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Il calendario da acido lisergico... tutte le fantasie ispirate ai maya di José Argüelles


Ora ve lo posso dire, l’oroscopo maya è solo una congettura di José Argüelles, il quale essendo deceduto alcuni  anni fa non potrà nemmeno controbattere.
Il fatto è che i Maya si erano già belli che estinti da parecchi anni prima della conquista spagnola e quando Arguelles si dedicò allo studio del loro calendario astrologico i reperti ai quali egli fece riferimento erano tutt’al più riesumazioni avvenute durante la successiva cultura atzeca.
Gli Atzechi erano la civiltà presente in Messico quando arrivarono i conquistadores ed il loro sistema zodiacale può essere considerato affidabile e controllabile… Sembrerebbe che i maya avessero un loro sistema numerico e di calcolo da lungo tempo caduto in disuso. Generalmente, molti autori che se ne occuparono in passato lo trattarono con estrema sufficienza, qualificando i maya come una sorta di popolazione quasi preistorica, probabilmente perché non svilupparono una particolare metallurgia, e nemmeno la ruota.
Certo, riguardo l’uso della numerazione, si può constatare che il calendario maya (lo tzolkin), od almeno il calendario che a loro viene attribuito, è estremamente razionale. L’anno solare è diviso in 13 mesi lunari di 28 giorni + un giorno “senza tempo” (è detto così). 28 x 13 + 1 = 365, e la scansione della rivoluzione terrestre intorno al sole è scansionata attraverso quella della luna, in modo più logico della suddivisione arbitraria in 12 mesi, alcuni di 30, altri di 31 ed uno persino di 28, ma una volta su quattro 29, giorni. chiunque può apprezzare il fatto che il ciclo lunare, oltre ad essere un orologio naturale, ha relazioni con l’agricoltura, i cicli mestruali femminili, e con alcuni cicli solari.
Però da qui a fondare un mito sulle loro conoscenze astrologiche e divinatorie ce ne passa…. Ma per alcuni studiosi la capacità proiettiva dei maya, utilizzando i parametri menzionati, si estendeva sino a fornire tabelle di previsioni astronomiche su tempi eccezionalmente lunghi, fino alle decine di migliaia di anni. conteggiavano cicli di coordinazioni celesti fino a periodi di 40.000 e 50.000 anni, prevedendo la comparsa di comete o congiunzioni particolari (vedi per esempio Michael Coe, i maya, thames and hudson, Londra, ed newton compton).
Beh, anche nella cultura vedica indiana c’era il vezzo di calcolare il tempo in eoni millenari.. ma evidentemente il gioco della matematica è una cosa mentre la conoscenza degli eventi futuri è un’altra.
Insomma tutto quel che si dice sul  calendario maya viene dalla fantasia di un teorico New Age, cittadino statunitense, José Argüelles a partire dagli anni 1970. Ma la sua materia era la storia dell’arte, non l’archeologia o la cultura Maya. Inoltre egli ha francamente dichiarato che molte sue teorie derivano da “visioni” che avrebbe avuto sotto l’influsso dell’LSD. Neppure un solo specialista accademico dei Maya ha mai preso sul serio Argüelles.
Ma del sistema zodiacale azteco possiamo tranquillamente parlare, esso è ben documentato.
Prima vediamo chi fossero questi Atzechi (o Mexica). Essi dominavano nel più grande splendore dal Messico al Nicaragua nel 1519 quando vi penetrarono i conquistatori spagnoli. Questo popolo originario di Atzlan ( forse l’attuale Utah) successe alle precedenti civiltà centro-americane: Olmeca, Maya e Tolteca .
Sulla cultura Atzeca abbiamo notizie storiche decifrabili, essendo la loro cultura pienamente viva sino a cinquecento anni fa. Tonalamatl era il libro della divinazione che contiene i misteri dell’oroscopo Atzeco, il calcolo dell’appartenenza ai vari segni era basato sul ripresentarsi ciclico di gruppi di sei anni distanziati da 13 anni ciascuno. I “segni” di appartenenza venivano calcolati nella suddivisione dell’anno in settori che comprendevano da 1 a 12 giorni ciascuno ripartiti fra i 20 archetipi originari.
Detto così non sembra facile calcolare le caratteristiche di nascita ed infatti pare che questi elaborati calendari fossero accessibili a pochi eletti. Per accertare gli ascendenti, ad esempio, c’era un calendario composto di 18 mesi di 20 giorni, questa suddivisione consentiva di interpretare le caratteristiche del mese correttamente.
I loro nomi sono molto evocativi: mese dell’Acqua (predisposizione alla magia), della Primavera (fascino), dei Fiori (generosità), dei Campi (ottimismo), della Siccità (ossessività), degli Alimenti (concretezza), del Sale (acutezza), del Mais (ambivalenza espressiva), delle Feste (generosità), del Fuoco (ambizione), della Madre Terra (tranquillità), del Ritorno degli Dei (capacità di osservazione), della Montagna (amore ed amicizia), della Caccia (passionalità), delle Piume (determinazione), della Pioggia (dispersione), degli Astri (concentrazione) ed infine della Crescita (ingegnosità). Ma ora torniamo ai 20 archetipi originari, essi sono: Vento (sincerità), Coccodrillo (simpatia), Aquila (esuberanza), Ocelot (ambizione), Coniglio (diplomazia), Capriolo (emotività), Fiore (istintività), Canna (contraddittorietà), Morte (fortuna), Pioggia (allegria), Erba (estroversione), Serpente (drammatizzazione), Pietra Focaia (indipendenza), Scimmia (idealizzazione), Lucertola (naturalità), Movimento (attività), Avvoltoio (metodicità), Acqua (volubilità), Cane (scrupolosità), Casa (vulnerabilità).
Nella cultura Atzeca la teologia e gli aspetti caratteriali erano collegati, lo percepiamo ad esempio nell’inno dedicato alla Festa Venusiana. “Il fiore del mio cuore si è aperto, ecco la signora di mezzanotte, lei è venuta – nostra madre – lei è venuta, lei la dea Tamoanchan…”
Paolo D'Arpini

