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Anime inquiete, fantasmi e vari ectoplasmi



In film, libri, racconti horror e leggende gotiche è facile imbattersi in trame emozionanti in cui spiccano morti sotto forma di fantasmi spesso avvolti sinistramente in teli bianchi simili a lenzuola o con il solo abito indossato al momento delle esequie. Tanta atmosfera degna del genere spettrale sovrannaturale con urla e sussurri nella notte, frastuoni di catene trascinate e stridolii di porte cigolanti. 


Ci vengono mostrati come spettri infelici, irritabili per il loro essere morti, indisponenti, fastidiosi, prepotenti per non dire astiosi e assetati di vendetta o di vapori sanguigni. Dove ci sono i fantasmi è impossibile non inserire nella trama strani fenomeni anomali come oggetti che si muovono da soli, luci che si accendono e spengono senza alcun motivo. Ma tutto ciò è la realtà? 


Davvero esistono i fantasmi? O sono solo frodi, inganni, illusioni ottiche o fenomeni spiegabili con altre cause naturali? Il pericolo di trucchi e imbrogli è costantemente presente, ma ci sono molte testimonianze che proverebbero la loro esistenza. In Italia ad esempio la casistica sulle segnalazioni di fenomeni legati al mondo dei fantasmi annovera un complesso imponente. Nessuna regione italiana si sottrae, il fascino dei fantasmi è inquietante ed è avvertito dal Nord al Sud. 


La nostra Regione, le Marche è ricca di tali episodi alcuni dei quali molto suggestivi. Non starò qui a elencare tutti i vari luoghi e le centinaia di casi verificatisi in terra marchigiana, ma mi limiterò solo a raccogliere le differenti tipologie di apparizioni che sono state registrate, cioè i contatti visivi e uditivi più semplici da descrivere (anche se assente, il condizionale in questi casi è d’obbligo). I fantasmi nelle Marche si aggirano ovunque: nelle rocche, nei monasteri, nei parchi, nelle Ville, nei cimiteri, nelle vecchie abitazioni abbandonate e nelle nuove costruzioni. 


Figure misteriose che sembrano concreti come i vivi, amano far avvertire la loro presenza, compaiono nella penombra all’improvviso senza alcuna apparente giustificazione, passano, sfiorano e inaspettatamente scompaiono. Tutti vagabondano indisturbati e in piena apparente tranquillità. 


Anime inquiete che non trovano pace di uomini e donne affascinanti elegantemente vestititi che desiderano raccontare qualcosa a chi è ancora vivo, anziane signore, monache e bambine decedute in situazioni tragiche e sventurate che da anni si aggirano a mezzanotte alle porte di quelle case che una volta furono la loro dimora; giovani innamorati vittime di un amore contrastato e turbolento; attempati feudatari vestiti di abiti d’epoca che durante la notte vigilano le loro proprietà; cortei di antichi soldati in affascinanti uniformi medievali armati di spada che attendono regolare sepoltura per poter trovare finalmente la pace. In luoghi ritenuti “particolari” accadono regolarmente eventi paranormali, in altri reputati “sinistri” un tempo territori di cruente battaglie dal sapore medievale si odono urla terrificanti e lamenti disperati di persone agonizzanti; apparizioni percettibili e frequenti avvengono nei vecchi cimiteri dove circolano macabre storie: molti dicono di aver visto dei fantasmi che vigilano il loro o altrui corpo nella tomba; in abitazioni lasciate da decenni con un lungo e non troppo tranquillo passato spuntano tavole apparecchiate e mobili in assenza di polvere, come se qualcuno vi abitasse ancora. 


Fantasmi che prediligono le Ville abbandonate e decadenti, posti certamente inquietanti e da brivido e non sono pochi quelli che sostengono di aver avvertito al loro interno “misteriose presenze”: ombre nere che passano velocemente sotto gli occhi, sensazioni di essere osservati o seguiti anche se si è da soli, scricchiolii dei mobili, imposte che sbattono, colpi sui muri, armonie e melodie tipiche di antichi strumenti e veri e propri passi provenienti dai piani alti, piani che sono inaccessibili per chiunque perché completamente murati. 


