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Ritrosia nel giudizio e lucidità dell’osservazione nella spiritualità laica


Molto spesso ho notato che una volta che qualcuno è stato riconosciuto da qualcun altro  come “santo” tutti quelli che lo incontrarono, nel bene e nel male, hanno qualcosa da raccontare su di lui, magari si professano suoi discepoli, pur che -con il “santo” in vita- non avevano avuto particolari rapporti, forse l’avevano ignorato, chissà, o erano stati ignorati dal “santo” stesso. Insomma succede come per la gente famosa del mondo una volta decollata nelle classifiche trovano sempre qualcuno pronto a dire “Ah, io lo conoscevo bene, da tanti anni ho avuto rapporti con lui, abbiamo mangiato tante volte nello stesso piatto, eravamo culo e camicia…”. Ciò avviene ancor di più se la persona esaltata, di cui ci si vanta i favori, è defunta e non può quindi controbattere o replicare. Credo sia successa la stessa cosa con tanti saggi che magari in vita erano vilipesi e spernacchiati e dopo -giunta la fama e la morte- vengono osannati e vantati.


Ramana Maharshi era un saggio che visse i primi anni della sua permanenza a Tiruvannamalai come un mendicante ed i suoi estimatori erano ben pochi, giusto una banda di “sderenati” par suo… Poi l’odore della sua saggezza raggiunse i quattro quadranti della terra e tutti coloro che l’avevano conosciuto anche solo per averlo salutato per strada, si dichiararono poi suoi ferventi devoti ed estimatori. Ricordo che alcuni di questi “vecchi devoti” frequentavano anche l’ashram di Swami Muktananda, il mio Guru, ma lui –da buona Scimmia- diceva sempre che “un vecchio devoto è sinonimo di uno che puzza…”. Ed in verità cos’è la “conoscenza del Sé” se non qualcosa di perennemente fresco, eternamente nuova come esperienza? Infatti i saggi realizzati vengono definiti “Jirangivi” ovvero Eternamente Giovani, non perché “portino bene gli anni” ma semplicemente perché sono aldilà di ogni collegamento col tempo e con lo spazio…
Non so per quale ragione ho dovuto fare questa premessa prima di raccontare l’esperienza che segue… non voglio però che quanto ho detto fuorvii l’impressione od il giudizio del lettore. Considerate queste mie parole come un inciso “generale” e godetevi il racconto di questo incontro avuto tanti anni fa con Swami Lakshmana, che credo sia ancora in vita e bazzichi tutt’oggi in  Tiruvannamalai, dove si è trasferito qualche anno fa mi riferirono degli amici comuni.

Come si deve osservare un santo? Per capirlo vado ad incontrane uno…. anzi due: Lakshamana e Saradamma


Ancora una volta in viaggio, stavolta con mio figlio, in una città il cui suolo è cosparso di allume, ovunque svolazzante polveroso, lucido e nero. In questo posto poco piacevole dell’Andra Pradesh, a Gudur, vado ad incontrare un diretto discepolo del grande saggio Ramana Maharshi, si chiama Lakshmana Swami. Ho avuto la dritta da alcuni amici di Tiruvannamalai, tramite David Godman che ha scritto un libro su di lui, e me ne parla Nigel Quigly che vive sulle pendici di Arunachala, la sacra montagna rossa simbolo di Shiva: “vai a trovare Lakshmana e Saradamma, due grandi anime che vivono a Gudur, poi noi ti raggiungiamo lì fra qualche giorno”.
Anche allora viaggiavo per l’India con mio figlio Felix, noi da soli come pellegrini alla ricerca dell’amore e della conoscenza. Partimmo senza sapere cosa avremmo trovato, il viaggio in treno non era lungo, poche ore da Madras, quando arrivammo alla stazione di Gudur era notte fonda e ci fermammo sotto una veranda al primo piano della stazione per riposare. La pace fu presto rotta da una banda di scimmie per nulla benintenzionate che ci minacciava forse pensando che così avremmo dato loro qualcosa da mangiare, non avevo nulla per rabbonirle ed ero preoccupato per Felix, dopo un po’ di lotte e scacciamenti usciamo in fretta dalla stazione per ritrovarci in quel paesaggio lunare, di mica, con un primo raggio rosso di sole nascente che rendeva tutto ancor più alieno. Per fortuna un chai-shop era aperto e così potemmo rifocillarci. La prima cosa da fare quando si vuole soggiornare in un luogo è accertarsi di aver trovato una sistemazione per la notte ed appena finita la colazione salgo, sempre con il pargolo al fianco, su un riktsciò e mi faccio portare verso l’ashram del santo. Un posto in mezzo alle spine ed ai cactus, arido e veramente poco abitato, stradine polverose e contorte dove si trovano solo rade capanne, capre o vacche libere e cani randagi, tutto è piatto e cosparso di allume luccicante.
Da fuori il posto del santo sembra più una casa di campagna che un ashram, ci sta all’ingresso una signora indiana che ci accoglie, forse una parente di Saradamma la discepola che affianca Lakshmana nella ministrazione religiosa. C’è anche una ragazza straniera che sta lì da un po’ di tempo e che svolge vari servizi: reception, cucina, attendenza, etc. “Lakshmana e Saradamma escono di rado ma domani verranno fuori per una cerimonia –dice- e li potrai vedere”. Mi viene data una casetta, credo l’unica oltre il cottage del santo e la portineria-foresteria dove stanno le donne. La casetta è strapiena di bottiglie, lattine cicche, un numero impressionante di mozziconi gettati un po’ ovunque e persino all’esterno, sul di dietro della cucina vi sono altre cicche e cartacce ed altri rifiuti. Non fa una bella impressione ma cerco di pensare positivo “forse è una prova per me, per tutte le volte che ho sporcato in casa d’altri”. Non mi perdo d’animo e facendomi aiutare da Felix raccolgo e sposto le immondizie il più possibile lontano e dove non diano fastidio alla vista ma, mi accorgo dopo, molto vicine al recinto che delimita la casa di Lakshmana, ormai è troppo tardi per pensare ad altri spostamenti, è notte, e lascio le cose così. L’indomani c’è l’incontro o darshan con la coppia di santi, in una specie di tempietto colonnato aperto su quattro lati.


