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Papua no all'estrazione mineraria in alto mare - Talvolta i semplici vincono contro le multinazionali
Papua Nuova Guinea. Dopo la protesta di pescatori indigeni viene bloccato il primo progetto
al mondo di estrazione mineraria in alto mare
L'Associazione per i popoli Minacciati (APM) saluta con sollievo la
decisione delle autorità della Papua-Nuova Guinea di sospendere il primo
progetto minerario in alto mare. In seguito al mancato sostegno
finanziario da parte del governo della Papua-Nuova Guinea, l'impresa
canadese Nautilus Minerals ha interrotto le preparazioni per l'avvio
dell'estrazione di minerali nell'arcipelago di Bismarck. L'estrazione
avrebbe dovuto partire nel 2013 a 30 km dalle coste dell'isola di New
Ireland e a una profondità di 1.600 m. La Papua-Nuova Guinea avrebbe
dovuto contribuire al progetto con un investimento di 75 milioni di dollari.
La fine dei lavori è anche conseguenza delle proteste della popolazione
indigena locale. Il 23 ottobre scorso gli oppositori al progetto hanno
consegnato al governo una petizione firmata da 24.000 persone che
chiedeva appunto la sospensione definitiva dei lavori. La popolazione
indigena locale vive principalmente di pesca e teme che l'estrazione
mineraria in mare possa distruggere il patrimonio ittico. Le critiche al
progetto sono però arrivate anche dagli scienziati marini che chiedono
uno studio approfondito sui possibili effetti che tale progetto potrebbe
avere per l'uomo e per l'ambiente. Di fatto le conseguenze
dell'estrazione mineraria marina, il primo progetto al mondo nel suo
genere, sono finora del tutto sconosciute.
Molti degli oltre 100.000 abitanti dell'isola sperano invece
nell'ampliamento dell'industria ittica locale che esporta soprattutto
tonno in Giappone. Circa il 72% degli introiti da esportazione della
Papua-Nuova Guinea provengono dalla vendita di minerali e olio di palma.
L'isola di New Ireland, chiamata anche Neumecklenburg durante il periodo
coloniale tedesco (1885-1918), è lunga 320 km e larga circa 11 km per
un'area di ca. 9.500 km2 e da oltre 30.000 anni è abitata da popoli
indigeni.
Relazione ecologica fra uomo natura animali
Noi vegetariani bioregionalisti ed ecologisti, non possiamo trascurare la nostra matrice, la nostra appartenenza ad un contesto culturale, il nostro “discendere” da una famiglia frugivora e la nostra fisiologia umana. Parlavo tempo fa con l’amico Riccardo Oliva sulle sue preferenze alimentari e lui mi confidò che preferisce la dieta vegetariana poichè la considerava una giusta “via di mezzo” fra il carnivorismo ed il veganesimo. Ecco questa parola “via di mezzo” la trovo consona e corretta.
Anche perchè occorre considerare l’anatomia umana e la sua componente genetica ed osservare come l’uomo si ponga a mezza strada tra un animale carnivoro ed uno erbivoro.
L’uomo era stato definito dall’anatomista Armando D’Elia “un animale frugivoro” assimilabile al gruppo che comprende la maggior parte dei primati, dei suini e degli orsi. Questi animali possono adattarsi, per motivi di sopravvivenza o di integrazione alimentare, ad una dieta che pur essendo massimamente vegetariana prevede anche l’uso di prodotti di origine animale.
Certamente questa dieta varia anche in base all’ambiente ed alla latitudine ed è suscettibile di aggiustamenti in un senso o nell’altro.
Io personalmente mi sono avvicinato al vegetarismo dopo una prima permanenza in India è lì appresi attraverso la mia esperienza diretta che questa “dieta” è conduttiva a stati mentali più leggeri, essa si definisce infatti “satvica”, ovvero “spirituale” od “equilibrata”. Questa dieta è basata su cereali, frutta, vegetali e prevede anche l’uso moderato di derivati del latte, in forma di yougurt. Il miele è considerato quasi un medicinale e le uova compaiono molto raramente nelle pietanze solo in caso di necessarie integrazioni proteiche.
