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Fantastoria - “Misteri oltre il tempo e lo spazio in un venerdì 17 memorabile ed unico…” - Affari religiosi e mondani che ancora legano la corona d'Inghilterra al vaticano

Paolo D'Arpini, una sera a Treia

 “Forse dovrò rifarmi un paio di occhiali…!”
Ho pensato ad alta voce quando mi sono accorto dell’errore pacchiano. Forse sarà stata la congiunzione del venerdì 17 e del mese nono (cioè settembre) forse un “omen” giunto dall’aldilà, non lo so…

Di sera mi trovavo davanti al mio cappuccino bollente in un baretto di Treia. Il vantaggio di questo baretto é che hanno l’intera collezione di giornali nazionali e locali: Il Corriere della Sera, Repubblica, Il Messaggero, Il Resto del Carlino, Il Corriere Adriatico.. etc. Ed avendo afferrato il corposo fascicolo de Il Corriere della Sera mi sono seduto nella penombra del grottino davanti ad una finestrella aperta sul vuoto della campagna marchigiana e lì .. ho visto..

Una strana coppia in prima pagina, un signore con un po’ di pancetta, vestito di grigio e con un’alta tuba in testa, al suo fianco una gentildama vestita di bianco e con le scarpette rosse lucenti.. sopra l’immagine campava la scritta “Abbiamo vigilato poco…”… Mi sono avvicinato incuriosito, anzi ho pure acceso la luce… e che ti vedo?

Avevo sbagliato tutto.. il signore distinto era addirittura la regina d’Inghilterra e la dama bianca nientepopodimenoche il pontefice massimo romano. La regina Elisabetta ed il papa Ratzinger, camminavano affiancati e senza guardarsi punto, come una vecchia coppia stantia…

E la scritta? Ah già, la scritta era riferita ai preti pedofili ecclesiastici, il papa diceva che lui non se n’era accorto… “Non aveva vigilato abbastanza!”

“Strano – mi sono ancora detto ad alta voce, tant’é che qualche avventore avrà pensato pure che parlo da solo- ma come ha fatto a non accorgersene, li aveva tutti lì in casa sua…”

Poi scorrendo le pagine di quel giornale di tiratura nazionale e di prestigio ho scoperto che anche all’interno c’erano pagine e pagine sulla visita del papa in Inghilterra, tutti i particolari in cronaca, tutte le presenze ed i commenti, tutti le santificazioni e le messe, tutte le genuflessioni e le benedizioni…

“Mannaggia -ho continuato a ripetermi, mentre al bancone ormai mi guardavano in modo sospetto- e pensare che io quando son venuto qui a Treia nessun giornale ha annunciato la mia visita e domani che me ne andrò a Spilamberto, ci sarà qualche giornale che ne darà notizia? D’altronde sono anch’io un esponente spirituale e pure laico per giunta… Anzi sono tra i fondatori della spiritualità laica.. e faccio pure una vita laica, con una sola compagna senza fronzoli, e sono vegetariano, non fumo, non bevo e non ho altri vizi se non il cappuccino caldo, molto caldo…”

Paolo D'Arpini - 17 settembre 2010

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Commento ricevuto: 

La regina  d'Inghilterra  è ancor oggi la persona più ricca del mondo non tanto per i possedimenti ex imperiali che sono rimasti finanziariamente legati al “tronco” iniziale (Commonwealth), quanto per i traffici delle banche inglesi, e quanto per il legame strettissimo che lega la Federal Reserve alla potentissima finanza posizionata a Londra (Rothschild).

Ma c’è dell’altro: intanto occorre ricordare che la “grande scissione” religiosa è avvenuta, almeno formalmente, per ragioni sessuali (normali, però!) e le “ragioni sessuali” potrebbero diventare tramite per una RIUNIFICAZIONE alla luce….dei soldi! Occorre infatti ricordare, che in tempi assai lontani, un certo Giovanni Senzaterra, fratello del più famoso Riccardo Cul di Leone (pare avesse il “vizietto” e questa sarebbe la ragione per cui gli islamici lo trattenevano “amorevolmente” in Terra (ahinoi! santa), non avesse i soldi (era… senza terra eppoi quel poco che aveva gliela occupava, abusivamente, il cattivo Robin Hood ). Fu così che dovette chiederli al Papa (the pope!) che era l’unico che lo potesse aiutare, non essendo ancora nata la dinastia Rothschild. Ora pare che questo debito, e relativi interessi, sia ancora in essere (col pagamento degli interessi, of course!).