Lakshama siede e non parla, ci sono un po’ di canti guidati da Saradamma, qualche arati, una distribuzione di prasad, insomma niente di speciale. Penso comunque di fermarmi qualche giorno, almeno per aspettare gli amici che mi hanno mandato qui. La notte, rifletto pensieroso, sentendomi un po’ deluso, mi fumo due tre bidi, pensando “tanto non importa anche se è vietato, qui pare che hanno fumato tutti…” e mi addormento al fianco di mio figlio. Un incubo incredibile mi afferra, un’esperienza incancellabile, mi vedo scalare una montagna di vetri rotti, debbo salire in cima ma ogni passo è doloroso e sanguinoso, avanzo arrancando ed ad un certo punto preso dallo sconforto e da una rabbia irrefrenabile inizio ad ingoiare schegge e tocchi di vetro, una sorta di sfogo autolesionista per l’impotenza e la frustrazione in cui mi trovo, la mia gola è in fiamme, penso di morire soffocato, mi sveglio di soprassalto e mi ritrovo nel letto, forse ho la febbre.
Ma la mattina dopo la “discepola” mi dice che dobbiamo lasciare la stanza perché sono attesi altri ospiti, mi sembra un po’ strano e sono veramente scocciato, mi mandano via così, ammalato, con un bambino piccolo al fianco. Prima di partire compare Saradamma con delle caramelle, dice “queste sono per il bambino, poi guardandomi aggiunge, sono solo per lui…”. Non fa nulla, mi dico, se c’è un messaggio dietro tutto ciò sono pronto a scoprirlo. Rifaccio la strada del ritorno, un bel pezzo a piedi, prima di trovare un risciò, divido le caramelle con Felix pensando “non può mangiarle tutte ed io ho mal di gola una caramella mi farà bene”. Fatto strano appena scendo dal triciclo che ci riporta a Gudur mi viene un conato di vomito e rigetto un liquido dolciastro, la caramella che avevo ingoiato. Infine trovo una stanza in un alberghetto, vicino ad un tempio dedicato ad Hanuman, il posto è pieno di scimmie che allungano le mani tra le sbarre della finestra.
Per alcuni giorni non posso alzarmi dal letto, non posso deglutire nemmeno la saliva, dolori lancinanti alla gola che non ho mai provato prima in vita mia, non posso bere, tantomeno mangiare, posso solo respirare a fatica ed ho la febbre, un calvario che dura parecchi giorni, in compagnia delle malefiche scimmie. Poi arrivano gli amici di Tiruvannamalai, che vanno a stare comodamente nell’ashram, nella stessa casetta da me occupata per due notti ed in cui ebbi quel sogno. Io e Felix restiamo all’alberghetto, pian piano mi riprendo, finché un giorno mi dicono che ci sarà un successivo incontro con Lakshmana. L’esperienza sinora vissuta è talmente anomala che decido di andare anch’io, sempre con Felix. Stavolta il darshan è nel cottage di Lakshmana e Saradamma, ci sono solo quattro o cinque persone, ascolto in silenzio quel che vien detto, non mi importa nulla di nulla, non penso a nulla, non giudico, non trovo colpe né pregi in tutto quello che mi è successo e mi succede, resto lì un’oretta a guardare le formiche sul pavimento.
“So di non sapere” diceva Socrate.