Ovviamente un sano rapporto uomo-animali non può essere basato sullo sfruttamento di questi ultimi. Infatti in India le vacche sono sacre e vengono trattate benissimo, i vitelli vengono lasciati alle madri sino al completo svezzamento e l’uomo si limita ad “appropriarsi” del sovrappiù del latte prodotto. Considerando che le mucche addomesticate da tempo immemorabile producono più latte di quanto necessario ai loro vitelli.
Se vogliamo restare esseri viventi in un contesto di altri esseri viventi non possiamo completamente escludere una complementarietà nei nostri rapporti con gli animali. La natura vive sulla vita, noi umani siamo frugivori ed i frugivori fanno un limitato uso di uova e di prodotti di origine animale, questo dice la loro “ecologia” fisiologica.
Certo oggigiorno vediamo che i consumi in tal senso sono aumentati enormemente soprattutto in seguito all’allevamento industriale. E per soddisfare il sistema consumista milioni di galline vengono tenute in batteria per le nostre uova… e milioni mucche soffrono legate ai loro stabulari…
Però non voglio negare all’uomo un rapporto simbiotico con gli animali. Anni fa ero solito tenerli liberi in un grande terreno lasciando che si sfogassero come volevano per la loro sopravvivenza e riproduzione, limitandomi io a prelevare una parte di uova “abbandonate” ovvero non utilizzate per la cova o qualche po’ di latte di capra. Poi sopraggiunsero le volpi ed i cani e fecero strage, e dovetti richiudere capre, pecore, galline e papere ed oche superstiti in piccoli recinti sempre però attaccabili da predatori di vario genere… Insomma senza la mia protezione nessuno sarebbe sopravvissuto…
Ricordo l’ultima gallina che ho avuto a Calcata, me la portò una ragazza vegetariana che l’aveva “pescata” da pulcino ad una fiera… Poi cresciuta non volendo ucciderla la consegnò al Circolo. Io l’ho tenuta quasi come un animale da compagnia, com’era d’altronde già abituata ad essere, ma questo non impediva che deponesse delle uova e che io le mangiassi, e pure con soddisfazione e riconoscenza…
Con i tempi che corrono le galline non potrebbero vivere in cattività, sarebbero totalmente sterminate dai tanti nemici naturali… … Comunque… la natura è sempre giusta, se siamo in grado di accondiscendere alle sue regole ed a non intrometterci con le nostre “regole etiche e morali”… E’ una dura lotta verso la consapevolezza… ecologica profonda…
A me personalmente non piace che nuove specie vengano allevate in cattività.. ma quegli animali in cattività, se sono tenuti con coscienza e amore almeno campano e si riproducono…
Dobbiamo imparare a convivere con gli animali in modo idoneo, senza trasformarli a nostra immagine e somiglianza (come spesso avviene con i pets), e senza sfruttarli per usi impropri ) come negli allevamenti industriali da carne e da latte e da uova)…
Ed allora avremo attuato un sano rapporto con essi, un rapporto che potremmo definire “ecologico” e “bioregionale”….
Con questo mio discorso vorrei essere chiaro circa il rapporto -secondo me- “ideale” (o se preferite “ecologico”) con gli animali e le piante.
Con questo mio discorso vorrei essere chiaro circa il rapporto -secondo me- “ideale” (o se preferite “ecologico”) con gli animali e le piante.
La nostra schizofrenia e falso senso dell’etica ci porta a dividere gli animali in pets e animali da carne. Sono due categorie opposte, sono due modi scriteriati di rapportarci con gli animali. Noi stessi -tra l’altro- siamo animali, quindi abbiamo bisogno di avere un contatto con i nostri “fratelli e sorelle” di altra specie. Se è chiaro questo… allora comprenderete tutto il resto…
Non teniamo gli animali in gabbia (per sfruttarli fisicamente) e nemmeno nei divani (per sfruttarli psicologicamente).