Pare che i fantasmi non disprezzino le nuove costruzioni dove si “divertono” a spaventare gli abitanti con i cosiddetti fenomeni di poltergeist accompagnati da strane figure evanescenti che volano diagonalmente: fantasmi “chiassosi” ma malevoli fanno sparire gli oggetti per poi farli ricomparire dopo alcuni giorni, oppure li spostano rispetto alla posizione originaria, o invece li lanciano contro le persone, frantumano oggetti di vetro, fanno cadere quadri,  comparire pozze di acqua, scritte sui muri e spalancare le porte. Vorrei a questo punto chiedervi: credete nei fantasmi? Ne avete paura o pensate che possano esistere soltanto nei film, nella letteratura e nei racconti popolari? 


 Le testimonianze sono burle sapientemente architettate o veramente, come dice qualcuno, i fantasmi si materializzano durante le sedute spiritiche? Cosa ne pensate degli acchiappafantasmi (Ghostbusters) che girano con un attrezzatura di un perfetto ingegnere nucleare? Avete esperienze di fantasmi belle o brutte da raccontare? 

Franco Stobbart

Samhain... significato misterico e storico della celebrazione che si svolge il 31 ottobre di ogni anno


Collage di Daniela Spurio

“Samhain” era la festa celtica che  celebriamo il 31 ottobre. Per i Celti la fine di Ottobre era l’inizio dell’anno nuovo, ed era il momento in cui, per qualche motivo, il confine fra mondo visibile e al di là si faceva labile, tanto che i due si interpenetravano, e creature dell’uno o dell’altro mondo potevano sconfinare…. Da qui l’usanza, poi degenerata in superstizione, di offrire dolci agli spiriti disincarnati, che venivano sulla terra, per tenerli buoni.Che dire di questa visione del mondo? Era forse simbolica della fragile barriera che vi è fra la vita e la morte o vi era qualcosa di più?
A me sembra che essa, oltre i suoi significati puramente simbolici, ci  parli di un  tempo in cui la percezione umana  rispondeva a parametri ben diversi da quelli che raggiunge oggi; un tempo in cui la dimensione della coscienza era talmente ampia da  poter dialogare a tu per tu con un mondo parallelo. E se molti atti, molte festività, finirono per ripetersi solo per tradizione, era pur vero che esse forzatamente scaturivano da esperienze vissute, altrimenti non  ci sarebbe stato senso a perpetuarle: insomma, qualcuno, in tempi così lontani da non poter forse essere nemmeno ricordati, aveva toccato il limite tra un mondo e l’altro, e aveva compreso che , nel ripetersi ciclico di tutte le cose, vi è – o vi era – anche un tempo specifico per l’avvicinarsi e l’incontrarsi di mondi  che sono situati  su di una frequenza vibratoria così diversa, così lontana. Ma, per qualche motivo – ovviamente a noi ignoto – si producevano (o si producono) in certi periodi particolari (o forse mediante modalità particolari) aperture dimensionali fra mondo spirituale e mondo materiale. E, come nel ciclo naturale la morte e la vita si avvicendano al punto di formare un cerchio completo ( e quindi si può dire in un certo senso che si tratta della stessa cosa, perché il tempo è una realtà illusoria e quindi l’esistenza compresa fra i suoi due estremi è un continuum che ha all’interno della sua parabola un presunto inizio e una presunta fine, ma non si tratta in realtà né dell’una né dell’altra cosa, visto che un cerchio non ha inizio e non ha fine) così nello Shamain la fine dell’anno celtico veniva a coincidere- ovviamente- anche con l’inizio dell’anno nuovo, e la vita e la morte – e le creature dei loro rispettivi mondi- venivano a incontrarsi nello stesso punto. Per estensione quindi potremmo concludere che la celebrazione che avveniva in quel momento particolare dell’anno simboleggiava l’esistenza del punto d’incontro fra due realtà, che di per sé nulla ha a che vedere con il tempo e lo spazio; ma visto che la dimensione spazio-temporale domina i parametri percettivi umani, è necessariamente così che può essere filtrata dall’attrezzatura psico-fisica di cui l’uomo è dotato. 
