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La radice giudaica di tutte le ideologie totalitarie


Una cosa che mi ha sempre colpito e alla quale mi sembra non si sia prestata sufficiente attenzione, è il fatto che il più sanguinario tiranno di tutti tempi, Josef Stalin (altro che il povero Creonte, con buona pace di Eric Fromm) non abbia rivestito alcuna carica statale ma quella di segretario del PCUS. Quest’uomo non era tanto il secondo usurpatore dopo Lenin dell’impero già appartenuto agli zar, quanto piuttosto il papa del comunismo, un papato con annesso il più gigantesco, ipertrofico, mostruoso, aggressivo “stato della Chiesa”, della Chiesa-partito che si sia mai visto, l’Unione Sovietica.
Altra versione semi-laicizzata di cristianesimo, il liberalismo che, specialmente nella sua corrente maggiormente “religiosa” ed “esoterica”, quella massonica, mostra molto bene quale sia la sua matrice, con la sua adorazione per “Il grande architetto dell’universo”, l’occhio onniveggente iscritto in un triangolo sovrapposto alla piramide che ci fissa – guarda un po’ – dai dollari, la sua aspirazione a “ricostruire il tempio di Gerusalemme”, è in tutto e per tutto una caricatura di cristianesimo che semmai ne evidenzia ancor più l’origine ebraica.

Cristianesimo, marxismo, liberalismo convivono e si fondono in quel coacervo chiamato democrazia, dove i popoli in realtà non solo non hanno alcun potere, ma sono condannati a morte, destinati a sparire nel miscuglio interrazziale.
Peggio del cristianesimo e delle sue moderne propaggini (marxismo, liberalismo, democrazia) in campo “religioso” c’è soltanto il totale assorbimento, la totale vampirizzazione della sfera civile da parte di una dimensione (pseudo)religiosa, in una parola, l’islam. Come è stato fatto notare da studiosi di vaglia del fenomeno religioso – Valli e Lorenzoni – l’islam è davvero “l’ultima religione” nel senso che più in basso di così non è possibile cadere.
Se c’è una religione che si può definire totalitaria, è senz’altro l’islam, essa si impadronisce della vita del credente e tende a escludere qualsiasi cosa la possa mettere sia pure lontanamente in discussione: scienza, filosofia, cultura, ma anche semplicemente la capacità e l’attitudine a pensare in maniera autonoma, è una religione che poteva attecchire solo fra genti ignoranti e culturalmente deprivate, ma a sua volta è causa di ignoranza e di deprivazione culturale.
Cristianesimo, marxismo, liberalismo, democrazia, islam. Si vede bene che tutto questo ha la sua radice remota o prossima in qualcosa di esterno, di estraneo all’Europa, che ha un inconfondibile marchio d’origine mediorientale, e che nel suo insieme ha agito come un veleno o un acido dissolutore, ed è stato la prima causa della crisi, forse della scomparsa che ormai appare non lontanissima, della civiltà europea, una crisi che ormai fa data da qualcosa come cinque secoli, a partire da quella recrudescenza dello spirito dissolutore cristiano che è stata la riforma protestante, e si è man mano aggravata per ondate successive l’una più distruttiva dell’altra, quella crisi che nel suo insieme conosciamo come modernità. (da: Fabio Calabrese, “Antigone e il capitano”, ott. 2013)
Joe Fallisi

Filosofia euclidea ed osservazione dei fenomeni



Gli Elementi di Euclide costituiscono una interessante sistematizzazione assiomatica della matematica, prevalentemente geometrica, conosciuta dagli studiosi della Grecia classica 2.500 anni fa (e dobbiamo ringraziare gli arabi per averli tradotti e conservati, altrimenti in Europa sarebbero andati perduti, poiché la civiltà cristiana dei primi secoli non li aveva conservati).