Dobbiamo trovare un punto d'incontro che non sia sfruttativo (in un senso o nell’altro), purtroppo la vita malsana in città ci porta a dover avere un rapporto con gli animali “liberi” molto falsato, portandoceli in casa… Oppure lasciandoli nel loro habitat (riserve naturali) dal quale noi stessi siamo esclusi (perché non più avvezzi a vivere nelle foreste od in natura).
Però se alcune specie di animali avvezzi alla cattività da tempo immemorabile venissero rilasciati sarebbero destinati alla scomparsa, per via della eliminazione dal pianeta di un habitat idoneo (l’uomo occupa sempre di più ogni spazio vitale). Insomma andremmo verso un ulteriore impoverimento della biodiversità. Inoltre c’è il fatto che -dal punto di vista evolutivo- alcune specie di animali in simbiosi con l’uomo hanno trovato vantaggi nella cattività (sia per la diffusione, sia per l’avanzamento intellettuale e coscienziale).
Siamo tutti in una grande bolgia chiamata vita e non sta bene scindere gli uni dagli altri… No quindi allo sfruttamento incondizionato ma sì al contatto empatico. L’uomo da animale istintuale e raccoglitore di cibo sparso, si è trasformato in un lavoratore che ricava attraverso il suo ingegno cibo e modi di crescita.
Il lavoro ha affrancato l’uomo dalla “bestialità” pur costringendolo a nuovi parametri di debolezza e alienazione.. Ma sia nei rapporti fra esseri umani che nel rapporto con gli animali dovremmo trovare un modo “equanime” di poter esprimere il contatto e la collaborazione senza dover ricorrere alle perversioni (vedi esempi soprastanti) di un rapporto utilitaristico.
Avrete compreso che -a questo punto- il problema delle uova, del miele e del latte in sovrappiù, ha perso quasi completamente il suo significato “etico” originario.. Non è più un fatto di sfruttare dei poveri uccelli rubando loro le uova.. etc. è un fatto di sopravvivenza generale della vita sul pianeta in un modo simbiotico, con opportuni aggiustamenti e con opportune riflessioni sui valori della vita stessa…
Siamo in una scala evolutiva che in parte noi umani abbiamo percorso, ci manca ancora molto per arrivare alla cima della comprensione, possiamo però aiutare coloro che sono ai primi gradini senza doversi vergognare… Sapendo che il loro bene è anche il nostro. Questo vale per le piante, per l’aria, per le risorse accumulate sulla terra nei milioni di anni, per il nostro passato nella melma e per il nostro futuro nelle stelle. Per aspera ad astra!
Secondo me non occorre decidere nulla sulla base di una ideologia (che sia essa vegana o religiosa).. limitiamoci a seguire la coscienza sapendo che dove c’è sincerità automaticamente la verità prevale.
Ritengo che la morale e l’etica siano essenzialmente “astrazioni” e pertanto mi limito a seguire la via del cuore (in cui ciò che è consono appare e si manifesta senza sforzo)… Sento che in questa via tutto sia compreso…
Paolo D’Arpini
Premesse per l’Incontro Collettivo Ecologista del 22 e 23 giugno 2013
Bioregionalismo, ecologia profonda e spiritualità naturale (o laica)
Con il termine “bioregionalismo” si evoca un’immagine persino più riduttiva del reale significato che viene sottinteso con questa parola. Poiché nell’individuazione di un ambito “bioregionale” non si tiene conto esclusivamente del vivente bensì dell’insieme inorganico, morfologico, geografico, geologico del territorio prescelto, ivi compresi -ovviamente- gli elementi botanici e zoologici che vi prosperano. Insomma si esamina l’omogeneità dell’area esaminata definita “bioregione” e lì si traccia una leggera linea di demarcazione (non divisione) per individuarne i “confini”.
Va da sé che questi confini sono semplicemente teorici, poiché l’organismo bioregionale della Terra è in verità un tutt’uno indivisibile. Potremmo per analogia definire le bioregioni gli organi dell’organismo Terra.