Paolo D'Arpini: Nichilismo, il dubbio che aiuta...

Matrismo - La donna come punto d'incontro di tutta la storia umana



Dipinto di Franco Farina

Verosimilmente sia sulle coste dell’Africa che nell’India pre-ariana  il matrismo originario sorse e prosperò.
Ma oggi osserviamo che il cambiamento nelle relazioni fra il maschile ed il femminile può essere considerato un termometro per misurare il decorso della malattia nella specie umana. Tale malattia prese origine con l’avvento dell’era oscura, definita in India Kali Yuga, che si fa risalire a circa 5000 anni fa. L’inizio di qust’era, che corrisponde al termine della guerra descritta nel Mahabarata, diede avvio ad un lento processo di degrado che portò la società egualitaria e sacrale, fino allora vigente in quasi tutto il mondo conosciuto, a deteriorarsi sotto l’influsso sempre più pressante del patriarcato e dell’affermazione del senso del possesso.
In Europa quello stesso periodo, definito tardo neolitico, descritto con dovizia di particolari dalla studiosa ed archeologa Marija Gimbutas si concluse con l’affermarsi del potere maschile esercitato con la violenza e con la perdita della libertà femminile (tramite l’acquisto della donna a scopo riproduttivo, guerre di razzia, perpetuazione della patrilinearità, etc.). 
Malgrado l'avvento del patriarcato, e sino all'affermazione delle tre religioni moneteiste (giudaismo, cristianesimo ed islamismo), tutte le divinità si mostravano in aspetto femminile od in forme che evocavano tale qualità, a cominciare dalla Grande Madre, la natura stessa, sino a Madre Acqua, Madre Luna ed anche Madre Sole, etc. (la formula sacra più antica, il Gayatri Mantra, è dedicato a Savitri, la dea dell’energia solare).

Le donne in quanto incarnazione primigenia del potere procreativo erano pertanto degne di amore e di devozione. La paternità era “sconosciuta” (ovvero ignorata), la madre esisteva di certo e questo era un dato incontrovertibile… Come poi l’operazione procreativa accadesse era lasciato agli umori materni che venivano influenzati o sollecitati dall’amore rivolto dai maschi verso tutte le madri. Insomma il padre era un semplice elemento ispirante per promuovere la maternità, non un fattore primo ma un incidentale aiuto….