D’altronde i simboli e i riti configurano il ricalcarsi di realtà pertinenti al mondo delle idee, in modalità che permettono la recezione diretta e immediata di un concetto a livello terreno. Questi “ponti” concettuali nel corso del tempo hanno persino preso aspetti monumentali quali le piramidi egizie o precolombiane, o le cattedrali gotiche volute dai Templari, in cui idealmente si uniscono il cielo e la terra.  
Col tempo la memoria di queste esperienze si attenuò: ma nella tradizione iniziatica venne perpetuata la coscienza di questa realtà presente e possibile, tramite i rituali misterici. Essi cercavano di recuperare pienamente quella sacralità profonda di cui già nell’epoca classica si stavano perdendo le tracce, sostituita da una pseudo spiritualità che tendenzialmente creava una frattura sempre più profonda fra il mondo degli dei e quello dell’uomo.
L’argomento di cui si parlerà il 9 novembre, sono gli stati alterati di coscienza, e questa è una realtà che accompagnava forzatamente i culti misterici che si riconducono, in origine, alla ricerca di un contatto con la Grande Madre, il misterioso spirito d’amore che pervade la creazione e dà un senso a tutto, che scandisce i ritmi vitali della natura   ed  è messaggero delle energie celesti; che traspone in forme e in realtà visibili le sostanze cosmiche, e che quindi , nel suo linguaggio mediato dalle forze di natura, porta a livello della nostra limitata comprensione umana le incommensurabili e smisurate verità che reggono l’universo, e che si esprimono a livelli energetici  talmente lontani dai nostri da non poter minimamente essere espresse in termini razionali. La mamma è sempre la mamma!
Possiamo ipotizzare che nell’era del Toro, dal 4000 al 2000 A.C., prima dell’avvento dei culti patriarcali di orgine indoeuropea, gli uomini avessero una percezione più viva delle realtà celesti di cui la natura si faceva interprete e che identificava nella donna generatrice di vita, come nella terra stessa, la depositaria del mistero più grande. I culti erano rivolti alla Dea, e le società stesse venivano rette da governi di tipo matriarcale. Nell’area mediterranea in particolare questo aveva portato pace e benessere (visto che le madri sono più interessate a generare la vita piuttosto che dare la morte), come attestato dai ritrovamenti archeologici relativi alla cultura minoica e alla zona  dell’Egeo e dell’Anatolia. Poi gli invasori sostituirono con i loro dei maschili, aggressivi e guerrafondai la Grande Madre, il cui culto gradualmente scemò e fu in gran parte relegato alle confraternite iniziatiche, quelle che oggi potremmo definire società segrete. Da questo punto il sacro – inteso come atteggiamento che vede in ogni cosa il riflesso del “divino”, o meglio del supersensibile, cioè di quei mondi superiori di cui il nostro mondo è una sorta di riproduzione in scala a livello energetico e che influisce direttamente sulla vita dell’uomo come parte del tutto – iniziò la sua parabola discendente, in cui fu rimpiazzato gradualmente dal profano, quell’atteggiamento in cui più nulla è “sacro”, più nulla viene identificato cioè come l’eco terreno di  più vaste realtà cosmiche, e la visione antropocentrica sostituì quella che concepisce l’essere umano come inserito nei ritmi della vita senza necessariamente essere il centro dell’universo. 
L’antropocentrismo si è originato con il monoteismo, che via via ha sostituito i culti pagani, assai più vicini alla vera natura delle cose e agli archetipi che configurano i vari aspetti dell’esistenza.        