Paolo D’Arpini

La ricerca della verità su Hamer, NMG e altra medicina

Collage di Vincenzo Toccaceli


 La ricerca della Verità di Alberto Medici

Lo so, lo so, me lo sono andate a cercare io. Ma non mi tiro indietro, anche perché quello che c’è in gioco è troppo importante, e io continuo a credere che se alla fine di questa storia anche una sola persona in più avrà capito i principi della nuova medicina germanica, ne sarà valsa la pena.

8. Ho cominciato io (mea culpa!) a stuzzicare il Lefou Gentile, che in un suo hangout irrideva i complottisti che a suo dire non avrebbero il coraggio di affrontarlo. Abbiamo cominciato parlando di signoraggio, e abbiamo trovato che le posizioni erano diverse (neanche tanto però: lui ha ammesso che la massa monetaria cresce, che questo avviene sia a causa delle banche centrali che delle banche commerciali, e, per uno che nega il signoraggio, non mi sembra poco); poi lui ha chiesto un confronto sulla nuova medicina germanica, che io ho accettato a condizione, come dicevo all’inizio, che l’oggetto della conversazione non fosse la figura del fondatore, il Dr. Hamer appunto, ma l’essenza della malattia: cosa è, come viene, come si forma, perchè a qualcuno sì e ad altri no, ecc. Il sig, Damato, invece, puntava tutto sulla demonizzazione del Dr. Hamer, forse quello è il campo in cui è più preparato, non so, pazienza.

9. Alla fine della diretta hanno insistito dicendo: “Ma lei conosce qualcuno guarito grazie alla NMG?” (mostrando una certa ignoranza perchè la NMG più che una terapia di guarigione è un sistema che inquadra la malattia in precise disarmonie e conflitti patiti e non superati, ma lasciamo stare) e io rispondevo che sì, conoscevo di questi casi. A questo punto, tutto un inseguimento: “Dicci chi è! Dicci chi è!“, ma io non ritenevo utile, a persone così prevenute, fornire alcunchè. Tanto che quando ho scoperto che uno dei casi che conoscevo era non solo pubblico, ma anche usato proprio in risposta al sig.Damato, non mi sono stupito più di tanto: come immaginavo, il giornalista investigativo cerca solo conferme alle sue teorie, e trascura ciò che le smentisce. A riprova di questo la sua affermazione, in uno dei commenti nel post sui troll, secondo i quali la correlazione fra nascita di un figlio e un tumore al testicolo aveva la stessa probabilità di una correlazione fra il tumore al testicolo e il fatto di aver indossato una maglia di color rosso. Pura stupidità.

10. Ora però c’è una nuova puntata: secondo questo post il racconto di Lino Bottaro sarebbe falso. In snitesi, il dentista indicato avrebbe confermato che le carie esrano sparite, ma solo a metà, e per il resto non può dire altro perchè il paziente non l’ha più visto. Conclusione geniale del giornalista investigativo: “Lino Bottaro mente“. Un genio.

11. Ora, se due persone dicono due cose (parzialmente) diverse in merito ad uno stesso episodio, potrebbe essere che ha ragione la prima e torto la seconda, oppure il contrario. Questa semplice, lapalissiana verità non passa neanche per la mentre al nostro tenente Colombo: ha già deciso che il primo mente e il secondo dice la verità. Sulle basi di quale ragionamento, io non saprei. Però provo a sviluppare il mio.

12. La prima persona racconta, con dovizia di dettagli, anche intimi, una storia personale che l’ha toccato da vicino, riguardando il rapporto di padre col proprio figlio. Una storia di conflitto e di riappacificazione, confermata da modificazioni biologiche importanti.

13. La seconda persona risponde ad una mail, oltretutto anni dopo (la prima volta non aveva risposto) ad un giornalista che non conosce. Quanti pazienti vede un dentista in un anno? Un migliaio? e nel giro di 2-3 anni? Qualche migliaio? e se poi quel paziente non è più tornato, cosa ne può dedurre?