Questo sino ad un certo punto, finché non cambiarono pian piano le cose e le responsabilità nelle funzioni creatrici si rovesciarono. Ma non avvenne tutto assieme, questo andamento evolutivo dal matrismo al patriarcato prese secoli e secoli per consolidarsi. Gli studi dell’archeologa lituana Gimbutas tendevano proprio a dimostrare l’esistenza di un lunghissimo periodo di transizione fra matrismo e patriarcato. Sicuramente gli “autori” del patriarcato nacquero sulle sponde dell’Indo e del Saraswati, la civilizzazione più antica sulla faccia della terra (antecedente ai Sumeri ed agli Egiziani di migliaia di anni), in quel “paradiso terrestre” avvenne il riconoscimento del valore della paternità come fattore “portante” e di conseguenza come elemento stimolativo per una nuova religione e mitologia. Ma il processo anche qui fu lento, dovendo giustificarsi con fatti sostanziali che ne garantissero l’accettazione per mezzo di consequenzialità storica e di significati allegorici.

Avveniva così ad esempio nella mitologia induista in cui Parvati, la Dea primordiale crea da se stessa un figlio che la protegga dall’arroganza dei maschi che servivano Shiva, il suo sposo. Questo suo figlio, Ganesh, è talmente potente che è in grado di impedire l’accesso alla camera della madre a Shiva stesso (perché non aveva chiesto il permesso di avvicinarsi, notate bene questo particolare importante in cui si garantisce alla madre il diritto di scelta nel rapporto). A questo punto Shiva invia le sue truppe maschili all’attacco di Ganesh ma tutti i suoi “gana” vengono sconfitti e Shiva medesimo vien lasciato con un palmo di naso ed infine è solo con l’inganno e chiedendo aiuto all’altro dio maschile, Vishnu, definito il conservatore, che riesce a sconfiggere Ganesh… ma non fu una totale debacle…. poiché poi, per amore di Parvati, Shiva accetta di essere padre, ovvero riconosce che Ganesh è suo figlio e lo ristora alla vita, cambiandogli però testa… (ed anche qui notate le simbologie connesse…).

Questa descrizione fantastica la dice lunga sul significato della trasformazione epocale in corso 15.000 anni prima di Cristo…. Molto più tardi, ma sempre in un ambito di civiltà indoeuropea, vediamo addirittura che è il dio maschile a creare da se stesso. Ed è quanto avviene a Giove che, non aiutato dalla consorte, produce dal proprio cervello Minerva. I tempi a questo punto son già mutati, il patriarcato ormai impera sovrano, le donne sono fattrici (od etere buone solo a passare il tempo), persino l’amore, quello vero e nobile, si manifesta fra maschi (vedasi la consuetudine di tutti i maestri greci di avere ragazzini per amanti). In quel tempo la condizione femminile era alquanto scaduta ed in Europa od in Medio Oriente restavano sacche di resistenza solo qui e lì.

Ad esempio nella tradizione giudaica la trasmissione della appartenenza al “popolo eletto” avveniva (ed è ancora oggi così) per via materna, ultimo rimasuglio matristico in mezzo ad una serie di regole molto patriarcali e misogine. Tale misoginia fu assunta –in modi differenti- anche dalle altre due religioni monoteiste: il cristianesimo e l’islamismo. Nell’islamismo però, malgrado la visione della donna in chiave di sudditanza, si salvò il criterio di bellezza e nobiltà dell’amore sensuale, infatti il profeta Maometto ebbe diverse mogli e persino il suo paradiso era riempito di belle donne accoglienti. Questo almeno consentiva un naturale intercourse di rapporti fra i due sessi. Purtroppo non avvenne la stessa cosa nel cristianesimo ove prevalse, anzi peggiorò, la misoginia originaria ebraica e persino la pedofilia.