Il primo culto misterico di cui ci parla la storia è quello eleusino, che si rifà al viaggio di Demetra (la dea greca della fertilità- un’immagine della Grande Madre, Cerere per i Romani) in cerca di sua figlia Persefone (Proserpina per i Romani), scomparsa nel mondo sotterraneo perché rapita da Ade, il dio degli Inferi. I “misteri” conducono l’adepto nel mondo delle tenebre, delle sue tenebre personali, affinchè possa – se non comprenderle – accettarle e integrarle nel sé come strumento di trasformazione, proprio come noi accettiamo il fatto che per sei mesi l’anno (Autunno-Inverno) Demetra, ossia la natura, piange la figlia che deve rimanere sottoterra, e le messi non crescono; mentre quando Persefone, per sei mesi all’anno (Primavera-Estate), si ricongiunge con la madre sulla superficie della terra, ecco che Demetra fa festa e ritorna la vita alla natura. Il mistero del ciclo di vita e morte non è comprensibile razionalmente, ma se ne può penetrare l’essenza, riconducendola nell’ambito della sfera personale, entrando in sintonia con una percezione più profonda. Demetra- Persefone, spesso considerata una dea duale (e quindi avrebbe in un certo senso la stessa valenza) rappresenta sia la vita , nella sua veste di Demetra, che la morte, quando si cala nei panni di Persefone: perciò essa apre e chiude un ciclo. La vita, paradossalmente, origina la morte, come Persefone è figlia di Demetra, e anzi il suo alter ego. E’ quindi un tutt’uno.
Il culto eleusino prevedeva, come apertura dei riti, una sorta di pellegrinaggio simbolico da Eleusi ad Atene, un percorso di una ventina di chilometri, per ripercorrere le orme di Demetra che fece lo stesso percorso alla ricerca della figlia scomparsa, e fu antesignano, si può dire, degli assai più corposi pellegrinaggi che videro il loro sviluppo in epoca medioevale sotto l’egida del cristianesimo. Si trattava, anche in questo caso, di un viaggio rituale, epressione del desiderio di un cambiamento interiore, un bisogno di esperienze nuove; il pellegrinaggio è la metafora della vita umana alla ricerca del senso del proprio procedere. Nel viaggio ogni segno diventa la manifestazione di un ordine invisibile che offre risposta a un interrogativo interiore, come se, per qualche istante, il mistero possa rivelarsi e dare responsi.
Ed ecco che gli aspiranti all’iniziazione erano sottoposti a varie prove, compresa una morte simbolica, ed ecco che veniva loro data da bere una mistura di erbe psicotrope, perché la loro coscienza, nello stato alterato, si allineasse con quelle verità che un tempo lontano l’uomo poteva percepire nel suo stato “normale”.
Nel tempio di Delfi, in cui si ricevevano gli oracoli di Apollo, la Pizia (la sacerdotessa incaricata di fare da ricettacolo per i messaggi del dio- ancora una volta una donna: evidentemente si riconosceva all’elemento femminile una maggiore assonanza con la dimensione “altra” ) prima di ogni sessione profetica digiunava per tre giorni, dopodichè assumeva una mistura di erbe che, unitamente ai vapori inebrianti che uscivano da una fenditura nel pavimento dell’”adyton”, il luogo in cui si svolgeva il rito, le provocavano una vera e propria “trance” che serviva evidentemente a travalicare i limiti della coscienza ordinaria per addentrarsi nel terreno soprannaturale in cui si percepivano bagliori di rivelazione e si esperivano realtà precluse al quotidiano.   
Poi vennero i culti dionisiaci, in cui l’ebbrezza del vino provocava alterazioni molto  più radicali e meno composte: si potrebbe anche pensare che i culti dionisiaci siano una degenerazione dell’uso dell’alterazione della coscienza, ma in realtà servivano ad esplorare i limiti che dividono anima e corpo, sanità e follia, come momenti di crisi ma anche di opportunità e crescita. Forse il precipitarsi da un estremo all’altro, caratteristico dei culti dionisiaci, che vedevano momenti di euforia seguiti a momenti di depressione, di estrema agitazione e poi di calma innaturale, serviva proprio a far capire quanto fosse labile il confine fra una vita e l’altra, o meglio fra la vita e la morte. Il segreto è riuscire a camminare sulla linea di confine. In ogni caso anche i misteri dionisiaci, come quelli eleusini, rievocavano momenti di sprofondamento nella morte per poi celebrare il ritorno alla vita.