Andando avanti. Nel significato originale della parola “ecologia”, rispetto alla sua consimile “ambientalismo” è già delineata una differenza d’intendimento, pur che l’esatta traduzione di “ecologia” è “studio dell’ambiente”. Mentre in “ambientalismo” si presume il criterio della semplice conservazione.
Allorché si aggiunge al termine “ecologia” l’aggettivo “profonda” ecco che si tende ad ampliarne il significato originario integrandovi il concetto di ulteriore ricerca all’interno della struttura ambientale. Insomma si va a scoprire il substrato e non si osserva solo la superficie, la pelle dell’ambiente.
Lo stesso dicasi per la parola spiritualità e la sua qualificazione “laica”. In questo caso si cerca di dare una connotazione “libera” alla spiritualità comunemente intesa come espressione della religione. La spiritualità è l’intelligenza coscienza che pervade la vita, è il suo profumo, e non è assolutamente un risultato della religione, anzi spesso la religione tende a tarpare ed a nascondere questa “naturale” spiritualità presente in tutte le cose.
Ecologia profonda è un fatto, una realtà, e non può essere descritta in termini filosofici se non astraendoci dal contesto dell’ecologia stessa. Vivendo nei fatti e non amando le diatribe dialettiche ma amando dire “pane al pane e vino al vino” debbo confessarvi che non mi piace sentirmi ristretto in un contesto qualsivoglia.
Non amo le etichette non amo nessuna coercizione morale, politica, ideologica o religiosa.. L’ecologia profonda quindi non è una base per esprimere le norme di una “nuova religione” con tanto di sacerdoti titolati all’interpretazione e con tanto di bibbia decisa a tavolino dai sapienti. L’ecologia profonda è la pratica sincera ed onesta del condurre la nostra esistenza..
L’ecologia profonda, il bioregionalismo, la spiritualità naturale (o laica) sono espressioni del vivere armonico, amorevole gentile e solidale sulla Terra.
Gli incontri su questi temi, che si tengono annualmente in occasione del solstizio estivo, sono pertanto occasioni di condivisione collegiale del sentire e della pratica quotidiana, nello spirito conviviale e dell’avvicinamento fra amici e fratelli.
In questo spirito si sta lavorando al prossimo Incontro Collettivo Ecologista 2013, che si terrà in Emilia, a Vignola (provincia di Modena), nella azienda agricola La Bifolca, in collaborazione con varie associazioni ecologiste.
Le sistemazioni saranno molto semplici e spartane. Nel campo esiste un forno di creta cruda a legna per la cucinatura di vivande vegetariane da ognuno portate. Vi sono rubinetti di acqua potabile ed un servizio igienico di campagna. Per dormire si potrà campeggiare con tende proprie, chi vuole potrà ripararsi in alcuni locali adibiti ad usi agricoli, portandosi lettini pieghevoli e sacchi a pelo. Altri potranno essere ospitati da amici che risiedono nei pressi od in alcune pensioncine.
L'incontro è previsto per i giorni 22 e 23 giugno 2013, con le modalità più o meno solite di suddividere momenti di dialogo a giro (con il bastone della parola) e momenti culturali e di aiuto nel menage generale. Chi viene da lontano e vuole dare una mano alla preparazione delle strutture è benvenuto anche dal 21 giugno.
Oltre alle sessioni di sharing delle esperienze vissute nelle proprie bioregioni di provenienza sono previste anche varie cerimonie naturalistiche in omaggio ai cinque elementi: camminare a piedi nudi nei campi per la raccolta di erbe selvatiche (Terra), accensione e salto del fuoco al suono di tamburi sciamanici (Fuoco), controllo della inalazione ed espirazione pranayama (Aria), lavacro al fiume Panaro e preparazione dell'acqua di San Giovanni (Acqua), osservazione notturna degli astri e silenzio meditativo (Etere).
Non mancheranno momenti di allegria, musica, canto e poesia. Verranno anche presentati nuovi libri sull'ecologia profonda, fra cui il mio "Riciclaggio della Memoria", ed il numero annuale di Quaderni di Vita Bioregionale, di cui sin d'ora chiediamo gli interventi per la pubblicazione. La redazione sarà curata anche quest'anno dalla brava Daniela Spurio.