[RESTA COMUNQUE IL VECCHIO ADAGIO UNIVERSITARIO: PER LA LEGGE DI KEPLERO, CAZZINCULO PIACE AL CLERO]

Concludendo, sui termini filosofici: il concetto di Dio come persona (una e trina poco importa) è stato finora legato alla personalizzazione. Nell’antichità si “personalizzavano” anche manifestazioni collettive. Esempio per tutti: Omero.

Oggi, una diversa concezione del mondo, favorita anche dal progresso delle conoscenze scientifiche e matematiche favorisce una concezione più distesa e “diffusa” di qualsiasi entità immateriale, metafisica.

In ogni caso ricordare sempre che…. (come scrive un catechismo)… quando entri in chiesa compi un atto di Adorazione, con la genuflessione o almeno con un profondo inchino, nei confronti di Cristo, REALMENTE PRESENTE.
(Nota: qualcuno mi spieghi il significato di quel… realmente!)

Georgius Vitalicus

Pensieri dispersi fra il mondo dello spirito... e quello della materia



Zygmunt Bauman: Nel tempo della “modernità liquida”, i punti di riferimento si sciolgono in un indistinto “reale”. In esso la memoria di ciò che è stato perde la sua “solidità” che diventa, per così dire, “incolore”.

Brian Stock: L’atto di porre per scritto il passato di una società equivale a ricrearne la cultura… L’organizzazione della tradizione riflette il bisogno di dare una definizione intellettuale a una realtà socio-geografica. L’influenza del passato non è solo legale e culturale. E’ anche spaziale. Essa si esprime in Terra e Popolo che hanno una collocazione geografica e possono ritenere di essere divinamente predestinati a rispecchiare una particolare tradizione.

Giacinto Auriti: Quando un popolo ha perso la consapevolezza del perché deve vivere, tutte le sue scelte ed i suoi comportamenti, non essendo finalizzati, finiscono per essere egoisticamente strumentalizzati dai gruppi di potere.

Edgar Morin: Quali che siano gli sviluppi futuri della microfisica, non si ritornerà più all’evento semplice, isolabile, indivisibile…Si tratta di far nascere una nuova concezione della scienza, che contesti e sconvolga le pietre angolari dei paradigmi e, in un certo senso, l’istituzione scientifica stessa. L’informazione non è una cosa inscritta in un segno, ma una relazione attiva che esiste solo in e attraverso un processo organizzazionale. Il Gene non risolve il mistero dell’auto-organizzazione, ma lo pone nella sua complessità.

Gregory Bateson: La logica e la quantità si dimostrano strumenti inadeguati per descrivere i fenomeni dell’organizzazione biologica e dell’interazione umana.

Carl Gustav Jung: L’ipotesi dello Spirito non è per nulla più fantastica di quella della Materia.

William Blake: I saggi vedono i contorni e perciò li tracciano.

Erwin Schroedinger: La vita è il più bel capolavoro compiuto da Dio secondo le linee della meccanica quantistica.

Richard Feinmann: Ciascuna delle particelle del tessuto rivela l’organizzazione della tappezzeria nel suo insieme.

Lewis Mumford: L’invisibile è altrettanto reale, presente, significativo del visibile.

Ludwig Wittgenstein: L’inesprimibile costituisce forse lo sfondo sul quale ciò che ha potuto esprimere acquista significato.

Novalis: Il presente non è affatto comprensibile senza il passato e senza una grande misura di formazione, una pienezza dei sommi prodotti, del più puro spirito della nostra epoca e dell’epoca primeva, e un’assimilazione, da cui sorga lo sguardo profetico dell’uomo.

Donald Duck: La saggezza non è l’ultima parola della saggezza.

Ugo Spirito: Questo estraniarsi della scienza dalla vita non ha potuto non incidere sullo stesso abito mentale dello scienziato che ha finito per esaltare la sua apoliticità come il colpo dell’obiettività. Ne è venuta fuori una sorta di positivismo economico e giuridico che è espressione più evidente della passività della scienza e della sua funzione sempre più accessoria e irrilevante. La preoccupazione dello scienziato è diventata esclusivamente quella di accogliere nei vecchi schemi il nuovo contenuto della realtà, forzandolo come in un letto di Procuste, con la convinzione dogmatica della riducibilità del nuovo al vecchio.
Fatto è che gli economisti, più degli altri, vivono al centro della società borghese, nella peculiare atmosfera adatta a coltivarne i pregiudizi ideologici, e finiscono con l’essere, anche senza averne chiara coscienza, i difensori più accaniti dei privilegi capitalistici. E’ una deformazione mentale ormai connaturata, che toglie ogni possibilità di distinguere l’essere dal dover essere e fa scambiare la contraddizione della situazione di fatto con la legge dialettica della realtà.