Che dire, poi, degli sciamani del nuovo mondo, tutti iniziati, da secoli, all’uso rituale del peyote (in Messico) o dell’Ahiauasca (in Brasile?). Non c’è cultura “primitiva” (leggi: legata alle radici dell’uomo) che non usufruisca di questi elementi presenti in natura per catapultarsi verso realtà precluse alla normale percezione dell’uomo.
E lo sanno molto bene quanti hanno fatto parte della cultura hippy degli anni sessanta-settanta (come per esempio il sottoscritto) che tentavano di esplorare realtà alternative alla piattezza di un sistema materialistico organizzato come una prigione per l’anima, mediante l’uso delle cosiddette “droghe” psichedeliche. In realtà il drogarsi, e cioè l’essere schiavi di una sostanza, è tutt’altra cosa, poiché i “figli dei fiori” non ricercavano l’ebbrezza di per sé, ma utilizzavano l’alterazione della coscienza come mezzo per espandere la consapevolezza del sè ed entrare in quegli stati percettivi che sentivano li avrebbero messi in contatto con le realtà superiori di cui, forse, sentivano un’ancestrale nostalgia.  Questo perlomeno era l’intento di Timothy Leary, colui che produsse per primo l’LSD, e di tutti coloro che lo utilizzavano come porta d’accesso a un sacro viaggio dentro di sé. 
Ogni cosa ha il suo tempo, e come l’iniziazione misterica mediante piante psicotrope, anche quella psichedelica è diventata un vestito dismesso: ma la coscienza rimane, ed ha bisogno, in qualche modo, di espandersi .
Io credo che la spiegazione sia questa: in conformità con la legge di attrazione, secondo la quale noi attiriamo nella nostra sfera personale le esperienze e le conoscenze di cui più abbiamo bisogno (non necessariamente quelle che ci piacciono di più) le piante psicotrope furono scoperte dall’uomo (oppure gli furono “date”?) nel momento in cui egli si accorse che nella sua struttura interiore era venuto a mancare quel qualcosa che gli permetteva di percepire in maniera molto chiara le realtà “celesti”, le voci e le presenze di mondi superiori e lontani quanto a valenza energetica, ma non per questo irraggiungibili, perché è anzi proprio il contatto con questi mondi che ci può trasformare  e proiettare verso ciò che siamo destinati a diventare.
Possiamo dunque dire che è (o meglio era) insita nell’uomo la capacità di relazionarsi direttamente a forme superiori di conoscenza e di energia-spirito in quanto parte stessa del suo bagaglio interiore, animico: ma un’obnubilamento della coscienza lo impedisce da tempo immemorabile, e la nostra sfida, ancor oggi, è recuperare quella parte di noi. Molti miti parlano, in forme diverse, di una “caduta” come quella edenica, che innalzò una cortina fra la percezione diretta del divino e l’uomo. Tutti i miti mascherano qualche primigenia verità, anche se chiaramente alcuni di essi sono stati volutamente manipolati o hanno subito alterazioni nel corso del tempo. Certo è che la scissione fra una percezione superiore e quella ordinaria deve aver avuto luogo in qualche momento dell’esperienza dell’uomo, poiché egli, in ogni civiltà e in ogni tempo, ha sempre ricercato questa relazione con il soprannaturale, come a chi viene amputato un arto inizialmente si comporta d’istinto come se ci fosse ancora. E’ la parte “con accesso negato” dell’uomo.
Oggigiorno in particolare, come contraltare al trionfo del materialismo, si moltiplica il numero di chi cerca quelle risposte che può solo trovare dentro sé, ma il cammino non è più quello degli “aiuti” esteriori. Si tratta invece di un lavoro molto più faticoso, un itinerario tutto interiore alla ricerca di se stessi che comporta dedizione pressocchè totale e scelte ponderate che possono reintrodurre  nella coscienza quegli stati che oggi chiamiamo “alterati” e che si possono presentare come esperienze “picco” in occasioni particolari, ma di cui ci potremmo reimpossessare, mediante il paziente lavoro su noi stessi, come realtà ordinaria dell’anima. La conoscenza di sé porta necessariamente alla trasformazione. Questo è  il prossimo passo dell’evoluzione umana? 
Simone Sutra