Paolo D’Arpini
Rete Bioregionale Italiana
Rete Bioregionale Italiana
Per adesioni ed info: circolo.vegetariano@libero.it
Merendina alla Bifolca di Vignola
Reimpostare il canone alimentare in chiave bioregionale
Cibo all'aperto in Cina
La popolazione mondiale pare sia in costante e preoccupante crescita, tanto che nei prossimi anni saremo costretti a diventare tutti vegetariani. Una notizia che è oro colato per gli animalisti (sia veri che d'accatto), mentre gli onnivori sono già alla gogna. Perché ovviamente è solo colpa loro se i cinesi e gli indiani, fra qualche anno, vorranno mettersi nel piatto una bistecca e farlo sempre più spesso, chiedendo al nostro pianeta più di quello che può dare.
La deriva sociale (ma più che sociale, da social network) è dietro l'angolo.
L'uomo è frugivoro?
Rispetto ai nostri nonni consumiamo molta più carne, e questo è innegabile, soprattutto perché il costo della carne si è notevolmente abbassato. Ma a che prezzo? Lo spiega bene un'inchiesta di Report di qualche anno fa: "Carne per tutti", molto ben impostata perché mette al centro il benessere dell'animale anche in funzione della corretta alimentazione umana.
Non so se sarà necessario diventare tutti vegetariani, trovo difficile fare una stima di questo genere, nemmeno i dati sull'esplosione demografica sono così certi. Credo però che sia importante cominciare a fare una scelta di salute e di etica quando facciamo la spesa. Si potrebbe decidere di comprare meno carne ma di qualità superiore, quella, per intenderci, che non si dimezza alla cottura, riscoprire molti sapori andati perduti, come legumi e cereali poco noti, pretendere che il pesce venga dalla costa più vicina (dove possibile) e non da un altro continente, reimparare la stagionalità dei vegetali.
Stralcio di un articolo di Laura Bonaventura
Manvatara e Yuga - Computo delle ere e degli eoni secondo la mitologia indiana
Premessa
Non potevamo trascurare dopo quella sul calendario atzeco e maya (vedi:: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2012/12/la-leggenda-maya-e-la-verita-atzeca.html) l'analisi sul computo temporale indiano, anch’esso calcolante le ere secondo un ciclo millenario. Vediamo quali sono le differenze e le somiglianze. (Paolo D'Arpini)
Un Manvantara costituisce il ciclo cosmico e storico completo di un’Umanità – giacché, nell’infinità della Possibilità Universale, sono contemplati innumerevoli Generi umani, ciascuno dei quali possiede, evidentemente, una propria essenza unica ed irripetibile -, e si divide in quattro età successive (Yugas), le cui rispettive durate si riducono progressivamente e proporzionalmente in base alla formula 10 = 4 + 3 + 2 + 1.
Quindi, essendo un Manvantara della durata di 64800 anni, esso comprende un Satya o Krita-Yuga, («Età dell’Oro» o «Età della Conoscenza») della durata di 25920 anni; un Tretâ-Yuga («Età dell’Argento»), della durata di 19440 anni; un Dvâpara-Yuga («Età del Bronzo»), che dura 12960 anni; ed infine un Kali-Yuga («Età Nera», «Età Oscura» o «Età del Ferro»), di 6480 anni.
Si insegna, infatti, che la razza umana vivente nell’Età Aurea godeva di tutti i benefici derivanti dal suo essere per natura consapevole del Divino ed in comunione con Esso: essa stessa era una razza di dèi in forma umana, i quali, addirittura, convivevano con gli stessi dèi superiori. Viceversa, la razza umana dell’Età Oscura, con tutti i nocumenti che ne derivano, è la più chiusa e separata, anzi spesso persino ostile, rispetto al del Divino. Ovviamente, oltre ad un’innata ignoranza metafisica, questa stirpe umana è incline ad un vizio e ad una malvagità senza precedenti, tali da produrre i più grandi e tremendi crimini della Storia. Nella fase terminale di quest’epoca – il periodo più oscuro di tutti -, infatti, l’Umanità tende ad essere simile ad una razza di demoni in forma umana – basterebbero appunto a dimostrarlo le due guerre mondiali.