Se nell’ebraismo la divinità, sia pur vista in chiave di “dio padre”, manteneva un distacco verso le cose del mondo, essendo un dio non rappresentabile e puro spirito, nel cristianesimo per poter giustificare la divinità del “figlio” si cancellò completamente il ruolo creativo della madre. Maria concepì vergine dallo spirito santo, la sua è una prestazione completamente passiva e deriva da una scelta del dio padre di impalmarla e renderla madre. Insomma la povera Maria è equiparabile ad una “prostituta” spirituale. Da questa visione deriva anche la ragione cartesiana pseudo scientifica che indica la natura come passiva, inerte e pure stupida… Insomma lo spirito maschio “infonde” la vita e la “buona” madre porta in grembo quanto le viene concesso di portare….

Capite da voi stessi che tale proiezione è ormai improponibile ed obsoleta, sia pur che la maggioranza degli uomini ancora vi si crogiola, illudendosi con favole religiose ed ideologiche della “superiorità” maschile, della “superiorità” dell’intelligenza speculativa scientifica, della “superiorità” del potere e della forza. Così non si fanno passi avanti nell’evoluzione della specie. E’ ovvio che entrambi questi aspetti, matrismo e patriarcato, hanno avuto una loro funzione storica per lo sviluppo delle “qualità” della specie umana. Ora è giunto il tempo di comprenderne la totale complementarietà e comune appartenenza, ma non per andare verso una specie unisex, bensì per riconoscere pari valore e significato ad entrambi gli aspetti e funzioni…. in una fusione simbiotica.


Paolo D'Arpini


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Commento di Noemi Longo: “Davvero interessante, bisognerebbe spiegarsi di più, ma ciò comporterebbe la formulazione di pensieri davvero troppo prolissi e forse anche inutili... Sul finale però, sarei pienamente d'accordo, anche se... nascere da, potrebbe voler dire discendere e non necessariamente appartenere... Esattamente come si notava, intraprendendo un percorso alla conoscenza di se stessi, ognuno scopre la complementarietà dei due aspetti. Invece circa il matriarcato e il patriarcato, mentre leggevo l'articolo riaffiorava l'idea di un incontro al quale ho partecipato tempo fa con la testimonianza fisica e fotografica di un fotografo occupato in fotodocumentarismo nei territori di Palestina... Tra le varie manifestazioni del suo inconscio reale, ha mostrato la foto di un attraversamento; semplicemente un uomo che con delle buste della spesa se ne tornava a casa. L'osservazione del fotografo si fondava sulla necessità di ricondurre la grande faida fami(g)liare del Medio Oriente alla realtà del quotidiano, dunque evidenziava il pericolo di attraversare quel tratto di strada sempre sotto l'occhio dei cecchini, ma inoltre aggiungeva anche una riflessione culturale, affermando che fare la spesa per quanto possa sembrare pazzesco è uno dei pochi privilegi rimasti al genere maschile in quelle terre dove la dominazione del gentil sesso ha preso assolutamente la supremazia... Certo rispetto quel che ci viene mostrato e raccontato dai media... sembrerebbe poter essere nient'altro che la fotografia vista a colori invertiti attraverso il negativo! Io non so cos'altro pensare, patriarcale o matriarcale, credo soltanto di poter intuire la sostanziale differenza che esiste tra un matrimonio ed uno sposalizio... Ed affermare che le cose esattamente come ricorda l'aneddoto di Ganesh, si fanno sempre potenzialmente in due...In due... E nel massimo rispetto."

Atlantide, Sodoma e Gomorra, Stati Uniti d'America.... Ecco, pian piano si avvicina la fine del mondo!


Arriva o non arriva...?

Sembra che tutti attendano la fine del mondo con "ansia", nel senso che finalmente potranno tirare un sospiro di sollievo e non pensarci più.

Passata indenne la fatidica data del 21.12.12 ora qualcuno vorrebbe fare parallelismi fra la distruzione di Atlantide di 12.500 anni fa, descritta in trance da Edgar Cayce, e l’epoca presente. Evidentemente si cerca una giustificazione paranormale alle frequenti scosse sismiche che stanno facendo tremare il pianeta, ai cambiamenti climatici ed all’incertezza sociale, energetica ed economica che contraddistingue la nostra società.