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Anche quest'anno il Circolo Vegetariano VV.TT. festeggia  Samhain, con la manifestazione denominata "Il Ciclo della Vita" che si tiene a San Severino Marche.  Vedi programma: 

 Programma del 31 ottobre 2013 – Località Ugliano – San Severino Marche

h. 16.30 – Ritrovo nell’aia davanti alla casa di Lucilla Pavoni, per salutare gli animali ivi custoditi e familiarizzarsi con il luogo.
h. 17.00 – Escursione erboristica con descrizione delle piante autunnali sino a giungere ad una spianata a ridosso di un colle.
h. 19.00 – Accensione di un fuoco rituale e cerimonia in memoria degli spiriti della natura e dei nostri cari.
h. 20.00 – Condivisione di cibo vegetariano a mo’ di oblazione. La serata continua con uno sharing collettivo di esperienze sulla vita e sulla morte.
Info generali sulla manifestazione: Tel. 0733/216293
Email: bioregionalismo.treia@gmail.com -circolo.vegetariano@libero.it
Info per raggiungere il luogo dell’incontro: Cell. 338.7073857

La partecipazione è libera e volontaria e non è coperta da assicurazioni infortunistiche. Al termine girerà un cappello per raccogliere le offerte per le spese organizzative e di accoglienza.

Circolo vegetariano VV.TT. dai falisci al bioregionalismo


Calcata - Stefano Panzarasa al Circolo Vegetariano VV.TT.

Un giorno ho fatto felice Paolo portandogli il primo numero di Bullettin (di cui non aveva più copie) che lui mi aveva regalato alla fine degli anni ottanta…
A quei tempi lavoravo a Roma Radio Proletaria (ora Radio Città Aperta) dove conducevo una trasmissione sulla natura, Terre Protette, che parlava in particolar modo di delle attività ecocompatibili nei parchi e nelle riserve naturali. Quindi era per me doveroso andare a Calcata nel Parco Regionale della Valle del Treja, a conoscere e intervistare Paolo D’Arpini, visitare il Circolo Vegetariano VV.TT. e avere notizie su tutte le molteplici attività che venivano già allora regolarmente proposte.

Quasi da subito con Paolo nacque una profonda amicizia basata su una reciproca stima  e una visione comune sul come è possibile vivere in un luogo in sintonia con il territorio e la natura. Come lui anch’io, se pur da meno tempo, avevo abbandonato la vita consumista di città per la campagna e, allora come adesso, non era facile trovare persone con cui condividere intelligentemente questa scelta di vita.

Paolo D'Arpini a Calcata

Quindi se pur vivendo un po’ lontano da Calcata, prima a Palombara Sabina e ora a Moricone (ambedue paesi situati alle falde dei Monti Lucretili a Nord Est di Roma), vi sono tornato spesso, tra l’altro, a presentare le mie attività artistiche e culturali come concerti di musica popolare e di musica ecologista (una volta anche uno spettacolo in una grotta!), presentazioni della newsletter Gaia e di libri di poesie e sui parchi e attualmente anche seminari e stage di ceramica sul periodo neolitico definito la Civiltà della Grande Dea, periodo che rappresenta le nostre più profonde radici di popoli europei. 
Insieme a tutto ciò negli anni con Paolo abbiamo condiviso un progetto ambizioso che è poi allo stesso tempo una filosofia e una pratica di vita. Si tratta del Bioregionalismo o semplicemente l’arte di vivere in un luogo in armonia con la natura. 