Su tutti questi aspetti negativi, i testi profetici tradizionali sono inequivocabili nella loro acuta severità di giudizio, anche se sarebbe sbagliato pensare che non vi sia nemmeno una ristretta minoranza di uomini capaci di essere, nonostante tutto, sia sapienti che giusti; ribadiamo, infatti, che tutti i lineamenti interiori che sono stati sinteticamente esposti devono essere considerati come delle tendenze innate, e non come dati di fatto irrevocabili.
Nessun essere, infatti, per quanto sia estremamente lontano, o addirittura nemico, rispetto al Divino, potrà mai sfuggire all’invincibile legge d’attrazione metafisica, che tutto infine riconduce all’Origine Suprema. In ogni caso, la Tradizione, pur potendo esercitare sugli uomini di questo tempo un’influenza spirituale che è la minore possibile, riesce comunque, perlopiù, ad orientarli in maniera ottimale versa la saggezza ed il bene, impedendo loro il più possibile di nuocere a se stessi.
Al termine di ciascun Manvantara, poiché l’irreversibilità del Tempo impedisce del tutto che all’interno del suo stesso flusso possa prodursi, sia a livello macrocosmico che microcosmico, una purificazione ed una rigenerazione complete, l’unico modo di poter concludere il ciclo e passare ad un altro, ricominciando quindi da una nuova Età dell’Oro, è dato simultaneamente dall’arresto completo del tempo stesso e dall’intervento trascendente di un Avatâra, ossia da un’interferenza diretta del Principio Divino sul piano della stessa manifestazione ciclica, che, compiutane così la necessaria apocatastasi o palingenesi, rimetterà in moto il tempo per il compiersi del nuovo Manvantara.
L’Avatâra, infatti, rappresenta l’Eternità rispetto al Tempo, l’Essere quale centro immobile rispetto alla circonferenza mobile del cerchio del Divenire, giacché Egli è il Chakravartî, «colui che fa girare la ruota» del Tempo e del Divenire.
(Fonte: http://centrostudiparadesha. wordpress.com/)
Non potevamo trascurare dopo quella sul calendario atzeco e maya (vedi:: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2012/12/la-leggenda-maya-e-la-verita-atzeca.html) l'analisi sul computo temporale indiano, anch’esso calcolante le ere secondo un ciclo millenario. Vediamo quali sono le differenze e le somiglianze. (Paolo D'Arpini)
Un Manvantara costituisce il ciclo cosmico e storico completo di un’Umanità – giacché, nell’infinità della Possibilità Universale, sono contemplati innumerevoli Generi umani, ciascuno dei quali possiede, evidentemente, una propria essenza unica ed irripetibile -, e si divide in quattro età successive (Yugas), le cui rispettive durate si riducono progressivamente e proporzionalmente in base alla formula 10 = 4 + 3 + 2 + 1.
Quindi, essendo un Manvantara della durata di 64800 anni, esso comprende un Satya o Krita-Yuga, («Età dell’Oro» o «Età della Conoscenza») della durata di 25920 anni; un Tretâ-Yuga («Età dell’Argento»), della durata di 19440 anni; un Dvâpara-Yuga («Età del Bronzo»), che dura 12960 anni; ed infine un Kali-Yuga («Età Nera», «Età Oscura» o «Età del Ferro»), di 6480 anni.
Si insegna, infatti, che la razza umana vivente nell’Età Aurea godeva di tutti i benefici derivanti dal suo essere per natura consapevole del Divino ed in comunione con Esso: essa stessa era una razza di dèi in forma umana, i quali, addirittura, convivevano con gli stessi dèi superiori. Viceversa, la razza umana dell’Età Oscura, con tutti i nocumenti che ne derivano, è la più chiusa e separata, anzi spesso persino ostile, rispetto al del Divino. Ovviamente, oltre ad un’innata ignoranza metafisica, questa stirpe umana è incline ad un vizio e ad una malvagità senza precedenti, tali da produrre i più grandi e tremendi crimini della Storia. Nella fase terminale di quest’epoca – il periodo più oscuro di tutti -, infatti, l’Umanità tende ad essere simile ad una razza di demoni in forma umana – basterebbero appunto a dimostrarlo le due guerre mondiali.