Mario Timio: Diagnosticare significa riconoscere il già conosciuto…. Il non-medico e il dilettante possono aver letto e studiato tutto sulla stenosi mitralica, ma non sono in grado di porre diagnosi di stenosi mitralica. Perché? Perché…”le osservazioni cliniche, come tutte le osservazioni, sono interpretazioni alla luce di teorie, e unicamente per questo motivo esse sembrano sostenere le teorie alla cui luce vengono intese.” Con queste parole, il filosofo Karl. R. Popper nell’introdurre il concetto fondamentale che lo scienziato approda a qualsiasi osservazione solo se ha delle teorie in testa, rigetta il metodo dell’induttivismo applicato alla scienza e quindi alla medicina clinica. In medicina, come in ogni branca della scienza, Popper insegna che esistono problemi-teorie-critiche-controlli. La diagnosi si pone quindi comne un’attività tesa a risolvere problemi.

C.Michael-Titus: La vita di un essere umano comincia nel momento in cui essa significa qualcosa per un altro essere umano. Non c’è che una libertà che conta veramente: quella che non si ha. Non c’è che una sola morte da aborrire: quella che non ci leva la vita. I genitori non educano i loro figli. Essi li abituano al loro genere di vita e solo quando ci riescono li fanno approfittare della loro esperienza.

IL COLMO PER UN VEGETARIANO: non giocare a scacchi per tema di dover mangiare un cavallo.

Raccolta a cura di Giorgio Vitali

Psicostoria - Cronache del Villanoviano: "L’antagonismo per la supremazia fra Luni e Narce"


Nei piani della trama primigenia, nel gioco dei meccanismi di potere  all’interno della società umana, pareva destino che Luni, che vuol dire luna, la proto città sul Mignone, divenisse il faro di luce della civiltà  per l’intero vecchio continente. Luni era nata come progetto femminile di una società egualitaria, un primo esperimento sociale di armonia fra i due generi. 
Di conseguenza questa città, che si fa risalire al tardo neolitico – prima età del bronzo,  era concepita come luogo d’incontro orgiastico e di piena libertà espressiva. La fioritura conseguente fu una società  fluida e scorrevole, come l’acqua. Ed infatti i sacerdoti di Luni adoravano l’acqua ed avevano controlli psichici su questo elemento.  Le cose sembravano andare per il verso giusto e non sussistevano preoccupazioni per la espressione di una grande civiltà  liberale.

Nel frattempo però, al di fuori da ogni convenzione creativa, era sorta un’altra città, a pochi chilometri in linea d’aria, costruita  sulle sponde di un  fiume biondo, che era stato il Tevere,  ed ora era il Treja. Quest’incomodo, questo intruso, che si inseriva nei piani del potere e dei modelli sociali,   si chiamava  Narce , che vuol dire arca.
La proto città di Narce era depositaria del fuoco, il sacro rito del fuoco che si manifesta  attraverso i costumi,  indicazioni  che seguono un ordine di valori.
Gli abitanti  di Narce  erano pastori che innalzavano are per adorare il dio del fuoco. Il continuo ardere dava ai sacerdoti di Narce il controllo psichico sul fuoco.
Ben presto, allorché fu chiaro che gli esempi propugnati erano opposti, iniziò un subdolo contrasto fra le due città. Narce e Luni si combatterono prima sul piano ideologico, cercando di dimostrare  il valore ed il significato del messaggio sociale evocati nel loro modello ma non ebbero successo in ciò giacché  entrambi gli esempi fornivano ragioni sufficienti di esistenza. Ovviamente i sacerdoti sentivano che un compromesso non era possibile, le due posizioni erano troppo distanti ed antagoniste. Fuoco contro Acqua.
I sapienti delle due città decisero allora di utilizzare i poteri acquisiti  sugli elementi in modo da condizionare o distruggere il nucleo opposto.  I maghi di Narce scaricarono il massimo dell’energia  ferale su Luni e quelli di Luni sconvolsero le acque di Narce.  Il risultato fu che ognuna delle due comunità dovette isolarsi completamente per difendersi dalle emissioni psichiche.  Le due comunità si nascosero l’un l’altra divenendo città invisibili. Il risultato insolito di questa lotta portò al cambiamento del piano originario di civiltà.  
Luni  o Narce , nessuna delle due essendo in grado di emergere ed essendo addirittura scomparse alla vista, esse passarono il loro modello all’inconscio collettivo e  si celaroro nelle loro nicchie di terra, lasciando solo criptici segnali nascosti vecchi di migliaia di anni. 
Nel frattempo la lotta era passata di mano, lo schema per la civiltà futura doveva andare avanti, ed il destino dell’uomo, in questa parte del mondo, continuò a tessere la sua tela. E si   manifestò  -ancora una volta- in due modelli antagonisti: Roma e Veio. 
Ma stavolta i sacerdoti ed i potenti delle due città, memori della scomparsa di Luni e Narce per colpa dello scatenamento delle onde pensiero, decisero di ricorrere ad altri mezzi e così   s’inventarono la guerra.
Paolo D’Arpini