Sisma ed energia atomica fuori controllo sono un binomio interessantissimo per descrivere una bella fine del mondo con il botto. “La Terra è il pianeta dove tutto l’Universo manda i suoi matti” diceva Voltaire, e l’attuale corsa all’atomica nonché le continue guerre "democratiche" per accaparrarsi le ultime risorse fossili e la distruzione capillare della Natura, lo dimostrano.

Ci si mette pure l’archeologia esoterica… Pare che nel sud della Spagna siano stati trovati i resti di Atlantide.. In quell’area umida, piena di paludi, stanno venendo alla luce resti di antiche civiltà sepolte da millenni… e come disse Edgar Cayce : “Ove sono i resti sprofondati di Atlantide gli Atlantidei misero delle prove della loro esistenza quando si resero conto che la loro civiltà sarebbe definitivamente scomparsa..”
  
Edgar Cayce, il controverso veggente americano, dedicò molta attenzione alle trasformazioni che sarebbero iniziate nel terzo millennio, da quelle sociali e geopolitiche a quelle naturali e geologiche. Si tratta di un insieme articolato di profezie che possiamo chiamare, con le sue stesse parole, il cambiamento della Terra, che non si limita al piano esteriore ma comprende anche quello "spirituale".

Secondo Cayce, infatti, il rinnovamento psichico portato dal terzo millennio sarà caratterizzato soprattutto dal ritorno del Cristo sulla Terra...(sic)

E  le profezie di Cayce del cambiamento che ci aspetta indicano per l’umanità una svolta fondamentale, in tutto e per tutto paragonabile alla venuta di Cristo all’inizio della nostra epoca; un evento previsto, peraltro, da altri veggenti e profeti. Anche  Cayce indica con chiarezza che i primi decenni del nostro secolo avrebbero dato chiari segni premonitori della situazione catastrofica veniente. Mercati e benessere in calo, economie al collasso, disoccupazione in aumento, confusione politica e tumulti popolari, questi gli scenari annunciati da Cayce  con  un numero crescente di persone che si troveranno in serie difficoltà anche rispetto a problemi basilari di sopravvivenza. A partire dall’inizio di questo millennio ci si deve aspettare una svolta significativa nella storia umana con il ripetersi di eventi analoghi a quelli che hanno portato alla distruzione di Atlantide.

Beh, di cose ne sono state dette tante…

Paolo D'Arpini


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Di questo e simili temi se ne parlerà durante la Festa dei Precursori che si tiene al Circolo Vegetariano VV.TT. di  Treia (Macerata) dal 25 al 28 aprile 2013 - Vedi: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2013/03/essere-natura-nella-natura-nel-costante.html


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Commento di N.L.: “...l'uomo non ha soltanto stravolto l'equilibrio naturale... ha reso la vita impossibile al genere umano, ha sterminato popoli, inquinato culture, insabbiato la storia, prevaricato sui più deboli, lucrato sulla vita... Ed io rispetto a ciò, non intendo sottrarmi alla legge, ma di contro so anche e perfettamente che il cielo esiste... e che le due (leggi) non sono proprio una il completamento dell'altra... So che la vita umana è preziosa ma che ognuno e in ogni modo è artefice del suo destino, della sua vita e della sua morte...” 


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Commento di Marco Bracci: "Le profezie. Secondo me sono semplicemente degli avvertimenti per dirci che, continuando a comportarci come ci comportiamo, arriveremo a dover sopportare quelle certe conseguenze. Ma le Cassandre non sono mai piaciute, preferendo l’uomo vivere spensieratamente e senza limitazioni e disciplina, come invece sarebbe giusto, dato che tutto, nella Creazione, si comporta secondo certe Leggi stabilite e immutabili nel tempo. Semmai è la sconsideratezza dell’uomo che porta le profezie ad avverarsi. Poiché alle profezie non si è mai dato credito (da parte del popolo, invece il “potere” le considera eccome !), si è vissuto come se esse non esistessero. E se ne vedono le conseguenze tutti i giorni: un bel mondo di arroganti e profittatori, non vi pare ! Continuando così, non ci lamentiamo se poi le profezie si avverano."

Disfunzioni ereditate e nuovi circuiti neurofisiologici


Totem

La situazione è molto grave perché è sorretta da un sistema malato che è sorretto a sua volta da "forme mentis" malate. 