14. Questa semplice considerazione mi porta a pensare che, in assenza di altri elementi, io sarei portato a propendere per la maggiore probabilità di veridicità del racconto della prima persona. Uno a zero per Hamer.

15. E se ci fossero degli interessi in gioco? Se le persone che riportano affermazioni contrastanti avessero un interesse privato, un utile nel proprio tornaconto per dire quello che dicono? Andiamo a vedere.

16. Lino Bottaro si occupa di tutt’altro, rispetto alla medicina o alla odontoiatria. Ha diverse attività, alcune redditizie, altre di puro volontariato, come il sito Stampalibera, ma con la medicina non ha niente a che fare. Non ci guadagna una lira, o se volete non ci guadagna un euro. Non pratica la medicina, nè a pagamento nè gratis, non vende libri di medicina, non vende corsi. Difficile trovre un interesse personale per mentire.

17. La seconda persona è un dentista. Uno che ha basato i suoi studi, la sua carriera, il suo lavoro attuale e il proprio status sociale su un tipo di medicina basata su teorie che non hanno nulla a che fare con la nuova medicina germanica. A volerla dire proprio tutta, uno che potrebbe anche avere un danno, se la NMG si diffondesse e prendesse piede (e, nonostante questo, si ricorda e ammette una remissione delle carie, di cui non si dà spiegazione). Anche qui, non voglio ipotizzare la disonestà, ma, dovendo attribuire una percentuale di probabilità e scommettere sulla buona fede, basandomi sulla assenza di conflitti di interesse, direi che è più probabile che sia il primo meritorio di attenzione, rispetto al secondo. Due a zero per Hamer.

18. -oOo-

19. POST SCRIPTUM

20. Mi fermerei qui, ma voglio aggiungere una considerazione personale, che non ha nessuna pretesa di scientifico ma vuole solo essere una testimonianza mia, ripeto, senza nessuna pretesa di scientificità.

21. Io credo che noi possiamo arrivare ala Verità se solo ascoltiamo il nostro cuore, facciamo silenzio e rientriamo in noi, cancellando il rumore e l’inquinamento di tante fonti e tanti elementi disturbatori che ci bombardano quotidianamente. Gesù ha detto: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.” (MT, 11, 25). E dentro di me sento che quando una cosa è bella, pura, armoniosa, viene dalla stessa fonte dell’armonia, della Verità, dell’Amore. Quando una cosa genera ansia, paura, inquietudine, sconcerto, sconforto non può venire da quella fonte. In una delle manifestazioni pro-Hamer i manifestanti portavano un cartello con scritto: “Grazie al dr. Hamer non ho più paura.“. Il sig, Damato più volte ha voluto agitare lo spettro del dolore a sostegno delle cure tradizionali (“malati che sbattevano la testa contro i muri…“). Ciascuno è libero di fare le proprie considerazioni.

22. -oOo-

23. POST POST SCRIPTUM
24. L’amica Paola aveva cercato di inserire un commento nel post sui troll, ma non ci era riuscita. Meglio, così lo pubblico qui di seguito:

25.
26. Dal libro “Grazie, ancora, dottor Hamer” di Claudio Trupiano pag. 230-231: “ l’Associazione Alba ha organizzato congressi annuali in Italia, dal 2007 al 2011, nei quali medici e terapeuti hanno prodotto e documentato, con filmati e cartelle cliniche, casi di persone guarite seguendo le Leggi Biologiche scoperte dal dr. Hamer. Tutti casi pronti da esaminare e verificare, ma sono chiuse le porte di accesso al confronto diretto. Nel frattempo qualche volta è capitato di farsi ascoltare in sedi separate e quasi carbonare, ed è stata disarmante la risposta: “Se la persona è guarita, due i casi: o hanno sbagliato la diagnosi o è un miracolo”. Per fortuna molti medici, magari in sordina, si stanno sempre più avvicinando allo studio delle Leggi Biologiche.”
Ho inserito un commento, copiato dal libro di Trupiano, che è stato però cancellato. Voleva solo dimostrare che le testimonianze ci sono eccome. Nel corso dei congressi Alba alcune persone hanno raccontato di fronte a centinaia di persone con tutti i reperti scientifici. Ma non basta come non bastano le cinquemila firme di richiesta di verifica scientifica (tra le quali quelle di settecento biellesi) depositate presso alcune università europee. Ero presente nel 2004 al TAR di Stoccarda: all’udienza predisposta per la richiesta di verifica della documentazione vi erano ben sei giudici che, dopo alcune ore, decisero di non essere competenti in materia. Nel corso di uno dei congressi Alba la ginecologa romana Luciana Cantaffio ha dichiarato che consiglia le sue pazienti,, che lei ritiene essere guarite da un problema oncologico, di fare i controlli presso laboratori privati o di declinare altre generalità perchè è risaputo che per dieci anni non si deve dichiarare la persona guarita ma si deve affermare che la malattia si è momentaneamente arrestata. Non bastano nemmeno il caso di Brigliadori (tumore al fegato) o quello di Marisa Rossi (due settimane di vita , 35 kg.di peso) o di tanti altri che conosco anche personalmente perchè vengono liquidati fra quelli definiti “remissioni spontanee”. Perchè il sig. D’Amato non si è presentato ai congressi prima citati?