Su tutti questi aspetti negativi, i testi profetici tradizionali sono inequivocabili nella loro acuta severità di giudizio, anche se sarebbe sbagliato pensare che non vi sia nemmeno una ristretta minoranza di uomini capaci di essere, nonostante tutto, sia sapienti che giusti; ribadiamo, infatti, che tutti i lineamenti interiori che sono stati sinteticamente esposti devono essere considerati come delle tendenze innate, e non come dati di fatto irrevocabili.
Nessun essere, infatti, per quanto sia estremamente lontano, o addirittura nemico, rispetto al Divino, potrà mai sfuggire all’invincibile legge d’attrazione metafisica, che tutto infine riconduce all’Origine Suprema. In ogni caso, la Tradizione, pur potendo esercitare sugli uomini di questo tempo un’influenza spirituale che è la minore possibile, riesce comunque, perlopiù, ad orientarli in maniera ottimale versa la saggezza ed il bene, impedendo loro il più possibile di nuocere a se stessi.
Al termine di ciascun Manvantara, poiché l’irreversibilità del Tempo impedisce del tutto che all’interno del suo stesso flusso possa prodursi, sia a livello macrocosmico che microcosmico, una purificazione ed una rigenerazione complete, l’unico modo di poter concludere il ciclo e passare ad un altro, ricominciando quindi da una nuova Età dell’Oro, è dato simultaneamente dall’arresto completo del tempo stesso e dall’intervento trascendente di un Avatâra, ossia da un’interferenza diretta del Principio Divino sul piano della stessa manifestazione ciclica, che, compiutane così la necessaria apocatastasi o palingenesi, rimetterà in moto il tempo per il compiersi del nuovo Manvantara.
L’Avatâra, infatti, rappresenta l’Eternità rispetto al Tempo, l’Essere quale centro immobile rispetto alla circonferenza mobile del cerchio del Divenire, giacché Egli è il Chakravartî, «colui che fa girare la ruota» del Tempo e del Divenire.
(Fonte: http://centrostudiparadesha.
Ennio La Malfa: "La fine di questo mondo... dipende tutto dai raggi gamma!"
Il
21 dicembre 2012, secondo l'interpretazione del Calendario Maya, dovrebbe
accadere qualcosa di eclatante per il genere umano.
Per alcuni la fine del
Mondo, per altri la nascita di una Nuova Consapevolezza dell'Io; un nuovo stato
di coscienza positivo che dovrebbe migliorare il rapporto tra uomo e natura e
tra uomo e uomo.
Noi ovviamente propendiamo per quest'ultima interpretazione. Purtroppo temiamo che sarà difficile
modificare l'animo umano, ormai profondamente inquinato da troppo tempo dalla
logica dell'Avere, dal voler prevaricare gli altri, dal parossismo del consumismo,
ecc. ecc.
Non ci sono riusciti Avatar come Buddha e Cristo duemila e più anni
fa è ora pensiamo che in un giorno ciò possa succedere? Esiste tuttavia una
remota possibilità ed è quella scientifica: un cambiamento del nostro stato di
coscienza in effetti potrebbe accadere se fossimo investiti dall'energia sprigionata
da una supernova abbastanza vicina a noi.
Si sa che i raggi cosmici e più
precisamente quelli Gamma interagiscono, producendo delle modificazioni, con il
sistema nervoso e con il DNA di ogni forma di vita. Ciò sarebbe possibile se
tra il 21 e il 22 (tra una settimana) tutti noi fossimo investiti da una
tempesta di raggi Gamma, ma questa tempesta dovrebbe essere molto soft, altrimenti
avrebbero ragione i catastrofisti: ogni forma di vita verrebbe cancellata sulla
superficie del nostro pianeta.