Concorso a premi per un teatro libero dalla religione, scadenza il 31 maggio 2014

Performance teatrale di Fulgor Silvi

                   “Nel teatro si vive sul serio quello che gli altri recitano male nella vita”
                                                                                                         Eduardo De Filippo

La FondazioneReligionsFree Bancale”, editrice della rivista “NonCredo” e della collana “NonCredoLibri”, bandisce un concorso, totalmente gratuito, per un testo teatrale, inedito in qualsiasi lingua,  dal titolo

IL NONCREDENTE

ispirato agli ideali della Fondazione, e che esprima il viaggio esistenziale e culturale dell’Io e il liberatorio punto di arrivo di chi guarda il mondo con occhi etici ed empatici, ritrovando in se stesso, senza autoinganni e al di fuori di qualsiasi credenza religiosa, la chiave per amare il Tutto e indagare la vita.

REGOLAMENTO

  • L’elaborato può appartenere a qualsiasi genere (dramma, commedia, satira, ecc.), e deve essere originale, mai messo in scena; la partecipazione è gratuita;
  • Di ogni manoscritto in lingua italiana dovranno essere inviate quattro copie con allegato cd alla Fondazione, corredate da informazioni esaurienti sull’autore, studi ed esperienze specifiche, entro il 31 maggio 2014;
  • Il concorrente dovrà produrre altresì la seguente dichiarazione firmata su carta libera: Dichiaro che l’opera da me presentata è di mia creazione personale, inedita e mai messa in scena. Autorizzo il trattamento dei miei dati personali, ai sensi del D.lgs. 196 del 30 giugno 2003 ("Codice della privacy");
  • La giuria sarà composta da tre esperti nominati dalla Fondazione, il suo responso inappellabile verrà emesso entro il 30 settembre 2014;
  • Il premio per il vincitore sarà di mille (1.000) euro; il secondo e terzo in graduatoria avranno diritto ad una menzione, ed eventuale diffusione, a discrezione della commissione;
  • Il vincitore cede i diritti d’autore sull’opera alla Fondazione, che ne pubblicherà il testo e ne  consentirà l’uso gratuito per le rappresentazioni teatrali;
  • La cerimonia di premiazione si svolgerà in Civitavecchia nell’auditorium della Fondazione;
  • La commissione si riserva, in accordo con l’autore, di fare delle variazioni al testo;
  • Qualsiasi aspirante concorrente potrà chiedere alla Fondazione il necessario materiale documentativo sulla Fondazione e gli ideali che essa persegue.
  •  
 Per informazioni  info@religionsfree.org   Fax  0766.030.470    tel.366.501.8912                     

Memorie di un bevitore romano, ovvero: Roma e le storie da osteria

“Ecco un interessante excursus sulle osterie romane e sulle usanze che in parte ho anch’io conosciuto…” (Saul Arpino)