Il testo è organizzato a partire da concetti primitivi non definiti, assiomi o postulati, e definizioni di enti, materiale su cui sono costruite le dimostrazioni dei successivi risultati.
In particolare, sono inizialmente definiti:
1) Il punto, come "ciò che non ha parti".
2) La linea, come "ciò che ha lunghezza ma non profondità (o spessore).
3) La superficie, come "ciò che ha larghezza e lunghezza ma non altezza".


Prima facie, queste definizioni sembrano non avere senso: non conosciamo enti "privi di parti", che risulterebbero inosservabili (interessante il commento di Gheshe Ciampa Ghyatso: "se vediamo un oggetto da destra ne vediamo il lato destro, che quindi è distinguibile dal lato sinistro, distinguendo, perciò due parti; immaginando che non abbia parti, non possiamo vdere la parte destra, qualunque direzione sia ciò che abbiamo definito destra; perciò un oggetto ipoteticamente senza parti non è osservabile"). Analoga critica per la linea e il piano ideali similmente definite.


Tuttavia, l'esperienza della misura e la teoria conseguente ci mostrano che ogni osservazione è caratterizzata da un limite di imprecisione indeterminata, che indicheremo per comodità come ep = epsilon. Pertanto possiamo conoscere, ad esempio, una lunghezza come {L: L0 - ep < L < L0 + ep}, cioè come una estensione compresa tra un min ed un max, e non meglio di così specificabile. Quanto valga l'incertezza "ep" dipende dalla concreta osservazione. Ma l'esperienza (fino ad oggi sempre confermata) mostra che non è possibile annullarla, ovvero non è possibile {ep : ep--->0}.


Allora, qualunque lunghezza inferiore alla capacità di discriminazione "ep" dell'osservatore è indistinguibile da "0".
Ad esempio, l'occhio umano ha un potere di risoluzione al di sotto del quale non può andare, così come una lente di ingrandimento, e il microscopio pure.


Fissato dunque il valore "ep" di distinguibilità minima (cioè la "sensibilità" dell'osservazione), ogni ente di dimensioni minori può essere definito come "epsilon-punto". Epsilonpunto è ogni porzione spaziale contenuta in una sfera di dimensione ep. Analogamente, possiamo definire epsilon-linee ed epsislon-superfici.

Volendo procedere ulteriormente con questo genere di analisi, possiamo definire anche epsilon-verità: così come proponeva il fisico Giuliano Toraldo di Francia.


Una proposta utile, che potrebbe condurre ad impiegare la teoria di propagazione degli errori nelle deduzioni logiche, mostrandone la propagazione di incertezze assertive.

E riconducendo così sia matematica che logica alla loro correlazione originale con l'osservazione dei fenomeni.


Vincenzo Zamboni 

"Caldo natale cristiano" - Come per vanto cristiano ai tempi di Diocleziano fu fatta a pezzi Ipazia



"Non ascoltate quello che vi diranno, vogliono che io sparisca nel nulla, per questo diranno che me ne sono andata che sono fuggita per questo diranno che nessuno ha visto quello che mi hanno fatto e nessuno ha sentito. Non li credete, bruciano il mio corpo e i miei scritti perchè non vogliono resti nulla di me ma si sbagliano, il pensiero non brucia. Ipazia, (370 d. C, 415 d.C., Alessandria d'Egitto)"

C'è molta incomprensione sulle persecuzioni contro i "cristiani" nei primi secoli dopo Cristo. A parte i numeri, si tratta di poche centinaia di esecuzioni, i "perseguitati" erano fuorilegge che cospiravano contro Roma, tra l'altro non erano nemmeno veri e propri "cristiani, bensì ebrei di una certa setta fuggiti dalla Palestina in seguito alla "bonifica" compiuta da Tito e Vespasiano,  e solo successivamente furono identificati come  "cristiani".

Al contrario la lista  dei martiri vittime dei cristiani sarebbe lunghissima.. ma giusto per dare un incipit alla storia truce di Ipazia segnalo le prime persecuzioni cristiane contro i cosiddetti "pagani", seguite poi da torture e uccisioni perpetrate contro eretici e streghe e scienziati fastidiosi europei  nel corso di duemila anni. Senza contare i milioni di vittime nel nuovo mondo... 

