Vorrei continuare a sperare, nonostante i tanti segni di disattenzione e di degrado, non solo sociale e ambientale, ma anche e soprattutto etico e culturale. L’umanità sembra dispersa e forse confusa, fa fatica a ritrovarsi, ma a che serve continuare ad imprecare contro il buio? Piuttosto si avverte l’urgente bisogno di accendere qualche lume.

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