Io sono uno spirito libero e mi sento animata da una forza guerriera che rifiuta "i clichè e le forme mentis malate" perciò mi batterò in ogni modo possibile affinché si dissolva e ci si liberi dalle "memorie/credenze" disfunzionali ereditate, come ad esempio quella che in molti credono che si sia vecchi a 40 anni per il mondo del lavoro e che a 50 si sia morti a livello sociale. 

Intanto cominciamo a dire le cose come stanno e a evidenziare il paradosso e ogni forma di comunicazione paradossale in cui ci hanno voluto infilare, poi smantelliamo una ad una tutte le credenze malate e disfunzionali che ci incatenano. 

Adoperiamoci, ognuno a modo suo, per diffondere conoscenze e strumenti utili a questo scopo, e facciamolo anche gratuitamente e in ogni modo possibile. 

Lavoriamo sul modificare gli stati d'animo di rabbia e depressione individuale e collettivo lavorando anche sul senso di unità e sul senso sociale e di solidarietà nazionale. Se partiamo da noi stessi in primis, poi ciò si estenderà a amici, familiari, conoscenti e sconosciuti ... dalle piccole comunità per contagiare villaggio dopo villaggio. Il recupero dei veri valori spirituali e umani è fondamentale, anche la povertà non è una nemica (ricordiamo San Francesco con il suo profondo insegnamento: sorella povertà ?) ma questo lo si capisce se anziché perseverare nel circolo vizioso (neurofisiologico e neurochimico) che è sorretto dalle domande sbagliate come: perché a me? Perché questa disgrazia? 

Ci adoperiamo a livello individuale e collettivo a innescare un circolo virtuoso (nuove sinapsi, nuovi circuiti neurofisiologici e neurochimici) sorretto da domande nuove che stimolano risposte creative quali: come posso sfruttare positivamente questa situazione? Come posso ottenere il meglio da me e dagli altri attraverso questa situazione? Cosa posso fare per migliorare la situazione per me e per gli altri in modo che tutti ne escano vincenti e contenti? ... 

Ecco io mi sto muovendo in questa direzione .... work in progress.


Sunder Stella


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Una riflessione aggiunta non in tema:

Chiamereste "avere aspettative"  l'attendere che ad una espirazione segua l'inspirazione? O che in primavera fioriscano gli alberi da frutta? Essere riamati da chi non rifiuta il nostro amore? Che il sole scaldi e la pioggia bagni?

Se non è così, allora usciamo da questo ritornello senza cervello, pronto ad essere intonato alla prima occasione, specialmente da coloro che si trovano a dover restituire quanto la vita ha donato loro, senza chiedere alcun prezzo da pagare.

Dare e avere, a casa mia si chiama rispetto e reciprocità naturale, non vuole dire "avere delle aspettative" come viene detto spesso in realtà   come una scusa infantile, dagli egoisti e dagli opportunisti.
Deva Sakshin

Memoria fantastica... e latenza psichica, come quella volta che venne Silvio Berlusconi....


Poveri ma liberi....