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Commento:

Già Antoine Béchamp il medico contemporaneo del chimico Pasteur, il padre della moderna microbiologia, comprese che i microbi si trovano allorquando il terreno biologico è stato alterato (scarsa igiene, traumi psichici, veleni, farmaci, errori alimentari, elettromagnetismo, radiazioni, armi biologiche, batteriologiche ecc.) Alcuni microbi, che convivono in simbiosi con il nostro corpo fisico, si attivano per riparare una data parte del corpo. Ad esempio: le cicatrizzazioni sono operate da virus, per la demolizione di cellule che sono proliferate a seguito di uno shock psichico o altro si attivano, a seconda delle parti interessate, funghi, batteri, micobatteri ecc. Se le ferite vengono contaminate da oggetti sporchi, ferri chirurgici o altro, si trovano microbi in eccesso che hanno lo scopo di debellare la contaminazione. E’ noto il caso del dr. Ignaz Semmelweiss che scopri che la febbre puerperale che nell’ottocento mieteva molte vittime era dovuta alla scarsa igiene delle operazioni di allora. E quando non si conosce la causa della malattia la paura aumenta e può scatenare traumi psichici che generano conseguenze irreversibili.
Nel corso del suo seminario del 2006 il dr. Hamer affermò insistentemente che, a suo avviso, la tubercolosi e il tumore polmonare sono originati dallo stesso conflitto della paura della morte. Inevitabili le domande: e il contagio? Non è forse la tubercolosi una malattia contagiosa? Quanti casi sono successi dopo la seconda guerra mondiale? Se il trauma o shock psichico della paura della morte propria o altrui –persone care- è la causa scatenante dell’alterazione polmonare è facile capire che durante il periodo bellico molte persone hanno vissuto questo trauma e la tubercolosi era la fase di soluzione del trauma subito mesi o anche un anno e più prima.
E dopo la prima guerra mondiale? La cosiddetta influenza spagnola del 1918 ha fatto molte più vittime della prima guerra mondiale. Nelle fasi finali la malattia presentava tutti i sintomi della tubercolosi perché si trattava presumibilmente dello stesso processo. Le dichiarazioni della Madonna di Fatima possono avere creato ancora più panico perché se una pandemia è preannunciata da una così elevata Entità Spirituale è evidente che si crea una gigantesca forma pensiero di paura ed anche un comune raffreddore può trasformarsi in un evento irrisolvibile.


(Fonte: http://www.ingannati.it/)

Libertà dai condizionamenti ideologici

Il fattore più importante tra quelli che formano la base per una reale possibilità di cambiamento è la forza delle idee...
Ecologia della mente: la forza delle idee ed il peso delle ideologie
E’ necessario saper distinguere le idee dalle ideologie. Queste ultime sono idee formulate per consumo pubblico e soddisfano la necessità di alleviare il senso di colpevolezza nella convinzione di agire per qualcosa di buono o desiderabile… Le ideologie sono “beni” già pronti enunciati dai Media, dagli oratori, dagli ideologi e dai religiosi per manipolare la massa, e per scopi che hanno ben poco a che fare con l’idea, anzi, spesso ne rappresentano l’opposto.

Queste ideologie sono spesso elaborate “ad hoc”. Per esempio quando si rende popolare una guerra descrivendola come necessaria “per la libertà”, o quando “ideologie religiose” sono utilizzate per razionalizzate lo “status quo ante” politico, anche se in completo contrasto con l’idea genuina di quella religione, nel cui nome si propagandano le ideologie. 

Per la sua essenza, un’ideologia non attiva il pensiero e tanto meno il sentimento. E’ come una pillola che esercita effetti eccitanti o soporiferi.