Questo è il "caldo natale" cristiano. 

Già durante l’Impero Romano, appena ammesso ufficialmente il culto cristiano con decreto imperiale del 315, si cominciò a demolire i luoghi del culto pagano e a sopprimere i sacerdoti pagani.

Tra il 315 e il sesto secolo furono perseguitati ed eliminati un numero incalcolabile di fedeli pagani.

Esempi celebri di templi distrutti: il santuario di Esculapio nell’Egea, il tempio di Afrodite a Golgota, i templi di Afaca nel Libano, il santuario di Eliopoli.

Sacerdoti cristiani, come Marco di Aretusa o Cirillo di Eliopoli, vennero persino celebrati come benemeriti «distruttori di templi» (DA 468).

Dall’anno 356 venne sancita la pena di morte per chi praticava i riti pagani (DA 468).

L’imperatore cristiano Teodosio (408-450) fece giustiziare perfino dei bambini per aver giocato coi resti delle statue pagane (DA 469). Eppure, stando al giudizio di cronisti cristiani, Teodosio «ottemperava coscienziosamente a ogni cristiano insegnamento».

Nel VI secolo, si finì per dichiarare fuorilegge i fedeli pagani.

All’inizio del quarto secolo, per sobillazione di sacerdoti cristiani, fu giustiziato il filosofo politeista Sopatro (DA 466).

Nel 415, la celeberrima scienziata e filosofa Ipazia di Alessandria venne letteralmente squartata da una plebaglia guidata e aizzata da un predicatore di nome Pietro, con il consenso dal vescovo Cirillo, e i suoi resti dispersi in un letamaio (DO 19-25).

Paolo D'Arpini

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Ipazia, vittima dell'oscurantismo religioso cristiano ai tempi di Diocleziano

“Commento di Teone di Alessandria al Terzo Libro del Sistema matematico di Tolomeo. Edizione controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia”

Questa l’intestazione al III libro del Sistema matematico di Tolomeo, scritto da Teone di Alessandria, padre della filosofa e matematica Ipazia.  Lui  la introduceagli studi matematici ma lei non si limita allo studio e diventa ancheinsegnante,come testimoniano le parole di Filostorgio (suo contemporaneo e biografo): “Introdusse molti alle scienze matematiche” e l’elogio che ne tesse Pallada è forse il più bello e il più intimo: ” Quando ti vedo mi prostro, davanti a te e alle tue parole, vedendo la casa astrale della Vergine, infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto, Ipazia sacra, bellezza delle parole, astro incontaminato della sapiente cultura”.

Ipazia ha fatto importanti scoperte sul moto degli astri, raccolte nel testo “Canone astronomico” così da renderne pubblica la conoscenza anche ai suoi contemporanei. Considerata la terza caposcuola del Platonismo da Socrate Scolastico, ha dimostrato che tra la scienza matematica e la sapienza filosofica c’è uno stretto legame, e la studiosa Gemma Beretta traccia un quadro lucido e dettagliato dell’opera che questa filosofa ha lasciato ai suoi contemporanei e a tutte le successive generazioni di uomini e donne che hanno calpestato la stessa terra e guardato lo stesso cielo:

“Quando tracciava una nuova mappa nel cielo, Ipazia stava indicando una traiettoria nuova, e al tempo stesso antichissima, per mezzo della quale uomini e donne del suo tempo potessero imparare ad orientarsi sulla terra e dalla terra al cielo e dal cielo alla terra senza soluzione di continuità e senza bisogno della mediazione del potere ecclesiastico…

Ipazia insegnava ad entrare dentro di Sé (l’Intelletto) guardando fuori (la volta stellata) e mostrava come procedere in questo cammino con il rigore proprio della geometria e dell’aritmetica che, tenute l’una insieme all’altra, costituivano l’inflessibile canone della verità”.