Per fortuna il sistema stellare Alfa Centauri
(formato da tre stelle) il più vicino a noi, solo 4,365 anni luce, non da segni
di trasformare una delle sue stelle in una supernova.
E neppure il misterioso
pianeta X o Nibiru, che secondo alcuni appassionati di fantascienza sarebbe dovuto
arrivare in prossimità della Terra proprio in questi giorni, si è visto.
Quindi all'orizzonte nessuna fine del Mondo o
nascita di una coscienza nuova. Ci dispiace per quest'ultima ipotesi perché per
salvare il nostro pianeta dalla sua vera fine, quella dell'ecocatastrofe
globale, servirebbe proprio una coscienza umana diversa, ma molto diversa
dall'attuale.
Ennio La Malfa
Parlavamo di fine del Mondo ed
ecco la risposta:
A lanciare l’allarme è
Una temperatura di quattro gradi più alta causerà ondate di calore estremo, una flessione delle scorte alimentari e un aumento del livello del mare che metterà a rischio milioni di persone.
"Perché aspettare il 21.12.12? Il cambiamento è già iniziato" – Scrive Franca Chichi:
E divento Luce - Dipinto di Franco Farina
Le parole illuminate che seguono vogliono sintetizzare l'utilità o meno di tutto il gran parlare che si sta facendo da un po' di tempo e soprattutto in questi ultimi giorni sul significato di date-simbolo come il 21/12/12.
Mi rendo perfettamente conto di andare contro-corrente rispetto alla stragrande maggioranza di tutti coloro che parlano e scrivono a getto continuo sull'argomento, ma secondo me, non c'è assoluto bisogno di generare ansie e paure ingiustificate creando campi di energia che magari, quelli si, possono generare psicosi incontrollate, più o meno nascoste.
Come ho già scritto, ma chissà se vi è arrivato, tutto sta già accadendo da tempo a livello geomagnetico terrestre e individuale a vari livelli, basta guardarsi intorno , guardare come scorre la propria vita e guardarsi dentro...siamo gli stessi di sempre ?
Tutto intorno a noi... le persone... le cose... gli avvenimenti...
sono quelli di sempre?
Ciò che è importante per me è essere in pace con la mia coscienza e interagire con il mondo al meglio che posso, cercando di comprendere e fare sempre un po' di più...
E' vero, facciamo tutti parte dell'Unicum Divino della Creazione, Tutti collegati... ma per moltissimi, in questo sfruttato ma ancora bellissimo pianeta le parole contano poco, conta la fatica quotidiana DI VIVERE, che portano avanti con infinita dignità e ringraziando ogni giorno per quel che hanno...
Ancora una volta il mio messaggio vuole essere positivo, ma anche ricordarvi che viviamo quel che siamo, quel che pensiamo, e come siamo capaci di rapportarci al nostro Centro e di metterlo al servizio della vita.
Quindi ben vengano tutti i messaggi che sull'argomento parlano di apertura di Portali di Luce, di armonia , di maggiori possibilità individuale di connettersi alla nmostra consapevolezza profonda,e ai nostri talenti innati...insomma se vogliamo lavorare in questo senso, saremo aiutati...o almeno crederci ci fa bene...ci stimola ad andare avanti...e lasciamo andare tutto il resto... e se le cose continueranno ad accadere...noi saremo liberi di vederli ...accettarli... e distaccarcene attraverso gli occhi mutati della nostra coscienza.
La mia visione è chiaramente personale e soggettiva vuole essere soltanto uno stimolo di riflessione e comprensione aggiungo alcuni contributi pervenutami con la posta vedete voi da questo internet point fatica tutto a partire speriamo vi arrivino.
A voi tutti auguro giorni di tantissima meditativa e positiva leggerezza...
BLESS AND LOVE
Franca Chichi
Prima di parlare
domandati se ciò che dirai corrisponde a verità,
se non provoca male a qualcuno,
se è utile,
ed infine se vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire.
Buddha