[Un inciso - Stiamo attualmente assistendo, disgraziatamente inermi, e di conseguenza impotenti, ad una serie di guerre locali con interventi  "democratici"  e dispiegamento di armi sofisticate  che potrebbe sfociare in una deflagrazione totale con  annientamento della Vita sul Pianeta. Queste mosse sappiamo che sono dovute alla sete imperialistica di fonti energetiche per le esigenze statunitensi e di "sicurezza" per Israele. Il tutto mentre i tromboni dell'ideologia e della menzogna mediatica pianificata gridano alla minaccia siriana ed iraniana. Non altro, per l'esattezza, furono le "sante Crociate".]

L’idea, al contrario, si riferisce a ciò che, in un modo o nell’altro, è reale. Fa appello alla “ragione umana”, induce a pensare ed a sentire attivamente. La FORZA dell’idea diventa inoltre sempre più grande in una situazione in cui coloro che difendono lo status quo non hanno idee, come accade oggi , specie in Italia, a causa anche della natura della nostra burocrazia e del nostro tipo di organizzazione sociale e statale. Infatti, le idee e la verità non esistono al di fuori ed indipendentemente dall’uomo, e, così come la mente dell’uomo è necessariamente influenzata dal suo corpo, dalla sua esistenza fisica e sociale.

L’uomo è capace di conoscere la Verità ed è capace di “amare”, ma se, nella sua totalità, è minacciato da una forza superiore, se lo si rende impotente e pauroso, le sue operazioni sono distorte o paralizzate. 

L’effetto paralizzante del potere poggia anche su una promessa implicita: la promessa che chi è in possesso del potere potrà liberare l’uomo dal fardello della incertezza e della responsabilità verso se stesso. 

La sottomissione dell’uomo a tale condizione di minacciosa promessa costituisce la reale “caduta”.

Sottomettendosi al potere (dominio) egli perde il suo potere (potenza). Può essere intelligente, può essere capace di manipolare le cose e se stesso, ma accetta come verità ciò che coloro che hanno potere su di lui, chiamano “verità”. Perde infine la sua capacità di amare perché le sue emozioni sono legate a quelli da cui dipende. Perde pertanto anche il “senso morale”. La sua stessa “voce” non può richiamarlo a sé, perché egli non è più capace di ascoltarla, attento com’è ad ascoltare la voce di chi ha potere su di lui.

In verità, la LIBERTA’ è la condizione necessaria della FELICITA’, intesa come capacità di preservare la propria integrità contro il potere altrui, soprattutto contro il POTERE ANONIMO DEL MERCATO, DEL SUCCESSO, DELLA PUBLIC OPINION, DEL SENSO COMUNE, (o piuttosto del “nonsenso comune”) e della MACCHINA, non solo automobile, della quale siamo diventati “servi”.

Il risultato è che ci sentiamo impotenti e ci disprezziamo per la nostra impotenza. Siamo al buio e ci infondiamo coraggio ma non abbiamo le condizioni necessarie per corroborare questo coraggio.

Giorgio Vitali

Uppaluri Gopala Krishnamurti e l’inganno dell’illuminazione

           Non c’è niente da fare” (U.G. Krishnamurti)



Ante Scriptum

Anni addietro mi venne l’idea di scrivere le mie memorie sugli incontri da me fatti con donne, uomini ed animali particolari, il testo l’avevo chiamato “incontri con i santi” (è ancora disponibili per chi ne facesse richiesta).

Certo alcuni di questi cosiddetti “santi” appaiono come  esseri umani un po’ anomali, e di difficile accettazione da parte delle masse di cercatori tradizionali… 

Una di queste “persone” particolari da me incontrate fu proprio Uppaluri Gopala Krisnamurti, completamente fuori dal coro…

Di seguito una cernita di alcuni brani tratti dal volumetto L’inganno della illuminazione, conversazioni di Uppaluri Gopala Krishnamurti