Ipazia: matematica ma anche filosofa.  Inventrice, pare di un astrolabio piatto, di un idroscopio e un aerometro. Ipazia anche guida spirituale, come testimonia una intensa ed intima lettera scritta da Sinesio, Vescovo di Cirene,  indirizzata a lei, maestra pagana: ” Detto questa lettera dal letto nel quale giaccio. Possa tu riceverla stando in buona salute, o madre, sorella e maestra, mia benefattrice in tutto e per tutto, essere e nome quant’ altri mai onorato! …. E se c’è qualcuno venuto dopo di me che ti sia caro, io debbo essergli grato perché ti è caro, e ti prego di salutare anche lui da parte mia come amico carissimo. Se tu provi qualche interesse per le mie cose bene; in caso contrario, non importano neanche a me”.

Ipazia è stata una donna seguita dai suoi contemporanei, dal popolo come dalle più alte cariche cittadine, come riportano Socrate Scolastico ” A causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente, e provavano verso di lei un timore reverenziale”, e Damascio ” Il resto della città a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente, e i capi ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei”. Secondo il parere di questi due illustri filosofi e diretti testimoni di Ipazia, grazie a lei si era realizzata nel concreto la “politeia” in cui erano i filosofi a decidere le sorti della città.

Ancora Beretta sottolinea l’innovazione contenutistica degli insegnamenti di Ipazia, nel sostenere che ” Ipazia affiancava ad un insegnamento esoterico un insegnamento pubblico, simile a quello dei sofisti moralizzatori del I secolo” e ” … spiegava tutte le scienze filosofiche a coloro che lo desideravano”.

Nel 391 d.c. Teodosio dichiara il Cristianesimo religione di Stato, e l’anno successivo viene promulgata una legge speciale contro i riti pagani.  Ipazia occupa la cattedra di filosofia, ereditata dal padre; Cirillo diventa Vescovo e rappresenta il massimo del potere ecclesiastico.

Durante il passaggio dal paganesimo al cristianesimo, l’unico modo che il Vescovo ha di controllare le menti è quello di spodestare il filosofo, e Cirillo non perde tempo per organizzare l’eliminazione fisica della sua rivale.

Ipazia cade vittima di un’imboscata mentre faceva ritorno a casa, la colpiscono con dei cocci e la smembrano. Gettano pezzo per pezzo il suo corpo nel fuoco perché non ne restasse traccia. Il santo Cirillo, pur essendo considerato il principale architetto della ingiusta e violenta sparizione di Ipazia, non ha mai pagato, neanche moralmente, la sua colpa.  Un esimio collega della filosofa d’Alessandria, Voltaire, le dedicherà pensieri di solidarietà e definirà la sua fine una “condanna ingiusta”, frutto di “un eccesso di fanatismo” e l’irlandese John Toland le dedica un saggio ” Ipazia, ovvero la Storia di una Dama assai bella, assai virtuosa, assai istruita e perfetta sotto ogni riguardo, che venne fatta a pezzi dal clero di Alessandria per compiacere l’Orgoglio, l’Emulazione e la Crudeltà del loro Vescovo, comunemente ma immeritatamente denominato San Cirillo”.

Angela  Braghin

Pagine di storia - La ritirata di Russia ed altre note tristi




(...) La ragione di questo odio apparentemente così folle e immotivato, la fornisce il generale e grande storico napoleonico conte de Ségur, già aiutante da campo dell’Imperatore, nella sua pregevolissima opera: “Napoleone in Russia” Ed. B.U.R. In uno dei momenti più drammatici della celebre e tragica ritirata, i resti dell’esercito francese si trovavano a Vilnius in Lituania; ed ecco il fatto.