Vi parlerò oggi  di una offerta che ci fece il Silvio Berlusconi, quando venne a trovarci nella vecchia sede del Circolo vegetariano. 
Non c'è solo la memoria biologica,  basata sui 5 sensi, esiste anche una memoria fantastica, che trova il suo substrato nell'inconscio e talvolta questa memoria ha più significato e valore della prima. Non è propriamente una memoria di "sogno" è una memoria del "possibile" in attesa di svilupparsi come  "latenza psichica" e quindi è quasi una  "realtà".
Un giorno di parecchi anni fa che stavo io di guardia al Circolo, vedo giungere una carovana di auto blu con accompagnamento di motociclisti corazzati, ed ecco che mi si avvicina una figura conosciuta… Sì, è proprio lui, l’ho già visto sulle foto dei giornali (non alla televisione perché quella non ce l’ho), è il cavaliere, l’uomo più potente d’Italia (dopo il papa):  Silvio Berlusconi in persona. 
Lo accolgo, come farei con chiunque altro e gli chiedo il motivo della sua inaspettata visita, e lui: “Siccome ho tanto sentito parlare di questo Circolo ero curioso di conoscerne la realtà e siccome so che ve la passate male ho pensato di portarvi un regalo per sistemare i vostri problemi…”. 
Così dicendo il cavaliere apre una valigetta mostrandomi il suo contenuto in biglietti verdi: “qui dentro ci sono 1 milione di denari per voi…”. 
Io non batto ciglio e penso ‘a caval donato non si guarda in bocca’ e lo ringrazio accettando il dono. Ma non posso fare a meno di scambiare alcuni convenevoli con lui e così gli chiedo: “Dopo questa donazione così generosa e sostanziosa spero che almeno le restino ancora denari sufficienti per lei..” – Oh… non si preoccupi.. – fa il cavaliere – ne ho ancora tantissimi, molti molti di più.. – Ed io di rimando: “Ma lei pensa che sarebbe felice se potesse averne altri..?” – “Che domande – mi fa il cavaliere – certamente sarei molto contento di accrescere il mio patrimonio sempre più..”. 
Sono rimasto un po’ lì a pensarci e poi mi son detto perché deprivarlo di questo piacere? Pare che il denaro sia la cosa più interessante per lui. Ed allora senza esitazione gli restituisco la valigetta con il milione dicendogli: “In tal caso, caro presidente, si riprenda quanto ci ha offerto, lei sicuramente ne ha più bisogno di noi…”.
Ed è così che siamo rimasti poveri in canna (ma almeno liberi…).

Vostro affezionato, Paolo D’Arpini


Insetti molesti? Meglio evitare le sostanze chimiche e ricorrere alla natura



“Artemisia annua” è il suo nome scientifico, la pianta viene dalla Cina ma da parecchi secoli si è ben acclimatata in Europa, cresce ormai spontanea un po’ ovunque, ed anche qui a Treia non è raro incontrarla. 

Riconoscerla non è difficile soprattutto nei mesi di  aprile e maggio in cui si spande nell’aria il suo forte effluvio odoroso. 

Ma a parte l’odore molto intenso il sapore è alquanto disgustoso, chi l’ha assaggiata storce la bocca al ricordo, infatti è molto amara. Nei secoli scorsi le sue foglie venivano usate per profumare e disinfettare le coltri e la biancheria e per tenere lontani gli insetti indesiderati.

L’artemisia è in verità un potente rimedio antimalarico per la sua azione repellente verso le zanzare. “Molto più efficace degli insetticidi chimici – afferma la dottoressa Chiara Castellani, che sta facendo specifiche ricerche sulle sue proprietà – essa è una trappola efficace e risolutiva, esente da risvolti inquinanti”.


Artemisia deriva il suo nome da Artemide, la dea del bosco e della caccia (Diana per i romani), che probabilmente se ne serviva per nascondere la sua presenza alle vittime predestinate, confondendo l’olfatto degli animali per il suo forte odore.

Ma è soprattutto dalla sostanza attiva ricavata dalla pianta per usi farmacologici, chiamata “artemisinina”, che si ottiene un rimedio contro la malaria in grado di svolgere il suo compito ad arte, dell’artemisina sin’ora non sono state scoperte altre fonti se non l’artemisia stessa.

Gran parte del mondo scientifico si è schierato a favore dell’infuso di artemisia come antimalarico, meno l’organizzazione mondiale della sanità, ma si sospetta che tale posizione contraria sia dettata da motivi di interesse chimico-farmaceutico. Ma le frecce nell’arco dell’artemisia sono economiche anche esse, e vanno a tutto vantaggio dei poveri del terzo mondo, infatti la pianta da ottimi risultati praticamente a costo zero e viene usata in tre continenti come cura naturale. 

Insomma conviene…

Paolo D’Arpini


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Di questo e simili argomenti se ne parlerà durante la passeggiata erboristica che si tiene a Treia la mattina del 25 aprile 2013, nell'ambito della Festa dei Precursori.