“Tutto quello che fate rende impossibile l’esprimersi di quanto è già qui. Per questo io lo chiamo lo «stato naturale». Voi siete sempre in quello stato. Quello che impedisce a ciò che è già qui di esprimersi è proprio la ricerca. La ricerca va sempre nella direzione opposta, perciò tutto quello che considerate veramente profondo, tutto quello che considerate sacro, è una contaminazione di quella coscienza. Può non piacervi la parola «contaminazione», ma tutto quello che considerate sacro, santo e profondo è davvero una contaminazione. Così, non c’è niente da fare. Non dipende da voi. Non mi piace usare la parola «grazia», perché allora viene da chiedersi, «la grazia di chi?». Non si tratta di essere prescelti; capita, non so perché. Se mi fosse possibile, cercherei di aiutarvi. Ma questa è una cosa che non posso darvi, perché voi già l’avete. È ridicolo chiedere una cosa che già si possiede.
[...]
Non passo più il tempo a ricordare, preoccuparmi, concettualizzare e compiere tutte quelle cose mentali che la gente compie quando è da sola. La mia mente è soltanto occupata quando è necessario, ad esempio quando fare domande, o quando io devo sistemare il registratore o cose simili. Per il resto del tempo la mia mente si trova nello stato «disinnestato». Naturalmente adesso ho di nuovo la memoria – inizialmente era abolita, ora però è nuovamente presente – ma è come qualcosa che sta dietro, che viene in superficie solo quando è necessario, automaticamente. Quando non serve, non c’è nessuna mente, nessun pensiero, ma solo vita.
[...]
La coscienza è talmente pura che qualunque cosa facciate per purificarvi non fa altro che rendervi impuri. La coscienza deve sgorgare, per così dire: deve purgarsi da ogni traccia di santità e non-santità, da tutto quanto. Anche ciò che voi considerate «sacrosanto» è una contaminazione in quella coscienza. Non avviene attraverso una volontà da parte vostra; quando le barriere vengono distrutte, non attraverso uno sforzo da parte vostra, né per mezzo della vostra volontà, allora le chiuse si aprono e tutto scaturisce. [...] Lo stato di coscienza separativo non funziona più; c’è sempre lo stato di coscienza unitario, e niente può toccarlo. Qualunque cosa può arrivare – un pensiero buono, cattivo, il numero di telefono di una prostituta di Londra… [...] Quello che viene non ha nessuna importanza – buono, cattivo, sacro, profano. Chi può dire: «Questo è bene; questo è male»? – è tutto finito. Si è come ricondotti alla sorgente. Ci si ritrova in quello stato di coscienza puro, primordiale, che potete chiamare consapevolezza o come vi pare. In quello stato le cose accadono, ma non c’è nessuno che ne sia interessato, che presti loro attenzione. Vanno e vengono così, come lo scorrere delle acque del Gange: acqua di fogna si riversa in essa, corpi mezzi cremati, cose buone e cattive, tuttavia quell’acqua resta sempre pura” (pp. 10; 35-36; 46-48).
Ricordiamo solo che qui, quando U.G. Krishnamurti parla di “nessuna importanza”, vuole intendere quello che si voleva significare per esempio con il termine “indifferenza” nei testi stoici antichi. Ovvero non come – così è usata oggi questa parola – sinonimo di menefreghismo, di secco e freddo distacco dal mondo, ma come benevolente e accogliente apertura a tutto, egualmente a ciò che, ancora in una prospettiva dualistica, si ritiene bene o male, buono o cattivo, da accettare e da rifiutare. Indifferenza: cioè non fare differenza. Nessuna importanza: cioè a ogni cosa, evento, situazione la stessa somma importanza.
Tutto è sempre molto importante.

(Selezione dei brani di Gianfranco Bertagni)

Cologna Veneta - Reliquie preziose di memoria a Corte Moranda ....

Cologna Veneta - Al cancello di Corte Moranda

....siamo tornati da Cologna Veneta.  
Appena giunti a Spilamberto abbiamo ricevuto il messaggio della nostra ospite Marisa Saggiotto che dice: “Carissimi Caterina e Paolo, vi penso arrivati e tutto OK. Vi ringrazio per la bella giornata programmata e vissuta insieme! GRAZIE per aver rafforzato in noi che la nostra presenza umana va inserita nel contesto della natura! Un abbraccio, a presto..." 

Al che ho risposto: “Son qui che ripenso ai bei momenti vissuti in vostra compagnia. Ti ringrazio molto per l'opportunità che mi hai dato di poter vivere assieme questa bella esperienza  di reciproca accoglienza. In particolare sono stato felice di aver potuto accompagnare gli amici veronesi ad incontrare le erbe del tuo campo, mi ha fatto tornare indietro negli anni, a quando ancora inconsapevole passeggiavo sulle colline di Verona calpestando le erbe senza riconoscerle... Lì da te  ho preso coscienza di un mio percorso di vita. Oggi le erbe sono mie amiche e grazie a te ho anche rivissuto le mie prime esperienze di "esperto di erbe selvatiche" che trasmette le sue conoscenze... una funzione che avevo tralasciato da tempo….”  