“Per verità, i lituani che abbandonavamo dopo averli tanto compromessi, accolsero e soccorsero qualcuno di quei nostri, ma gli Ebrei, che avevamo protetti, respinsero gli altri. Fecero ancora di peggio; la vista di tanti dolori eccitò la loro cupidigia. Tuttavia, se l’infame loro avidità di lucro, speculando sui nostri bisogni, si fosse accontentata di venderci a peso d’oro dei deboli soccorsi, la storia sdegnerebbe di insudiciare le sue pagine con tali disgustosi particolari, ma che essi abbiano attirato i nostri sventurati feriti nelle loro case per spogliarli, e che poi, all’arrivo dei russi, abbiano precipitato dalle porte e dalle finestre quelle vittime nude e spiranti; che le abbiano lasciate morire là, spietatamente, di freddo; che quei vili barbari si siano fatti addirittura un merito agli occhi dei russi di torturarli, tutti questi crimini così orrendi debbono essere denunciati ai secoli presenti e futuri. Oggi che le nostre mani sono impotenti, può darsi che la nostra indignazione contro quei mostri sia il loro solo castigo su questa terra, ma verrà pure il giorno in cui gli assassini raggiungeranno le loro vittime, e là senza dubbio, nella giustizia del cielo, troveremo la nostra vendetta” (secondo Vol., p. 506)!
Dunque: “Infami, spietati, vili e mostri”. In questi pochi termini, scritti in tempi e da uomini non “sospetti”, abbiamo già la caratterizzazione di un tipo forgiato dal “Kol Nidre” visto secondo l’ottica del tipo umano europeo (Indoeuropeo) radicalmente diverso. 

Questi comportamenti criminali e sadici, “innati” a quel tipo umano, generalmente un misto orientalide-levantino (Khazari), tipo che rappresenta oltre il 90% delle masse ebraiche, (...), furono in seguito sempre ben confermati. Il bolscevismo, inizialmente da loro diretto per intero (i 40.000 piccoli ebrei), lo dimostra senza ombra di equivoci. Decine di milioni di russi morti e una miseria innominabile spinta sino a forme di cannibalismo, e tutto questo nella loro più totale e ben documentata indifferenza. Oggi simili atrocità sono attribuite genericamente al “comunismo”, ma io ritengo che l’impulso primario sia da individuare proprio nell’odio radicale e radicalmente radicato, quindi continuo e irrefrenabile, di costoro (gli eletti) verso tutto il resto del genere umano.


Il comunismo solo dopo proseguì su quella via, di cui ormai si era sperimentata l’efficacia. In seguito si è visto, in tono certo minore, ma pur sempre emblematico di una costante di fondo, l’Ungheria dell’ebreo Bela Kun (poi fatto fucilare da Stalin) e la Spagna dell’altro ebreo Negrin. Oggi è la stessa Palestina ad essere quotidianamente sotto lo sguardo di chi è ancora in grado di vedere e comprendere, possibilmente senza l’ausilio fuorviante di tutti i vari mezzi spazzatura di pubblica.... de-formazione!


Pensieri aggiunti:

"Gli ebrei sono i più grandi usurai e prestatori di denaro del mondo...La conseguenza di questo è che le nazioni del mondo stanno scricchiolando sotto pesanti sistemi di tassazione e debito nazionale. Loro sono sempre stati i più grandi nemici della Libertà!" (HARRINGTON, LORD. 19th century British statesman - Speech in the House of Lords, July 12, 1858)

"... il crimine imperdonabile della Germania, prima della Seconda Guerra Mondiale, fu quello di sganciare la sua economia dal sistema commerciale mondiale con la creazione di un suo proprio sistema di scambio, un sistema in cui la finanza internazionale non poteva fare business." (Winston Churchill)