L'Armata Brancaleone a Calcata... nella memoria di Ugo Fangareggi




Nel periodo a cavallo fra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso  Calcata   era ancora un paesino in via di abbandono, gli abitanti originari stavano tutti trasferendosi nel nuovo centro a monte, la sensazione generale era che la vecchia Calcata stesse per crollare da un momento all’altro, tutti (meno gli anziani che non sapevano rassegnarsi) pensavano solo ad abbandonare il borgo, che non stava più in linea con i tempi moderni (alla Charlot), per un ipotetico nuovo e più comodo vivere (sic). 
Fu proprio in quel periodo in cui il forte collante sociale, che aveva tenuto Calcata difesa da ogni intrusione esterna per migliaia di anni, si stava sciogliendo lasciando il posto al senso di “utilizzazione” delle vestigia del passato, un valore in vendita (la stessa cosa che successe con i reperti storici che venivano scavati e rivenduti ai commercianti di antichità). Quella svendita dei valori antichi significava che –siccome il paese ormai stava per crollare- poteva essere ceduto (come fanno i pataccari) al miglior offerente, oppure usato per scenografie cinematografiche ed i suoi abitanti utilizzati come comparse di un mondo trascorso ed obsoleto.
Si pensava che i “gonzi” fossero gli acquirenti che acquistavano case evacuate oppure che le scenografie il rimborso di un nulla che non valeva nulla ma veniva “pagato” dai cinematografari….(che pagavano la gente non per lavorare ma solo per fotografarla). 
Le storie ed i film girati in quel periodo fanno parte della gloriosa cinematografia italiana, a cominciare dall’epico film di Monicelli: “L’armata Brancaleone”.
Chi ha visto la pellicola ricorderà la scena dell’ingresso truculento nel paese appestato di Gassman (Brancaleone) che poi viene irretito dalla bella dama ultima superstite dell’intera comunità. L’atmosfera irreale e lontana da ogni oggettività poteva essere resa solo nello scenario lunare di Calcata. Ed è per questo motivo che oggi avendo letto la memoria di Ugo Fangareggi, uno degli attori: “L’armata Brancaleone ’65 – Appunti per una autobiografia d’autore” mi sono tornate in mente tutte le considerazioni sulla Calcata scenografica e sull’atmosfera di quegli anni e non solo di Calcata ma anche del resto d’Italia. Il racconto di Fangareggi, infatti, ci fa intravedere un mondo non troppo distante da noi ma irrimediabilmente corrotto e deteriorato che non possiamo quasi più riconoscere come veramente esistito.

Paolo D’Arpini

……….

“Dopo due mesi e mezzo dal provino che feci con Monicelli per questo film, alle h. 14 del 7 agosto 1965, mentre consumavo il pasto quotidiano nella cucina anni ’50 con la vecchia zia Dircea e cinque dei suoi gatti che aveva adottato assieme a me, in quella calda giornata nell’altura di Monte Mario squilla quel telefono nero attaccato al muro dell’ingresso che attendevo da mesi che facesse rumore: “Pronto” … e lui da via Mario dei Fiori, dove aveva casa e ufficio vicino alla bella casa chiusa, ormai chiusa davvero, il mio agente Flirt, napoletano doc, assomigliante ad un bel vecchio gangster del cinema muto americano: “….è fatta! Devi correre in produzione perché lunedì cominci il film!”. 
Lasciare la zietta a terminare il pranzo, correre a prendere l’autobus, scendere e montare sul tram, arrivare in via Donizzetti 1, alla Fair Film di M.C. Gori, firmare ilcontraratto, scambiare due parole con l’aiuto Renzo Marignano, col truccatore Otello Sissi, misurare il costume col grande Piero Ghepardi, farsi dare il copione, tornare a casa, leggerlo e rileggerlo e commuovendomi, passare la domenica per attendere il lunedì mattina per attendere il lunedì la macchina di produzione che ti preleva e riporta alla base del Monte Soratte per girare la prima scena con Monicelli, Carlo De Palma, Vittorio Gassman, Gianmaria Volonté, Folco Lulli, Carlo Pisacane, il ragazzino Luigi Sangiorgi, è stato un tutt’uno; un susseguirsi di rapide emozioni che durante la pausa, nel consumare il cestino del pasto, cominciavo a rendermi conto, dopo mesi di attesa, che partecipavo a quel film importante e che pranzavo con quei popò di commensali… lasciando la zietta a farlo da sola con i suoi gatti….” 
Ugo Fangareggi - Mondo Sabino