La Storia del vino e delle osterie, si intreccia con il succedersi dei papi. L’interessi di questi era dettato come già visto, dalle numerose entrate che le tasse sul vino procuravano.
Ma per mantenere quasi “intatto” l’equilibrio  dell’oste quasi onesto, ed il bevitore soddisfatto, era necessario  stabilire regole e norme precise. In primis evitare  frodi da parte dell’oste, dall’altra regolare l’uso eccessivo del vino, da parte dell’esuberante popolo romano, che sempre  dopo abbondanti libagioni, e per motivi banali, le faceva degenerare in sanguinose risse con morti e feriti. 
La principale frode che applicava l’oste stava nel recipiente  usato per mescere il vino,e nell’uso più o meno sapiente, dell’artificio della moltiplicazione dell’acqua.
Le misure comuni usate nelle osterie per servire il vino, erano il congio, il mezzo congio, il boccale, il mezzo boccale o foglietta; solo nel 1580 fu aggiunta la mezza foglietta da Gregorio XIII, nella speranza che l’uso  del vino da parte dei romani divenisse più contenuto.
Questi recipienti erano di terraglia o metallo, di modo tale che potessero essere riempiti non correttamente, per “raggirare” i clienti con la cosiddetta “sfogliettatura” cioè la non completa riempitura del boccale. Proprio per evitare questo malcostume il papa Sisto X Peretti, un francescano di ferro, decise di porre fine ai contenitori nei quali il vino non fosse visibile, e fece fabbricare contenitori in vetro all’ebreo Meier Maggino di Gabriello, di modo tale  che si potesse controllare l’esatta taratura del vino che l’oste gli serviva.
Nel 1588 il pontefice diede ordine, a mezzo di un bando pubblicato, che obbligava gli osti ad utilizzare le nuove misure in vetro. Nascono Così le tipiche misure delle osterie romane, che ancora oggi sono presenti sui tavoli, delle sempre più rare mescite della città.
2 Litri = er barzillai (dall’on. Barzillai che durante le campagne elettorali, usava offrire il vino     in tali recipienti).
1 Litro = tubo o tubbo.
½ Litro = foglietta, o fojetta.
¼ di Litro = quartino, o ½ fojetta.
1/5 di Litro = chierichetto.
1/10 di Litro = sospiro, o sottovoce (era così chiamato perché detto a bassa voce, perché piccolo, o ci si vergognava di non aver maggior denaro).
Sulla scia di Sisto V, altri papi si occuparono dell’accaparramento del vino da parte dei mercanti, con relativo rialzo dei prezzi, ma quando i papi “calcarono la mano”sull’imposta del vino, come Urbano VIII Barberini, per far eseguire i lavori della Fontana di Trevi, prese forma la voce popolare, concretizzando la protesta con il cartello appeso al collo della celebre statua  di Parione, Pasquino, che fu la voce del popolo per molti secoli e così citava:
                 Urban poiché di tasse aggravò il vino
                 Ricrea con l’acqua il popolo di Quirino
Questa protesta non impedì a Innocenzo X che per costruire la Fontana dei Quattro Fiumi del  Bernini a Piazza Navona ed innalzarne al centro l’obelisco, impose una tassa detta “gabella” sulla carne, sul sale e sul grano. 

Al ché Pasquino commentò:
Noi volemo altro che guglie e fontane,
pane volemo, pane, pane, pane!

Ma per i Romani la maggior “disgrazia” fu il famoso editto con il quale Leone XII della  Genga proibì la consumazione del vino nell’osteria stessa, a meno che il cliente  non consumasse lì’ anche il pasto. Questa proibizione aveva dell’inverosimile per i romani, che usavano ristorarsi, dopo una giornata di lavoro, e magari anche spesso, con un “goccio di vino”. Infatti, se lo si voleva acquistare, bisognava comprarlo, facendoselo passare sopra un  “cancelletto” che doveva chiudere l’ingresso di ogni osteria. Questa proibizione, fomentò verso il papa, un vero e proprio odio popolano. Non che Leone XII, avesse poi tutti i torti, le osterie continuavano ad essere sede di continue risse,lutti, ed è probabile che con questi provvedimenti pensasse di evitarle.
Dai “cancelletti” nacque l’usanza di portarsi da mangiare all’osteria, fino ad allora riservata esclusivamente ai consumatori di vino sfuso, che la frequentavano in ogni ora del giorno e della sera per le esigenze più varie, la sete, le disgrazie,la fatica,le delusioni d’amore, la “gazzarra” con gli anici e strano anche la noia.
Non a caso ancor oggi si dice “bere per dimenticare” o “annegare nel vino”.
La proibizione del papa obbligò gli osti, dopo aver cambiato l’insegna “Osteria con  cucina”, a chiudere un occhio, o tutti e due se il cliente si portava lui da mangiare, ordinando solo da bere. Questa usanza dapprima quasi obbligata, prese  piede nel popolo, che imparò a racchiudere il pranzo o la cena preparati in casa  in una tovaglia con i bordi legati con le punte all’insù, “far fagotto” consumandolo all’osteria. I “fagottari” così li chiamavano a  Roma, contagiarono anche i Piemontesi, dopo il 1870, per quanto mangiare nelle osterie non fosse per loro tradizione.
Il Successore di Leone XII, Pio VIII Castiglioni, fece asportare, con la sua elezione, gli odiatissimi “cancelletti” che furono bruciati dal popolo in festa. Anche se il pontificato durò solo un anno, il popolo romano lo rimpianse per merito di Pasquino con questi versi:
Allor che il sommo Pio
Comparve innanzi a Dio
Gli domandò: Che hai fatto?
Rispose: Niente ho fatto!
Corresser gli angioletti:
Levò li cancelletti…

Rita De Angelis