"Vi posso assicurare che l’ultima generazione di bambini bianchi, o al massimo la penultima, sta nascendo ora. Le nostre commissioni di controllo favoriranno, nell’interesse dalla pace, il meticciato dei bianchi con altre razze. La razza bianca scomparirà, perché la mescolanza di bianchi e negri significa la fine dell’uomo bianco, per cui il nostro più pericoloso nemico non sarà più che un ricordo. Entreremo in un era di mille anni di pace e prosperità: la pax judaica, e la nostra razza dominerà indiscutibilmente il mondo. La nostra superiore intelligenza ci permetterà sicuramente di conservare un facile dominio su un mondo di razze di colore." (Emmanuel Rabinovic, 1952)

Conclusione 

Sarebbe bello poter dire:  questi sono mostri alieni (proprio come quelli immaginati da Lovecraft) sputati dagli abissi siderali e incistatisi nel pianeta Terra per impossessarsene, avvelenarlo e distruggerlo...) ma, in realtà, si tratta di un parto da vomito dell'Homo "sapiens sapiens"... sono la feccia e insieme il non plus ultra degli uomini - col che la sentenza sul tirannoantropo è emessa.

Joe Fallisi

Il seme di Natale di Michele Meomartino


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"Io ho quel che ho donato" (Gabriele D'Annunzio)


Se penso al Natale, così come i racconti della natività ce l’hanno descritto nei Vangeli, con un bambino piccolo e inerme adagiato sulla mangiatoia, l’immagine del seme si fa spazio in me a suscitare alcune riflessioni nell’intreccio tra il reale e il metaforico. Mi chiedo: “Esiste un essere vitale così piccolo che contiene tutta la potenza della vita come il seme?” Gli basta un pugno di terra, un po’ d’acqua e il tempo che scorre per rinnovare il miracolo della vita che nasce!

Eppure, se temesse la discesa tra le zolle di Madre Terra non conoscerà mai la linfa che in essa vi scorre. Se avesse paura di perdere la propria identità la dissiperà nel non senso. Se gli fossero indifferenti gli altri semi non saprà mai la ricchezza della diversità. Se rimanesse inerte perché stima poco fruttuoso spendersi sarà condannato alla solitudine o alla compagnia dei suoi pari. Se stimasse se stesso così perfetto non troverà mai nessuno abbastanza meritevole delle sue attenzioni. Se si soffermasse a contemplare la sua perfetta rotondità gratificherà solo il suo smisurato narcisismo. 

Ma, se accettasse la danza imprevedibile del vento che soffia, verrà trasportato ovunque, per monti e per mari, e conoscerà nuovi sentieri a lui ignoti. Se gioisse in compagnia delle foglie scoprirà la potenza della natura. Se vivesse accanto agli uccelli apprezzerà la bellezza della semplicità. Poi un giorno si chiederà il senso della sua libertà e forse potrebbe decidere di “morire”, o meglio di spendersi con speranza per aggiungere vita alla vita. 

Perché solo perdendosi si ritroverà. Solo scendendo dentro le viscere dell’oscurità potrà risalire per rivedere la luce. Solo cercando l’abbraccio potrà fecondare la terra. Solo osservando il silenzio potrà cogliere il battito della vita che freme. Solo accettando il nascondimento potrà rinascere e moltiplicarsi. E infine un dubbio assillerà la sua anima e si chiederà ancora: “Ma come sarà mai possibile che da un piccolo seme possa sgorgare la vita?” 

Sarà la certezza delle cose sperate a fargli vedere in un sogno l’albero che diventerà finalmente proteso ad abbracciare il cielo…

Se il seme non muore non porterà mai frutto e il bambino nato a Betlemme sarà un lontano ricordo che scalderà il cuore solo il tempo di una fugace emozione. 


Michele Meomartino


Circolo Vegetariano VV.TT. - Memoria di un tempo che vive....


Calcata- Incontro al Circolo Vegetariano VV.TT.