Ed ecco il bel  racconto di viaggio di Caterina: “...di ritorno da Cologna Veneta, dove siamo stati ospiti di un angelo: Marisa Saggioto, nella sua Corte Moranda. Già da parecchio tempo avevamo messo in programma questo incontro cogliendo l’occasione della festa annuale per L’Anima Gemella (6 luglio) e l’uscita del libro di Paolo “Riciclaggio della Memoria”,  per parlare con chi ci sarebbe stato di bioregionalismo, ecologia profonda e spiritualità laica, tre aspetti dello stesso modo di vivere che ci stanno a cuore.

Questo è un periodo di caldo afoso, di lavoro a fatica, per me, e quindi l’idea di una piccola gita dove avrei incontrato, in una zona geografica per me quasi sconosciuta, persone poco conosciute, ma di sicura umanità e, forse, altre, completamente sconosciute, mi faceva molto piacere.

Sabato 6 luglio 2013 alcuni soci e socie del Circolo Wigwan di Corte Moranda ci hanno accolti con una presenza attenta e affettuosa, ognuno con la sua propria sensibilità e attitudine. Persone diverse fra loro e diverse in gran parte da me; ecco, in questa frase c’è il mio “problema”: il senso di separazione e distacco che provo tra me ed il resto del mondo che è la materia del lavoro che devo, con dolcezza ed amore per me stessa, portare avanti.

Durante i miei turni di parola, ho detto e raccontato alcune cosette tra cui che dovremmo cercare tutti di riscoprire la nostra vera natura sfrondando gli orpelli che “indossiamo”, per farci belli, ed i condizionamenti che adottiamo per sentirci accettati e sicuri.   Questo discorso io l’ho rivolto agli altri per rivolgerlo a me stessa…..

Sono ormai anni ed anni  che “penso a queste cose”; l’esperienza vissuta in mezzo a persone semplici ma profonde e SINCERE mi ha fatto sentire che almeno questo traguardo è a portata di mano.

Ringrazio Marisa e tutti i presenti per l’attenzione nell’ascolto, per la condivisione del loro sentire e delle loro esperienze, come ad esempio la piantagione di un boschetto in un terreno incolto o l’educazione dei bambini all’amore verso la natura o le realizzazioni di appartenere all’unica vita portandone con sé memoria, come pure la pazienza di voler 
conservare oggetti della tradizione contadina come reliquie preziose….    

Ringrazio il cielo della bella giornata di sole, del riposino pomeridiano sull’erba all’ombra di un noce sotto ad un vecchio carro di legno svegliati all’improvviso da un trattore che raccoglieva la paglia,  dei profumi di menta, salvia, finocchiella e lavanda e delle penne variopinte di pavone trovate nel campo e di aver potuto vivere questa bella esperienza…


Caterina Regazzi e Paolo D'Arpini


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Postilla malinconica: 

Il 7 luglio, la mattina,  prima di riprendere la strada verso Spilamberto, siamo passati a trovare l’amico contadino  Bruno che abita nei pressi di Cologna Veneta. Egli ci ha mostrato la sua azienda ed anche i  vecchi stabili di una ex filanda,  mezzo diroccati,  utilizzati oggi come magazzini o semplicemente lasciati lì. Ebbene gli ho chiesto quanto gli costa mantenerli e lui: “Pago seimila euro all’anno solo di IMU”….  Poi ci ha detto che per 6 cm. in più di ceppato lungo un canale, ha dovuto affrontare una causa penale e spendere ventimila euro per gli spostamenti ma parte degli alberi non hanno resistito al trapianto e sono morti…. (P.D'A.)


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Commento di un veronese doc, Antonio Pantano: “Cologna Veneta! Il MANDORLATO!  "Garzotto Rocco" lo poneva in scatole di lamiera, che allietarono la mia infanzia, dono del fratello più dovizioso di mio padre (lui era povero, ed aveva perso tutto combattendo, volontario, in guerra!) nell'immediato dopoguerra. Ed oggi continuano a produrlo! Anche in frammenti, ognuno dei quali chiuso in propria custodia di cellofane trasparente. Ma ... forse era più buono 65 anni fa', per le uova e le mandorle (che oggi son ... di produzione industriale).  Comunque, anche se durissimo appena posto in bocca, si scioglie con facilità! E' certamente il migliore tra i torroni del mondo, anche gustabile in estate! Evviva Cologna Veneta, e ... VERONA e la sua provincia, tra le più belle, laboriose e varie."