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Sant’Antonio da Padova e dintorni…




"Spaccato di memorie sull’assurdità delle origini…."

Siccome non so che dire, oltre a raccontare qualche avventuretta  o parlare di qualche amico incontrato per strada, per ampliare il discorso vi racconterò del santo. Il santo ovviamente è Antonio da Padova, mio protettore di famiglia e grande esempio di “uomo di Dio con le palle”. Sì, Antonio protegge la mia famiglia da tempo immemorabile, quella parte di famiglia materna che è originaria dalla bassa padana, da Bagnoli di Sopra.  Il mio secondo nome è Roberto, come mio nonno materno Roberto Tirabosco,   e sia lui che mia nonna Santina  e mia madre Giustina  sono stati devoti del santo.  Durante le mie visite infantili a questo ramo della mia ascendenza padovana, venni spesso condotto nella basilica a pregare ed osservare…. Così sono rimasto affezionato a Sant’Antonio e ben feci poiché proprio per merito suo (nel rispetto umano di non volermi sentire a lui inferiore) ho smesso completamente di bere e di fumare senza sforzo alcuno (se non il vedermi tentato diabolicamente dal vizio e sorriderne…).

E proprio per onorare il santo ho scritto alcuni pensierini, a lui rivolti  ma per interposta persona, indirizzandoli ad una cara amica, Antonella, sua omonima femminile.

“Hai visto Antonella come ci siamo virtualizzati? La nostra è una continua ricerca nel pensiero. Oggi ho capito che nella nostra esistenza “rincorriamo” -cercando di afferrarlo- il presente. C’è una continua corsa, ma è solo apparente, dovuta all’attenzione che poniamo nel particolare, questa attenzione ci da l’illusione di divenire consci del nostro presente, di tutto ciò che ci circonda, essendo in grado di descriverlo ed inserirlo in “memoria”. Il conosciuto così insegue di pari passo lo sconosciuto e l’inconoscibile…. che rimane un concetto astratto, un’ipotesi od una interruzione. Quindi è solo questo “rincorrere” che consente alla nostra attenzione di fermarsi e conoscere. 

Questo meccanismo della conoscenza empirica si muove su un doppio binario: il presumere, che corrisponde alla proiezione del pensiero, e la conoscenza, che corrisponde alla memoria. Ed è proprio questo processo psicologico funzionale della mente che ci concede di affermare di esser vivi (in un corpo-forma e consapevoli dell’immanente). Altrimenti l’esperienza sarebbe un continuum ininterrotto senza incidenti di percorso né aspettative di raggiungimento, queste sensazioni sono possibili perché c’è appunto l’identificazione con una specifica coscienza individuale, che “osserva”. Tu, che sei la mia stessa mente, ti prego guarda per me, guarda attentamente quanto io non oso osservare e descrivilo...”.

Paolo D’Arpini




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Integrazione di Franca Oberti: 
"Antonio era il nome di mio padre. I suoi compaesani lo chiamavano Tugni e da bambina ero convinta fosse proprio quello il suo nome. Nell’attività commerciale di famiglia era rimasto Tugni, alcuni dicevano “il Tugni”, ma io pensavo sempre che il suo vero nome fosse più bello. Crescendo scoprii che anche mia nonna, morta che ancora non camminavo, si chiamava Antonia, oltre a Carla e Carlotta. Da ragazzina cominciai a curiosare nel solaio della casa di montagna e trovai tanti documenti provenienti dall’Argentina. Scoprii così che la mia era stata una famiglia di migranti. Infatti dopo qualche anno, cominciarono ad arrivare i parenti dell’Argentina. Un ramo, questo delle Americhe, che faceva capo ad un altro Antonio. Essendo però un nome piuttosto comune, mi sembrava così scontato che non lo sapevo apprezzare. Finché mio padre visse mi riferivo a lui col pensiero pensandolo Tugni e non Antonio. Un vero peccato, ma questo fu il mio rapporto con l’Antonio della famiglia. Quando nacque mio figlio, volevo onorare i nonni, come spesso ancora si usa in certe famiglie e così, come secondo nome, ho un altro Antonio in famiglia. Il mio migliore amico, da bambina, si chiamava Antonio e uno dei miei migliori amici di oggi si chiama ancora Antonio. Ricordo sempre il 17 gennaio, perché mio padre diceva: “Questo è il mio onomastico. L’altro Antonio, quello più importante, era troppo “signore” per rappresentarmi. Questo è l’Antonio degli animali e io mi sento amico degli animali come lo era lui”.
Rispetto ancora questo 17 gennaio e silenziosamente mando gli auguri al mio papà al di là del cielo. Quando morì, sembrò che tutti gli Antonio rappresentati in immagini e icone, arrivassero da me, mandati da una forza sovrannaturale, ritrovavo immaginette con i Santi Antonio ovunque. Entravo in chiesa e il mio occhio cadeva immediatamente sulla statua di Sant’Antonio da Padova. Persino nei circuiti TV di certe località, all’interno delle chiese, mi aspettavano per far scorrere l’immagine del Santo “signore”. Invece vicino a casa mia c’è un’antica edicola: una piccola nicchia, chiusa da un vetro, con, all’interno, Sant’Antonio Abate insieme ai suoi animali. Passo di lì ogni tanto, quando posso fare una passeggiata e mi soffermo, faccio il segno di Croce e gli dico: “Sant’Antonio caro, non farmi scherzi, continua a proteggere me e la mia famiglia e saluta il mio papà.” E mentre riprendo il cammino mi compare il sorriso un po’ sdentato di mio padre e mi sembra ancora di sentirlo: “sciü, stanni quieta” (su, stai tranquilla, ndr.)."

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