Ci porti a Calcutta? No, molto più vicino: andiamo a Calcata
Il malinteso è ricorso frequentemente con i numerosi amici dall’Estremo Oriente che ho condotto nel corso degli anni a visitare il piccolo villaggio che si affaccia sulla valle del Treja. Riflettendo, ho concluso che il malinteso non è così casuale e va aldilà della similitudine tra i due nomi.  Si va a Calcutta o si visita Calcata perché si è curiosi di conoscere esempi alternativi di stili di vita. 
Altrimenti, si visitano le solite città d’arte, ricche di quei richiami adatti a scattare le foto-ricordo da mostrare ai colleghi una volta tornati a casa. Ammetto sinceramente che è stato un senso di rivalsa che mi ha spinto a condurre i miei amici con gli occhi a mandorla a visitare l’antico borgo. Confrontandomi con persone provenienti dall’ipertecnologico Giappone, ho ritenuto di dover porre la loro attenzione su un “pianeta” opposto dove ancora resistono, seppure con maggior fatica, i valori e i significati reali dell’agire umano. 
Avendo conservato dai miei studi il gusto del teatro, ho sempre ritenuto il Circolo vegetariano VV.TT. di Calcata fosse il miglior palcoscenico per coinvolgere gli ospiti stranieri nello svolgersi del Rito. Sì, antropologicamente parlando, si tratta del Rito primordiale: il pasto nel suo significato materiale e liturgico. Comunione e confronto sono i due ingredienti che lo distinguono da ogni altra forma rituale. 
Ed è quanto sostanzialmente avviene tra i frequentatori del Circolo: comunione d’intenti e confronto d’idee, ovvero i due irrinunciabili ingredienti che modellano l’espressione della civiltà. Il ritrovarsi seduti alla stessa tavola con vecchi e nuovi amici per consumare cibi che conservano ancora intatti i gusti e i sapori di madre natura apre le menti ed i cuori ai presenti. Condividere sacralmente pane e vino è parte fondante dell’intera liturgia cristiana. Al di fuori della Chiesa lo stesso atto conserva questo principio, purchè non cambi lo spirito. E’ evidente che l’atto di mangiare può assumere significati radicalmente diversi a seconda del contesto in cui avviene. Ma c’è una differenza, oppure qual’è l’elemento legante fra un pasto consumato frettolosamente in un fast-food e quello spartito al tavolo del Circolo?
Tagliare un pane che sa di pane e bere un vino che è ancor vino non equivale certo al frettoloso pasto all’inpiedi od alle grasse abbuffate in stile finto casereccio.L’intento verso il “vero” cibo porta inevitabilmente al confronto su “vere” idee. Certo rimangono le differenze di opinione ma queste fan da lievito ad un “pane” ineluttabilmente “vero” – il pane del pensiero umano. Tutti, senza eccezione alcuna, i miei amici giapponesi hanno sottolineato i significati positivi da loro colti durante la visita a Calcata ed al suo circolo vegetariano. La sorpresa, per esempio, di trovare in un piccolo villaggio il piacere del lavoro svolto in modo artigiano, anzi artistico. Un lavoro che appaga e realizza chi lo compie e soddisfa chi lo acquista senza dover negare per questo il conseguimento di un equo profitto.
Del Circolo Vegetariano gli ospiti dal Sol levante ricordano il caldo e semplice senso di accoglienza, la spontaneità delle conversazioni con Paolo, Caterina, il senso di amicizia e di appartenenza subito nato con quanti altri si sono trovati in quel giorno al desco. Mi hanno perfino ringraziato per aver guidato loro nell’unico posto, tra i tanti visitati in giro per il mondo, dove hanno potuto allacciare in modo spontaneo relazioni sincere che ancora durano nonostante la lontananza e l’inesorabile trascorrere del tempo.
Testimonianza di un tempo che vive.
Roberto Sgaramella

Strenna "Senza Nome" per un nuovo anno....


