E chi è questo? 
Ante Scriptum:
....è un'analisi sulle proiezioni "fantastiche" che non sempre sono solo immaginazioni nel nostro pensiero, nel nostro sentire, il pensiero fantastico è mutevole ma attinge al bagaglio dell'inconscio, e lì tutto cova, a metà fra la fantasia e la "realtà".
All'atto pratico si risolve tutto eliminando la fissità del credere unicamente nella "realtà oggettiva",  basata sull'attenersi ai fatti, accettando l'apparente incongruenza che li precede, in forma di fantasia (preveggenza).  
Questo atteggiamento è comunque utile  al mantenimento della congruità  della intelligenza coscienza nell'affrontare il contingente "storico". Insomma la "saggezza" è la capacità di vedere e vivere  le cose in "movimento".  
E qui qualcosa si muove!
(Paolo D'Arpini)
Se la fantasia è più vera della realtà!
HABEMUS 
PAPAM: FRANCISCUM!
IL 
NOME È UN PROGRAMMA,
ABOLIRÀ 
ANCHE IL VATICANO?
Si è 
avverata la profezia del mio romanzo Habemus papam, Francesco, riedito 
nel 2012 da Gabrielli Editori con il titolo «HABEMUS PAPAM. La leggenda del 
papa che abolì il Vaticano». Il nome c’è già. Ora aspettiamo che abolisca il 
Vaticano, se non lo fanno fuori prima. Le premesse ci sono, la primavera anche e 
Bertone e i suoi complici facciano le valigie.
Francesco è il nuovo vescovo di 
Roma, e di conseguenza, papa della Chiesa cattolica. Avevo cominciato a scrivere 
questo pacchetto dedicato alle elezioni italiane e alle sue conseguenze, martedì 
12 marzo, ma mi attardavo in attesa dell’elezione del papa che finalmente è 
arrivata. Sentivo che mercoledì 13 sarebbe stata la giornata giusta. Se fossero 
stati due o tre scrutini, sarebbe stata la 
vittoria della curia, con l’elezione di Scola o di Scherer. Invece se si fosse 
arrivato al quarto o quinto scrutinio, la curia avrebbe perso terreno e 
avrebbe preso corpo un’altra possibilità. 
Così è stato. 
Quando ho visto che il quinto 
diventava più lungo, ho capito che la scelta sarebbe caduta su un nome nuovo, 
senza legami con la curia (Scola) e il partito dello Ior (Scherer). Per tutto il 
giorno mi ronzava in cuore il nome del mio romanzo Habemus papam, «Francesco». 
Dicevo a me stesso: non è possibile! E’ un nome «maledizione», troppo 
impegnativo. Se il papa sceglie questo nome si condanna da sé a fare sul serio 
perché deve scegliere la povertà come criterio e metodo di vita; deve essere 
coerente: come può Francesco abitare in mezzo al lusso Vaticano? Può il papa 
essere «personalmente» povero, ma apparire «istituzionalmente» potente e ricco? 
Non licet! Ora non ci resta che aspettare. Intanto colpiscono alcune cose, che 
ai profani non saltano agli occhi perché non addentro alla simbologia e al 
rituale. 
Facciamo un po’ di esegesi di scavo:
1. Francesco si è presentato «nudo» 
con la semplice veste bianca, senza mozzetta rossa e senza stola, i simboli del 
«papa» e del capo di Stato Vaticano. La stola era piegata e portata dal 
cerimoniere, quasi a stabilire le priorità: prima la persona, poi il vescovo, 
poi il papa poi il capo si Stato. 
2. L’immagine plastica dello 
«smarrito» cerimoniere, Guido Marini, genovese, tutto bardato di rossiccio, con 
un sorriso di circostanza, che guardava il papa con terrore, era la foto del 
cambiamento. Marini è stato l’artefice, anzi il complice di Ratzinger per 
riportare la Chiesa nel passato. Nel suo volto c’era lo smarrimento degli 
sconfitti tradizionalisti. Un buon inizio.
3. Il biglietto di visita di 
Francesco è stato un laicissimo «Buona sera!», rivolto ai «fratelli e sorelle». 
4. Si è presentato non «al 
mondo», ma alla diocesi di Roma: «sono il vescovo di Roma». 
Ottimo!
5. Scandalizzando il cerimoniere che 
era fuori luogo e fuori posto, ha chiesto la benedizione al suo popolo, prima di 
dare la sua. Mai era avvenuto una cosa del genere.
6. Dopo 35 anni, per la prima 
volta, è risuonato in San Pietro, sulla bocca di un papa, il termine «popolo» 
che era stato espunto dai documenti ufficiali di Giovanni Paolo II e Benedetto 
XVI.
7. La croce che ha al collo è di 
ferro e non di oro. «Signa temporum!».
8. Anche al mattino del 14 marzo 
è andato a S. M. Maggiore senza abiti pontificali, ma da semplice prete, 
vescovo, col solo abito bianco. Come se volesse dire: farò il vescovo e il resto 
verrà da sé.
9. Il suo passato, lascia ben 
sperare: a Buenos Aires, viveva in un appartamento e andava a farsi la spesa da 
solo e la sera si preparava da mangiare da sé. Viaggiava in metro e non aveva la 
macchina. Piccole cose, certo, ma sono una rivoluzione all’interno di un sistema 
di peccato come il Vaticano che ormai era la centrale di Satana e la fornace 
degli scandali di ogni ordine e grado.
10. Infine, un papa latinoamericano, 
è una svolta nella storia della Chiesa: finisce la Chiesa italiana, eurocentrica 
e comincia la Chiesa universale, la Chiesa della periferia, la Chiesa dei 
poveri, nella speranza che inizia anche l’era di una Chiesa 
povera.
Il papato di Ratzinger è stato 
solo una parentesi quadra che ha fatto perdere otto anni di tempo. Ora, in 
attesa che lo facciano fuori, speriamo che abbia la forza di fare piazza pulita, 
cominciando a dare un segno, chiamando in Vaticano, magari facendolo segretario 
di Stato, mons. Carlo Maria Viganò, quello che Bertone ha esiliato negli Usa 
perché aveva scoperto la corruzione con nome e cognome dei quaranta ladroni 
bertoniani & C. La primavera comincia con il primo fiore. Sperare è 
possibile! Rileggere «Habemus papam» è ancora più emozionante e 
terrificante. 
Don Paolo Farinella prete 
 

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