Pizzone - Incontro Bioregionale

La nostra è stata una evoluzione culturale e spirituale del tutto naturale visto che ciascuno a casa sua queste cose le praticava già. Ma dietro il bioregionalismo si è aperta una rete di contatti con persone che in tutta Italia e addirittura in tutto il pianeta aderiscono a questa visione. 
Questa rete di contatti è in seguito divenuta la Rete Bioregionale Italiana e insieme a Paolo e altre persone della Rete abbiamo tra l’altro pubblicato il libro La Terra Racconta sul bioregionalismo e la realizzazione delle mappe locali come metodo per prendere coscienza del luogo dove ciascuno di noi vive. In quel libro era già presente la mappa della  Tuscia. Ed ecco la riscoperta della Tuscia come area omogenea dal punto di vista naturalistico, storico, culturale, economico, una vera e propria bioregione. 


Ecco allora i tanti incontri organizzati da Paolo condivisi localmente e non solo, da tantissime persone, per dare dignità a questa proposta anche politica in relazione ad un riordino amministrativo della regione Lazio e regioni limitrofe e allo svincolo dalla sudditanza economica e culturale dalla grande città di Roma. 

Antica cerimonia sacrale falisca (ricostruzione)

Le antiche tribù falische che tremila anni fa popolavano questi splendidi luoghi sapevano benissimo integrarsi con il loro territorio, le loro divinità erano benevoli e legate alla terra e alle acque, poi tanti secoli di dominio sugli uomini e sulla natura hanno quasi fatto dimenticare una certa evoluzione culturale e spirituale verso una società paritaria, democratica e ecologica ante litteram che però non è mai del tutto scomparsa e regolarmente riaffiora nel tempo e nei nostri sogni, miti e archetipi. Ma questa è un ancora un’altra riflessione che attualmente stiamo facendo con Paolo e altri amici del Circolo VV.TT.  

Stefano Panzarasa, geologo

Ruderi nell'Agro Falisco

San Severino Marche, 31 ottobre 2013 - Il ciclo della vita ritorna


Il ciclo della vita


“Questo è il momento in cui la vita esprime la sua magia. Il frutto cade sulla terra e inizia pian piano a marcire finché il seme non si è creato un letto di foglie e terriccio sul suolo umido. In questo “sfaldamento” è racchiuso tutto il senso della morte e della rinascita. Ma si dice anche che l’ultimo frutto non mangiato della pianta, quello che rimane sul ramo più alto, che resta maturo sotto i raggi dell’ultimo sole autunnale, è il vero figlio dell’albero che viene offerto al cielo. Fra questi due modelli, il ritorno alla Terra ed il ritorno al Cielo, si svolge il significato della nostra stessa esistenza”.

Con questi pensieri in mente si ripete anche quest'anno la  manifestazione “Il Ciclo della Vita”, che si svolge a San Severino Marche, il 31 ottobre 2013.  Il tema portante è quello del rapporto umano e della solidarietà sociale nel contesto della comunità, prendendo lo spunto dalla natura che con i suoi cicli e le sue diverse espressioni vitali prosegue nella sua eterna creazione, trasmettendo i messaggi della continuità in forma di patrimonio genetico e nella società umana in forma di educazione e cultura. Poi  si parlerà in modo conviviale anche dei cicli stagionali, delle sementi naturali, della perfezione nello schema vitale. Non mancherà quindi anche un discorso sulla morte rinascita e stati psichici altri nella visione esoterica. La manifestazione che si svolge nella casa di campagna di Lucilla Pavoni  termina con un piccolo rinfresco di specialità vegetariane preparate dalla padrona di casa.





Programma del 31 ottobre 2013 – Località Ugliano – San Severino Marche

h. 16.30 – Ritrovo nell’aia davanti alla casa di Lucilla Pavoni, per salutare gli animali ivi custoditi e familiarizzarsi con il luogo.
h. 17.00 – Escursione erboristica con descrizione delle piante autunnali sino a giungere ad una spianata a ridosso di un colle.
h. 19.00 – Accensione di un fuoco rituale e cerimonia in memoria degli spiriti della natura e dei nostri cari.
h. 20.00 – Condivisione di cibo vegetariano a mo’ di oblazione. La serata continua con uno sharing collettivo di esperienze sulla vita e sulla morte.
Info generali sulla manifestazione: Tel. 0733/216293
Email: bioregionalismo.treia@gmail.com -circolo.vegetariano@libero.it
Info per raggiungere il luogo dell’incontro: Cell. 338.7073857

La partecipazione è libera e volontaria e non è coperta da assicurazioni infortunistiche. Al termine girerà un cappello per raccogliere le offerte per le spese organizzative e di accoglienza.