Stiamo per festeggiare l’inizio di un nuovo anno, questo dal punto di vista astronomico è corretto in quanto il momento corrisponde al solstizio invernale ed alla ripresa dell’allungamento delle giornate.  Tra l’altro, in chiave religiosa, la nascita di Gesù sta a significare l’avvio di una nuova stagione  umana e quindi si può dire che con lui nasce un  “nuovo anno”  morale.
Queste  alcune delle sensazioni da noi vissute il 21 dicembre 2013 alle festa solstiziale tenuta a Modena dall'ass. Senza Nome. Molti colori, molte luci, molti lumini accesi, una bella stufa a legna scoppiettante. Tanti pensieri di buon auspicio ed una meditazione guidata per sentirci tutti buoni ed in armonia, con il veniente nuovo anno. L'anno di una nuova era all'insegna della "fiducia".....

Breve scambio di convenevoli  tra Patrizia, una delle organizzatrici, e Caterina:
Caterina:  "Ecco alcune foto che ho scattato ieri sera, sono abbastanza carine e la serata è stata molto bella, siete bravissimi e soprattutto si vede ce siete un gruppo molto affiatato e che vi volete molto bene. E' bello vedere che si possono creare ancora amicizie così.... dà FIDUCIA , vero?
Patrizi: "Grazie per le belle tue parole e per aver condiviso con noi un momento così bello e intenso,  dà forza e ...fiducia avervi con noi. Un onore per noi senzanome. Un abbraccio fiduciosamente affettuoso!








A proposito di "fiducia" mi viene in mente la vignetta di Mafalda che parlando con il padre al proposito dell'arrivo del nuovo anno gli chiede... "Se sicuro che esiste un nuovo anno?" - Ed il padre: "Ma certo.. che dici Mafalda, è ovvio che esiste.."  E lei di rimando? "Tu l'hai visto..?"
Beh contentiamoci dell'evocazione: “Il Figlio.   Siedi in silenzio e avvolgi le tue parole nella nebbia di dicembre, ascolta il vento mentre raccoglie le ultime foglie di un autunno fiorito e sposa gli occhi insonni della Madre, sul volto del Figlio. Lui, che ancora tace il fiume immenso del nobile verso a cui il Padre diede voce un tempo e che incontra da sempre l’incenso di umane preci strette nella morsa di lacrime nere, rivolte al cielo di un sacro Presepio, tra umili amanti che scrivono finalmente liberi il nome di Dio nel libro dell’umana storia.” (Antonella Pedicelli)
Ma dal punto di vista della natura il nuovo inizio  si avverte con la primavera ed infatti in tutto il mondo il principio del nuovo anno era coincidente con il mese di marzo ed in questo mese era posta la tradizione della “strenna”. 
 Gli antichi romani erano solito regalare un vassoio bianco con fichi e miele,  sul vassoio erano posti anche ramoscelli di alloro chiamati appunto “strenne”. In realtà il nome “strenna” ha origini ancora precedenti, risalenti a quando (prima del 191 A.C.)  il calendario riportava il capodanno al primo marzo. In quella data, davanti alle porte del Rex Sacrorum, delle Curie e del tempio di Vesta,  venivano posti ramoscelli di alloro in sostituzione di quelli ormai secchi dell’anno prima, questi ramoscelli venivano staccati da piante lungo una via consacrata ad  una dea di origine sabina che si chiamava appunto Strenia.   Il termine latino “strena”: presaggio fortunato, deriva probabilmente proprio dalla dea Strenia,  portatrice di fortuna e felicità. La leggenda attribuisce l’inizio di questa usanza a Tazio,  sembra infatti sia stato proprio il re dei Sabini ad avere per primo l’idea di questo dono.

Paolo D'Arpini 


 Ed ora  vi offriamo  una strenna poetica:

 FILASTROCCA DI CAPODANNO   (di Gianni Rodari) 
voglio un gennaio col sole d’aprile,
un luglio fresco, un marzo gentile;
voglio un giorno senza sera,
voglio un mare senza bufera;
voglio un pane sempre fresco,
sul cipresso il fiore del pesco;
che siano amici il gatto e il cane,
che diano latte le fontane.
Se voglio troppo, non darmi niente,
dammi una faccia allegra solamente.