In "vacanza" a Calcata - Perdita della ragione vivendo nell’ignoto…..


Paolo D'Arpini nella penombra della casarsa di Calcata


C’è stato un momento della mia esistenza, quando ancora abitavo a Calcata, in cui ho dovuto affrontare la perdita della ragione. 

Non nel senso che sono uscito di senno ma entrato in una condizione “psichica”  in cui non è più possibile giudicare quel che è giusto e quel che è sbagliato. Uno stato di vuoto in cui l’osservatore interno osserva le potenzialità del momento sostituendo il giudizio con  la testimonianza.  

E lì  finisce ogni affermare o negare, ogni vincere od essere sconfitti. So che quel momento glorioso in cui trionfa “l’attimo presente” è lo stato della vera nascita e della vera beatitudine. Eppure questa “condizione” si manifesta (e per me avvenne drammaticamente) come un ingrippamento del motore funzionale della mente. Un vuoto che sopraggiunge di fronte all’imponderabile ed all’inaffrontabile. Sapete la storiella zen che racconta il “satori”?

Un giorno un viandante si trovò dinnanzi ad una tigre affamata. Cercando di sfuggire alle sue fauci aperte ed ai suoi unghioni appuntiti si rifugiò su un precipizio, aggrappandosi ad una radice sporgente nel vuoto. La tigre si aggirava sopra di lui rabbiosa allorché l’uomo si accorse che anche sotto di lui, alla base del crepaccio, c’era un’altra tigre che lo spiava famelica. Proprio in quel momento la radice alla quale era avvinghiato prese a staccarsi dalla roccia, si vide perduto, non poteva risalire né scendere,  nel mentre il suo sguardo si posò su una fragolina selvatica matura che pendeva invitante davanti ai suoi occhi,  la colse, com’era buona….

Successe più o meno così pure a me,  ero oppresso ed aggredito a destra e sinistra da due satanassi malefici, il destino aveva deciso di mandarmeli per farmi apprendere questa lezione. Che fare? Rispondendo alle loro provocazioni, con la violenza o la capziosità, avrei perso la mia equanimità di giudizio e sarei precipitato nella finzione speculativa (e satana è questo che vuole per attiraci nella sua trappola).  Non avevo speranze..  quando  smisi di preoccuparmi, sentii che non importava assolutamente nulla ottenere un risultato logico e soddisfacente, lasciai andare ed abbandonai la frustrazione e l’impotenza,  la vendetta e l’umiliazione, la giustizia e l’ingiustizia, il bene ed il male…. Insomma rinunciai, anzi “dimenticai”, ogni azione-reazione, questo lo chiamo “perdere la ragione”.

Ma attenzione, strettamente parlano non si risolse in un “momento”, anche se la comprensione avvenne in un “flash”, poi si trasformò in uno stato, una condizione di essere in perpetuo bilico, in cui non c’è che il sorridere ed il piangere insieme.

Oggi ho visto descritta questa “qualità” in uno scritto di  Capra, il fisico, che più o meno dice: “..analogamente al Vuoto dei mistici, il “vuoto fisico” -così chiamato nella teoria dei campi quantici- non è uno stato di semplice “non-essere” ma contiene in sé la potenzialità di tutte le forme. Queste forme non sono entità indipendenti ma sono manifestazioni transitorie del vuoto, che sempre soggiace ad esse. Il vuoto è “vuoto vivente”, pulsione creativa e distruttiva”.

Ed è proprio in questo stato  “aldilà del ragionamento” che è veramente possibile godere in pieno della vita, nella sua interezza,  è uno stato di perenne “comprensione” in cui è impossibile perdere, si vive momento per momento, con chiarezza, intelligenza, creatività. E’ un vivere nell’ignoto!

Paolo D'Arpini